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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1962, Anno 21, n.1, marzo

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MARZO 1962 Pubblicazione trimestrale Anno XXI - N. 1

Spedizione in abbonamento poetale Gruppo IV

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E

Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI

(e

RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)

D I R E Z I O N E :

ACHILLE D. GI ANNI NI t L U I G I E I N A U D I

D E L L ' U N I V E R S I T À D I T O R I N O

GIAN ANTONIO MICHELI

(2)

Pubblicazione sotto gli auspici della Camera di Commercio di Paria

La Re d a z io n e è a Pavia, Istituto di Finanza presso l’Università e la

Camera di Commercio, Strada Nuova 65. Ad essa debbono essere inviati bozze corrette, cambi, libri per recensione in duplice copia. Redattore, dott. Franco Volpi.

P a rte 1 - Redattore Capo: prof. Francesco Forte

i manoscritti vanno mandati all’Università di Torino - Laboratorio di Economia, Sezione di Finanza, Facoltà di Giurisprudenza, via Carlo Alberto 10.

Parte I I - Redattore Capo: prof. Alberto Romano

i manoscritti vanno mandati a Firenze, viale Matteotti, 21.

Condizioni di abbonamento

Abbonamento annuo . L. 3000 E s t e r o ...» 1000 Fascicoli separati . . » 1200 E s t e r o ... » 1500

L’abbonamento decorre dal 1“ gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti ì numeri dell’ annata, compresi quelli già pubblicati.

il pagamento può effettuarsi direttamente all’editore, anche con versamento sul conto corrente postale 3/17986, indicando a tergo del modulo, in modo leggi­ bile nome cognome e indirizzo dell’abbonato; oppure presso i suoi agenti a ciò ’ autorizzati. Il rinnovo dell’abbonamento deve essere effettuato entro il 15 marzo di ogni anno. Trascorso tale termine l ’amministrazione provvede diret tornente all'incasso nella maniera piti conveniente, addebitando le spese relative. Le richieste di cambiamento di indirizzo devono essere accompagnate dal­ l’ Importo (li L. 70 in francobolli.

I fascicoli non pervenuti all’abbonato devono essere reclamati entro 10 giorni dal ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine, non si spediscono che contro rimessa dell’importo.

Gli abbonamenti che non saranno disdetti entro il 10 dicembre di ciascun anno si intenderanno tacitamente rinnovati per l ’anno successivo. L ’ abbonamento però non può essere disdetto se l’abbonato non è al corrente con ì pagamenti.

Per ogni effetto l’ abbonato elegge domicìlio presso l’ amministrazione delia rivista.

ABBONAMENTI CUMULATIVI : Gli abbonati alla Rivista di Diritto Finan­

ziario e Scienza delle Finanze, in regola con il pagamento, hanno diritto mi

una riduzione del 10 % sugli abbonamenti alla Rivista dei Dottori Commercia­

listi ed a II Diritto fallimentare e delle società commerciali, edite dalla Casa

Dott. A. Gìuffrè.

(3)

INDICE-SOMMA RIO .

P A R T E P R I M A

-Gu g l ie lm o Gola - Sulla politica, dei prezzi delle imprese pubbliche . . 3 Antonio Pedone - lina guida all’analisi ricardiana degli effetti delle im­

poste ...24 Gaspare Falsitta - L'onere di esibizione delle scritture contabili obbli­

gatorie degli ordinari imprenditori commerciali, con speciale riguardo al problema della loro efficacia probatoria nell’accertamento, del red­ dito m o b i l i a r e ... 40 APPUNTI E RASSEGNE

Renato Ricci - Rassegna legislativa in materia finanziaria . . . . 80

RECENSIONI

Wil l ia m Felln br - Emergente and, Content of Modem Economie Analysis (E. G i a r d i n a i ...

Frederik Ze u th en - Scienza e benessere nella politica economica (E.

Giardinai ...HO

Costantino De Bono - La legge, del registro (P. Picarelli) . . . . 119

ALTRE OPERE R I C E V U T E ...120 RASSEGNA DI PUBBLICAZIONI R E C E N T I ...122

P A R T E S E C O N D A Gl URISPR EDEN ZA

Lionello Jona Celesia - Stilla tassabilità in complementare dei redditi di ricchezza mobile delle società di c a p i t a l i ...

Fil ip p o Gazzerro - Integrazione o modificazione dell’accertamento su rin­ vio della commissione d i s t r e t t u a l e ...

Costantino De Bono - Caratteri differenziali, tra insufficiente dichiara­ zione di valore ed occultazione di v a l o r e ...

Giovanni Bavagli - Valutazione dei fondi rustici e costituzione

Sebastiano Mu s u m e c i - Sul termine per chiedere il rimborso dell’imposta sull’entrata ...

Nicola D ’Am ati - Imposta generale sull’entrata ed appalti I.N.A.-Casa

Giu s e p p e Greco - Limiti dell’impignorabilità prevista dall’art. 18 legge 12 maggio 1950, n. 230, a favore dell’assegnatario di terreni avuti da enti di riforma fondiaria ed, esecuzione per credito d’imposta .

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S E N T E N Z E A N N O T A T E

Commissione distrettuale - Rinvio all’ufficio per integrazione di accerta­ mento - Giudizio discrezionale - Non censurabile per violazione di legge da parte del giudice d’appello (Comm. centi*.. 2 maggio 1960, n. 27834) (con nota di F. G a z z e rro )... Registro - Sentenza di condanna al pagamento di compenso al mediatore

per opera prestata nella stipulazione di vendita di immobile - Occulta­ zione di prezzo venuta in luce attraverso testimonianza resa in causa - Sussiste (Comm. centi*.. 20 giugno I960, n. 30280) (con nota di O. De B o n o ) ... Registro e successione - Fondi rustici - Valutazione automatica - Coeffi­

cienti - Decreti del ministro delle finanze - Legittimità costituzionale (Corte cosi.. 11 luglio 1961, n. 48) (con nota di G. Ravagli) . I.G.K. - Art. 47 legge 10 giugno 1940 n. 762 - Termine delle domande di

rimborso - Interpretazione (Trib. Genova, 21 luglio 1960) (con nota di S. M u s u m e c i ) ... I.G.E. - Ditta appaltatrice - Costruzione case per lavoratori - Non ha di­

ritto a rivalsa verso l'Amministrazione provinciale (con nota di N. D’A m a t i ) ... Esattore ed esazione d’imposte - Procedimento esecutivo promosso da Ente

(5)

CASA EDITRICE DOTT. ANTONINO GIUEFRÈ

MILANO

EZIO VA NONI

OPERE GIURIDICHE

a cura di FRANCESCO FORTE e CESARE LONGOBARDI

I

Natura e interpretazione delle leggi tributarie Altri studi di diritto finanziario

Na t u r a ei> in t e r p r e t a z io n e d e lle leggi t r i b u t a r i e: Teoria e storia dell’interpre­ tazione delle leggi tributarie - Natura del diritto d’imposizione. Il tributo come fenomeno di scambio - Natura del diritto di imposizione. Il tributo come emana- zrnne della sovranità o della supremazia dello Stato. La causa del tributo - Carattere del diritto finanziario - I metodi dell’interpretazione - I mezzi dell’interpretazione - (segue) : I mezzi dell’interpretazione - I risultati della interpretazione. L ’analogia I principi generali del diritto - Le fonti dell’interpretazione.

Al t r i s t u d i di d ir it t o f in a n z ia r io.

Volume in 8°, pag. IX-468, rii. t e l a ... L. 3200

I I

Elementi di diritto tributario Altri saggi di diritto finanziario

DI t r ib u t à r io : Teorìa generale del diritto tributario : Diritto finanziario e diritto tributario Le concezioni del rapporto giuridico tributario

-“a leg”eI,0I potfriÌe& \ t ° n nI l i delle ^ tributarU' ‘ L ’amministrazione "finanziaria ‘e

\ °-el raftP°rto giuridico tributario : I soggetti attivi - Il soggetto m s s i v n

dell obbligazione tributaria - Natura dei soggetti passivi - I soggetti p S s iv " persone soggetti passivi persone giuridiche - La cassazione del soggetto passivo

. a successione dell obbligazione tributaria - La rappresentanza e l’assistenza TI

vincolo solidale nel diritto tributario - Conseguenze della pluralità di soggetti

L ’azione di regresso - Le esenzioni personali soggetti.

contenuto*0 triiu ta ria - L'obbligazione tributaria e il suo

temente1 ' A obbligazioni di fare in generale. Le obbligazioni di fare e l’accer-

' Le obbligazioni di fare interessanti il controllo, il prelevamento le

tenhMit 5161 tr;but,1 - Le obbligazioni di non fare --L e obbligazioni di sopportare

L obbligazione di dare - Nascita dell’obbligazione di pagare il tributo Descrizione

tee T ? 1fattlsI.,ecio tributarie - I caratteri della fattispècie e le esenzbmi òggrt- L;1 determinazione della prestazione tributaria. Rilievo e qualifieaz’ one del fatto w ì'itì'sA G ri 5 1 ™ , ! . misurazione della base imponibile. Applicazione all’aliquota. ALTRI SAGGI DI SCIENZA DELLE FINANZE E DI DIRITTO FINANZIARIO.

Volume in 83, p. XV-All, rii. tela L. 4200

(6)

CASA EDITRICE DOTI'. ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

ISTITUTO U N IVE R SITA RIO - FACOLTÀ d i ECONOMIA e COMMERCIO Ca’ Fo s c a k i

C A M E R A d i C O M M E R C I O . I N D U S T R I A e A G R I C O L T U R A Ve n e z i a

I fidi nelle aziende di credito

III Corso di aggiornamento in materia creditizia e finanziaria. G. La Voi de, 1 problemi e la logica economica della Banca - G. Santo- conte, Il fido bancario e le sue forze - P. Pa g u a z z i, I crediti speciali - F.

Mig lio risi, La concessione del fido bancario secondo gli operatori e i rami di attività - P. Saraceno, I fidi bancari nella economia delle Imprese finan­ ziate - N. Rossi, Analisi delia struttura e delle situazioni economica e finanziaria di azienda ai fini della concessione di un fido bancario - F. Mi­ g lio risi, Esame della situazione finanziaria delle aziende per la conces­ sione del fido - G. Cambieri, Esame della situazione economica delle aziende per la concessione del fido - M. Lazzareschi, Istruzione, concessione e ge­ stione dei fidi - M. Balestrieri, Problemi e criteri di convenienza economica nella politica dei fidi - Mattioli R., I problemi attuali del credito bancario. Volume in 8°, pag. VI-235 ...L- 1500

Sono disponibili i due Corsi precedenti :

L E Z I O N I DEL CORSO DI A G G I O R N A M E N T O

SULLE BORSE VALORI

(5 novembre - 5 dicem bre 1957) Volume in 8°, pag. XII-478 ... L- 2500

IL REGOLAMENTO DEI PAGAMENTI INTERNA­

ZIONALI ED I CAMBI

( Il Corso di aggiornamento in materia creditizia e finanziaria ). Volume in 8°, pag. VIII-236 ... L- 1500

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CASA EDITRICE DOTI. ANTONIMO GIUFFRÈ - MILANO

CAMERA D I COMMERCIO IN D U STRIA E AGRICOLTURA

T O R IN O

La funzione della Borsa Valori

nel sistema economico del M.E.C.

A T T I D E L C O N V E G N O D E L L E B O R S E V A L O R I D E I P A E S I D E L L A C .E .E .

Torino - 25-26 ottobre 1961

Te m a g enerale - Re l a z io n i :

W . St u t z e l - C o n d itio n s a ctu elles de la c ir c u la tio n et du m a rch é des ca p ita u x dans la c.Jgj.Iî/.

P. Pa g l ia z z i - Il processo di liberalizzazione dei movimenti di capitale dalla co­ stituzione della Comunità ad oggi.

O. D ’Ala u r o - Andamento dei mercati azionari e congiuntura economica.

H - Lip f e r i- - Perspectives et propositions concrètes pour la coordination et le

développement des marchés financiers de la C.E.E.

G. Lu t f a l l a - La Bourse de Valeurs, instrument de développement, de valorisation et de selection des initiatives des entreprises privées et publiques.

S' Sfn !?IA ■(. L1“ iti. e forme per l’ammissione dei titoli di un’impresa nazionale alla contrattazione nelle Borse Valori della Comunità.

L. Gl e s k e - Conditions et formalités ' pour l ’admission des titres d’une entreprise nationale à la cotation dans les Bourses de la Communauté.

M. Ia n n u z z i - La pubblicità dei bilanci delle società quotate in Borsa.

F - ñ a f r e s 18“ ' Relatlons « ’information et de collaboration entre sociétés et action-C. Et z i - La funzione dell’ Agente di cambio nel quadro delle forze proposte alla

valorizzazione dell’istituto borsistico. 1 y

Finalità dei vari tipi di operazioni effettuate nelle Borse Valori : F. Ba l l a r in i - Mercato per contanti.

G. Piva to - Mercato a termine. G. R ossi - Operazioni d’arbitraggio.

R. Mo ss e - L ’investment trust dans le cadre de la Communauté.

R. Ar g en zia n o - Funzione economica dell’investment trust.

T. Bia n c h i - Esperienze e prospettive dell’investment trust.

L. Ba s t a g l i - Rapporti fra società o enti assicurativi e investment trust. B. Pag an i - Azionariato di massa.

J. Fin e t - L ’actionnariat populaire. Co m u n ic a z io n i - In t e r v e n t i.

Volume in 8°, pag. 6 1 1 ... L 4000

(8)

B

A

N

C

A

COMMERCIALE

ITALIANA

BANCA 1)1 INTERESSE NAZIONALE

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O l i v e t t i

Studio 4 4

Per chi scrive nel proprio studio privato carte profes­ sionali, relazioni, memorie; per l'ingegnere, il medico, lo studioso, l'artigiano; per il minore lavoro d'ufficio, una macchina poco ingombran­ te e completa :

Prezzo L. 72,000 + I.G.E. compresa la valigetta

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L’Istituto per gli Studi di Economia (ISE) e la Società per lo Studio dei Problemi Fiscali, con l’appoggio del Comitato Interministeriale per la Ricostruzione, hanno promosso una indagine sul costo della imposizione tri­ butaria.

L’indagine si è svolta sotto il controllo di un Gruppo di Lavoro formato da studiosi di chiara fama ed esperti del settore tributario (dott. F. Coppola d’Anna, dott. G. F. Calabresi, prof. Cesare Cosciani, prof. Libero Lenti, prof. Stefano Stammati, prof. Sergio Steve, prof. Bruno Yi- sentini, ecc.) sotto la presidenza del sen. prof. Giuseppe Paratore.

La condotta pratica dell’indagine e la elaborazione del rapporto Anale sono state affidate al

Prof. V IN C E N ZO D E N A R D O

IL COSTO DEI TRIBUTI

IN ITALIA

SOM M ARIO DEL VOLUME

Prefazione del ministro delle Finanze, sen. avv. Giu se ppe Trabucchi

Introduzione del ministro del Tesoro, on. prof. Roberto Tremelloni

Parte I : Relazione generale

Parte II : Criteri metodologici per la determinazione del costo dei tributi dal punto di vista dello Stato

Parte III: Determinazione del costo dei tributi dal punto di vista dello Stato

Parte IV : Risultati finali

Allegati : Tabelle statistiche

Prezzo del volum e lire 3000

Concessionaria in esclusiva

CASA EDITRICE DOTT. A. GIUFFRÈ

Via Solferino, 19 - M I L A N O

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SULLA POLITICA DEI P R E Z Z I DELLE IM PRESE PUBBLICHE

1. L ’economia finanziaria conosce da sempre i prezzi delle im­ prese pubbliche. La trattatistica li classifica in prezzi quasi-privati, prezzi pubblici, prezzi polìtici (con L. Einaudi ; tasse altrove), a seconda che il corrispondente ricavo totale sia rispettivamente e ten­ denzialmente maggiore, eguale o minore del costo totale del prodotto

(beni o servizi) ; inoltre, l’ impresa pubblica è stata studiata anche per i suoi rapporti di strumentalità rispetto ai fini del soddisfaci­ mento dei bisogni collettivi.

La visione teorica a cui aderiamo è comprensiva della moltepli­ cità di forme istituzionali che lo Stato può assumere per farsi im­ prenditore : indipendentemente dall’ oggetto (produzione di beni o prestazione di servizi) e dai vincoli posti alla gestione, ha rilevanza, dal nostro punto di vista, la natura di « impresa », non importando ai fini di questo studio gli eventuali attributi o apposizioni, ad es. qualificativi per la forma giuridica o per l ’ oggetto.

V a rilevato, ancora, che gli studi di economia del benessere, specialmente quella cosiddetta .« nuova » o « moderna », occupan­ dosi della problematica dell’ impresa pubblica, della formazione dei prezzi, della tariffazione dei servizi, hanno accolto fra le soluzioni anche istituti fiscali con ricorso all’ uso di strumenti dell’analisi eco­ nomica finanziaria. Tipica, diremmo, in questo senso è la disputa IIotelling-Frisch (1), svoltasi sulle pagine di « Econometrica » negli anni 1938 e 1939 : la « regola » del « prezzo eguale al costo margi­ nale » è stata oggetto di una assai folta serie di studi, saggi, semi­ nali. Ciò ha, talvolta criticamente, dato occasione alla formulazione di altre « regole » di condotta dell’impresa pubblica, nella formazione

(1) Fondamentale è rimasta l ’ analisi critica del teorema di Hoteliing, alla luce della teoria economica finanziaria, fatta da E. d’Albergo, Sviluppi di a« teorema finanziario e sue relazioni con il massimo benessere, Milano, Giuf- frè, 1943. Soprattutto vanno meditati i confronti con le visioni logiche di Pa­ reto e di Pigoli di massimo benessere, rispettivamente, con penetrazione cri­ tica rimasta insuperata nella letteratura, in cui prevale quella anglosassone,

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della tariffa compatibile con massimi di benessere collettivo, varia­ mente definiti.

Tuttavia-, non sembra che da tanto fervore di studi siano sca­ turite soluzioni aventi forza di generalizzazione scientifica, o di si­ cura guida nel campo del possibile e del concreto.

Ma può essere già soddisfacente, di per sè, il prendere atto del diffuso interesse per il problema e del notevole, per quantità, mol­ tiplicarsi di studi ad esso informati (2).

Finora abbiamo detto dell’impulso che gli studi sulla pubblica impresa hanno ricevuto in forza dell’ approfondimento della cono­ scenza teorica finanziaria. Ma anche il premere dei fatti ha operato in questo senso : ci riferiamo allo sviluppo che la suddetta forma d ’intervento politico nell’ economia ha segnato in questi decenni, accentuando la necessità di più sicura conoscenza dell’ istituto, an­ che ai fini pratici di averne una. guida nell’azione politica e ammini­ strativa.

2. Abbiamo accennato, con riguardo ai prezzi dell’impresa pub­ blica, ai prezzi quasi-privati, pubblici e politici. Invero, secondo pre­ messe logiche implicite in questo campo di ragionamenti, lo Stato ricorre all’ impresa pubblica per il conseguimento dei fini di interesse pubblico. Perciò i suoi prezzi, ancorché compatibili, in taluni casi, con le condizioni di massimo utile —- appropriatamente come ipotesi di equilibrio dell’ impresa privata — non sono configurabili, per de­ finizione, anche come prezzi-privati, secondo la ricordata classifi­ cazione consacrata nella trattatistica economica finanziaria.

Un fine di pubblico interesse è, pertanto, sempre presente nel- l’ impresa pubblica, condizionandone la posizione di equilìbrio, che tenga conto dell’ esistenza di un utile o di un pareggio fra ricavi e costi, o di una perdita prevista nelle dimensioni o nei vincoli.

Ad esempio, per rappresentare quanto abbiamo detto può farsi

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applicazione del tipo di grafici utilizzati da 1!. Higgins, in cui sono considerate, in curve di indifferenza, le combinazioni del livello del profitto con il volume della produzione, quest’ ultima grandezza es­ sendo assunta ad indice di « preferenze » dell’imprenditore per l ’o­ zio (leisure), o per la funzione di .«capitano d’industria » : atteggia­ menti psicologici questi, ossia variabili di contenuto extraecono­ mico, storicamente rilevanti, ma che conferiscono indeterminazione al problema teorico (3). Invero, assume lo Uiggins, che la premessa ipotetica che l’ imprenditore è guidato soltanto dal fine di massimiz­ zare il profitto, deve essere modificata « se si vuole sviluppare una teoria che spieghi ciò che vediamo nella realtà, o fornisca un orienta­ mento all’azione politica » (4).

Nel nostro caso, le ordinate della curva u misurano i profitti relativi ai volumi della produzione rappresentati dalle corrispon­ denti ascisse. Le a, 0, sono famiglie di curve d’ indifferenza riguar­ (3) Benjamin Hig g in s, Elementa of Indeterminacy in thè Theory of Non- Perfect Competition, in « The American Economie Review », voi XXIX n 3 sept. 1939, pag. 468-479.

Successivamente, sulla stessa rivista, voi. XXXIX, n. 3, sept. 1944, pa­ gine 567-572, K.E. Boulding nella nota su The Incidence of a Profits Ta.r. si avvalse di analoga rappresentazione grafica — di cui però si dichiarava debi­ tore di Gerhardt Tintner — per riferire su di un preteso errore della teoria «cla ssica » della traslazione dell’imposta in regime di monopolio. L’errata im­ postazione della questiono, insieme con le false, per la teoria, conclusioni, sono state criticamente rilevate da E. D’ Albergo, Effetti delle imposte e teorìa del full pmployment, in Economia Internazionale, voi, I n 3 agosto 10)8 p i­

gine 651-671. ■ 3 4 ‘ ‘

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6

danti le combinazioni dell’altezza dell’ utile con il volume della pro­ duzione, correlativamente legato ad un indice di soddisfacimento di bisogni collettivi, diverso da quello contrapposto del conseguimento di un’entrata pubblica.

Il punto M (oppure N) indica una combinazione ottima caratte­ rizzata da scelta dell’impresa pubblica, orientata nel senso della preferenza alla limitazione (o, rispettivamente, estensione) della pro­ duzione, col risultato di contenere (estendere) la produzione al di qua (al di là) delia situazione di massimo utile.

Quest’ ultimo è individuato dal punto O della curva u, nella tangenza a linea (parallela all’ asse delle ascisse) di indifferenza che esprime l’indipendenza dal volume della produzione.

Il punto H (K) risulta, invece, situazione di ottimo, quando la scelta dell’impresa pubblica sia informata al massimo contenimento (sviluppo) della produzione, col vincolo soltanto di evitare perdite.

Le curve d’ indifferenza a e y possono continuare nel quadrante negativo, a rappresentare l’ipotesi che il soddisfacimento del bisogno pubblico — il cui indice, come si è detto, è per ipotesi correlato diret­ tamente o inversamente con l ’aumento della produzione — possa compensare una perdita di gestione. Ad esempio, con una delle curve d’indifferenza u, tangente in Z, è fatta l ’ipotesi dell’ indifferenza dei due punti Z e W : cioè, nel calcolo della classe governante la diminuzione della produzione (e consumo) SR sarebbe compensata esattamente dall’ utile netto W R (opposto alla perdita SZ).

È superfluo ricordare che l ’ esempio fatto, pur vivendo nell’a­ strazione, non può avere significato di un’ esauriente generalizza­ zione dell’inserimento dell’ elemento politico nei ragionamenti che vogliono spiegare le posizioni di equilibrio dell’ impresa pubblica. Esso è uno soltanto dei moltissimi esempi immaginabili, attingibili alla fantasia o alla storia o anche solo alla cronaca dei fatti, la cui casistica ricchissima sfugge, a nostro avviso, a tentativi di gene­ ralizzazione.

Invero, i fini che motivano l’ intervento dello Stato nel mercato con l’ impresa pubblica sono vari, e molteplici talvolta per le singole imprese. Ne indichiamo qualcuno, fra quelli che riprenderemo più avanti per alcune considerazioni, in quanto particolarmente signifi­ cativi per gli aspetti che interessano in questo studio :

a) esercitare azione calmieratrice dando vita a concorrenza ad impresa fino allora dominante (o monopolistica di fatto, o cartello);

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i

a livello di prezzo e di produzione obbedisca ai vincoli della libera concorrenza ;

c) realizzare economie di scala, da cui risulti riduzione di costi e prezzi, mediante la grande impresa pubblica, che si sostituisca a molteplici imprese minori, di cui l’ iniziativa privata non basti o non riesca a mutare le dimensioni ;

d) istituire un monopolio come mezzo più economico per la riscossione di un’ imposta sul consumo (es., privative fiscali) (5) ;

e) cedere beni o erogare servizi definiti di utilità parzialmente indivisibile, a prezzi minori del costo di produzione, il cui finanzia­ mento viene integrato col gettito di tributi a carico della colletti­ vità (es. servizi di viabilità) ;

/) estendere quanto più possibile il consumo di beni o servizi, riconosciuti di utilità generale, ripartendone il costo totale all’in­ terno della- classe dei consumatori, mediante l’applicazione di si­ stemi di prezzi multipli, anche compatibilmente, — se tale è il giu­ dizio di valore fatto proprio dalla classe governante — con la distri­ buzione gratuita, se non addirittura con compensi o indennizzi vin­ colanti al consumo (prezzi negativi, nella terminologia di alcuni studiosi), a favore di una parte della collettività (es. istruzione pub­ blica).

3. L ’elencazione che precede, ancorché non esauriente è tuttavia sufficiente a dare pili di un’idea della varietà delle possibili condi­ zioni ottime della impresa, in quanto dipendenti dai fini prestabi­ liti dalla classe governante per la collettività. Cioè a dire, la dimen­ sione ottima dell’ impresa pubblica non è definibile col grado di astra­ zione consentito negli schemi dell’ economia pura. In astratto, ossia non specificando i fini di interesse collettivo che hanno motivato l’assunzione dell’ impresa da parte dello Stato, il problema è inde­ terminato.

Diremo altrove di una conseguenza importante di tale indeter­ minazione sulla scelta della dimensione ottima dell’ impianto. Per il momento, rileviamo l ’ esigenza, pure conseguente da quanto sopra detto, di una chiara e rigorosa definizione dell’ interesse collettivo 5

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8 —

che l’ impresa pubblica deve servire, secondo gli intendimenti in cui si traducono i giudizi di valore della classe governante per la col­ lettività.

È pensiero, questo, che aderisce a quello formulato con le pro­ posizioni che seguono, relativamente a un problema più generale di quello che qui ci occupa: «... ogni qualvolta si discute di sostitu­ zione di lini pubblici ai fini privati nell’attività economica, occorre determinare con precisione il contenuto del fine pubblico che ci si propone, nonché gli interessi — positivi e negativi — che sono in gioco, e occorre rendere esplicite le premesse in base alle quali si valutano tali interessi » (6).

Con riferimento al particolare tema riguardante l’impresa pub­ blica, incontriamo, in senso concorde, frasi come queste che riprodu­ ciamo, rese autorevoli anche dalla specifica competenza del loro Autore. Invero, il Prof. Saraceno, ragionando sulla autonomia di gestione delle aziende pubbliche, scrive che essa « non impedisce che specifiche finalità politiche vengano perseguite dallo Stato anche attraverso la gestione delle aziende pubbliche di produzione; ma m questo caso... il relativo costo deve essere addossato allo Stato in maniera esplicita, attraverso formali sovvenzioni deliberate, come ogni altro onere pubblico, dal Parlamento... » (7).

L’ esigenza della pubblicità dei fini ne fa sottintendere un’ altra di estrema importanza, oggetto della più seria attenzione da parte degli studiosi, nei vari aspetti, dell’azienda pubblica : l’ economicità della sua gestione.

Oio non richiede discussione alcuna. Ma per configurare in tei mini concreti l ’esigenza stessa, preferiamo ricorrere ancora alle proposizioni usate dall’Autore dianzi citato in altra circostanza (8). Posto, con il Saraceno, che « il profitto costituisce il fine della im­ presa pubblica come di ogni altra impresa », la sua eccedenza sulla « misura necessaria per retribuire il capitale conferito dallo Stato », sarà utilizzata per ridurre i prezzi di vendita o l ’eventuale contributo statale — addendo dei ricavi — , a seconda che l’azienda sia stata istituita «p e r fini antim onopolistici» o «p e r fini di sviluppo» (loc. cit., pag. 181G). * 7

ila»! ( 19G(f’ ^ Scienza delle Finanze> H I edizione, Padova,

Ce-(7) I . Saraceno, Iniziativa privata e azione pubblica nei piani di srilnpno economico. SVl.MKZ, Monografie, Giuffrè, 1959, pag. 92.

! o (S) • Sakaceno, Il fine del lucro nelle aziende pubbliche di produzione. “ adtn di Economia aziendale e nociate in memoria di Gino Zappa, voi. IH

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9 —

E ancora: mentre allo Stato spetta, « n e i suoi organi legisla­ tivi ed esecutivi », di stabilire « le condizioni in cui le aziende pub­ bliche devono perseguire il fine del lucro » e di coprire il costo even­ tuale di tali vincoli (loc. cit., pag. 1816), l ’ azienda pubblica di pro­ duzione deve, in ogni caso « conseguire un pieno utilizzo della capa­ cità degli impianti, dare una normale retribuzione al capitale con­ ferito dallo Stato » (loc. cit., pag, 1814-5).

Il lucro, indicato come vincolo finalistico dell’ azienda pubblica, si identifica, nel pensiero del Saraceno, con la remunerazione del capitale conferito dallo Stato : ciò discende coerentemente dal fatto che egli si occupa, nella circostanza, soltanto delle aziende pubbliche di produzione — definendone i compiti in « antimonopolistici » e « di sviluppo » — e non anche di imprese pubbliche diversamente stru­ mentali rispetto all’ interesse pubblico, di cui dianzi abbiamo fatto una serie di ipotesi (ad es., monopoli fiscali). Invero, non essendo compatibile con i fini ipotizzati dal Saraceno l’ esistenza di redditi dif­ ferenziali —> per la loro natura monopolistica -— il lucro a cui tende la gestione consiste, come abbiamo detto, nella sola remunerazione del capitale conferito dallo Stato.

Una visione più generale, ma ancora nel campo degli studi del fenomeno aziendale, informa il seguente passo, concorde con quanto abbiamo appena riferito : .« Anche quando una parte delle prestazioni è antieconomica, ma deve essere egualmente effettuata per ragioni di « interesse pubblico », è necessario che si istituisca un rapporto tra il « costo » della funzione o servizio da espletare e il « prezzo » che l’ente richiedente deve pagare. L’ istituzione di tale rapporto ridimensiona il contenuto dell’attività svolta, conferendo ad essa il dovuto grado di economicità aziendale » (9).

Per concludere, su questo punto, abbiamo fermato la nostra at­ tenzione sul fatto che la situazione di ottimo dell’ impresa pubblica non può essere definita se non in funzione anche dei vincoli che fina­ listicamente motivano, per definizione, l’ esistenza dell’ impresa pub­ blica stessa, come strumento di politica economica o finanziaria.

E poiché i vincoli suddetti, vari e variamente operanti, cor­ rispondono a giudizi di valore, la situazione di ottimo va configurata caso per caso, non essendo suscettibile di razionale generalizzazione, per indeterminazione logica. Tuttavia, se sono date le premesse, 9

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fra cui l’interesse pubblico da servire, ovvero il bisogno collettivo da soddisfare, il problema particolare è determinato e la condizione ot­ tima dell’impresa pubblica può essere individuata.

Dovrà essere risolta la questione — che sotto il profilo econome­ trico ha suscitato le perplessità, tra gli altri, del Perroux (10) — della « possibilità di qualificare e di misurare con numeri determinati, gli elementi che consentono la determinazione » del prezzo e del volume della produzione che fanno realizzare il massimo vantaggio collettivo, ossia « la redistribuzione delle risorse ed il loro impiego ottimo per l’ economia nel complesso ».

4. Le considerazioni che precedono hanno lo scopo di mettere in evidenza ragionata taluni caratteri dei prezzi delle imprese pub­ bliche, che rendono appropriato a riguardo della analisi di tali en­ trate pubbliche l ’ uso di strumenti e schemi logici elaborati da rela­ tivamente recenti sviluppi delle teorie dei prezzi e delFimpresa.

Vogliamo riferirci, anzitutto, ai « prezzi amministrati » e ai « prezzi prefissati », la cui problematica — che si allaccia, per molti importanti aspetti, allo studio del fenomeno della rigidità dei prezzi — ha interessato, contemporaneamente ma indipendentemente, il prof. Caffè sul « Giornale degli Economisti » (11) ed il prof. La Volpe su «Ricerche Econom iche» (12).

I « prezzi prefissati » — così denominati dallo studioso appena citato —- compongono una categoria più vasta, comprensiva anche dei « prezzi amministrati », tra l’altro perchè questi sono prezzi di vendita, mentre quelli comprendono anche i prezzi all’ acquisto. Per­ tanto, nei confronti dei prezzi delFimpresa pubblica è forse più esat­ tamente indicativo parlare di « prezzi amministrati », per gli aspetti che qui interessano.

Rammentiamo con le parole di G. C. Means, che ha coniato il ter­ mine, che « prezzi amministrati » sono quelli « set by administrative action and held Constant for a period of time », a differenza dei prezzi

(10) F. Perroux. Les choix de l’état producteur et l’application de la théorie des surplus da producteur et du eonsommateùr, In « Econometrica », vo­ lume 16", n. 1, January 1918, pag. 68-69.

(11) F. Caffè. La politica pubblica e i «prezzi amministrati », in «G ior­ nale degli Economisti», Marzo-Aprile 1960 (estratto).

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di mercato, che sono formati « in thè market as thè result of thè interaction of buyers and sellerà »... (13). Precisiamo ancora, con il La Volpe, che mentre i prezzi di mercato sono sottoposti « ad un con­ tinuo processo di aggiustamento », sotto l’influenza del mercato, i prezzi prefissati (e quindi i « prezzi amministrati ») ne sono sottratti « nel periodo di tempo che intercorre fra una determinazione di prezzo e quella successiva », risentendone soltanto nelle valutazioni che in­ formano il processo di determinazione (11). 11 quale è reso possibile dall’ esistenza di un qualche grado di monopolio dell’impresa, ovvero dalla presenza di elementi monopolistici nella struttura del settore del mercato in cui l’ impresa opera.

Nel caso dell’impresa pubblica, questa condizione è verificata o per deliberazione politica o, di fatto, conseguentemente alle grandi dimensioni che l ’ impresa stessa deve assumere per acquisire la stru­ menta lità richiesta rispetto ai fini a lei assegnati (15).

L ’alto livello delle dimensioni, come abbiamo detto, comporta il ricorso a taluni criteri di gestione dell’ impresa, fra cui, appunto, l ’adozione di prezzi amministrati. E ciò è vero sia per la grande impresa privata che per quella pubblica.

Opportunamente ricorda il prof. Caffè la polemica accesa, ab bastanza di recente, sulla questione. Una comune base di consenso forse si è trovata nell’affermazione che la politica dei prezzi dell’ una e dell’altra impresa « appare dipendere dalla predeterminazione di un saggio medio di rimunerazione degli investimenti, restando peral­ tro impregiudicato ogni giudizio sulla « equità » del saggio mede­ simo » (16).

Il riferimento al .<< saggio medio di rimunerazione degli investi­ menti » fa immediatamente pensare alla normale « remunerazione del capitale conferito dallo Stato all’impresa pubblica », che abbiamo

(13) Gaudiner C. Means, Price Inflexibility and the Requirements of a Stabilizing Monetary Policy, in «Journal of the American Statistical Associa­ tion», voi. XXX, n. 190, June 1935. pag. 401.

Rinviamo agli articoli citati nelle due precedenti note, per ulteriori indi­ cazioni bibliografiche sull'argomento.

(14) G. La Volpe, loc. cit., pag. 177.

(l-i) Si ha presente che le grandi dimensioni dell'impresa non sono indi­ spensabili alla configurazione di un mercato contenente elementi di monopolio. Basti pensare al commercio al dettaglio, i cui prezzi sono dal Means, loc. cit., indicati come esempi di «prezzi amministrati»; ma, come è noto, tale settore di attività economica è analizzato dal Chamberlin con la teoria della concor­ renza monopolistica.

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rilevato e messa in evidenza nel pensiero del prof. Saraceno, citato in precedente paragrafo.

Ma anche, per altro verso, richiama alla mente non per identità, ina per stretta analogia di visione, il modello elaborato dal prof. Bau- mol per l’ oligopolio. In esso, il prezzo non è oggetto di continue manovre strategiche; la variabile di manovra è invece il volume delle vendite, compatibilmente con un prefissato rendimento mini­ mo (17).

Concludendo abbiamo voluto mettere in evidenza come i prezzi delle imprese pubbliche stabiliti, a valere per un dato periodo di tempo, unilateralmente, —■ come è nella natura della gestione di aziende pubbliche, più o meno soggette all’ ingerenza a vario titolo e line, di organi estranei, e dotate di potere monopolistico, più o meno alto — logicamente partecipano dei ragionamenti che infor­ mano la visione teorica che ha rilevato le proprietà dei « prezzi am­ ministrati ».

5. Fra i primi problemi studiati, a riguardo dei prezzi am­ ministrati, figura quello delle conseguenze del variare della domanda durante il periodo della loro fissità. V i sono conclusioni nettamente in contrasto fra di loro, non necessariamente — come invece taluno ha affermato — a seconda che si ponga l ’ enfasi sulle variazioni delle quantità vendute o su quelle del ricavo monetario.

Secondo un modo di ragionare, la rigidità — ancorché tempo­ ranea — dei prezzi amplifica le fluttuazioni delle vendite, e, quindi, della produzione: addirittura potrebbero risultare superati i limiti di resistenza del sistema, con formazione ad es. di stadi depressi, dovuti alla maggiore riduzione della produzione e della occupazione. Se si guarda ai ricavi, in una fase di contrazione della domanda, i prezzi rigidi opererebbero con effetto di sostegno, contenendo la di­ minuzione dei ricavi delle imprese, e quindi dei redditi. Cioè a dire, essi risulterebbero fattori di stabilità. D ’altro canto è stato anche messo in evidenza il pericolo insito nella formazione di prezzi

am-(17) Si veda, per sviluppi della teoria finanziaria sull'argomento, l'arti­ colo di F . Forte, Oligopolio e Tassazione su min schema di W.J. Baumol, in questa Rivista. I, anno XX, n. 3, settembre 1961. pag. 275-317.

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ministrati a livello più alto di quello di equilibrio di mercato, per la spinta inflazionistica che da essi trarrebbe origine (18).

Osserviamo che in ragionamenti quali i suddetti, che in forza di astrazione limitano il campo delle rispettive indagini al volume della produzione, o a quello dei ricavi delle vendite, non appare lecito, logicamente, prescindere dall’ elasticità della domanda di beni o servizi in funzione del prezzo, e dei rapporti di interdipendenza con altri beni o servizi.

Una visione di sintesi, comprensiva dell’ uno e dell’altro aspetto, invece, non richiede l’ esplicita assunzione di ipotesi, a questo riguar­ do, perchè, come è facilmente intuibile, i corrispondenti effetti sono già scontati nella enunciazione del senso e grado delle variazioni, supposte nelle quantità prodotte e vendute o nei ricavi.

Ad ogni modo, ciò che qui preme mettere in evidenza è l’ impor­ tanza che il fenomeno della dilatazione dell’ intervento dello Stato nell’ economia, nella forma di imprese pubbliche, riveste per il con­ seguente allargamento dell’ area dei prezzi amministrati —- a pre­ scindere, s’intende, in questa sede, da altri noti rilevanti aspetti — già resa più ampia, per di più, in concomitanza con il progressivo aumento delle dimensioni delle imprese private. Potrebbe essere que­ sto uno dei fattori che in questi ultimi lustri hanno prodotto una pressione inflazionistica, pressoché costante, in qualche breve periodo rallentata piuttosto che interrotta, come in epoche precedenti, da fasi deflazionistiche, anche ampie, come pure, sembrerebbe lecito formulare l ’ipotesi che individua rapporti di causalità — s’ intende in concomitanza con eventi veramente determinanti — tra lo sviluppo dei settori in cui operano i prezzi amministrati e le più frequenti, seppure meno gravi, crisi o fasi di depressione economica verificatesi dalla fine della guerra (19).

Ma se non c’è risposta univoca circa il senso degli effetti del­ l ’accentuazione del peso relativo dei prezzi delle imprese pubbliche nel sistema — potendo operare, a seconda dei casi, come stabiliz­ zatori, o, per opposto, come amplificatori della fluttuazione o del

(18) In modo particolare è stato studiato il caso dei livelli salariali « spuntati » dai sindacati di lavoratori.

(19) Gli osservatori indicano quattro periodi di depressione, dal termine della II guerra mondiale in poi: 1948-49, 1953-54, 1957-58 e 1960-61. Come si vede, si tratta di periodi di depi’essione relativamente brevi. Ciò trova conferma, per il caso italiano, nella tavola I, presentata nell’interessante articolo di G.

Mi c o n i, Short Cycles in Italy (1S60-1959), in « Review of thè Economie Conditions

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turbamento all’ equilibrato processo economico — ciò non attenua l’importanza che gli effetti operino, nell’ uno o nell’ altro senso.

Pertanto, restando nei limiti della problematica finanziaria, che ci occupa, rileviamo che il crescere, anche in termini relativi, del­ l’ area delle imprese pubbliche, oltre che determinare maggiori dimen­ sioni al problema del loro finanziamento, accentua i motivi di atten­ zione che la manovra dei prezzi di tali imprese, qui considerati come entrate pubbliche aventi la struttura di « prezzi amministrati », ri­ chiede ai protagonisti del governo pubblico dell’ economia, per gli effetti, di cui abbiamo dato esemplificazioni, che possono derivarne, e che, a causa della loro indeterminazione, vanno sorvegliati, caso per caso.

6. Nel paragrafo 2 abbiamo presentato una elencazione di fini che motivano, singolamente o congiuntamente, nei limiti della reci­ proca compatibilità, l’ assunzione da parte dello Stato di pubbliche imprese. Abbiamo anche rilevato che la considerazione del vincolo politico — espressione di giudizi di valore della classe governante, interprete delle istanze dei governati tendenti al massimo di benes­ sere — conferisce determinatezza, in termini anche quantitativi, al problema dell’ ottimo dell’ impresa pubblica ipotizzata, al cui riguardo non sono sufficienti, per definizione, gli schemi relativi all’ impresa privata.

L ’ estrema varietà dei fini è di impedimento alla enunciazione di una generalizzante correlazione fra i fini stessi e la posizione otti­ male espressa in termini di grandezze economiche.

Tuttavia, può essere di orientamento distinguere fra i fini per riflessi d’ ordine quantitativo, a seconda che siano compatibili con differenze fra ricavi totali e costi totali : a) positive, b) nulle, c) ne­ gative.

Diamo alcune esemplificazioni.

Nel primo caso, al limite, figura l’ impresa che attua il monopo­ lio fiscale : come è stato detto, il fine è quello di riscuotere un’ im­ posta di consumo. Se la tariffa è ad un solo prezzo, l’ equilibrio (posizione ottima) si determina, come è noto, con l’ eguaglianza del ricavo marginale e del costo marginale. Se la tariffa è discrimi­ nata, per ipotesi perfettamente, l’ ottimo si realizza con l’eguaglianza del prezzo (domanda) e costo marginale.

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(fiscale) tutta la rendita dei consumatori compatibile con il massimo di rendita del produttore (20).

Nel caso b), se il prezzo è unico, l’ottimo si forma eguagliando costo medio e prezzo (damanda) ; e con discriminazione perfetta dei prezzi, l’ eguaglianza va verificata tra il costo medio e il ricavo medio, quest’ultimo essendo il quoziente del ricavo totale per le unità ven­ dute (21).

Nell’ambito di questa eguaglianza, è interessante il seguente (20) V. per ultimo, L. Rossi, Elementi di Economia, voi. V, Cedam, 1901, libro II, cap. I l i, pag. 61-69.

(21) La curva del ricavo medio di vendita a prezzi perfettamente discri­ minati corre sopra la curva di domanda. La sua espressione analitica è

infatti, il ricavo totale è dato dall’integrale della funzione del prezzo /> ri­ spetto alle quantità vendute q. Evidente è la rappresentazione grafica, come pure la analogia delle relazioni intercorrenti fra curva dei ricavi medi, defi­ nita come sopra e curva di domanda, da una parte, e curva di domanda e curva dei ricavi marginali (non tracciata nel grafico) dall’altra.

Osserviamo che se la curva dei costi medi taglia quella del ricavi medi in P, di ascissa eguale a OQ, tutta la gamma dei prezzi, sino a zero, è esaurita esattamente. I prezzi saranno invece tutti positivi, o anche negativi (nel senso ricordato nel testo) a seconda che la curva dei costi medi tagli quella dei ricavi medi a sinistra o a destra di P.

Ancora: se le quantità oltre OQ sono distribuite gratuitamente, la curva del ricavo medio assumerà a destra di P l’andamento di una iperbole equi­ latera, (curva marshalliana di ricavo costante).

P =

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caso, significativo e proprio di imprese pubbliche che producono beni ed erogano servizi, la cui quantità di consumo, — o numero di con­ sumatori, a seconda del caso — sia correlata direttamente ad un indice di benessere della collettività, secondo le valutazioni della classe governante. A ll’ uopo, va fatta l’ ipotesi di una curva di do­ manda che, andando oltre la quantità che annulla l’ ordinata (prezzo eguale a zero), scenda al disotto dell’asse delle ascisse, a designare i prezzi negativi, ossia contributi, o indennizzi, da corrispondere sin­ golamente ai membri della collettività, vincolati però al consumo del bene o servizio. Orbene, è verificabile il caso che l ’ eguaglianza tra costo medio e ricavo medio sia compatibile appunto con la cor­ responsione di compensi o sussidi o indennizzi, a membri della collet­ tività che in mancanza di essi non avrebbero consumato il suddetto bene o servizio.

Si supponga, a titolo puramente esemplificativo, per quella ade­ renza, in senso lato, che può immaginarsi del caso ora ipotizzato, che lo Stato, per il servizio dell’istruzione, riscuota prezzi superiori al costo dai più abbienti, destinando l’ eccedenza non solo all’inte­ grazione del minor prezzo, rispetto al costo, pagato da membri meno abbienti, ma addirittura come retribuzione dei giovani bisognosi, aventi attitudini allo studio, o dei frequentatori dei corsi di qualifica­ zione professionale (22).

Il caso c), del ricavo totale inferiore al costo totale, è compren­ sivo dei prezzi politici einaudiani (altrimenti tasse), nonché dei « criteri » che allineano i prezzi ai costi marginali, o ai costi varia­ bili o, comunque, ad una parte soltanto del costo. Soprattutto, va qui ricordata la cosiddetta « regola » —- come « criterio » di benes­ sere economico — del .« prezzo eguale al costo marginale », di cui abbiamo fatto cenno all’inizio di questo studio. È tema, questo, su cui si sono esercitati molti studiosi, che hanno prodotto una letteratura abbondante; cosicché, sid piano teorico, piuttosto che ulteriori

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gini sembrano opportuni i coordinamenti dei risultati di quelle già effettuate, così come è stato fatto da alcuni degli studiosi nei luoghi sopra citati, ai quali ancora una volta facciamo rinvio.

7. Da quanto siamo sin qui andati esponendo, discende una importante considerazione : e cioè che i prezzi delle imprese pub­ bliche sottintendono, in ogni caso —* diremo, anche qui, per defini­ zione — confronti interpersonali di utilità. Invero, l’ enunciazione dei fini premessi nel calcolo della classe governante, presume la riso­ luzione di un confronto fra vantaggi e sacrifici, in termini anche edo­ nistici, dei membri o gruppi di membri della collettività. La realiz­ zazione dei fini stessi, d’altronde, estrinsecandosi nella scelta di una posizione ottimale — di cui abbiamo più sopra fornito una serie di esemplificazioni — rispetto ad altre possibili, può comportare, ad esempio, la distruzione o la creazione di rendite dei consumatori o dei produttori ; la trasformazione di rendite dei consumatori in rendite del produttore, ovvero la devoluzione di rendite (monetiz­ zate) di consumatori a beneficio di altri gruppi di consumatori dello stesso o di altri beni e servizi, oppure della collettività indivisa; e viceversa.

Tutto ciò, è chiaro, risulta da comparazioni fra vantaggi di di­ versi gruppi, o fra vantaggi degli uni e sacrifici degli altri, siano gli uni o gli altri individuati come singoli, come gruppi o indiffe­ renziati nella collettività.

L’ impostazione più comprensiva e rigorosa, nello stesso tempo, del problema teorico è quella che fa uso dello schema logico pare- tiano del massimo di utilità per la collettività, in Sociologia, insupe­ rato, nonostante i tentativi delle correnti di pensiero teorico che si raccolgono sotto la denominazione di « moderna economia del be­ nessere ». Le quali, peraltro, come rileva E. d’ Albergo, sono di mas­ sima ferme, con la loro « conoscenza », al Manuel del 1909, in particolare all’Appendice matematica, risultando perciò private del­ l’apporto della più ricca e comprensiva visione sistemata dal Pareto nel Trattato di Sociologia Generale del 1916, dopo aver dato mate­ ria, nel 1913, al saggio appunto dal titolo : Il massimo di utilità per una collettività in Sociologia (23).

(23) « Giornale degli Economisti », Aprile 1913. Opportunamente, pertanto, F. Ca f f è, nella Nota bibliografica premessa alla raccolta di Saggi sulla moderna « economia del benessere », Edizioni Scientifiche Einaudi, 1956, ha citato il Trattato di Sociologia Generale, II ed., I l i voi., 1923 (voi. II nella prima edi­ zione del 1916).

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Tuttavia sicuramente orientativa, pur nella semplificazione dei termini della questione, è l’analisi che fa perno sui concetti di ren­ dita del consumatore e di rendita del produttore, strumenti teorici fecondi nell’ ambito della logica dell’equilibrio particolare.

A questo riguardo, rammentiamo la critica del Samuelson — per citare uno degli studiosi più rappresentativi in questo settore di di studi — diffidente nei confronti della rendita del consumatore, come categoria logica significativa nella problematica dell’ economia del benessere, secondo la rivalutazione proposta di J. R. Hicks (24). Come pure, e soprattutto, abbiamo presenti le limitazioni di cui soffre la significanza delle rendite del consumatore per gli aspetti che ci occupano, e in modo particolare le condizioni illustrate da Cf. Borgatta, sin dal 1921, nel bel saggio anticipatore, tra l’ altro, di visioni in tema, di benessere economico, poi enunciate da altri con minor rigore teoretico in taluni particolari (25).

Con riguardo alla fattispecie dell’ impresa pubblica, in alcuni studi è stata prospettata la non necessità del confronto — e sepa­ rata considerazione — delle rendite del produttore e dei consumatori : ciò perchè, trasferendo dallo Stato alla collettività la figura del produttore, le due rendite, appunto di produttori e consumatori, risulterebbero relative allo stesso soggetto, precisamente la collet­ tività, e pertanto del tutto omogenee ed immediatamente sommabili. Donde l’analisi delle condizioni che rendono massima la somma delle due rendite. A dire il vero, a tale somma aveva già pensato Mar­ shall (26), con riferimento a ll’ ottimo di monopolio, per cui aveva elaborato il concetto di « beneficio compromissorio », che generalizza quello di « beneficio totale » corrispondente alla somma semplice delle due rendite.

Il primo concetto, invero, presume l’assegnazione di « pesi » (che fanno ricordare i coefficienti paretiani attribuiti alle equazioni

(24) J.R. Hic k s, The Rehabilitation of Consumers’ Surplus, in « Review of Economie Studies », V ili, 1941, pag. 108-116, a cui si riferisce P. A. Samuelson nell’ ottavo capitolo, Welfare Economics, dei Foundations of Economie Analysis, Harvard University Press, 1948, pag. 203-253, tradotto da F. Caffè, loc. cit., IX, pag. 227-298 (per la notazione v. pag. 235). I termini della questione sono messi criticamente a confronto da E. D’Albergo, Economia della Finanza pub­ blica, voi. II, 1952, pag. 137.

(25) G. Borgatta, La rendita del consumatore e le sue applicazioni finan­ ziarie, in « Giornale degli Economisti », 1921, pag. 157-174 e 248-271.

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del sistema che definisce la situazione di massimo di utilità per la collettività) alle due rendite, per renderle omogenee, ritenendosi giustamente come corrispondente alla generalità dei casi, il loro diverso apprezzamento nel calcolo del produttore.

Per il nostro caso, in cui lo Stato è il produttore, valga ripor­ tare il seguente passo, appunto del Marshall (loc. cit., pag. 147) : « Ma- raramente accadrà che un monopolista possa e voglia considerare una sterlina di rendita del consumatore altrettanto desiderabile come una sterlina di reddito di monopolio. Anche un governo, che consideri i propri interessi coincidenti con quelli del popolo, deve tener conto del fatto, che se esso abbandona una fonte di entrate, deve generalmente ricorrere ad altre fonti che hanno anch’esse i loro svantaggi. Giacché quelle nuove imposte produrranno necessariamente attriti e spese di esazione, oltreché qualche danno al pubblico, del genere di quello che abbiamo descritto una perdita di rendita del con su m atore;...». Il calcolo comparativo di quantità edonistiche, da parte della classe governante (produttore) è chiaramente presente nelle riportate proposizioni, inerenti al caso limite della definita, nell’ ipotesi, coincidenza di interessi di produttori e consumatori. 8

8. Abbiamo detto di creazione, distruzione, trasformazione e trasferimento di rendite di consumatori e di produttori, corrispon­ denti a redistribuzioni di ricchezza all’ interno della collettività, in modo vario. Questo aspetto del fenomeno è stato appena rilevato dagli studiosi, citati, che si sono occupati particolarmente della fissazione del prezzo al costo marginale, di massima in relazione sol­ tanto al caso studiato. Oon ciò è stata ovviamente abbandonata l’ i­ potesi riferita in precedenza, peraltro meno realistica, della coinci­ denza d’ interessi dei soggetti produttori e consumatori, distinguen­ dosi invece tra gruppi di membri della collettività (semmai la rendita del produttore in quanto resa disponibile per il finanziamento di servizi pubblici indivisibili, può pensarci ancora genericamente rife­ rita alla collettività) fra i quali esistano contrasti di interesse.

Senza intendere di esaurire la casistica-, vogliamo specificare, rapidamente, i termini della questione con riferimento ad alcune ipotizzate condizioni ottimali dell’ impresa pubblica, quali ad esempio abbiamo indicato in un precedente paragrafo.

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dell’ intera collettività (coerentemente con l’ipotesi della generalità dell’imposta di consumo di cui l’ utile monopolistico è l’espressione aziendale), a seconda che il prezzo sia unico o discriminato, perfet­ tamente o non.

6) L’ impresa pubblica che abbia fissato il prezzo al costo mar­ ginale, a destra del punto di fuga, lascia ai consumatori la corrispon­ dente rendita (di cui eventualmente un’impresa privata dotata di un certo grado di monopolio si sarebbe in tutto o in parte impos­ sessata), facendo beneficiare la collettività della rendita del produt­ tore. È rilevante notare —- prescindendo da opinioni contrarie, espresse su questo punto in note discussioni — che in simile ipotesi gli impianti esistenti dell’ impresa pubblica sarebbero impiegati al­ l’ottimo della loro efficienza economica, rispetto al prezzo.

c) Col vincolo del prezzo eguale al costo medio, (a destra del punto di fuga) l ’impresa pubblica rinuncia alla rendita del produt­ tore, a, vantaggio dei consumatori, la cui rendita aumenta per l ’ esten­ dersi del consumo compatibile con la diminuzione di prezzo. Se si guarda alla rendita del produttore (impresa pubblica) come di spet­ tanza della collettività, diremo che il vantaggio di un gruppo (di consumatori di un dato bene o servizio) è stato preferito al vantaggio indivisibile che la spesa del provento avrebbe recato alla collettività. Da altro punto di vista, confrontando l’ andamento dei costi margi­ nali rispetto al prezzo unico, eguale al costo medio delle unità complessivamente vendute, si può dire che l’ eccedenza del prezzo ri­ spetto ai costi delle singole unità di prodotto nel primo tratto della curva, compensa esattamente, nel ricavo totale, il maggior costo delle ultime unità prodotte rispetto al prezzo medesimo. In altre parole, guardando al costo delle singole successive unità prodotte, per una parte delle stesse il prezzo è superiore al costo che la collet­ tività sopporta per la loro produzione; per la parte rimanente il prezzo è minore, facendo luogo a compensazione all’interno del gruppo di consumo. Pertanto, i trasferimenti e le trasformazioni di rendita avvengono, in tale ipotesi, fra membri della collettività, in quanto consumatori di un dato bene o servizio. Va anche detto che viene abbandonata, a danno dell’efficienza del sistema, la posizione compatibile con la più economica utilizzazione degli impianti (27).

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d) Se l ’ eguaglianza del ricavo totale con il costo totale è veri­ ficata con il ricorso a prezzi discriminati per ipotesi perfettamente, tutta la rendita dei consumatori che pagano un prezzo maggiore del costo medio della quantità complessivamente prodotta e consumata, è devoluta a vantaggio degli altri consumatori. Detta rendita, rea­ lizzata, può in parte addirittura tradursi, come abbiamo anche sup­ posto, in compensi o indennizzi disposti dalla classe governante a beneficio di taluni membri della collettività, per renderli consuma­ tori del bene o servizio (vedasi il grafico a nota 21).

e) Qualora il ricavo sia inferiore al costo totale, ò chiaro che la collettività è onerata dell’integrazione del costo, a vantaggio dei suoi membri ammessi al (maggiore) consumo del bene o servizio. Tale integrazione, ad esempio, può rappresentare, come di massima propongono note « regole » o « criteri » di economia del benessere, la parte fissa del costo, essendo quella variabile coperta dai prezzi. Nel caso del livellamento del prezzo al costo marginale, — qui supposto necessariamente a sinistra del punto di fuga — risulterebbe osservata una delle condizioni del massimo di efficienza economica, ossia dell’ ottima utilizzazione degli impianti esistenti, che nelle vi­ sioni di economia del benessere variamente — e inevitabilmente, sot­ tolineiamo — si combinano con gli aspetti redistributivi della ric­ chezza e del reddito, pure strumentali, anche secondo relazioni di interdipendenza. [Abbiamo voluto sottolineare che diversamente vin­ colate sono la situazione di ottima utilizzazione degli impianti esi­ stenti, data la domanda ossia il prezzo, e la situazione di ottimo impianto, data la domanda, di cui ci occupiamo altrove, con ri­ guardo all’impresa pubblica, s’ intende].

9. Nei ragionamenti che precedono, abbiamo richiamato l’at­ tenzione sulla redistribuzione di potere d’acquisto che, variamente, si accompagna alle diverse ipotesi di formazione dei prezzi delle pubbliche imprese e che da essi è influenzata. Ciò è sufficiente a

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spiegare — semmai ancora occorresse — che non esiste, in assoluto, un sistema, ottimo di tali prezzi, perchè esso deve essere compatibile, tra l ’altro, con la distribuzione del reddito —- personale, per cate­ gorie di consumatori o produttori, territoriale, ecc. — giudicata stru­ mentale per il raggiungimento dell’ ottimo di benessere collettivo, secondo le valutazioni della classe governante (28). Inoltre, la distri­ buzione della ricchezza è influenzata dalla politica dei prezzi delle imprese pubbliche non solo direttamente, ma anche in via mediata, in conseguenza delle eventuali alterazioni determinate nell’ impiego delle risorse disponibili e della erogazione dei proventi netti delle imprese pubbliche medesime (29).

Gli effetti a) sulla distribuzione del reddito e b) sull’impiego delle insorse disponibili, nella loro qualità di fattori di produzione, e pertanto sull’efficienza del sistema economico, conferiscono alla politica dei prezzi delle pubbliche imprese una delicata e sensibile strumentalità nella problematica dell’ economia del benessere. Con­ fortano questa visione le seguenti proposizioni : « L ’ importanza di queste alterazioni nell’impiego delle risorse e nella distribuzione del reddito nazionale può essere di gran lunga maggiore del significato che gli eventuali avanzi o disavanzi di gestione delle imprese pubbli­ che possono avere nel sistema delle entrate e delle spese pubbli­ che » (30).

Per concludere su questo punto, da quanto precede emerge come, sotto il profilo interessante l’ economia della finanza pubblica, l’ im­ presa pubblica sia uno strumento idoneo all’ attuazione di fini quali : а) il conseguimento di entrate, tributarie (monopolio) e non ; б) redistribuzione di potere d’acquisto da membri della col­ lettività, in veste di consumatori del bene o servizio offerto dalla impresa, ad altri membri della collettività, favoriti con l’integrazione del minor prezzo da loro pagato per il medesimo consumo, o allo stesso indotti, per vincolo di destinazione del potere d’ acquisto messo a loro disposizione ; in altre parole, prelievo ed erogazione,

simulta-(28) .1. dì; V. Graaf, ad esempio, fa dipendere esplicitamente il giudizio sulla adozione della «re g o la » del prezzo eguale al costo marginale, dall’accet­ tazione delia distribuzione dei redditi a cui essa conduce (Theoretical ÌVelfare Economics, Cambridge Univ. Press, London, 1957, cap. X, pag. 178 segg.).

(29) Il mutamento nell’impiego delle risorse può non prodursi; ma la de­ stinazione del provento netto da parte dello Stato è, per definizione, diversa da quello dei privati. Si pensi, ad esempio, alla sostituzione di un monopolio fiscale ad un monopolio privato.

(33)

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neamente, a carico ed a favore, rispettivamente, di membri della collettività i n d i v i d u a t i quali consumatori d i un bene o servizio, la cui diffusione figuri nella soluzione data dalla classe governante al problema di massimo benessere collettivo;

c) finanziamento della differenza fra costo e minor prezzo fissato per la generalità dei consumatori di un bene o servizio, quale il suddetto, mediante l’ impiego di entrate prelevate ad altro titolo a carico della collettività, indivisibilmente.

Bologna,, Università.

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