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CAPITOLO 4 IL CASO: INDUSTRIE CARTARIE TRONCHETT

4.6 Le reazioni alla formazione

Ho avuto modo di incontrare alcune figure coinvolte in prima persona in quest‟ultimo percorso formativo, le quali mi hanno fornito una descrizione del piano di miglioramento da loro sviluppato e un loro giudizio su quest‟ultimo intervento formativo. Segue una sintesi dell‟esperienza formativa fatta che ho raccolto intervistando alcuni di coloro che l‟hanno vissuta.

Team Leader

“Allo scopo di rendere più partecipe chi lavora agli obiettivi aziendali ho deciso di introdurre, all’interno dei team, dei meeting settimanali, svolti sulla linea. La motivazione per cui ho deciso di introdurre questi meeting è dovuta al fatto che c’era una scarsa partecipazione e condivisione degli obiettivi posti dall’azienda per quanto riguarda le aree sicurezza, qualità, efficienza, 5s, scarti. Oltre a questo, i meeting settimanali, consentono un approfondimento sulle richieste di miglioramento; in questa sede gli operatori fanno delle richieste di intervento o di migliorie che vengono inserite in un database, stampate e discusse dal team, per poi essere valutate come implementabili o non perseguibili.

Si tratta di un incontro di circa 20 minuti svolto intorno al “Tabellone” dove sono appesi dei moduli, ciascuno dei quali contiene dati riguardanti i vari argomenti, quali: sicurezza, qualità, efficienza, 5s e interventi di miglioramento.

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Il lunedì raccolgo i dati di produzione della settimana precedente e altri dati; dopodiché il mercoledì normalmente organizzo questa riunione con il personale del team che gestisco.

Ho strutturato un modulo nel quale raccolgo quanto scaturito dalla discussione riguardante le principali aree di intervento. Ad esempio per quanto riguarda l’efficienza, nel modulo, è indicato l’obiettivo da raggiungere e io vado ad inserire quanto è stato effettivamente raggiunto. Per questa area espongo i problemi riscontrati e li condivido con il personale che a sua volta può segnalare le cause da loro individuate.

Il martedì successivo vado in riunione con i responsabili dove riporto una sintesi del meeting settimanale e ottengo le riposte ed i chiarimenti che riporto al personale operativo che le ha formulate.

All’inizio c’è stata una certa diffidenza, in quanto siamo tutte persone abituate a agire più che a parlare. La difficoltà iniziale è stata quella di capire come gestire la riunione e soprattutto mantenere l’argomento nei binari giusti; questo perché durante il meeting c’è la tendenza a divagare.

In un momento successivo mi sono trovato una quantità enorme di richieste, domande, proposte e lamentele, infatti per le richieste di intervento, gran parte degli operatori aspettava solo il momento della riunione per parlarne evitando di fare la richiesta scritta che per noi è lo strumento di miglioramento. È stato quindi necessario far comprendere a tutto il personale operativo che il meeting non sostituiva la richiesta di intervento, bensì è un momento di condivisione delle problematiche e delle azioni conseguenti per la loro risoluzione.

Le prime riunioni erano lunghissime, ma già dopo il primo mese, le persone coinvolte hanno iniziato a capire qual era l’obiettivo della riunione. Oggi i meeting durano circa mezz’ora e soprattutto si parla del raggiungimento degli obiettivi e delle eventuali cause per cui essi non siano stati raggiunti.

Io credo che, quando c’è un problema sulla macchina, nessuno meglio dell’operatore può aiutare a migliorare determinate situazioni e quindi rappresenta un valido aiuto, al fine di intervenire con precisione ed efficacia sul problema. (“Valorizzazione delle risorse umane”).

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Si deve ovviamente spendere tempo per preparare i dati, raccoglierli e discuterli, ma secondo me questo progetto rafforza la posizione della leadership, perché dare un segnale di ascolto e considerazione alle persone, dare delle risposte, coinvolgerli sui problemi e dare importanza al loro contributo mi permette di essere riconosciuto come loro leader/responsabile.

A questa cosa avevo già pensato ma non lo avrei mai fatto se non ci fosse stato questo intervento formativo che mi ha spinto a farlo.

Durante quest’ultimo intervento di formazione, il consulente ha indirizzato la nostra attenzione sulla gestione delle persone, e questo ci ha insegnato a rapportarsi con le persone”.

Responsabile di produzione

“Nel momento in cui mi è stato proposto di realizzare un progetto individuale di miglioramento, che poteva riguardare qualsiasi argomento, nell’ambito del mio lavoro, la cosa che più mi interessava trattare era il fenomeno dell’assenteismo. Mi sono domandato cosa avrei potuto fare per migliorare tale situazione e oltre a segnalare all’ufficio personale che alcune persone sono spesso in mutua, ho provato a calarmi nel ruolo di un’assenteista e pensare ai motivi che mi inducono a non andare a lavoro.

Ho individuato varie cause tra cui la malattia, il poco feeling con i compagni di lavoro, le discussioni avute con i responsabili, i disaccordi con i Team Leader, la non completa conoscenza della macchina o della linea a cui sono assegnati. Oltre a questo, la cosa più importante che mi è venuta in mente, e su cui mi sono concentrato maggiormente, è la considerazione da parte di noi responsabili sulla persona. Faccio un esempio: se la persona sta in malattia 100 giorni in un anno e nessuno dei responsabili si domanda il perché, probabilmente questa persona matura una convinzione che non è importante per l’azienda. Cioè si demotiva, non si sente considerato.

Ho osservato i dati di assenteismo personali e in base al numero delle giornate di assenteismo ho individuato due operatori su cui focalizzare la mia attenzione.

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I casi presi in considerazione sono stati quelli di due operatori giovani con cui ho iniziato un percorso di approfondimento e ho iniziato a parlare con loro per arrivare a capire se avevano dei problemi all’interno dello stabilimento, con le persone o con i responsabili.

Il primo operatore aveva fatto 712 ore di mutua in 18 settimane a cavallo tra il 2012 e 2013; ci sono andato a parlare e le giustificazioni inizialmente sono state “i problemi familiari” ma poi approfondendo è risultato che non si trovava bene nel suo reparto di lavoro e aveva avuto dei disaccordi con il proprio Team Leader.

Quindi come primo step l’ho spostato di reparto, su un altro gruppo di lavoro, su un'altra tipologia di macchina. Questa tra l’altro, forse è la più importante dello stabilimento e lavora 24 ore su 24.

Lo spostamento di postazione mi ha permesso di motivarlo perché adesso l’operatore lavora in una linea di produzione che non permette riduzioni di turno (con impegno di lavoro satura al 100%) e quindi probabilmente induce nell’operatore una maggiore autostima del proprio lavoro mentre nella postazione precedente poteva essere sostituito più facilmente (e quindi percepito come lavoro meno importante).

Ad oggi la scelta fatta ha portato a dei buoni risultati, infatti negli ultimi mesi l’operatore non si è più assentato e ha lavorato anche di sabato, cosa che prima non era mai successa.

Il secondo operatore ha avuto un incidente fuori dal lavoro e da quel momento ha fatto 782 ore di mutua in 18 settimane. Ho avuto con quest’operatore lo stesso approccio tenuto nel caso precedente. La differenza in questo caso è che non si trattava di un problema di reparto, anzi lui stava bene dove lavorava, ma era un problema di salute, quindi gli ho trovato un lavoro dove poteva faticare un po’ meno e da quando ho cominciato a parlarci sembra che abbia smesso di fare tante assenze. In entrambi i casi sopracitati, ho continuato a parlare settimanalmente con gli operatori.

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La parte difficile è stata il dover andare a parlare dei problemi familiari e personali con persone con cui non avevo confidenza. Sono state conversazioni di circa 40 minuti ciascuna, in cui ho sempre iniziato a parlare di argomenti generici per poi arrivare al problema fondamentale.

Secondo me è importante che le persone si sentano considerate; in vent’anni non mi ero mai posto il problema di dover domandare a qualcuno se avesse dei problemi in uno stabilimento. Il coinvolgimento delle persone è fondamentale, perché una persona non coinvolta mostra un interesse scarso in ciò che deve fare.

La novità sostanziale di quest’ultimo intervento formativo è che era rivolto alla gestione delle perone e alla comunicazione, infatti mi ha indicato alcune tecniche di dialogo che mi hanno consentito di realizzare questo progetto.

Il consulente mi ha ribadito in maniera continua che “la comunicazione è ciò che risolve tutto” .

L’aiuto di quest’ultimo consulente è stato fondamentale, fornendomi degli strumenti di comunicazione che applicati ai due casi sopraindicati mi hanno permesso di capire i motivi del loro assenteismo e di correggerli.

Il progetto è partito con un paio di persone ma nel tempo dovrebbe estendersi a tutti. Questo è un esempio di come quest’ultimo intervento formativo non sia stato fine a se stesso ma al termine abbia dato risultati concreti.

Ho incontrato poi il Responsabile del Converting di Piano di Coreglia il quale mi ha fornito un quadro complessivo del cambiamento riscontrato a seguito dell‟ultimo intervento formativo.

Responsabile del Converting

“Nel complesso l’ultimo intervento formativo è stato sicuramente molto utile perché ha aperto la mente a tante persone. Affidarsi a un professionista, per chi era già predisposto al cambiamento, ha portato ottimi risultati. Ad esempio l’introduzione dei meeting settimanali all’interno dei team è uno dei progetti

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meglio riusciti; il Team Leader riesce a coinvolgere continuamente tutte le persone operanti all’interno del suo team, in quanto negli incontri c’è un bel dialogo e questo porta ad avere un forte affiatamento nel team. Con altre figure invece si sta durando più fatica, perché essendo meno predisposte al cambiamento hanno bisogno di essere seguite maggiormente; se non gli diamo un supporto e se non facciamo verifiche continue tante attività iniziate con alcune persone, vanno poi scemando.

Posso dire che l’attività realizzata dal consulente esterno è stata utilissima perché ha aperto gli orizzonti a tutti. Quello, però, che va fatto per crescere è dare continuità ai progetti iniziati dalla formazione. A tal proposito è stato istituito un supporto interno al miglioramento, ossia una figura il cui compito è quello di organizzare incontri periodici con tutti affinché questo non vada a svanire. Abbiamo già avuto esperienze passate, e si è visto che nel breve periodo un intervento formativo, porta entusiasmo e cambiamento ma se non c’è continuità, nel lungo periodo rimane ben poco ed è necessario ripartire da capo. La difficoltà sta nel fatto che ci sono persone che hanno tanti anni di esperienza e una metodologia vecchio stampo, sono bravi tecnici ma non hanno esperienza dal punto di vista relazionale, infatti, quello che è stato fatto con l’intervento del consulente è soltanto l’inizio della formazione, che è necessaria ma non sufficiente. Se non gli diamo continuità poche persone riescono a portare avanti in maniera indipendente e continua questa formazione perché noi siamo sempre indirizzati a pensare alla sicurezza, alla qualità e all’efficienza, tralasciando l’aspetto gestionale.

Si tratta quindi, di una fase di transizione in cui stiamo cercando di cambiare la mentalità di varie figure, però abbiamo visto che l’importante è la continuità d’azione.

A differenza di altre formazioni, essa ha dato un input e ha dato un metodo a tutti. Inizialmente i primi approcci dei miei collaboratori nel proporre progetti di miglioramento erano di carattere tecnico, in quanto tutti bene o male sono portati a fare analisi tecniche ma poi con l’aiuto del consulente sono stati indirizzati a proporre progetti maggiormente orientati alla relazione con le

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persone e sono riusciti a concentrarsi su aspetti che in realtà noi avevamo sempre trascurato.

Grazie a questo intervento abbiamo capito che la risorsa più importante che abbiamo sono le persone e non le macchine, quindi gli sforzi sono indirizzati a coinvolgerle maggiormente. Abbiamo quindi implementato una serie di incontri poiché ci siamo accorti che condividendo con le persone i risultati e gli obiettivi che ci siamo posti riusciamo a coinvolgerli e a valorizzare il proprio lavoro. In sostanza, si cerca di avere più dialogo con tutti; io personalmente cerco di partecipare a tutti gli incontri che facciamo per cercare di dargli una certa importanza.

Tutto questo ha cambiato la nostra visuale, sono cambiati gli approcci e ha fatto sì che ci si rivolga in modo differente alle persone. Al momento attuale quindi, le problematiche non vengono più viste solo sul fronte delle macchine, ma su due fronti, le macchine e le persone.”

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