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CAPITOLO 2.0 – Il prototipo normativo della parasubordinazione:

2.5 Rassegna casistica

L’art. 409 c.p.c. è dotato di grande flessibilità, e per questo include una varietà di rapporti di diversa natura e soggetti dalla diversa forza contrattuale. La giurisprudenza ha esaminato diverse figure professionali per valutare la loro riconducibilità o meno alla fattispecie delle collaborazioni coordinate e continuative.

Si può dire, senza ombra di dubbio, che i rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale sono compresi nell’art. 409 c.p.c., perché così espressamente stabilito dal testo. Questi, come sancito dall’art. 1742 c.c., sono quei rapporti in cui una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere la conclusione di contratti in una zona determinata per conto di qualcun altro, in cambio di una retribuzione. Secondo la giurisprudenza, è pacifico escludere la parasubordinazione se l’agente assume la forma di una società commerciale e se il lavoro personale dei soci è prevalente nella realizzazione dello scopo sociale, poiché la soggettività giuridica della società è separata da quella dei soci e quindi il suo lavoro non può essere prevalentemente personale89. Lo stesso problema non si verifica per il contratto di associazione in

partecipazione che, al contrario, non prevede la creazione di un’entità autonoma, e viene quindi facilmente ricondotto nell’area di applicazione dell’art. 409 c.p.c. quando la prestazione non viene resa in forma imprenditoriale90 o in sussistenza di

una posizione di preminenza dell’associante con un potere di direzione e controllo

89 Sent. Cass. n. 836/1982, n. 3375/1983 e n. 901/1984. 90 Sent. Cass. n. 6102/1980.

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dell’opera prestata dall’associato, in maniera continuativa e coordinata con la sua organizzazione91.

Per quanto riguarda i soci delle cooperative c’era inizialmente un dubbio sulla possibile applicabilità, nei loro confronti, del rito del lavoro, ma si è risolto con una risposta affermativa tramite la legge n. 142 del 2001.

Rientra nell’area dell’art. 409 n. 3 c.p.c. anche la figura dell’amministratore di società quando egli svolga un’attività di collaborazione con essa, come quella di consulenza legale o tecnica, oltre alle normali funzioni d’ufficio. Una sentenza della Cassazione chiarisce che, perché si possa configurare un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione, è “presupposto indefettibile che l’attività

dell’amministratore o del consigliere non si identifichi con le funzioni strettamente connesse alla carica e non coincida cioè con gli atti di rappresentanza e di gestione dovuti in funzione del mandato conferito”92. È più difficile, in caso contrario,

configurare una collaborazione: a causa del rapporto di immedesimazione che intercorre tra la società e l’amministratore non è chiaro se si possa considerare la sua attività di gestione come organizzata dalla persona giuridica93. La Cassazione

si è pronunciata sulla questione, affermando che anche in questa ipotesi è possibile ricondurre questa forma di lavoro all’art. 409 c.p.c., trattandosi di un’attività coordinata al raggiungimento dei fini della società, caratterizzata da continuità e da una subordinazione “sui generis” relativamente all’esecuzione delle delibere degli organi collegiali94.

La Suprema Corte, inoltre, ha ricondotto all’art. 409 c.p.c. anche l’attività del collaboratore svolta in un’impresa familiare, purché presenti le tre caratteristiche fondamentali della continuità, del coordinamento e della prevalenza della personalità nella prestazione95.

Un’altra delle forme di lavoro di collaborazioni coordinata e continuativa più comuni è sicuramente quella dei liberi professionisti, quindi avvocati, medici,

91 Sent. Cass. n. 3041/1979, n. 1764/1980, n. 6102/1980 e n. 3041/1979. 92 Sent. Cass. n. 4028/1980.

93 FERRARO, op. cit., p. 262. 94 Sent. Cass. n. 1722/1981.

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commercialisti, ingegneri, ma anche consulenti di marketing, amministratori di condominio e informatici, purché ci si trovi in presenza dei requisiti richiesti. Tra i soggetti più deboli, coinvolti in rapporti che possono facilmente sfociare nella subordinazione, abbiamo gli addetti a call-center, gli animatori dei villaggi turistici e i pony express96.

Tra i contratti qualificabili come rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sono presenti anche quelli tra società petrolifere e gestori di stazioni di servizio. Nonostante la Corte di Cassazione abbia escluso la riconducibilità, in generale, dei contratti di concessione di vendita – perché il concessionario, pur assumendosi l’impegno di acquistare prodotti dal concedente, svolge l’attività nel proprio interesse ed è considerato un lavoratore pienamente autonomo97 – essa ha

una diversa considerazione per i rapporti di gestione di impianti di distribuzione di carburante, e mantiene aperta la possibilità di ammetterli nell’area di applicazione dell’art. 409 c.p.c. in sussistenza degli elementi della continuità, coordinazione e prevalenza della prestazione personale, considerando la soggezione organizzativa del gestore in presenza di forti obblighi contrattuali relativi alla gestione del punto vendita, la sua condizione di dipendenza economica nei confronti della controparte, e il suo inserimento nell’organizzazione della società petrolifera98.

Riguardo al contratto di procacciamento di affari, già accennato in precedenza, occorre sottolineare che esso è distinto da quello di agenzia a causa dell’assenza della stabilità del rapporto e proprio per questo qualcuno potrebbe pensare che non potrebbe mai venire incluso nell’area della fattispecie dell’art. 409 c.p.c., che invece richiede la continuità della prestazione. Nella pratica, però, la prestazione del procacciatore d’affari potrebbe rivelarsi continua, anche se in via sopravvenuta, e rimane aperta l’eventualità che il contratto di procacciamento nasconda un semplice rapporto di agenzia99. Di conseguenza sarà necessario valutare in concreto le

modalità del rapporto per qualificarlo correttamente: nel caso in cui la prestazione

96 Sent. Cass. n. 811/1993. 97 Sent. Cass. n. 281/1984.

98 Sent. Cass. n. 6981/1982 e n. 3996/1980.

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presenti i tre caratteri fondamentali della collaborazione potrà essere ricondotto all’art. 409 c.p.c.100.

Tra i rapporti di lavoro che configurano la parasubordinazione c’è anche quello del

remisier di borsa, che ha il compito di trovare clienti interessati a operazioni di

borsa e ai quali fornisce informazioni sugli andamenti dei mercati basandosi sulle indicazioni dell’agente che gli ha conferito l’incarico101 e del consulente storico,

letterario e artistico, coinvolto in un rapporto di collaborazione con un produttore cinematografico per la durata della produzione di un film in cambio di un corrispettivo mensile102. Con riguardo agli agenti teatrali, cinematografici o

sportivi, possono sorgere dei dubbi in considerazione dell’assenza di coordinazione tra il l’agente e il committente e in mancanza, per quel che concerne quest’ultimo, della qualità di imprenditore: ma queste lacune non impediscono di qualificare questi rapporti come parasubordinati, purché la loro attività non si risolva in una libera intermediazione tra artisti e produttori: in qual caso si configurerebbe la fattispecie della mediazione103.

Come deciso dalla Cassazione, anche l’attività dei propagandisti scientifici è riconducibile all’art. 409 c.p.c.. L’attività di questo lavoratore consiste nell’informare la clientela sulle caratteristiche dei prodotti che escono sul mercato, e si distingue da quella dell’agente perché questo si occupa di promuovere contratti veri e propri. Con una sentenza104 la Corte ha stabilito che il lavoro di un

propagandista non è necessariamente subordinato, perché niente impedisce che esso si svolga al di fuori dell’organizzazione dell’impresa, e può anche essere affidato a un lavoratore autonomo. Sebbene questa decisione sembri insinuare che il criterio distintivo tra il lavoratore autonomo e subordinato sia l’inserzione all’interno dell’organizzazione dell’impresa è preferibile, invece, distinguere le due ipotesi sulla base della soggezione al potere direttivo del committente. In presenza delle tre

100 Sent. Cass. n. 743/1982. 101 Sent. Cass. n. 3343/1980. 102 Sent. Cass. n. 827/1976.

103 SANTORO PASSARELLI, Il lavoro “parasubordinato”, cit., p. 165. 104 Sent. Cass. n. 3180/1974.

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condizioni stabilite dall’art. 409 c.p.c. il rapporto di lavoro del propagandista può essere, quindi, qualificato come parasubordinato105.

La Corte costituzionale, chiamata a decidere su una questione di legittimità riguardante la legge n. 549 del 1995, si è pronunciata in merito alla qualificazione del rapporto di lavoro di alcuni medici. Questa legge, all’art. 2 co. 4, dispone che “il rapporto tra le unità sanitarie locali e i medici di medicina generale ed i pediatri

di libera scelta, convenzionati con il Servizio sanitario nazionale […] cessa al compimento del settantesimo anno di età”: questa norma è stata accusata di

determinare una disparità di trattamento con coloro che esercitano liberamente l’attività professionale e gli specialisti ambulatoriali, di limitare il diritto individuale al lavoro, di ledere la tutela del bene della salute impedendo al paziente di usufruire del servizio del proprio medico di fiducia e di restringere il libero esercizio dell’attività professionale aggiungendo una condizione ulteriore rispetto a quella riguardante l’esame di Stato. Tuttavia, la Corte costituzionale ritiene il rapporto convenzionale di prestazione d’opera che lega i medici e i pediatri alle aziende sanitarie locali alquanto peculiare, non equiparabile all’attività professionale svolta da normali lavoratori autonomi, e lo riconduce così alla norma dell’art. 409 c.p.c., rigettando le questioni di incostituzionalità106.

Per quanto riguarda gli informatori scientifici di farmaci è stabilito, tramite un messaggio dell’Inps, che essi possano far parte di un rapporto di collaborazione quando sussistono le tre condizioni della continuità, della coordinazione e della personalità, a patto che il lavoratore non sia soggetto al potere direttivo del datore di lavoro e in mancanza di un rapporto assicurativo con altre casse pensionistiche, se il contratto lo vieta107.

105 SANTORO PASSARELLI, Il lavoro “parasubordinato”, cit., p. 163 e ss. 106 Sent. Cass. n. 293/1997.

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