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CAPITOLO II – IL REATO DI DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA MEDIANTE

6. Il rapporto con le altre fattispecie

Dopo aver descritto il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici in tutti i suoi aspetti si ritiene ora utile riassumere i punti in comune e i punti di differenza rispetto agli altri reati dichiarativi. Infatti per comprendere in quali casi sia configurabile il concorso di reati è necessario comprendere il rapporto esistente tra le fattispecie, sia all’interno del D.Lgs. n. 74/2000 sia rispetto ad altre figure previste nell’ordinamento italiano.

Partendo dai reati più affini vi sono sicuramente l’altra tipologia di dichiarazione fraudolenta di cui all’art. 2, D.Lgs. n. 74/2000 e la dichiarazione infedele di cui all’art. 4. Il rapporto tra il primo e la frode fiscale mediante altri artifici è regolato innanzitutto dalla clausola di riserva presente all’inizio dell’art. 3 – “fuori dai casi previsti dall’art. 2” – che esclude l’applicazione dell’art. 3 quando sia applicabile quello precedente. Tre le due fattispecie esiste un rapporto di specialità reciproca285: l’art. 2 è speciale per specificazione in merito all’utilizzo di fatture o

altri documenti ad esse equipollenti; l’art. 3 è speciale per aggiunta in quanto prevede la falsità della dichiarazione anche dal punto di vista degli elementi attivi.

283 SANTI DI PAOLA N., Dichiarazioni fiscali e reati, in Officina del diritto, 2011, 53. In giurisprudenza, la Suprema Corte ha affermato che “la soglia di punibilità contemplata dal Legislatore per il delitto di omessa dichiarazione non rientra tra gli elementi costitutivi del resto, in quanto è una condizione obiettiva di punibilità” (Cass. pen., Sez. III, 23 giugno 2011, n. 25213). 284 Relazione di accompagnamento al D.Lgs. n. 74/2000.

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In virtù di questa clausola di sussidiarietà l’opinione prevalente esclude il concorso fra i due reati di dichiarazione fraudolenta286, anche se potrebbe verificarsi il caso

in cui il mendacio sia supportato in parte da fatture false e in parte da altri artifici287.

Risolta la questione del concorso fra l’art. 2 e l’art. 3, rimane il problema di individuare il giusto discrimen fra le due fattispecie di dichiarazione fraudolenta. Soprattutto in seguito alla nuova formulazione dell’art. 3 introdotta nel 2015, i confini sembrano incerti e talvolta si crea sovrapposizione tra le due condotte288, in

particolare nell’ambito delle operazioni simulate con quelle inesistenti e nell’utilizzo di documenti falsi. La soluzione più adottata e presentata anche nella Relazione dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione è di ricondurre alla fattispecie di cui all’art. 2 tutti i casi in cui vi sia emissione di una fattura o altro documento avente rilievo probatorio analogo.

Discorso simile è valido in relazione al reato di dichiarazione infedele di cui all’art. 4, D.Lgs. n. 74/2000. L’impossibilità di un concorso formale di reati si ricava dal rapporto di sussidiarietà espresso dall’incipit della norma “fuori dai casi previsti dagli artt. 2 e 3”. Nell’ipotesi in cui la dichiarazione sia in parte infedele e in parte fraudolenta, sempre in forza della clausola di riserva, se la parte di evasione imputabile agli artifici supera le soglie allora sussiste il delitto dell’art. 3, altrimenti quello di dichiarazione infedele289.

Per quanto riguarda le differenze tra le due figure di reato, si applica la disposizione sulla dichiarazione infedele in tutti i casi in cui la dichiarazione falsa non sia supportata da mezzi fraudolenti. In virtù dell’art. 3, co. 3290 si ritiene di escludere la

286 AMBROSETTI E.M., MEZZETTI E., RONCO M., Diritto penale dell’impresa, cit., 514; BASSO E., VIGLIONE A., I nuovi reati tributari, cit., 100.

287 MUSCO E., ARDITO F., Diritto penale tributario, cit., 150, propendono per l’applicazione esclusiva dell’art. 2, senza doversi porre il problema del superamento delle soglie di punibilità a seguito della sommatoria fra le due “diverse” evasioni. Di opinione contraria NAPOLEONI V., I fondamenti del nuovo diritto penale, cit., 126, ritiene che qualora i soli artifici diversi dalle fatture provochino il superamento delle soglie, è corretto parlare di concorso formale di reati “dato che la combinazione tra le due norme incriminatrici consente di coprire l’intero disvalore della condotta illecita, una cui porzione ricade esclusivamente nell’area applicativa dell’art. 3”.

288 AMBROSETTI E.M., La frode fiscale mediante altri artifici, cit., 13. 289 NAPOLEONI V., I fondamenti del nuovo diritto penale, cit., 151.

290 Art. 3, co. 3, D.Lgs. n. 74/2000: “Ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1, non costituiscono mezzi fraudolenti la mera violazione degli obblighi di fatturazione e annotazione

99 sottofatturazione dall’alveo della dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e di inquadrarla piuttosto all’interno dell’art. 4. In generale “il mero nascondimento di

redditi non può – da solo – in alcun modo essere punito a titolo di dichiarazione fraudolenta, ma solo eventualmente a titolo di dichiarazione infedele di cui all’art. 4”291.

Rimanendo all’interno del D.Lgs. n. 74/2000 è invece configurabile il concorso con i delitti di occultamento o distruzione delle scritture contabili (art. 10) e di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11). Specialmente riguardo al primo la giurisprudenza292 ha affermato che la condotta di distruzione o di

occultamento delle scritture contabili non integra il mezzo fraudolento293 richiesto

dall’art. 3 ritenendo quindi ammissibile il concorso con la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici.

Uscendo dall’orbita dei reati tributari si è discusso del concorso con il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato294 ex art. 640, comma 2, c.p. In seguito ad un

degli elementi attivi nelle scritture contabili o la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali”.

291 CARACCIOLI I., I confini tra dichiarazione fraudolenta e dichiarazione infedele, in Norme e Tributi Mese, 2017, 78. I risvolti non sono indifferenti. Innanzitutto in termini di rilevanza penale: la dichiarazione infedele è punita quando l’imposta evasa è superiore a euro centomila (contro i trentamila dell’art. 3) e l’ammontare degli elementi attivi sottratti è superiore al dieci per cento (contro il cinque per cento) o comunque superiore a euro tre milioni (contro il milione e cinquecentomila). Inoltre ben diversa è la sanzione penale in quanto la dichiarazione infedele è punita fino a quattro anni e sei mesi di reclusione contro il massimo edittale di otto anni previsto per la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici.

292 Cass. pen., Sez. III, 3 aprile 2012, n. 12455.

293 LA SCALA A.M., ARMIENTI A., La nuova dichiarazione fraudolenta, cit., 47. L’occultamento o la distruzione delle scritture possono essere realizzati con qualunque modalità senza che tale condotta sia strumentale alla falsa dichiarazione. In realtà NAPOLEONI V., I fondamenti del nuovo diritto penale, cit., 186, nota 73, osserva come la clausola iniziale dell’art. 10 – “Salvo che il fatto costituisca reato più grave” – potrebbe fungere da “clausola di sussidiarietà espressa, implicante l’assorbimento del reato di pericolo in quello di danno”.

294 Art. 640, co. 2, c.p.: “Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura per sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da cinquantuno euro a milletrentadue euro. La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da trecentonove euro a millecinquecentoquarantanove euro: se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare”.

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dibattito giurisprudenziale295 si è giunti ad una soluzione definitiva grazie

all’intervento delle Sezioni Unite. La sentenza, prima con riferimento ai reati di cui agli artt. 2 e 8 poi estendendo il discorso anche alla dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, ha confermato che esiste un rapporto di specialità con il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato “in quanto qualsiasi condotta

fraudolenta diretta all’evasione fiscale esaurisce il proprio disvalore penale all’interno del quadro delineato dalla normativa speciale”296. Pertanto la Suprema Corte ha

escluso il concorso fra i due reati in nome del principio di specialità con la conseguente applicazione della sola fattispecie tributaria.

Diversamente è configurabile il concorso fra la truffa e la frode fiscale quando “dalla

condotta di frode fiscale derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all’evasione fiscale, quale l’ottenimento di pubbliche erogazioni. […] Non sussiste alcun problema di rapporto di specialità tra norme, poiché una stessa condotta viene utilizzata per finalità diverse e viola diverse disposizioni di legge”297.

Ultimo caso in merito al rapporto tra la dichiarazione fraudolenta e altre fattispecie è rappresentato dal reato di false comunicazioni sociali298 (il c.d. falso in bilancio) ex

art. 2621 c.c. In generale si tende a escludere il concorso di reati, quando la condotta del reo risulti determinata dalla sola finalità di evasione fiscale, facendo riferimento all’univocità del dolo intenzionale e al maggior livello sanzionatorio dell’art. 3. In tal caso il reato di false comunicazioni sociali risulta assorbito dalla frode fiscale poiché “una sola disposizione assorbe ed esaurisce in sé l’intero disvalore del fatto”299.

295 Per approfondimento, v. TOPPAN A., TOSI L., Lineamenti di diritto penale dell’impresa, cit., 248-249.

296 Cass. pen., Sez. Un., 19 gennaio 2011, n. 1235. 297 Cass. pen., Sez. Un., 19 gennaio 2011, n. 1235, cit.

298 Art. 2621, c.c.: “Fuori dai casi previsti dall'art. 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni.

La stessa pena si applica anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi”.

101 Differente è invece la situazione in cui accanto alla volontà di evadere il fisco si riscontri anche una finalità ingannatoria nei confronti dei soci o dei creditori. In questo caso “deve ritenersi ammissibile il concorso tra falso in bilancio e frode fiscale,

poiché è possibile la coesistenza dei due diversi atteggiamenti psicologici che caratterizzano i distinti reati”300. Infine si precisa che all’interno del “pubblico”, cui

la normativa sulle false comunicazioni sociali fa riferimento, non può comprendersi l’Amministrazione finanziaria e la stessa Relazione ministeriale ne dà conferma301.

300 Cass. pen., Sez. V, 7 marzo 2002, n. 15099.

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CAPITOLO III

IL REGIME SANZIONATORIO E LE DISPOSIZIONI COMUNI

SOMMARIO: 1. Pena principale e pene accessorie. – 2. L’istituto della confisca. – 3.