Permanenze e mutamenti nella Camera dei conti di Piemonte nella seconda metà del Seicento
3. Rapporti con altre istituzion
Camera dei conti di Savoia
In Savoia la Camera dei conti si riuniva tutti i giorni da lunedì a venerdì, alcune volte anche sabato tranne durante le festività. Nei registri si trova semplicemente un elenco dei presenti e di rado vi sono ulteriori elementi a lato della lista.
In occasione della messa alla cappella del castello di Chambery, che si teneva nel mese di ottobre o di novembre, nei registri veniva aggiunto, oltre all’elenco dei partecipanti della Camera, anche di altri ufficiali. In una sessione vi è un accenno all’arrivo di due presidenti della Camera dei conti di Piemonte207.
Rappresentano delle fonti di maggior interesse le lettere spedite dalla Camera a diversi interlocutori, come quelle la corte del regno di Francia (lettere inviate dal 17 gennaio 1691 al 26 febbraio 1695)208 e ad ufficiali della Camera. Una lettera fu inviata al presidente Delescherain
relativamente al ristabilimento dei Corps de justice nel 1691, in un registro si trovano alcuni riferimenti al comportamento da adottare da parte della Camera durante gli anni della guerra della Lega d’Augusta209. È datato 1714 il Registre des serments de messieurs les president, chavalier, maistres auditeurs, patriaux, et maitre auditeur aux honneurs de la Chambre des comptes de Savoye,
i cui giuramenti ricalcano abbastanza fedelmente quelli stretti dai nuovi ufficiali210.
207 ADS, SA 529 (1657-1663), SA 530 (1663-1670), SA 531 (1670-1679), SA 532 (1680-1684), SA 533 (28 giugno 1684-
7 maggio 1693), SA 534 (8 maggio 1683-20 novembre 1702).
208 ADS, SA 488. 209 ADS, SA 482 210 ADS, SA 483.
84 Paiono di fattura cinquecentesca le Memorie e istruzioni per il regolamento della corte e
amministrazione della giustizia negli Stati e un manoscritto riguardante le finanze e il regolamento
della Camera dei conti di Savoia.211
Le lettere inviate dalla Camera agli ufficiali avevano diverso tenore: nell’arco di mezzo secolo non furono particolarmente numerose.212 Vi erano contatti con la Camera dei conti di Piemonte (per esempio la lettera del 14 luglio 1662 e quella del 16 marzo 1659), una lettera relativa all’ingresso dei sovrani a Chambéry213 e una lettera di congratulazioni per la riconquista del vercellese214. Particolare
interesse aveva la Camera per le questioni con il Genevese, riguardo attriti con il Senato di Savoia e i viaggi compiuti dai propri ufficiali, principalmente i presidenti, a Torino.
Consiglio delle finanze
Il Consiglio era composto dagli ufficiali che ricoprivano gli incarichi più importanti e presigiosi dello Stato e dai consiglieri più fidati del principe. I primi presidenti del Senato e della Camera dei conti di Piemonte, gran cancelliere, controllore generale delle finanze, generale delle finanze, veedore e gli uomini più fidati si riunivano per decidere – dopo essersi consultati anche con il sovrano – che cosa in Camera dei conti sarebbe stato interinato o meno.
Fra i vari compiti del Consiglio di finanze spiccava la discussione riguardante chi nominare in uffici statali: in Camera dei conti, in tesoreria o altrove215.Le riunioni si tenevano in diversi luoghi,
ad esempio quella del 22 novembre 1640 avvenne nella stanza del marchese d’Agliè e si parlò di chi nominare veedore, contadore, controllore generale dell’artiglieria, generale delle finanze (i candidati erano l’auditore Turinetti, Amico, Buronzo, Verdina, Macina, Ottavio Baronis, auditore Becheria), tesoriere di milizia, segretario di Camera al posto di Calastro, auditore generale di guerra, prefetto di Moncalieri, avvocato dei poveri e come fare a procurare un donativo ai mercanti di Torino. Nella sessione del 27 novembre si propose come auditore di Camera Guglielmino Gastaldo (che effettivamente ottenne l’incarico presentandosi alla sessione della Camera dei conti del 3 dicembre 1640 e pagò 3000 £ di finanza). L’incarico di generale delle finanze spettò a Giorgio Turinetti, il quale pagò 12000 £ di finanza. Le assegnazioni degli incarichi venivano quindi discusse in precedenza in Consiglio di finanze «e secondariamente si presentano le patenti di Camera per l’interinazione». All’inizio di ogni anno il Consiglio conteggiava il denaro ricavato dalle finanze pagate l’anno appena trascorso per ogni incarico assegnato in Camera dei conti e per ufficili che prevedevano tale tipo di pagamento, come quello di referendario di Stato e di finanze, di emolumentatore ecc.
211 ADS, SA 486 e SA 487.
212 ADS, SA 495 (1659-1663 n. 8), SA 496 (1662-1677 n. 9), SA 497 (1678-1685 n. 10),
213 «Madame. Nous avos par une lettre de VAR a Monsieur le President de la Perrouse, comme elle avoit eu la bonte de
deferer aux remonstrances qu’il avoit au nom de Messieurs du Senat et de cette compagnie touchant le rang auquel nous devons marcher à l’enetrée que SAR fera en cette ville, avec Madame la Duchesse Royale c’est une continuation de soins que VAR a tousiours daigné prendre de l’honneur, et del’eclat de la Magistrature, qui nous oblige a continuer das le respectuese recomoissance que luy doivent et que rendront tousiour pour tant de gravisse» (ADS, SA 495 data 26 gennaio 1663).
214 Vercelli è «un ville non moins considerable pourson assiette et grandeur que par la fidelité de son habittans reduitte
maintenans sous l’ancien domaine de V. A. R. nayant pas differe de rendre les graeus que nous endevons adieu par des attions solennelles et pubblique avec le corps comorque a lor office a cette heurense restitution» (ADS, SA 495 data 9 gennaio 1660).
215 ASTo, Corte, Materie Economiche, Consiglio di finanze, m. 1 di seconda addizione, fasc. 1 Sessioni e deliberazioni
85 Interessavano il Consiglio anche le suppliche presentate dalle comunità per richiedere grazia (come quella presenatata da Rivarolo, nella sessione del 19 gennaio 1641). Gli argomenti affrontati nelle riunioni collimavano con quanto si decideva in Camera dei conti: le provvigioni dei grani, la tratta del sale, i viaggi degli ufficiali, la concessione di donativi e di grazie, la battitura di monete, accettazione di appalti per le gabelle. Si discutevano inoltre i bilanci per gli anni venturi e occupava gran tempo delle riunioni la riflessione su dove poter trarre il denaro mancante, viste le continue spese urgenti. Si ragionava quindi sulle pensioni e i trattenimenti concessi, sulle grazie delle comunità, sugli stipendi, sui tassi e sulle cavalcate.
Uno dei principali compiti del Consiglio era quello, fin dalla sua creazione nel 1588, di «formare un consiglio delle finanze dove intervengano il primo presidente e soprintendente generale di esse, il controllore, due auditori di Camera o altri più a gusto di S. A. S. Si radunerà in una stanza del castello. Passeranno tutte le spedizioni di finanze, pensioni, rimborsi, mandati, discarichi e ogni altra spedizione». Lo scopo era quello di avere un’idea ragionevolmente chiara dei redditi dello Stato in modo di fare i bilanci di Stato per il Piemonte e per la Savoia, conoscere le finanze dello Stato e il denaro che passava in tesoreria. «Questo consiglio sarà il fondamento di tutte le finanze di S. A. et venendoli fatte propositioni utili al Patrimonio, S. A. si sentirà il parer, poi risolverà a suo maggior gusto».216
È datata 9 maggio 1673 la relazione del presidente Giovan Battista Truchi relativa al maneggio delle finanze: egli era sicuro di «non aver divertito neppure un soldo» e di aver fatto un resoconto dell’operato nell’arco di otto anni. Nel 1665 trovò confusione e diversi problemi, fra i quali (la relazione merita di essere trascritta quasi per intero):
Debiti eccessivi, massime delli contratti per suplire alle spese del primo e secondo matrimonio di V. A. R. il peso di legati, e debiti di fu Madama Reale di gloriosa memoria ascendenti a circa duoi millioni, da quali si trovano hora liberamente sollevate; aggiiungerò come s’è suplito all’ultima guerra de’ religionarij delle valli di Luserna, et nel 1667 a quella di Geneva. Come si sono avanzate le fortificazioni ad un segno, che eccede l’istessa credulità di chi non le vede, e muove l’amministrazione di che ne considera la spesa corrispondente al solo grand’animo di VAR; la quale con tanti straordinarij et oltre l’havere le sue gabelle libere, et il tasso puoco men che disimpegnato, fuorché le cause fisse per quelle, le alienationi di stipendij e pensioni per questo, ha tanto in mano di che riconoscer in un’ochiata la somma considerabile, che rimetto sopra dette gabelle (non ostante e sì gravi spese, a quali s’è procurato di suplire senza venire ad imposti nuovi sopra il Paese), per compiere allo straordinario dell’anno corrente, oltre quella che consegno qui in contanti a V. A. R. et lo stato delle sue cose per mezzo de bilancij, l’uso de quali che per avanti non si pratticava. Ho non solo introdotto, ma pontualmente osservato, anche per il detto straordinario senza riguardo a soggettione, né a fatica, a segno che resta fissata l’incombenza di chi maneggia et ogni hora può giustificarsi a quello si spense sin ad un soldo.
E perché queste buone regole puotevano esser alterate alla libertà di introdur reccapiti nella tesoreria generale senza il biglietto del generale delle finanze, ho havuto l’ochio di provederli con fare che esso biglietto serva di reccapito acciò si levi insieme l’occasione di frodare il servitio et a più d’un il mezo di profittare nella mercantia de reccapiti.
Restarevve da dire il credito in cui sono presentemente stabilite dette finanze, se V. A. R. non ne vedesse ogni giorno gl’effetti e non sapesse il capitale, che può fare delle migliori borse del suo stato sin a valersi in un’occorrente di somme rilevantissime, credito, che s’è acquistato con la sola buona fede, e con vantaggi mai pratticati per il passato di sette (in luogo delli dieci o dodeci che si davano) per cento, quali si sarebbero con facilità ridotti a meno, se il riflesso di caparrar l’affetto de negotianti per ogni bisogno non havesse consigliato di lasciar correr l’aggio in tale
216 ASTo, Corte, Materie Economiche, Consiglio di finanze, m. 1 fasc. 1. Nel fascicolo n. 2 vi sono i documenti relativi
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moderatezza, onde considerando alle cose presenti, penso di puotermi lusingare e rallegrare coll’A. V. R. che mai altro prenciper de suoi reali antecessori ha veduto il suo stato in quello ch’ella lo gode, né pensato d’intraprender opere dell’importanza che ella ha gloriosamente et a sua eterna memoria perfettionato e con tutto ciò non mancarebbe d’haver accumulato li millioni intieri senza l’impegno della guerra contro Genovesi, quali a loro confusione, e non senza meraviglia de potentati dell’Europa hanno conosciuta la forza di questa casa reale quando la credevano depressa et impossibile a rimettersi senza soccorsi stranieri.
Sa Iddio l’affetto con cui ho travagliato a quanto sopra per la gloria di VAR; sa lo studio, e ho havuto per solaggiare il Paese da spese d’ogni sorte, massime de delegati, e renderli soportabile il peso delle debiture transportate in fine di giugno, tempo in cui puonno andarsi scorrendo de raccolti, e per ultimo la fedeltà con quale ho servito, havendo ricusato donativi considerabili, com’è noto a VAR il tutto come portava l’obbligo mio, che mi dechiaro come il più beneficato, così il più riconoscente delle gratie dell’A. V. R.
I fascicoli sei, sette e otto riguardavano le controversie sorte fra il controllore generale e il generale delle finanze e tra il generale delle finanze e gli intendenti di provincia (per risolvere tale questioni si ricorreva alla documentazione del primo Seicento relativa alla creazione del referendario provinciale), i cui compiti non erano ben definiti dalla normativa. Tali problemi sorsero nel primo Settecento e, relativamente alle intendenze, in coincidenza con la creazione della carica. Per tentare di definire gli spazi dell’intendente e del generale delle finanze si presentarono tre scritti: il primo del 12 gennaio 1624 riguardante la creazione del referendario provinciale, «giurisdizione che pare dovrebbe attirbuirsi», argomentavano gli uomini del Settecento, «al generale delle finanze e gli intendenti nelle rispettive province […] non solo per regolamento delle reggie finanze, ma altresì per il sollievo dalle communità». Il secondo documento era una Giurisdittione economica dependente dal
generale delle finanze, che si crede potersi attribuire ai direttori delle provincie e il terzo è una Giurisdittione del generale delle finanze, e ripartitamente degl’intendenti nelle loro respettive provincie privativamente ad ogn’altro. Si trova altresì una Memorie concernant la jurisdiction economique du general des finances et des intendants. L’8 novembre 1714 furono raccolte altre
scritture reperite negli archivi e riguardanti le cariche di controllore generale e generale delle finanze217.
Alcuni dei pareri camerali venivano prima discussi in Consiglio delle finanze, come quello relativo al tesoriere generale Fabrizio Buniatto del 29 novembre 1686 e il registro dei pareri del Consiglio delle finanze del 1690-1692 riguardante la concessione di grazie alle comunità che patirono danni per il passaggio delle truppe francesi iniziato il 16 settembre 1690218.
Senato di Piemonte
217 Gli altri fascicoli presenti nel mazzo sono: ASTo, Corte, Materie Economiche, Consiglio di finanze, m. 1 fasc. 5 Patenti
di nuova erezione del consiglio delle fabbriche e fortificazioni con alcune dichiarazioni a riguardo di quello delle finanze
del 18 gennaio 1678 e fasc. 9 Costituzioni di S.M. il re Vittorio Amedeo per il regolamento delle regie finanze e delle
aziende.
218 ASTo, Camerale, Consiglio di finanze. Si trova solamente la composizione del Consiglio nella seconda metà del
Seicento: Marchese di Pianezza, Gran cancelliere, Marchese Villa, Veedore, Presidente Giorgio Turinetti, Presidente Giulio Bussone, Generale delle finanze, Controllore generale Ferraris, Auditore Truchi. Negli anni 1645 intervennero in Consiglio il marchese d’Agliè, il presidente Morozzo, Ferraris, Caselette, Filippa, Turinetti e i generali delle finanze Graneri e Bussone, nel 1646 il marchese d’Agliè, i presidenti Morozzo, Ferraris, Caselette, Filippa, Turinetti, Graneri, Bussone, il generale delle finanze Trabucco e il controllore generale delle finanze Amico. ASTO, Corte, m. 1 di seconda addizione, fasc. 1. ASTo, Camera dei conti, Piemonte, art. 672 Pareri e rappresentanze camerali, reg. 39 (1682-86) e 41 (1690-92).
87 Gli attriti fra il Senato e la Camera dei conti a metà Seicento erano abbastanza frequenti. Il 29 luglio 1660 gli ufficiali della Camera scrissero un Aviso a S. A. R. per le differenze che sono tra
l’Eccellentissima Camera dei conti e l’Eccellentissimo Senato concernenti la giusdittione. La Camera
scrisse che il Senato le aveva «rapportato degli impedimenti» per le sentenze di sangue «e una nuova novità». Il Senato impediva alla Camera di mettere in atto le sentenze, come avevano sempre fatto, cosa per cui soffriva la «reputatione di questo Magistrato, messa in discussione dalli carcerari soldati, et essequtori di giustitia». Emanuele Filiberto aveva deciso che per le cause che le spettavano, la Camera avesse «indipendente giurisdittione», i restanti processi spettavano al Senato. «Non si troverà mai che il Senato habbi dellibato, né presteso di dellibare li meriti delle sentenze Camerali in quei casi che nell’eretione della Camera o puoi successivamente dal Prencipe li sono stati conferiti». Negli archivi si trovavano infatti «infinite sentenze criminali [della Camera dei conti] non solo in pena pecuniaria ma in bando da Stati, confisca de beni, mutilazione de membri, frusta, berlina, corda, gallera e morte […] col solo Imperio del Magistrato per l’independente e assoluta sua authorità» e per corroborare la veridicità delle affermazioni la Camera fece alcuni esempi. La Camera concluse affermado che se queste cause sarebbero state discusse in Senato «troppo verrebbe ritardata la giustitia se doppo le sentenze camerali si dovesse aspettare la senatoria», lasciando più agio ai contrabbandieri e ai gabellieri. La Camera più volte ribadì di non «admettere alcuna novità»219.
In genere, il passato – cioè il periodo racchiuso tra la fine del Cinquecento e i primi anni del Seicento – era ritenuto un periodo migliore per la Camera dei conti, un periodo in cui essa godeva di maggior prestigio e in cui i suoi ufficiali erano maggiormente tutetali e tenuti in maggior considerazione dal sovrano. In un parere del 23 agosto 1660 la Camera colse ancora l’occasione per colpire il Senato: «In altri tempi, nei quali la dignità di questo Magistrato era illesa, sono stati inefficaci le sue diligenze et applicationi così molto più si renderanno al presente che le sue facoltà sono turbate dal Senato, a parte nell’articolo essentiale di puoter provveder a simili abusi, i quali senza gastigo personale dei colpevoli non si potranno correggere. Il che sono novità mai più proposta e contesa dal Senato con comandi dati alla famiglia di giustitia impedito»220.
Il 29 settembre 1661 la Camera presentò un altro parere al sovrano perché intendeva dialogare con il Senato, ma il Senato non intendeva fare altrettanto. La Camera riteneva la questione di primaria importanza perché ne andava della «nostra riputatione» e per conservare «quell’authorità che benignamente s’è compiaciuta di conferirci [S. A. R.]». La questione che aveva risollevato la controversia era relativa ai partiti sulle gabelle delle carni: in un primo momento si era risolto ponendo la causa in discussione davanti ad alcuni ufficiali della Camera dei conti e ad alcuni senatori, ma il Senato era sempre occupato in altre questioni e non era mai disponibile. La Camera a quel punto ribadì che «il deliberamento dei macelli quando ha havuto qualche difficoltà sempre s’è partecipato colla Camera, la quale vi ha posto la mano per provedervi e ch’essendovi nate simili controversi quele dedotte dalla notitia del Prencipe regnante sempre ha ordinato che la Camera vi provvedesse con espressa dichiaratione che a sua cura di farlo, et che anzi in cose simili circonscritti i primi deliberamenti s’è proceduto al novo avanti d’essa». Il Senato inviò il segretario dei criminali per dire che le questioni riguardanti i macelli gli spettavano ed erano giunti a un momento di stallo.
Riguardo le precedenze in un documento senza data, ma risalente alla seconda metà del Seicento, si trova una Nota dei presidenti togati nei due Magistrati di Piemonte secondo l’ordine
loro: con la morte del primo presidente della Camera dei conti i presidenti al tempo viventi erano i
seguenti, i quali avevano il seguente ordine di precedenza:
1. Presidente Nomio presidente del Monferrato e secondo del Senato;
219 ASTo, Camera dei conti, Piemonte, art. 672 Pareri e rappresentanze camerali, reg, 28, ff. 172-175. 220 ASTo, Camera dei conti, Piemonte, art. 672 Pareri e rappresentanze camerali, reg, 28, ff. 178-179.
88 2. Presidente Vercellis del contado d’Asti e marchesato di Ceva;
3. Presidente Bigliore secondo della Camera;
4. Presidente Caroccio del marchesato di Saluzzo e terzo del Senato; 5. Presidente Della Chiesa terzo della Camera;
6. Presidente Dalmazzo «qual deve sedere in Camera nel quarto luogo e quest’ufficio in lui viene considerato come ordinario attesa la dispositione della sua patente ancorché per altro sia ordinario e sopranumerario»221.
I problemi di giurisdizione fra i due organi istituzionali sorsero fin dall’inizio della loro istituzione, il Decreto del Senato al di qua dei monti riguardante la distribuzione dei processi e
tribunale competenze fra i senatori del 30 dicembre 1572, un documento che attesta i conflitti fra la
Camera e il Senato è datato 24 luglio 1731e il 28 agosto 1731 fu scritto un volumetto contenente le
Istruzioni date al Senato di Piemonte allorché gli vennero attribuite le giurisdizioni anteriormente esercitate dal cessato Senato sedente in Pinerolo222.
Negli anni Sessanta del Seicento furono scritte altre relazioni sulle cause patrimoniali e su quelle criminali che in base ai decreti statali dovrebbero spettare alla Camera dei conti: il 27 gennaio 1654 si discusse relativamente alla punizione di un omicidio, il 18 maggio 1654 della sentenza contro il vassallo Carlo Roero dei signori di Ceresole, Orazio, Michele e Giorgio tutti Roero per l’omicidio del fu senatore Patarino, il 30 aprile 1660 il permesso al tesoriere Forneri di spedire al segretario Girod la quittanze sul tasso di Fenile e Bubiana o Piobes per gli stipendi, il 14 giugno 1660 nella causa fra Alba e il conte Francesco Pranghi con l’intervento di un presidente e di due senatori, il 25 gennaio 1661 sulle provvisioni per i grani dell’intendente generale Violetta e e il 31 agosto 1668 l’elenco di alcuni delitti per i quali la Camera desiderava che i colpevoli venissero puniti e non graziati223.
Il 6 settembre 1696 gli ufficiali della Camera dei conti e del Senato di Piemonte scrissero congiuntamente al sovrano per chiedere il pagamento degli stipendi, che da un anno era sospesi. La richiesta degli ufficiali fa leva in special modo al fatto che la maggior parte delle cariche erano state acquistate tramite il pagamento di «considerabili finanze» per le quali alcuni avevano impegnato buona parte del proprio patrimonio224.
Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato fu istituito da Emanuele Filiberto. I consiglieri di Stato dovevano degne