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TRACCIA

Tizio, funzionario ministeriale, ha in consegna le buste chiuse contenenti le offerte delle ditte che partecipano all’asta pubblica per la costruzione di una scuola.

Tizio - presa fraudolentemente visione del contenuto di tutte le offerte contenute nelle buste, prima della scadenza del termine stabilito per l’apertura delle buste stesse - al fine di favorire la ditta Alfa dalla quale ha percepito notevoli somme di denaro, sottrae la busta contenente l’offerta fatta pervenire dalla predetta ditta, la distrugge e la sostituisce con altra, da lui compilata.

Preoccupato per le conseguenze della sua azione, Tizio si rivolge ad un legale.

Il candidato, assunte le vesti del legale, delineata la problematica sottesa alla fattispecie in esame, rediga motivato parere.

RIFERIMENTI NORMATIVI

Art. 15. Materia regolata da più leggi penali o da più disposizioni della medesima legge penale

Quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito.

Art. 56. Delitto tentato

Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.

Il colpevole di delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la

Il fatto

Invito alla redazione di un parere motivato

pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.

Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso.

Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà.

Art. 61. Circostanze aggravanti comuni

Aggravano il reato quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali le circostanze seguenti:

1) l’avere agito per motivi abietti o futili;

2) l’aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato;

3) l’avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell’evento;

4) l’avere adoperato sevizie, o l’aver agito con crudeltà verso le persone;

5) l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;

6) l’avere il colpevole commesso il reato durante il tempo, in cui si è sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura o di carcerazione spedito per un precedente reato;

7) l’avere, nei delitti contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità;

8) l’avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso;

9) l’avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto;

10) l’avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di un pubblico servizio, o rivestita della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio;

11) l’avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d’opera, di coabitazione, o di ospitalità.

11-bis) l’avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale

11-ter) l’aver commesso un delitto contro la persona ai anni di un soggetto minore all’interno o nelle adiacenze di istituti di istruzione o formazione.

Art. 81. Concorso formale. Reato continuato

È punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge.

Alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge.

Nei casi preveduti da quest’articolo, la pena non può essere superiore a quella che sarebbe

applicabile a norma degli articoli precedenti.

Fermi restando i limiti indicati al terzo comma, se i reati in concorso formale o in continuazione con quello più grave sono commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma, l’aumento della quantità di pena non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave.

Art. 319. Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio

Il pubblico ufficiale che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da due a cinque anni.

Art. 319 bis. Circostanze aggravanti

La pena è aumentata se il fatto di cui all’art. 319 ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l’amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene.

Art. 326. Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio

Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie d’ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno.

Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie d’ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni.

Art. 351. Violazione della pubblica custodia di cose

Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora corpi di reato, atti, documenti, ovvero un’altra cosa mobile particolarmente custodita in un pubblico ufficio, o presso un pubblico ufficiale o un impiegato che presti un pubblico servizio, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione da uno a cinque anni. Codice Penale Art. 353. Turbata libertà degli incanti

Chiunque, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni, ovvero ne allontana gli offerenti, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032.

Se il colpevole è persona preposta dalla legge o dall’autorità agli incanti o alle licitazioni suddette, la reclusione è da uno a cinque anni e la multa da euro 516 a euro 2.065.

Le pene stabilite in questo articolo si applicano anche nel caso di licitazioni private per conto di privati, dirette da un pubblico ufficiale o da persona legalmente autorizzata; ma sono ridotte alla metà.

Art. 485. Falsità in scrittura privata

Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, forma, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa, o altera una scrittura privata vera, è punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Si considerano alterazioni anche le aggiunte falsamente apposte a una scrittura vera, dopo che questa fu definitivamente formata.

Art. 490. Soppressione, distruzione e occultamento di atti veri

Chiunque, in tutto o in parte, distrugge, sopprime od occulta un atto pubblico, o una scrittura privata veri soggiace rispettivamente alle pene stabilite negli articoli 476, 477, 482 e 485, secondo le distinzioni in essi contenute.

Si applica la disposizione del capoverso dell’articolo precedente.

Art. 616. Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza Chiunque prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, ovvero sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne da altri prendere cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta, ovvero, in tutto o in parte, la distrugge o sopprime, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 30 a euro 516.

Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, è punito, se dal fatto deriva nocumento ed il fatto medesimo non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a tre anni.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Agli effetti delle disposizioni di questa sezione, per “corrispondenza” si intende quella epistolare, telegrafica, telefonica, informatica o telematica, ovvero effettuata con ogni altra forma di comunicazione a distanza.

Art. 357. Nozione del pubblico ufficiale

Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.

Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi.

Art. 640. Truffa

Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549:

1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;

2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’autorità;

2 bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all’articolo 61, numero 5).

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o un’altra circostanza aggravante.

GIURISPRUDENZA PERTINENTE ALLA SOLUZIONE DEL CASO PROSPETTATO

Cass., sez. VI, 5 maggio 2004, n. 21088, Rv. 228871

È pubblico ufficiale ai sensi dell’art. 357 cod. pen. non solo colui il quale con la sua attività concorre a formare la volontà dello Stato o degli altri enti pubblici, ma anche chi è chiamato a svolgere compiti aventi carattere accessorio o sussidiario ai fini istituzionali degli enti pubblici, poiché pure in questo caso ha luogo, attraverso l’attività svolta, una partecipazione, sia pure in misura ridotta, alla formazione della volontà della pubblica Amministrazione. Ne consegue che, perché si rivesta la qualifica di pubblico ufficiale, non è indispensabile svolgere un’attività che abbia efficacia diretta nei confronti dei terzi - nel senso cioè che caratteristica della pubblica funzione debba essere quella della rilevanza esterna dell’attività medesima - giacché ogni atto preparatorio, propedeutico ed accessorio, che esaurisca nell’ambito del procedimento amministrativo i suoi effetti certificativi, valutativi o autoritativi (seppure destinato a produrre effetti interni alla pubblica Amministrazione), comporta, in ogni caso, l’attuazione dei fini dell’ente pubblico e non può essere isolato dal contesto delle funzioni pubbliche.

Cass., sez. V, 2 maggio 1983, n. 4116

Nell’ipotesi di falso in scrittura privata commesso da un dipendente pubblico il quale, al fine di procurare a terzi la aggiudicazione di una fornitura, abbia falsificato delle offerte facendone uso nell’espletamento della gara, l’ente pubblico non è semplice danneggiato ma persona offesa dal reato, quale titolare dello interesse, penalmente protetto, all’autenticità delle offerte dei concorrenti, da cui dipende la regolarità della gara; pertanto, è legittimato ad esercitare il diritto di querela.

SVOLGIMENTO

La fattispecie descritta nella traccia sollecita l’esame di numerose questioni interessanti la qualificazione giuridica delle azioni poste in essere da Tizio.

In particolare, si evidenzia come questi con il proprio comportamento ha realizzato una pluralità di condotte penalmente rilevanti; egli ha, infatti, accettato denaro per compiere un atto contrario ai suoi doveri d’ufficio, soppresso un documento vero e realizzatone un altro falso, incidendo così sulla gara di appalto e cagionando un danno patrimoniale alle altre ditte concorrenti.

Prima - sia sotto il profilo cronologico che per gravità - ipotesi delittuosa posta in essere da Tizio è quella di corruzione propria di cui all’art. 319 del Codice Penale.

Preliminare alla trattazione dell’ipotesi di reato in questione risulta la considerazione che Tizio, essendo un mero incaricato alla custodia delle buste contenenti le diverse offerte, potrebbe non rivestire la qualifica di pubblico

ufficiale richiesta dall’art. 319 del Codice Penale.

A tale interrogativo può agevolmente rispondersi facendo riferimento alla giurisprudenza dominante che considera pubblico ufficiale non solo colui il quale con la sua attività concorre a formare la volontà dello Stato o degli altri enti pubblici, ma anche chi è chiamato a svolgere compiti aventi carattere accessorio o sussidiario ai fini istituzionali degli enti pubblici, poiché pure in questo caso ha luogo, attraverso l’attività svolta, una partecipazione, sia pure in misura ridotta, alla formazione della volontà della pubblica Amministrazione. Ne consegue che, perché si rivesta la qualifica di pubblico ufficiale, non è indispensabile svolgere un’attività che abbia efficacia diretta nei confronti dei terzi - nel senso cioè che caratteristica della pubblica funzione debba essere quella della rilevanza esterna dell’attività medesima - giacché ogni atto preparatorio, propedeutico ed accessorio, che esaurisca nell’ambito del procedimento amministrativo i suoi effetti certificativi, valutativi o autoritativi (seppure destinato a produrre effetti interni alla pubblica Amministrazione), comporta, in ogni caso, l’attuazione dei fini dell’ente pubblico e non può essere isolato dal contesto delle funzioni pubbliche (Cass., Sez. VI, 5 maggio 2004, n. 21088).

Per l’orientamento sopra richiamato, identica qualifica soggettiva rivestono poi anche i funzionari che non adottano il provvedimento finale di aggiudicazione ma che si inseriscono con la loro attività nel procedimento amministrativo.

Occorre a questo punto accennare ad alcuni elementi del reato di corruzione.

La corruzione rientra tra i delitti contro la Pubblica Amministrazione (di seguito P.A.) e consiste in un accordo tra il pubblico funzionario ed un privato in base al quale il primo accetta dal secondo, per un atto relativo alle sue attribuzioni, un compenso che non gli è dovuto.

Analogamente ad altri delitti contro la P.A., l’interesse tutelato dalla norma è il regolare funzionamento nonché il prestigio degli Enti Pubblici. In particolare, è opinione comune che oggetto di tutela sia prevalentemente l’interesse statale alla probità, alla riservatezza, alla fedeltà di chi opera nell’ambito della “res pubblica”, nonché l’interesse al “buon andamento” della P.A. di cui all’art. 97 Cost.

Il reato di corruzione è un reato plurisoggettivo e, più precisamente, a

“concorso necessario”: il funzionario che si fa corrompere ed il privato che lo corrompe sono compartecipi dello stesso reato, che è quindi configurabile solo se sussistono entrambe le condotte convergenti.

Il legislatore ha distinto due tipi di corruzione: la corruzione propria, che ha per oggetto un atto contrario ai doveri d’ufficio; la corruzione impropria che ha per oggetto un atto di ufficio (art. 318 c. p.).

Ai fini della distinzione tra atto contrario ed atto conforme ai doveri d’ufficio, la Cassazione ha individuato l’atto contrario ai doveri d’ufficio in un qualsiasi atto che sia in contrasto con norme giuridiche o con istruzioni di servizio o che, comunque, violi i doveri di fedeltà ed onestà che debbono osservarsi da chiunque eserciti una pubblica funzione.

Quanto poi al concetto di atto d’ufficio, la stessa Corte ha precisato che esso

Il reato di corruzione

non va inteso in senso formale, dovendo la locuzione comprendere qualsivoglia comportamento del pubblico ufficiale che sia in contrasto con norme giuridiche o con istruzioni di servizio.

Inoltre, non è necessario che l’atto d’ufficio sia di stretta competenza del funzionario ma, ai fini della qualifica di atto d’ufficio, è sufficiente che questo rientri astrattamente nella competenza dell’ufficio di appartenenza del funzionario. Nell’ambito della corruzione si distingue altresì tra:

- corruzione (propria o impropria) antecedente, che si ha quando il fatto di corruzione si riferisce ad un atto che il funzionario deve ancora compiere;

- corruzione (propria o impropria) susseguente, che si ha quando il fatto di corruzione si riferisce ad un atto che il funzionario ha già compiuto.

Infine, circa il concetto di dazione o promessa di un’indebita retribuzione è da specificare che: retribuzione è qualsiasi prestazione in denaro o altra utilità che abbia carattere di corrispettivo per il compimento dell’atto;

retribuzione indebita è quella non dovuta, ovvero corrisposta in misura superiore a quella dovuta.

Tornando al caso in esame, dalla traccia si desume che Tizio è il funzionario in possesso di plichi contenenti le offerte e riceve ingenti somme di denaro, senza apparente titolo, da parte di una ditta concorrente alla gara pubblica.

Risulta altresì che egli ha favorito tale ditta attraverso il compimento di atti contrari ai doveri del proprio ufficio. Quindi, sotto il profilo della materialità, l’ipotesi di reato di corruzione propria sembra esser stata realizzata.

Se è intervenuta l’aggiudicazione dell’appalto in favore di Alfa il delitto di corruzione risulta, altresì, aggravato ai sensi dell’art. 319 bis del Codice Penale, laddove è previsto un aumento della pena nel caso in cui il fatto corruttivo abbia cagionato la stipulazione di un contratto con la Pubblica Amministrazione.

Qualificata come penalmente rilevante l’azione di Tizio, consistita nella ricezione del denaro, può vagliarsi il prosieguo della condotta del funzionario il quale, poi, presa abusivamente cognizione di tutte le offerte, soppressa quella proveniente dalla ditta Alfa, ne ha confezionato un’altra a firma Alfa dal contenuto idoneo a consentirne l’aggiudicazione in favore di quest’ultima.

Detta violazione dei doveri d’ufficio, infatti, da parte di Tizio può configurare a suo carico ulteriori ipotesi di reato.

Al riguardo, si evidenza come il funzionario compie due condotte criminose.

E invero, egli prima sopprime 1’offerta realmente sottoscritta dalla ditta Alfa, poi redige un’altra offerta in verità mai inoltrata da tale ditta alla pubblica amministrazione.

Le condotte appena descritte ricadono nei delitti della “falsità in atti”.

In via preliminare, tuttavia, il difensore dovrà qualificare giuridicamente le lettere di offerta giunte alla Pubblica Amministrazione.

Opportuna linea difensiva sarà quella di ricondurre detti atti nello schema delle scritture private piuttosto che negli atti pubblici, essendo in tal caso minore il disvalore del fatto. Si potrà, in particolare, richiamare la dottrina e la giurisprudenza che, in tema di falsificazione di lettere sottoscritte da privati e dirette alla P.A., ipotizzano il reato di falso in scrittura privata

Sussistenza del delitto di corruzione

Falsità in scrittura privata – art.

485 c.p.

Ciò posto e con riguardo alla condotta di Tizio volta alla soppressione dell’offerta realmente sottoscritta dalla ditta Alfa, il difensore dovrà prendere in considerazione il fatto che il cliente potrebbe essere indagato per violazione dell’art. 490 del Codice Penale (falso per soppressione, distruzione e occultamento di atti veri) laddove viene anche incriminata la soppressione di un atto vero costituito in questo caso da una scrittura privata. Nella fattispecie in esame, infatti, considerato che Tizio aveva agito per favorire la ditta Alfa, risulta presente anche il dolo specifico richiesto dall’ultimo comma dell’art. 490 del codice penale, che richiama a sua volta il capoverso dell’art.

489 del Codice Penale.

Con riferimento, invece, alla diversa azione di Tizio concretatasi nella stesura di una falsa offerta mai inoltrata dalla ditta Alfa alla P.A., il difensore dovrà prospettare al suo assistito che potrebbe essere indagato anche per il reato di

Con riferimento, invece, alla diversa azione di Tizio concretatasi nella stesura di una falsa offerta mai inoltrata dalla ditta Alfa alla P.A., il difensore dovrà prospettare al suo assistito che potrebbe essere indagato anche per il reato di

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