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D IR IT T O FIN A N ZIARIO

Argomenti generali e diritto del bilancio

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Dus A. -^ coefficien ti e l’art. 23 della Costituzione, «D ir. e prat. trib.», 1961

«torcetti A. - Applicabilità dell’art. 73, nn. 6 e 9 del Trattato di pace ai cit­ tadini italiani considerati come nemici nell’ultimo conflitto « Riv dir fin. se. fin», 1961, II, 295. ’

Magnani C. - Sulla legittimità costituzionale dell’art. 209 del T.U. delle legai sulle imposte dirette, « Dir. e prat. trib. », 1962, II, 57.

Imposte dirette

Allorio E . - Imposta sul valore locativo e capacità contributiva, « Dir e nrat trib. », 1962, II, 49. 1

Br a n c a c c io A - Inassoggettabilità dello Stato e degli enti ad esso parificati

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•Tona Celesia D. - Osservazioni in tema di tassazione in complementare dei red- (liti ai R . M . delle società, « Temi trib. », 1962, 102.

Sa l v a t o m i G - ' Osservazioni pratiche sull’ ammortamento ordinario e antici­ pato, « Boll, tribut. inforni. », 1962, 383.

Tributidi bollo, di registro, disuccessione etributi in surrogazione

D Amati N. - Luci ed ombre dei recenti provvedimenti in materia di bollo

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De Bono C., La successione del coniuge superstite e il diritto di usufrutto svet- tantegh rispetto all’imposta di successione, «R iv . dir. fin. se. fin.», 1961,

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Dus A. - Appunti sui soggetti passivi dell’imposta di registro « Riv dir fin se. fin.», 1961, II, 303.

Greco G. - Conferimento di stabilimenti od opifici industriali in società e pre­ supposti per l'applicazione del beneficio fiscale di cui all’art. 81 lettera

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GrecoG Orientamenti recenti della Corte di cassazione in materia di imposte di bollo e registro, « Boll, tribut. inforni. », 1962, 377.

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Piccatti P. - Ancora sul regime fiscale della proroga di società deliberata dopo la scadenza del termine statutario, « Temi tril>. », 1962, 143.

Ravagli G. - La valutazione automatica dei fondi rustici e le scorte « Dir e prat. trib. », 1962, II, 25.

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Altri tributi indiretti

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Rig h i E . - Valore e natura delle tariffe comunali delle imposte di consumo « Temi trib. », 1962, 5.

Tributi speciali, contributi e varie

Pic c a t t i P . - Tassa di concessione governativa e aumento di capitale mediante utilizzo dì riserve, « Temi trib. », 1962, 86.

Diritto processuale ed esecuzione

Franchi G. - Azione popolare tributaria c litispendenza, « Giur. it. » , 1962, II,

Gazzehbo F .^ L ’inoveratone della prova nel processo tributario, « Riv. dir. lin. se.

Greco G. - Disciplina tributarla del procedimento dinanzi agli arbitri « Boll

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Ma r i n i F - In tema di insinuazione, da parte dell’ esattore, di crediti di ìmpo- ste dirette nel passivo fallimentare, « Dir. e prat. trib. » , 1961, I, 437

Diritto penale

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Pastello L. - La pena pecuniaria nel diritto tributario, « Riv dir fin se un. », 1961, I, 447.

SCIENZA DELLE FINANZE

Argomenti generali

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Politica economica e finanziaria - Congiuntura e sviluppo

CARL1> ' struttura del sistema bancario e stabilità monetaria nel quadro della programmazione dello sviluppo, «B ancaria», 1962, 135,

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Impostesu l reddito esu i, patrimonio

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Hauser K. - Einiges iiber die Wirklichkert nnd ilber die Uniiberwdlzbarkeit der Einkommensteuer, « Finanzarchiv », 1962, 429.

Imposte indirette

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Righi E. - Recenti esperienze dell’ imposizione indiretta in Svezia, « Boll, tri­ buti. inform. », 1962, 540.

Doganee commercio internazionale

Zaneletti R. - Gli effetti del Mercato comune europeo sull’economia italiana, Riv. poi. econ. », 1962, 443.

Finanza locale

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RobsonP. - Patterns of Federal Finance in the Newer Federations, « Finanzar­ chiv », 1962, 415.

ScottoA. - Collettività locali e costruzione dell’unità europea. Profili economico- flnanziari, « Riv. dir. fin. se. fin. », 1961, I, 406.

Tecnica e politica del bilancio

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P A R T E S E C O N D A

G I U R I S P R U D E N Z A

SULLA T A SSA B IL IT À IN COMPLEMENTARE DEI R E D D IT I D I R.M. DELLE SOCIETÀ D I C A P IT A L I

Sommario: 1. Premesse. — 2. Accertamento analitico ed induttivo. — 3. Come può essere data tale prova. — 4. Validità delle presunzioni. — 5. Può la Finanza accertare un reddito maggiore di quello concordato? — 6. Attuale orientamento giurisprudenziale. — 7. Presunzioni. —., 8. Unico azionista. — 9.Membri non della stessa famiglia ai fini della complementare. — 10. E valido rettificare ai fini della complementare un bilancio concordato ana­ liticamente per la R.M.? — 11. Criteri per l’imputazione pro-quota ed oneri detraibili. — 12. Conclusioni.

1. Premesse.

Una delle questioni tributarie più dibattute e che ha dato origine ad una serie di lunghissime controversie, è quella relativa alla tas­ sabilità in complementare dei redditi di R.M. delle società per azioni a responsabilità limitata, in accomandita per azioni e cooperative.

Il problema, soprattutto, è affiorato nel caso delle così dette so­ cietà « familiari » o d i « comodo », rispetto alle quali l’ ufficio deter­ mina i redditi con accertamento sintetico, sebbene l’amministrazione finanziaria abbia posto la questione anche nel caso di redditi deter­ minati in base alle risultanze del bilancio e del conto perdite e profitti.

La materia era in passato regolata principalmente dall’art. 3, 2° comma, del R .D . 30 dicembre 1923 n. 3062 che così enunciava:

« I redditi che le persone fisiche percepiscono dalle società o enti « predetti (società commerciali e tutti gli enti ed associazioni di ogni « genere) in qualità di impiegati, salariati, pensionati, assegnatari, « soci, azionisti, amministratori, portatori di obbligazioni e per qual- « siasi altro titolo, vanno tenuti a calcolo nei confronti dei percipien- .« ti per essere colpiti al nome della persona che ne ha la disponibi « lità ».

La dizione di detto articolo creò problemi di difficile soluzione e generò una serie di controversie fra fisco e contribuenti.

Con il Nuovo Testo Unico si è sentita la necessità di dare una soluzione atta ad eliminare, per quanto possibile, le contestazioni fra l’amministrazione finanziaria ed il cittadino.

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Purtroppo Pari. 135, comma D, della Legge n. 645 non ha por tato alcun contributo di chiarezza, anzi ha complicato ulterioi’mente le cose. Infatti la legge stabilisce che sono soggetti a tassazione : « i redditi derivanti da partecipazioni in società per azioni, in ac- « comandita, per azioni, a responsabilità limitata e cooperative, in « misura pari all’ammontare degli utili a qualunque titolo ed in qua- « hinque forma percepiti dal contribuente ».

Il legislatore ha cercato di risolvere il problema usando la dizione « a qualunque titolo ed in qualunque forma percepiti dal contribu­ ente ».

Come vedremo, il Nuovo Testo Unico ha provocato una serie di nuove controversie relative alle prove che gli uffici fiscali sarebbero obbligati a fornire per dimostrare che il contribuente ha « percepito » Con ,« titolo » diverso ed in ec forma » diversa dal dividendo deliberato dall’Assemblea.

Il probblema non verte quindi sulla tassabilità di tali redditi, ma sul come l ’ ufficio possa e debba dare tale dimostrazione.

Vediamo in quale modo le commissioni giurisdizionali e la magi­ stratura ordinaria hanno risolto il problema.

2. Accertamento analitico ed induttivo.

Nel passato la Commissione Centrale e la Corte di Cassazione sono state chiamate spesso a risolvere la questione ih esame.

Tali organi hanno sempre tenuto presente, nelle loro decisioni, la differenza fra accertamento analitico ed accertamento induttivo, ai fine dell’applicazione del tributo mobiliare.

Incordiamo a tal proposito, una risoluzione adottata dalla Com­ missione Centrale il 23 luglio 1937 (in Massimario della Giurispru­ denza delle Imposte D irette, 1928/J/O, Milano 1952, p. 433).

« Per determinare agli effetti dell’ imposta complementare il m i ­ ci dito derivante ad un contribuente quale azionista di una anonima, .« bisogna distinguere a seconda che l’accertamento del reddito della « società sia stato fatto in conformità delle risultanze del bilancio.

<c Nel primo caso il reddito da computarsi ai fini della complemen- cc tare è quello die risulta effettivamente percetto dal socio. Nel se- « condo caso pro-quota il reddito induttivamente accertato a ca­ ce rico della società diminuito delle spese fiscalmente indeducibili cc e nulla rilevando che dal bilancio risulti distribuito un reddito

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« minore o addirittura nessun reddito per essersi l ’esercizio chiuso « in passivo ».

Tale soluzione non annulla però le difficoltà di dare la dimostra­ zione che il contribuente avesse effettivamente percepito dei redditi oltre il dividendo. Infatti non può essere ritenuta valida « l ’attribu­ zione presuntiva di una quota del reddito di una società anonima proporzionale al numero delle azioni, di cui si ritiene possessore », essa, infatti, « esula dal concetto e dai limiti dell’accertamento indut­ tivo sintetico e non è ammissibile se non sia integrata dalla prova della oggettiva percezione di un corrispondente dividendo ». (Com­ missione Centrale, sez. IV , 15 dicembre 1952, n. 61013, in Massimario Giurisprudenza delle im poste D irette di Registro e di Negoziazione, 1910/1950, Milano 1952, p. 178) (1).

3. Come può essere data tale prova.

Il problema invece di trovare una giusta soluzione, si è sempre più complicato con le richieste di prove che l ’ amministrazione finan­ ziaria non era in grado di fornire.

Gli uffici fiscali stabilirono allora che, nel caso di società a stretta base azionaria o familiari, la percezione di un reddito diverso dal dividendo poteva essere presunto.

La Corte di Cassazione (Sez. I, 10 marzo 1911, n. 698, Cambiaghi c. Finanze, in Massimario della Giurisprudenza delle Im poste, cit., p. 117) fu però di diverso avviso. Infatti così sentenziò:

« Nell’ applicazione dell’imposta complementare col sistema ana- « litico nei riguardi del socio di una anonima, sia pure familiare, si « deve tener conto solamente degli utili effettivamente distribuiti dalla « società e non si può attribuire al socio il reddito industriale della

(1) « In effetti bisogna riconoscere che il fatto che il bilancio sia stato disatteso ai fini dell’imposta di R.M. legittima il sospetto che i redditi distri­ buiti ai soci siano stati superiori a quelli apparenti e risultanti dalle scritture contabili della società, senza .che ciò possa tuttavia valere a costituire la pre­ sunzione che tutti i redditi risultanti dal concordato siano stati distribuiti fra i soci in p roiezion e delle rispettive partecipazioni» (E. Fa d d a, Imposta com­ plementare e redditi di società tumiliarl. in « Foro it. ». 1060, p. 124).

«M a il fatto che sia dimostrata l'esistenza di un reddito in confronto della società, non significa affatto che questo reddito sia degli azionisti. Esso appar­ tiene all’ente sociale avente una sua propria personalità giuridica affatto distinta ed inconfondibile con la persona fìsica dei singoli soci, i quali non fanno proprio il reddito che possa dimostrarsi comunque conseguito dalla so­ cietà, ma fanno proprio, in proporzione delle azioni da ciascuno possedute, solamente parte del reddito stesso di cui la società abbia, a mezzo dei suoi organi, deliberato la distribuzione» (in « Giur. imp. dir.», 1038. p. 406).

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« società, accertato ai fini dell’imposta di K.M., o parte di esso, anche « perchè si tratta di soggetti giuridici distinti anche nel sistema tribu- « tario ».

Come si vede la Cassazione stabilì che la legge non può fare distin­ zione fra società a ristretta e a larga base azionaria, ma deve tener presente la distinzione fra i due soggetti giuridici, cioè la società ed il contribuente.

Però nella seconda parte della motivazione, la Cassazione sembra dimenticarsi di quanto affermato poco prima e ritiene ammissibile : « di indagare, in sede di accertamento sintetico presuntivo se, mal­ grado le scritturazioni negative del bilancio sociale, in effetti furono distribuiti utili ai soci attraverso opportuni accorgimenti contabili, specialmente quando la società, malgrado le scritturazioni stesse, abbia concordato il proprio reddito di R.M. per somma notevole, o quando trattasi di società familiare le cui azioni siano in possesso di una sola persona o di coniugi o di un gruppo familiare ».

La Cassazione quindi, nella seconda, parte della propria sentenza, di fatto accettò quello che aveva in primo luogo respinto, cioè l’ unifi­ cazione in uno solo di due soggetti distinti : la società e l ’azionista. 4. Validità delle presunzioni.

L amministrazione finanziaria cercò allora di risolvere il pro­ blema nel modo più semplice possibile, cioè attribuendo pro-quota, nel caso di accertamento induttivo, il reddito accertato, depurato delle spese ed oneri fiscalmente non detraibili « senza che la Finanza sia tenuta a fornire la prova della effettiva percezione e senza che il rite­ nere avvenuta la percezione costituisca semplice presunzione, mezzo di prova decisamente bandito dalla legge istitutiva, (2) perchè il riparto degli utili sotto forma di dividendo è la espressione ultima del feno­ meno sociale, nel quale si concreta il fine lucrativo dell’associazione e quindi, fino a prova contraria, esso va considerato come un fatto na­ turale ed immancabile ». (Commissione Centrale sez. unite, 1 giugno 1938, n. G599, in Oiur. imp. dir., 1938, n. 112, col. 613).

(2) In senso contrario a questa decisione si è espresso il Merlino, L ’ im­ posta complementare progressiva sul reddito nel diritto e nella pratica, 3» ed., Roma. 1960, pp. 111-112, il quale ha sostenuto infatti che sia pura e semplice presunzione ripartire ai soci in quote proporzionali un reddito accertato indut­ tivamente a carico della società. Partendo infatti da un fatto certo (reddito attribuito alla Società) si giunge ad un fatto non verificato (dividendo distri­ buito all’azionista). Si tratta anzi, per il Merlino, di una duplice presunzione: la prima che tutto il reddito venga subito distribuito, la seconda che sia effet­ tivamente ripartito.

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-Con questa sentenza la Finanza ritenne di avere risolto il proprio problema ; poteva infatti essa stessa richiedere la prova della non per­ cezione, mentre era tenuta a fornire la prova che gli azionisti avessero goduto di un reddito maggiore.

5. Può la finanza accertare un reddito maggiore di quello con ­ cordato?

L ’amministrazione finanziaria cercò non solo di attribuire pro­ quota il reddito accertato induttivamente, ina di rivalutare il reddito accertato ai fini dell’applicazione del tributo mobiliare.

La Commissione Centrale, (sez. unite, 25 marzo 1942, n. 5329 in Oiur. imp. dir., 1943, n. 31, col. 151) fu però di diverso parere:

« Chiuso in passivo il bilancio di una società, senza che in via induttiva sia rimasta accertata — agli effetti della imposta di K.M. — « l’ esistenza di un reddito extra bilancio ripartibile fra i soci, non « è ammissibile che in sede di accertamento per l ’imposta comple- « mentare a carico di un singolo azionista, l ’Ufficio proceda ad una « revisione ad hoc del reddito sociale ».

6. Attuale orientamento giurisprudenziale

Con l’ entrata in vigore della legge 6 agosto 1954 n. 603 che creava una imposta sulle società di capitali, sottoponendo le società sia di modesto capitale sia di grandi dimensioni a tre nuove aliquote, due patrimoniali ed una sul reddito, il problema sembrò ad una corrente dottrinaria, finalmente risolto.

La tesi della finanza che sosteneva che vi sono modi di perce­ zione dei redditi che sono tali dal punto di vista economico, anche se non lo sono dal punto di vista giuridico, risultava decisamente indebolita.

Infatti la società viene ora tassata non solo sul reddito ecce­ dente il 6 % del patrimonio, ma anche sui profitti non distribuiti, in quanto si trasformino in reinvestimenti (3).

L ’entrata in vigore del Nuovo Testo Unico delle Imposte D i­ rette del 1958, come abbiamo visto sopra, ha stabilito che a formare il reddito soggetto all’imposta complementare ricorrano tutti i red­ diti « a qualunque titolo ed in qualsiasi forma percepiti dal

contri-(3) L’istituzione deH’imposta sulle società faceva sorgere il problema del coordinamento con le imposte personali sul reddito.

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bliente.» (art. 135) ha rimesso però in discussione tutta la materia complicando notevolmente il quadro.

Come si può notare il Nuovo Testo Unico ha portato una inno­ vazione. Infatti non cita solo i redditi « percepiti », ma anche quelli « in qualsiasi forma ed a qualsiasi titolo » pervenuti agli azionisti.

Anche la nuova dizione del Testo Unico ha lasciato insoluto il problema se e perchè la distribuzione di un reddito maggiore debba essere dimostrata dalla Finanza piuttosto che dal contribuente.

Il nostro problema non è quello della ammissibilità o meno di tassare tali redditi, ma se e come la Finanza possa misurare i red­ diti goduti dall’azienda, eccedenti quelli «distribuiti dall’ Assemblea.

L ’ ente accertatore ha cercato di fornire una dimostrazione fa ­ cendo leva sull’ evento di un concordato induttivo ai fini dell’appli­ cazione dell’ imposta mobiliare con cui si stabilisce un reddito impo­ nibile maggiore del reddito dichiarato in bilancio, in tale evenienza ha sostenuto che, nel caso di società a carattere prevalentemente familiare vi è la presunzione che vi sia stata una distribuzione maggiore di quella dichiarata.

Il F orte analizza la questione della politica fiscale nei confronti delle società a carattere familiare o delle piccole società di capitale, sottolineando come il problema debba essere risolto sistematicamen te, senza identificare l’ impresa familiare con la società finanziaria, in quanto sarebbe grave errore confondere i problemi delle società finanziarie di comodo con quelli delle società di capitale di

earat-Come si è detto, prima del 1954 il Fisco erariale sosteneva la tassabilità con l ’imposta complementare dei profitti non distribuiti dalle società di capitali di carattere familiare. Abbiamo visto che la parola « percepito » veniva inter­ pretata dal Fisco in modo ampio, sostenendo che vi sono dei modi di percezione dei redditi che sono tali nella sostanza economica anche se non lo sono dal punto di vista della pura forma giuridica. L’istituzione del tributo sulle società ha indebolito, come ben si comprende, questa tesi del fisco, perchè ora non si può più dire che i profitti non distribuiti, qualora non vengano colpiti in com­ plementare, siano esenti da ogni carico addizionale a quello delle imposte reali. Ciò non solo perchè il profitto eccedente il 6 % è tutto tassato, sia che venga erogato, sia che venga mandato a riserva, ma anche perchè vi è una notevole aliquota sul patrimonio che colpisce i profitti non distribuiti in quanto si trasformino in reinvestimenti. È vero che anche l’imposta di negoziazione aveva un effetto analogo, ma la sua aliquota era più che modesta. Inoltre essendo accertata sul valore di mercato dei titoli, il suo prelievo poteva non rispec­ chiare bene l'incremento nelle riserve, dato che non sempre vi è una relazione diretta fra questo ed il prezzo di listino dei titoli. D ’altro canto ora l'aliquota sui profitti superiori al 6 % rende più difficile l ’evasione del tributo sul patri­ monio, poiché una sottovalutazione di questo può avere il risultato di far entrare in tassazione, ai fini dell’aliquota sul profitto, ulteriore materia impo­ nibile (F. Forte, Sulla politica fiscale nei confronti delle piccole società di capitale, in « Temi trib. », 1959, pp. 33-34).

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tere familiare che hanno lo scopo (li svolgere un’ attività produt­ tiva (4).

La Commissione Centrale, sez 3°, con decisione n. 92398 del 10 aprile 1957 (in Giur. imp. dir., 1958, p. 38) ha censurato tale ragio­ namento che : « incombe alla Finanza l’ onere di fornire la prova che il maggior reddito concordato sia stato distribuito agli azionisti e della misura in cui tale distribuzione sia stata effettuata. Non è suffi­ ciente nè la differenza fra il reddito concordato dalla società ed il reddito distribuito ai soci a titolo di dividendo, potendo tale diffe­ renza essere rimasta nel patrimonio della società, nè il fatto che la società sia costituita tra un ristretto numero di soci legati da vincoli di parentela » (5).

Ma la stessa Commissione Centrale, sez. 3°, con decisione nu­ mero 95274 del 24 giugno 1957 (in Giust. trib., 1900, p. 611) cosi sentenziava :

« È legittima la illazione di una diversa ripartizione degli utili « fra i soci, particolarmente quando trattasi di società a carattere « familiare, potendosi da tale circostanza trarre fondato motivo di

(4) « Sarebbe necessaria una riforma della legislazione civile con la quale si stabilisse che le società di capitali ordinarle non possono avere per oggetto principale altro che l'esercizio di un’Impresa : gli elementi patrimoniali di

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