• Non ci sono risultati.

Sono i ragazzi a scegliere i libr

la ‘legge morale dentro di sé’, in quanto, cioè, viene considerata

I.4. Un grande “malinteso”

I.4.1. Sono i ragazzi a scegliere i libr

Verranno i liberatori e noi li troveremo, ma prima di oro, vicino a loro, intorno loro quanti pedanti, quanti sciocchi! […] Ecco ciò che domando: […] Mi piacciono i libri che restino fedeli all’essenza stessa dell’arte, cioè che propongano ai fanciulli un modo di conoscenza intuitiva e diretto, una bellezza semplice capace di essere immediatamente intesa, provocando nelle loro anime una vibrazione che si spegnerà solo con la vita. E quei libri che forniscono loro quelle immagini che essi prediligono, […] immagini fantastiche che sono liberazione e gioia, felicità conquistata prima che la realtà non li soffochi, sicurezza contro il tempo, troppo presto raggiunto, quando dovranno vivere della sola realtà. […] E libri che rispettino il valore e la nobile dignità del gioco, che comprendano che l’esercizio

42

dell’intelligenza e della stessa ragione, può e deve non avere sempre per fine l’immediata utilità e l’immediata praticità. […] Mi piacciono i libri di scienza, quando non sono grammatiche o geometrie mascherate male; quando hanno tatto e misura, quando invece di riversare in un’anima infantile tanti e tanti materiali che la schiacciano, gettano su di essa un seme che si svilupperà nell’intimo suo. […] Mi piacciono soprattutto quei libri che procurano la più difficile e la più necessaria di tutte le conoscenze: quella del cuore umano. […] Ma deformare le giovani anime, profittare di una certa facilità che si può avere per moltiplicare i libri ostici e falsi, darsi delle arie di moralista e di sapiente, ingannare sulla qualità, tutto questo significa opprimere i fanciulli.43

Così scriveva Paul Hazard parlando dei libri per ragazzi; in questo modo, in una sola pagina, egli è riuscito a disporre fianco a fianco tutte le qualità che un libro per ragazzi deve, o non, avere: i ragazzi ci chiedono libri capaci di parlare al loro cuore, che non si facciano spaventare dalle emozioni passeggere di un animo in tumulto, che non si fermino sulla soglia del mondo fantastico per paura che, entrandovi, spazzeranno via secoli e secoli di raziocinio e morale. Chiedono libri vivi e mutevoli, in cui il finale scritto lasci spazio a uno ancora da inventare; vogliono cavalcare il vento della fantasia e farsi portare da esso su mondi inesplorati. Vogliono l’avventura che per le strade della loro città non riescono a trovare, chiedono amore e passione e guerre. Desiderano scendere nelle viscere della Terra a bordo del Nautilus e vedere nuovi pianeti rannicchiati sulla coda del mantello del Piccolo Principe, e prendere il Te con il Cappellaio Matto e ancora e ancora, e ancora… Loro sognano mondi lontani e noi li chiudiamo nelle loro camere sui libri di matematica: ‘dovete studiare’, intimano gli adulti, e cosi, con poche semplici parole, spezzano le ali della loro fantasia e li trascinano sulla terra, alla grigia realtà in cui uomini di fumo si affannano dietro a un lavoro nuovo, dietro la mancanza di tempo,

rubato in nome di un dio dorato. Si cerca di offrire ai ragazzi una realtà precostituita, dimenticando che essi, questa realtà, la rifiutano. Senza che gli adulti se ne rendano conto loro sono già lontani, hanno già destramente allontanato i libri che si è cercato di incollare al loro naso e già scelti altri.

I giovani lettori non si accontenteranno solamente di ciò che verrà loro offerto, di questi libri che ‘devono esser letti’: essi ne sceglieranno altri, e più ci si opporrà, più questi saranno felici di averli scelti, gelosi di quelle pagine come di un tesoro nascosto. «Noi vogliamo dominare, ma essi vogliono essere liberi»,44 come Hazard non manca di ricordare.

I fanciulli spesso ci sorprendono, scegliendo libri di autori che mai nella vita, mentre tenevano stretta nella mano una penna da cui fluivano belle parole, avrebbero pensato di entrare a far parte di quella piccola parte della libreria dedicata alla letteratura per ragazzi. Ma sono i ragazzi a scegliere quali libri il tempo consacrerà come loro personali classici, come tesori che si sono guadagnati contro la volontà di chi tentava di offrirgli delle letture diverse. È successo così con Defoe, ad esempio, che scriveva per gli adulti senza immaginare che i viaggi del suo Robinson avrebbero fatto sognare centinaia di ragazzini che insieme al loro beniamino correvano a piedi scalzi sulla battigia e sorridevano nel girarsi a guardare le proprie impronte, moderni Ulisse in cerca di un’avventura capace di far vibrare il loro cuore. Un giorno, da qualche parte del mondo, un ragazzino ha allungato la mano alla libreria e ne ha tratto un libro dimenticato tra centinaia di altre copertine impolverate e ha cominciato a sfogliarlo; senza curarsi del significato sotteso alle pagine di Defoe, che mentre scriveva si era proposto di dimostrare

44

come ad allontanarsi dal volere dei propri genitori si finisse rovinosamente dispersi e lontani dal calore di Dio, il bambino ha utilizzato una lente capace di ribaltare il viaggio verso la perdizione in un viaggio verso l’ignoto, verso mondi poveri di ricchezze, ma ricchi di sentimento. L’ingenuità di Robinson sedurrà i piccoli lettori, che non si interessano della mente dietro alla penna perché per loro quella mente non esiste, il libro è frutto di Robinson stesso: è Robinson, non Defoe, ad aver raccontato Robinson; e i bambini credono a questo, credono ancora nel meraviglioso inganno della pagina stampata, dove tutto è ancora possibile per possibilità stessa, e senza dubbio sono più saggi degli uomini

che prendono per l’autore il povero essere umano, divertendosi a vederlo vivere, esaminando i suoi amori le sue miserie, le sue tare, e dimenticando che l’autore vero è quello che non vedranno mai; lo spirito che ha incarnato nel libro il suo essere segreto, il suo essere inaccessibile e vero.45

I fanciulli chiedono ai libri di venir soddisfatti, non ingannati, e in questa ricerca, scelgono libri capaci di parlare la loro lingua, di mostrar loro le cose per come stanno, senza il filtro edulcorato degli adulti che vorrebbero crescerli sulla base dei principi di un mondo in cui la spontaneità e la leggerezza non hanno più spazio. Essi chiedono fede e speranza; speranza in un mondo migliore, che li lasci liberi di godere dell’età che hanno, senza trattarli come piccoli uomini in una fase transitoria di cui dopo qualche anno nessuno più sembrerà ricordarsi.

Nei paesi latini i ragazzi sono dei piccoli candidati al mestiere di uomo e i primi anni di vita fungono solo come fase di preparazione alla vita reale, in cui cesseranno le

manifestazioni della spontaneità dell’io. Non sembra esserci l’interesse nella cura dell’infanzia, storicamente e almeno fino alla metà del Novecento. Le allegre e vivaci spinte della giovinezza vengono soffocate in nome di una ‘buona educazione’ alla vita, dimenticandosi che anche quella piccola porzione d’età è già parte della vita stessa e che a gran voce reclama una propria autonomia, che ha bisogno dei propri spazi consapevole dell’hic et nunc, il qui e ora in cui si trova a svilupparsi senza possibilità di ritorno.