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E BEHAVIORAL BIASES

1. Teoria della dissuasività delle sanzioni secondo i principi della law and economics tradizionale

1.1 Il Rational Choice Model

Secondo la classica teoria che studia le interrelazioni tra economia e criminalità (cfr. GARY BECKER, 1968) (142) l’individuazione del livello ottimale di enforcement implica l’irrogazione del livello massimo di sanzioni.

A questa conclusione di perviene attraverso un ragionamento che presuppone che coloro che commettono violazioni siano esseri razionali le cui azioni sono orientate a conseguire la massimizzazione del proprio benessere.

Secondo la teoria della scelta razionale (o Rational Choice Model – RCM), i comportamenti individuali sono determinati da meri calcoli utilitaristici, funzionali al conseguimento di un margine di utilità individuale.

L’homo economicus, dunque, sarebbe in grado di scegliere la propria condotta (sia essa lecita o illecita) sulla base di un’analisi costi-benefici che si fonda sull’esatta ponderazione tra bonus e malus, vantaggi e svantaggi, mezzi e fini, gains and losses (143).

Lo studio economico del comportamento razionale – diversamente dalle discipline criminologiche, sociologiche e psicologiche – concepisce i criminali (o i soggetti responsabili di illeciti non penalmente rilevanti) quali soggetti razionali che, al pari degli altri, perseguono il proprio benessere, e sono guidati in questa ricerca esclusivamente dai propri consueti vincoli di tempo, denaro e altri fattori che qualificano le situazioni di incertezza.

(142) BECKER, G. S., “Crime and punishment. An economic analysis”, in

Journal of political economy, 1968, LXXVI, pp. 169-217.

(143) Cfr. BECKER G., Nobel Lecture: “The Economy Way of Looking at Behavior”, Journal of Political Economy, 1993, pp. 385 ss.; “Law Enforcement, Malfeasance and Compensation of Ensorcers”, Journal of Legal studies, 1974, pp. 1 ss.

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Secondo l’impostazione del RCM, dunque, un individuo decide se commettere un crimine o violare una disposizione normativa se e solo se da questa condotta possa derivare un qualche beneficio, cioè se l’utilità attesa nel compiere l’illecito eccede quella derivante impiegando il medesimo tempo ed energia in maniera alternativa e legittima (144).

Alla condotta illecita di un soggetto razionale in grado di effettuare un’analisi costi-benefici e di valutare di conseguenza se e quando commettere un illecito in base all’obiettivo di massimizzare il relativo beneficio, dovrebbe essere contrapposta un’azione sanzionatoria altrettanto razionale, cioè orientata a ridurre i comportamenti illeciti mediante un livello di enforcement (azione volta a individuare, perseguire e reprimere gli illeciti) che minimizzi i costi economici e sociali.

Le due componenti essenziali dell’azione di enforcement sono: - il grado di probabilità di irrogazione della sanzione (o certezza della pena);

- la tipologia e il livello della sanzione comminata (o severità della pena).

Di conseguenza, il calcolo che l’individuo deve compiere per stabilire se e con quale frequenza delinquere dipenderà dalla valutazione di due variabili fondamentali, quali la probabilità di essere scoperto e punito e la (presunta) severità della sanzione, nonché da altre variabili come il reddito disponibile per attività legali o illegali, le circostanze ambientali, e l’attitudine personale a commettere un atto illegale.

La formula base con cui si sintetizza in termini matematici questo calcolo è:

O = O (p, f, u)

(144) Le riflessioni di Becker costituiscono l’approdo moderno della scuola classica del diritto penale che, tra il XVIII e XIX secolo si è formata sulla base del pensiero filosofico e giuridico di Cesare Beccaria, Montesquieu e Bentham.

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con O = numero di reati commessi da una persona in un particolare periodo di tempo;

p = probabilità di essere scoperto, processato e condannato; f = entità della sanzione comminata per un determinato reato; u = variabile generica che comprende tutti gli altri elementi idonei ad influenzare l’individuo.

La prima osservazione da fare sul RCM è che esso dà per assunte non solo la razionalità del comportamento individuale, ma anche la completa informazione del potenziale criminale sui costi e i benefici delle sue decisioni.

Vengono inoltre sostanzialmente neglette altre considerazioni di tipo morale, sociale o psicologico, che pure influenzano non poco la fenomenologia dei comportamenti umani.

Secondo lo schema comportamentamentale dell’homo

economicus, il comportamento criminale/illecito può invece essere

studiato e spiegato, al pari delle altre decisioni economiche ordinarie, secondo le leggi del mercato, che non escludono del tutto l’incidenza di altri fattori (ad esempio le abitudini, la cultura, il contesto familiare e sociale studiati dalla ricerca criminologica e sociologica), ma ne sfumano grandemente l’importanza.

L’approccio adottato dai sostenitori del RCM ha delle rilevanti ricadute anche sul sistema di giustizia penale e su coloro che sono chiamati a dettare e far rispettare le leggi.

Da punto di vista del regolatore/legislatore che intende porre rimedio ai fenomeni criminali, infatti, il modello economico razionale rende necessario e sufficiente individuare l’ottimale combinazione di sanzioni (penali e/o amministrative) e di probabilità di applicazione delle stesse (livello di enforcement).

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Nella realtà empirica ovviamente sorgono molteplici difficoltà in merito all’esatta determinazione di questi parametri, anche a causa della incompletezza delle informazioni di cui abitualmente si dispone.

Il modello di Becker, quale precursore di altri modelli più sofisticati di calcolo del sistema di enforcement ottimale, necessariamente trascura alcune di queste interferenze, o semplicemente evita di esplorare variabili contingenti, quali ad esempio quelle relative alle attitudini dei soggetti coinvolti nei confronti del rischio.

Seguendo questo approccio, il costo complessivo del reato sofferto dalla società è il risultato della seguente operazione algebrica:

danno sofferto dalla vittima (individuale o collettiva) –

beneficio ottenuto dall’autore.

Il vantaggio dell’autore a sua volta equivale alla differenza tra i costi sostenuti per commettere l’infrazione e i ricavi conseguiti.

Sia i guadagni ottenuti dall’autore sia i danni subiti dalla società sono soggetti al principio dell’utilità marginale decrescente: in altri termini, per ogni unità addizionale degli uni o degli altri si determina una corrispondente diminuzione dell’utilità conseguita, cioè di soddisfazione derivante dal consumo.

Per questo motivo, l’autore dell’illecito è incentivato in misura decrescente a commettere un numero molteplice di infrazioni.

Dal lato, invece, dei disincentivi ad assumere una condotta illecita l’aumento delle probabilità di cattura e di potenziale condanna incide in misura più che proporzionale rispetto all’aumento della severità della pena stessa.

Ciò in quanto se scoperto e punito, il responsabile pagherà per ogni infrazione; in caso contrario, non pagherà nulla.

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Purtroppo, la bontà di questo ragionamento è viziata da due semplificazioni che tendono a omologare l’eterogeneo panorama delle condotte umane.

Innanzitutto, come già accennato, esso assume che il soggetto agente sia per definizione risk-neutral (145).

Inoltre, si dà per assodato che la probabilità di essere scoperti sia fissa.

In realtà, proprio la circostanza che la cattura e la condanna sono solo eventuali, la decisione di commettere un illecito o meno è adottata in condizioni d’incertezza tale da fare entrare in gioco la rilevanza della variabile propensione al rischio del soggetto.

All’aumentare della probabilità di condanna e al contestuale diminuire dell’utilità attesa un soggetto, infatti, non sempre corrisponde una diminuzione delle condotte illecite da parte di soggetti con una spiccata propensione al rischio.

Viceversa, nell’ipotesi di soggetti avversi al rischio sarebbe l’aumento dell’entità della pena a determinare una maggiore deterrenza e dunque a causare la diminuzione dei crimini commessi.

La concatenazione della deterrenza della sanzione e della propensione al rischio dei soggetti rappresenta la chiave di volta dell’analisi economica del sistema sanzionatorio.

Secono il linguaggio della law and economics, infatti, che presuppone che gli individui siano decisori razionali, una policy efficace per ridurre il numero di illeciti commessi passa attraverso l’incremento del costo di ognuno di essi dal punto di vista dell’autore.

(145) In economia, un agente è: avverso al rischio quando preferisce sempre un ammontare certo rispetto a una quantità aleatoria; neutrale al rischio se è sempre indifferente tra valore atteso di una quantità aleatoria e la quantità aleatoria stessa; propenso al rischio se preferisce sempre una data quantità aleatoria rispetto a ottenere il suo valore atteso con sicurezza.

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Questo risultato viene perseguito mediante l’efficientamento del sistema sanzionatorio nei due suoi elementi essenziali e, quindi, attraverso l’aumento della probabilità di arrestare e condannare il colpevole e della severità della sanzione.

Un sistema sanzionatorio ottimale in termini di deterrenza sarebbe dunque, almeno in linea teorica, quello che prevede il massimo della sanzione per ogni tipo di illecito e la assoluta certezza della condanna.

Tuttavia, la reale gestione di un sistema penale e di enforcement ha dei costi (di prevenzione, polizia, incarcerazione, etc.) che non sono indiscriminatamente sostenibili dal parte della collettività.

Di conseguenza, in un sistema sanzionatorio razionale si pone il problema di definire l’ottimale ed economica allocazione di risorse da utilizzare per garantire l’efficacia delle sanzioni al minimo costo, o comunque, ad un costo inferiore rispetto quello prodotto dalla commissione degli illeciti.