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La realizzazione dell’orto condiviso

1.1 Storia dell’associazione, struttura e attività

1.1.6 La realizzazione dell’orto condiviso

Tra questa serie di attività c’è stato anche un corso di giardinaggio che ha avuto inizio nel 2014. Questo corso è stato attivato seguendo la proposta e il desiderio di alcuni cittadini che avevano mostrato interesse nella cura degli spazi verdi comuni. Individuato lo spazio il gruppo di lavoro del Servizio Immigrazione ha partecipato a un secondo progetto FAMI31 attraverso il quale è stato possibile avviare questa iniziativa.

Il Servizio ha anche fatto domanda per far arrivare l’acqua pubblica la cui attivazione è avvenuta un anno dopo la richiesta. L’arrivo dell’acqua ha conciso con la partecipazione di un gruppo diverso da quello iniziale, con persone giovani attive socialmente sia in parrocchia che nella realtà del territorio. L’orto, soprattutto all’inizio, ha estremamente favorito l’integrazione delle famiglie cinesi e delle famiglie del Bangladesh. Soprattutto i primi anni quando il Servizio Immigrazione aveva a disposizione la mediazione. Alessandra aggiunge che la partecipazione e l’interesse della comunità cinese ha spiazzato tutti visto che avevano già cercato di coinvolgerli con un corso di tai-chi che si svolge al parco Piraghetto di Mestre ma al quale nessun cinese si era avvicinato.

Il verde invece è stato una calamita per le persone della comunità cinese che hanno fatto appassionare anche cinesi provenienti da altri quartieri.

L’area coltivata che all’inizio era un pezzetto molto piccolo si è triplicata nel giro di un anno una parte “adottata” formalmente dal Servizio Immigrazione e una piccola parte “adottata” da una signora cinese di nome Jian Mei. Alessandra mi spiega che l’idea era quella di formare uno statuto per trasformare il gruppo che partecipava all’orto condiviso in associazione ma questi cittadini non hanno mai voluto prendersene la responsabilità. Alessandra ammette che, benché bello come progetto, non è stato semplice. Hanno avuto bisogno di un importante supporto di mediazione per mettere d’accordo

81 il gruppo dei cittadini cinesi e quello dei cittadini del Bangladesh che si facevano la guerra tra di loro e i mediatori che cercavano di dare delle regole che facevano fatica ad essere condivise e rispettate, anche se alla fine sono riusciti a costituire un elenco di persone che hanno chiesto “l’adozione” di quello spazio di verde pubblico.

Nel 2015 è cambiata l’amministrazione comunale di Venezia che non ha riconosciuto questo lavoro. Non è stato rinnovato il mandato del Servizio Immigrazione per la gestione del progetto. Alessandra aggiunge che “il lavoro sociale e di comunità naturalmente muove il territorio e non necessariamente lo muove in maniera positiva nel senso che l'orto, soprattutto all'inizio, è stato molto ostacolato dai cittadini che lo vedevano come una appropriazione del bene pubblico”. Gli interventi di comunità smuovono relazioni ma più di tutto conflitti.

Un conto è lasciare tutto com’è e lamentarsi all’interno delle proprie case, ma dal momento che delle persone si mettono in gioco svolgendo un lavoro per la comunità, la comunità stessa fa fatica ad accettare che qualcuno metta le mani sulla cosa pubblica.32

Soprattutto durante i primi tempi quando l’orto non era ordinato, non era ancora un orto ma c’era solo terra divelta ed era una grande confusione.

L’idea però era quella che l’orto fosse un processo: c’è stato qualcuno che ha proposto di creare un portale con dei bastoni, e di settimana in settimana tornavano e vedevano che c’era stato qualcun altro che al portale aveva aggiunto dei rampicanti, qualcuno aveva piantato dei fiori e altri ancora che aveva ripulito dalle erbacce e così via.

Nel frattempo, nel 2014, è arrivato il parroco attuale don Nandino Capovilla che è un personaggio molto attivo e anche schierato politicamente ma dai parrocchiani non è così amato. Anche lui “muove cose importanti” dice Alessandra; la sua parrocchia è molto aperta, lui è totalmente a favore dell’integrazione e questo suo comportamento ha rotto gli equilibri di pace e serenità. Ha portato i poveri nella comunità creando conflitti all’interno della stessa parrocchia. Secondo Alessandra il parroco è molto rispettato e ha molti consensi più fuori la Cita che all’interno.

82 L’amministrazione comunale inoltre ha emesso un documento semiufficiale dove dichiarava che non riconosce il percorso sociale dell’orto ma lo definisce come un’autogestione da parte di alcuni cittadini. Per questo il servizio di mediazione è stato cancellato ma continua ad esserci in maniera informale. Chi come Alessandra ha seguito questa attività come lavoro, adesso partecipa come volontario: “Io vado perché ormai ci sono delle relazioni molto forti tra le persone, si sono creati dei legami ed è diventato un po' un investimento personale, però non avere la legittimazione politica è molto diverso.”

L’attività sta andando avanti grazie a questo gruppo di cittadini che si incontra per curare lo spazio, e organizza attività in collaborazione con la parrocchia. Per un periodo Alessandra è stata la via di mezzo tra l’ente pubblico e i cittadini e quindi hanno coinvolto i senza dimora accolti in parrocchia perché venissero a lavorare nell’orto in cambio di un piccolo riconoscimento economico da parte del comune. Grazie alla presidente di Ago e Filò che è un’educatrice al Centro di Salute Mentale è stata costruita una piccola teca a forma di trenino. L’associazione e il Centro di Salute Mentale sono riusciti a ricevere fondi partecipando a bandi dell’amministrazione. Con questi soldi è stato acquistato il materiale per costruire la piccola teca e alcuni libri da mettere dentro per avviare il book-crossing. I ragazzi del Centro di Salute mentale hanno disegnato il progetto, l’hanno costruita e a giugno dello scorso anno è stata inaugurata con una festa durante la quale lo scrittore veneziano Alberto Toso Fei ha presentato il suo libro.

Adesso è un periodo di stanchezza, ammette Alessandra, molte cose sono cambiate, tante persone hanno seguito progetti e strade diverse stimolate da questa esperienza. Per esempio, una delle coppie più attive, dopo aver sperimentato l’orto hanno scelto di andare a vivere in co-housing trasferendosi in campagna. Sono nate altre idee e progetti come l’educazione all’aperto per i bambini che dopo un periodo di sperimentazione nell’orto ha portato alla richiesta di uno spazio nel Bosco di Mestre per avere la possibilità di organizzare centri estivi per i più piccoli. “Quindi è stato un gruppo molto fertile ed è un gruppo molto fertile che in questo momento ha un calo di... affaticamento anche legato... cioè

83 un conto è avere un riconoscimento, un conto è trovarti sempre ad essere in pochi che ti scontri sempre con una rigidità sociale che è sempre più forte.”33