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La formazione e lo sviluppo delle competenze nelle Risorse Umane: il caso Industrie Cartarie Tronchetti.

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Academic year: 2021

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1 INDICE

INTRODUZIONE……….. 3

RINGRAZIAMENTI………. 5

CAPITOLO 1 - L’ANALISI DELLE COMPETENZE PER LA VALORIZZAZIONE DEL CAPITALE UMANO 1.1 Il capitale umano.……… 7

1.2 Le competenze….……… 10

1.3 Il modello delle competenze e la competenza distintiva………. 15

1.3.1 Definizione del modello di competenze……… 19

1.3.2 Rilevazione delle competenze detenute……… 23

1.4 Il modello delle competenze per valorizzare il capitale umano…………. 29

1.4.1 Informazione, Formazione e Addestramento…...……… 32

Bibliografia……….. 33

CAPITOLO 2 - LA FORMAZIONE PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE 2.1 La nozione di formazione……… 35

2.2 L‟evoluzione della formazione……… 36

2.3 Le diverse tipologie di formazione……….. 39

2.4 La formazione all‟interno delle politiche del personale……….. 44

2.5 L‟importanza strategica della formazione e la learning organization……. 46

2.6 L‟azione formativa……….. 50

2.6.1 La formazione in termini di processo………... 50

2.6.2 La formazione continua………. 51

2.6.3 La formazione in funzione del contesto organizzativo………….. 52

2.6.4 La formazione pianificata……….. 54

2.6.4.1 Il piano di formazione………. 54

2.7 La formazione come investimento………... 57

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CAPITOLO 3 – IL PROCESSO DI FORMAZIONE

3.1 Gli attori del processo formativo……… 61

3.2 Il processo di formazione……… 62

3.2.1 Analisi dei fabbisogni di formazione……… 63

3.2.2 Progettazione dell‟intervento formativo………... 67

3.2.3 Attuazione dell‟intervento formativo………... 71

3.2.3.1 Le metodologie didattiche ...………...…… 72

3.2.3.2 Le nuove frontiere della formazione……….…. 80

3.2.4 La valutazione della formazione………... 82

3.3 Qualità e formazione………... 87

Bibliografia………... 90

CAPITOLO 4 - IL CASO: INDUSTRIE CARTARIE TRONCHETTI 4.1 L‟azienda.………... 91 4.2 Il contesto ……….. 92 4.3 Il nuovo progetto………...………. 93 4.4 La Formazione……… 95 4.4.1 Formazione interna………... 95 4.4.2 Formazione esterna………... 96

4.5 Progetto Formativo Responsabili/Team Leader………. 97

4.5.1 Obiettivi e contenuti………. 99

4.5.2 Metodi didattici e materiali di lavoro………... 102

4.5.3 Piani di miglioramento……….. 103

4.5.4 Follow up……….. 103

4.6 Le reazioni alla formazione………. 104

4.7 L‟opinione del consulente………... 110

4.8 Gli sviluppi futuri………... 114

CONCLUSIONI……… 117

BIBLIOGRAFIA……… 119

SITOGRAFIA……… 121

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3 INTRODUZIONE

Nel contesto attuale, la chiave della competitività e dello sviluppo dei sistemi economici si sta progressivamente spostando dal possesso delle materie prime e delle fonti di energia al dominio della conoscenza; pertanto si è affermata l‟importanza strategica di quella parte del patrimonio aziendale costituita dalle risorse umane e della formazione come uno degli strumenti più efficaci per valorizzarla.

La competenza, nelle sue tre dimensioni, “sapere”, “saper fare” e “saper essere”, diventa un requisito essenziale per il funzionamento delle organizzazioni ed essendo la premessa fondamentale per ottenere performance elevate diventa un importante riferimento per la gestione della formazione.

Oggi la formazione si propone sempre più come un elemento chiave per il successo delle imprese che, attraverso di essa, acquisiscono le competenze necessarie per gestire il cambiamento e per adeguarsi al contesto competitivo. Gli interventi formativi, non possono più essere progettati esclusivamente in funzione del fabbisogno di un gruppo di individui, di un reparto o in relazione a un deficit di competenze, ma rivestono sempre più un carattere strategico per le organizzazioni divenendo una forma fondamentale di investimento per realizzare gli obiettivi organizzativi. Per mettere in evidenza quanto affermato, il presente lavoro è stato strutturato in quattro capitoli articolati nel modo seguente:

Nel primo capitolo abbiamo approfondito il concetto di “competenza” dato che, nel contesto attuale, il patrimonio primario dell‟azienda è costituito dalle competenze delle persone. Ci siamo poi soffermati sul “modello delle competenze” inteso come processo attraverso il quale un‟azienda rileva, gestisce e sviluppa il suo portafoglio di competenze in coerenza con i valori, gli obiettivi e le strategie di business. Sulla base delle informazioni derivanti dalla valutazione della presenza/assenza di alcune conoscenze e capacità nel patrimonio culturale del lavoratore, in ragione di ciò che è necessario per le attività aziendali, un‟organizzazione può dare avvio ad una specifica azione di

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valorizzazione del capitale umano. La formazione in quanto anello di congiungimento tra l‟azienda e la forza lavoro svolge una funzione strategica per lo sviluppo delle conoscenze e abilità del personale.

Nel secondo capitolo si descrive la formazione nei suoi aspetti generali, considerando come nel contesto attuale gli interventi formativi rivestono sempre più un carattere strategico nelle organizzazioni di lavoro. Pertanto è divenuta fondamentale la continuità nel tempo degli investimenti in formazione per impedire l‟obsolescenza delle competenze possedute dai lavoratori. Vi sono però dei problemi connessi alla formazione dovuti alla presenza di aziende che la considerano ancora un costo inutile da sostenere e pertanto da eliminare, piuttosto che un investimento da massimizzare.

Nel terzo capitolo, visto che dagli anni „80 si è andata consolidando l‟idea che la natura della formazione sia quella di un processo articolato in quattro fasi, si individuano gli attori coinvolti nel processo stesso e si procede poi ad esaminare nel dettaglio ciascuna delle fasi. Siamo partiti dall‟analisi dei fabbisogni formativi delle imprese a livello organizzativo, professionale e individuale, passando poi alla progettazione e alla realizzazione degli interventi formativi con l‟identificazione dei metodi didattici, fino alla valutazione dell‟attività formativa. Nel quarto capitolo prendiamo in considerazione un caso pratico, relativo alla ICT, Industrie Cartarie Tronchetti, un‟azienda leader nel settore del Tissue. Dal momento dell‟introduzione di un nuovo modello tecnico-organizzativo, rivolto a migliorare l‟organizzazione di un reparto dell‟azienda, si sono susseguiti una serie di interventi formativi per gestire la fase del cambiamento. Particolare attenzione è stata dedicata all‟ultimo intervento formativo rivolto ai Responsabili di Area e ai Team Leader il cui obiettivo era quello di far comprendere il passaggio da Capo a Leader, i concetti di Comunicazione, Leadership, lavoro in Team, definizione del ruolo e tutto ciò che riguarda il mondo dei comportamenti organizzativi.

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5 RINGRAZIAMENTI

Al termine di questo lavoro in primo luogo vorrei ringraziare il Prof. Marco Giannini, Relatore di questa tesi, per la sua disponibilità, per l‟attenzione che mi ha sempre riservato e per i suggerimenti che mi ha fornito.

Particolare gratitudine va a tutte quelle figure della ICT, Industrie Cartarie Tronchetti, che con gentilezza e cordialità mi hanno consentito di realizzare la parte conclusiva della tesi, fornendomi preziose informazioni sull‟azienda. Tra queste un ringraziamento particolare è dovuto a Paolo Mattei, Human Resource Manager, Luca Biagioni, supervisore del nuovo progetto e all‟Ing. Luca Ulivi, i quali mi hanno fornito un contributo rilevante per la redazione del caso aziendale.

Alla fine di questo lungo percorso, voglio dire grazie ai miei genitori che con i loro sacrifici mi hanno dato la possibilità di arrivare fin qui supportandomi sempre; a mio fratello, che mi ha sempre spinto ad andare avanti credendo nelle mie capacità; a mia cognata e alle mie due nipotine che sono riuscite a “rubarmi” un sorriso anche nelle giornate di studio più intenso.

Ringrazio poi Tiziano, che con pazienza e comprensione, mi è sempre stato vicino sopportandomi ogni giorno e credendo sempre in me.

Non posso poi non ringraziare Giulia, mia compagna di “avventura”, con cui ho condiviso passo dopo passo tutti quei momenti di felicità e di sconforto che si sono presentati nel lungo percorso che ci ha portato ad essere qui oggi.

Infine un ringraziamento lo devo a tutte quelle persone, a me care, che mi sono state vicine in questi anni e che hanno sempre creduto in me.

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7 Capitolo 1

L’analisi delle competenze

per la valorizzazione del capitale umano

1.1 Il capitale umano

Negli ultimi anni molte aziende hanno deciso di affrontare il tema della gestione delle risorse umane in chiave decisamente più strategica.

Si è infatti passati da una logica di “gestione del personale” a un modello di “sviluppo del capitale umano1

”, considerando quindi le persone una risorsa sempre più importante sia per il raggiungimento degli obiettivi aziendali, sia per la gestione dei profondi processi di cambiamento che in questi anni hanno caratterizzato molte imprese italiane e multinazionali.

Il fine di tutte le aziende è stato ed è sempre di più quello di creare valore. Ma mentre nel breve periodo il processo di creazione di valore dipende soprattutto dalla capacità dell‟impresa di generare un reddito in grado di remunerare adeguatamente il costo del capitale investito, nel medio-lungo periodo un‟azienda crea valore solo se riesce a incrementare la propria capacità competitiva generata dai suoi quattro assets principali: il capitale umano, il capitale organizzativo2, il capitale sociale3 e quello economico-finanziario.

Il valore di un‟azienda, infatti, dipende in primo luogo dal patrimonio di competenze4 e di qualità possedute dalle persone: manager e collaboratori preparati e motivati sono gli elementi alla base del successo di qualunque organizzazione.

1

Il capitale umano è rappresentato dall‟insieme di conoscenze, competenze e abilità che caratterizzano un individuo nello svolgere un certo compito.

2

Il capitale organizzativo è rappresentato da routine, procedure, politiche e processi che caratterizzano un‟azienda.

3

Il capitale sociale è rappresentato dalle relazioni e convenzioni che legano le persone. 4

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8

Ciò è vero soprattutto nell‟attuale contesto di mercato, dove le dimensioni intangibili del capitale5 sono sempre di più uno dei vantaggi competitivi di un‟impresa per il raggiungimento dei suoi obiettivi e la creazione di valore per gli stakeholders6.

La funzione “personale”, il cui obiettivo è quello di contribuire alla pianificazione e gestione del patrimonio di capitale umano di cui l‟azienda dispone, deve provvedere al suo sviluppo attraverso un sistema che deve raccordarsi con gli obiettivi e le strategie aziendali, deve essere funzionale alle sue politiche, ma deve soprattutto bilanciare esigenze organizzative e caratteristiche individuali al fine di individuare i possibili interventi di sviluppo (Figura 1).

Figura 1 - IL SISTEMA DI GESTIONE DEL CAPITALE UMANO

5

Le dimensioni intangibili del capitale sono rappresentate da fonti non fisiche del valore, generato da innovazioni, da soluzioni organizzative specifiche e da pratiche avanzate di gestione delle risorse umane.

6

Per stakeholders s‟intendono tutti coloro che sono interessati al buon andamento dell‟organizzazione: azionisti, fornitori, clienti, management, dipendenti, ecc.

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9 Quindi, se il capitale umano costituisce uno dei fattori chiave del successo di un‟organizzazione, occorre in primo luogo partire da una selezione delle risorse finalizzata a individuare le migliori in funzione del disegno strategico dell‟azienda, sia attuale sia prospettico. Si tratta quindi di ricercare/selezionare le risorse umane dotate delle caratteristiche utili al migliore e più rapido raggiungimento degli obiettivi dell‟organizzazione e di inserirle adeguatamente nell‟ambiente di lavoro in modo che possano esprimere al meglio le proprie qualità personali e professionali.

Una volta selezionate e inserite le risorse, è necessario mantenere tale capitale umano per garantire che “il patrimonio di competenze” non decresca nel tempo, ma segua l‟evoluzione dell‟ambiente esterno e le esigenze interne dell‟azienda. A tal fine adeguati piani di formazione e di addestramento possono rappresentare un‟ottima leva di gestione, a condizione che siano parte armonica di un più ampio sistema di gestione e di sviluppo.

È, infatti, necessario partire dalla mappatura dei fabbisogni formativi per essere in grado di progettare ed erogare interventi tesi a colmare i gap di conoscenze o di capacità individuati attraverso il confronto sistematico tra profili attesi dall‟organizzazione e profili posseduti dalle risorse.

Nel modello di gestione del capitale umano non possiamo non sottolineare l‟importanza dei sistemi retributivi e incentivanti. Tutte le politiche di rewarding7 prevedono:

 una base contrattuale;

 una quota derivante dalla rilevanza effettiva della specifica posizione ricoperta dalla risorsa (retribuzione di posizione);

 un elemento ulteriore, variabile di anno in anno, correlato alla prestazione e al grado di raggiungimento degli obiettivi assegnati (retribuzione di risultato).

7

Le politiche di rewarding mirano a remunerare le persone e il loro contributo secondo criteri di competitività, di equità e di meritocrazia.

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Relativamente a quest‟ultimo punto, al fine di non incorrere nel rischio di approcci approssimativi e superficiali, è fondamentale che l‟azienda si doti di un vero e proprio sistema di valutazione.

Questo può riguardare i soli aspetti di natura organizzativa, quando oggetto della valutazione sono i ruoli o le posizioni, oppure può coinvolgere direttamente le risorse quando oggetto di valutazione sono i profili di competenza posseduti, le prestazioni erogate e i comportamenti agiti, per arrivare alla valutazione del potenziale.

Visto che, nel contesto attuale, le persone e le loro competenze rappresentano l‟elemento centrale per il buon funzionamento delle organizzazioni, andiamo ad approfondire nel paragrafo seguente il concetto di “competenza”.

1.2 Le competenze

La centralità delle risorse umane deriva dal fatto che nel corso degli ultimi anni la conoscenza è diventata il bene immateriale più ricercato nella nostra società; è indispensabile sia al singolo per sentirsi al passo con i tempi sia alle aziende per vincere le continue sfide poste dal mercato.

La conoscenza dunque è la risorsa fondamentale che consente di riordinare le risorse tradizionali, cioè capitale e lavoro, e di indirizzarle verso un nuovo modo di servire il mercato.

Nella società della conoscenza il personale dipendente non può più essere considerato semplice “forza lavoro”. Il contributo lavorativo atteso è sempre meno riconducibile ad attività manuali e sempre più a quelle intellettuali.

Le competenze che possiamo ritenere più importanti riguardano la capacità di intrattenere relazioni interpersonali, di governare i meccanismi organizzativi interni e di svolgere una funzione manageriale di guida dei propri collaboratori. Si può quindi distinguere tra competenze professionali, che sono abilità tecniche contestualizzate, e competenze comportamentali, più trasversali e suscettibili di essere trasportate da una situazione a un‟altra e di essere quindi applicate a

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11 contesti professionali diversi. Le competenze comportamentali sono spesso sottovalutate rispetto a quelle professionali, che sono più visibili. Si trascura così il fatto che mentre le competenze professionali sono soggette ad obsolescenza e si usurano con il passaggio del tempo, se non vengono aggiornate o riconvertite, le competenze comportamentali sono destinate a permanere e ad accentuare nel tempo le loro caratteristiche (positive o negative), ma sono difficilmente mutabili.

“Il termine competenza” non ha un significato univoco ma indica, in generale, la capacità di agire in modo adeguato entro un contesto organizzativo.

Il dibattito sulle competenze ha preso avvio negli Stati Uniti all‟inizio degli anni „70; il primo ad occuparsene fu David McClelland. Lui introdusse il termine “competenza” nella letteratura sulle risorse umane perché sosteneva l‟opportunità di utilizzare, nella selezione del personale, la valutazione delle competenze dei candidati piuttosto che i test di intelligenza o le certificazioni scolastiche.

Successivamente il suo allievo Richard Boyatzis, già nel 1982, in “The competent manager”, definiva la competenza come “una caratteristica intrinseca individuale che è causalmente collegata a una performance efficace o superiore in una mansione e che è misurata sulla base di un criterio stabilito”; caratteristica intrinseca, significa che la competenza è parte integrante e duratura della personalità di un individuo; causalmente collegata, significa che la competenza causa o predice comportamenti e risultati ottenuti; misurata su un criterio stabilito, significa che la competenza predice chi esegue un lavoro bene o male, secondo criteri standard specifici, definiti dall‟organizzazione di appartenenza. In questo senso, quindi le competenze sono definibili come l‟insieme di conoscenze, capacità e qualità proprie della professione che la persona esercita nell‟organizzazione e che deve utilizzare per raggiungere i risultati dell‟ente.

Mentre le “competenze desiderabili” distinguono gli elementi migliori dai peggiori, per arrivare ad una performance di livello almeno accettabile o medio occorrono competenze “di soglia” o “essenziali”. Le competenze desiderabili e di soglia per una determinata mansione permettono di costruire una griglia di

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riferimento, un profilo di competenza, utile per la selezione del personale, per la pianificazione delle carriere, per la valutazione della performance e per lo sviluppo del personale.

Spencer e Spencer nel 1993, approfondiscono il legame tra la competenza e la performance, rilevando un nesso di causalità e di prevedibilità in questa relazione. Per loro le competenze sono composte da cinque elementi fondamentali:

 le motivazioni: schemi mentali, bisogni, spinte interiori che in modo stabile orientano e inducono le azioni dell‟individuo;

 i tratti di personalità: caratteristiche fisiche e psichiche dell‟individuo e una generale disposizione a comportarsi o a reagire in un determinato modo in una certa situazione;

 l‟idea di sé: atteggiamenti, valori adottati, rappresentazione che l‟individuo fa di se stesso;

 le conoscenze: informazioni, teorie, concetti su un determinato campo disciplinare;

 le skill: capacità di mettere in atto un sistema o una sequenza di comportamenti funzionalmente coerenti con l‟obiettivo di prestazione desiderato.

Le capacità e le skill tendono ad essere caratteristiche osservabili e misurabili, mentre l‟immagine di se, le motivazioni e i tratti sono nascoste nell‟intimo della persona e quindi sono difficili da valutare e da sviluppare.

Visti attraverso le loro competenze gli individui presentano una diversa efficacia nei loro comportamenti organizzativi e quindi assumono un diverso valore, anche se questo valore non è immediatamente percepibile e non è definibile in maniera univoca.

Per l‟efficacia dei comportamenti organizzativi è rilevante quella che Goleman nel ‟98 definisce “intelligenza emotiva”. Essa si manifesta attraverso due tipi di competenze.

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13 La prima è la competenza personale intesa come:

 la consapevolezza di sé che comporta la conoscenza dei propri stati interiori: preferenze, risorse, intuizioni. Comprende: consapevolezza emotiva, autovalutazione, fiducia in se stessi;

 la padronanza di sé che comporta: la capacità di dominare i propri stati interiori, i propri impulsi e le proprie risorse; di gestire le proprie emozioni così che esse invece di interferire con il compito in corso, lo facilitino; essere coscienziosi e capaci di posporre le gratificazioni per perseguire i propri obiettivi; sapersi riprendere bene dalla sofferenza emotiva;

 la motivazione che comporta tendenze emotive che guidano e facilitano il raggiungimento di un obiettivo. Comprende la spinta alla realizzazione, l‟impegno, l‟iniziativa, l‟ottimismo, l‟uso delle proprie preferenze più intime per spronare e guidare se stessi al raggiungimento dei propri obiettivi, come pure per aiutarsi a prendere l‟iniziativa; essere altamente efficienti e perseverare nonostante insuccessi e frustrazioni.

La seconda è la competenza sociale, intesa come modalità di gestione delle relazioni con gli altri che dipende:

 dall‟empatia, intesa come capacità di calarsi nei pensieri e negli stati d‟animo degli altri. Comprende: comprensione degli altri; promozione dello sviluppo altrui; valorizzazione della diversità; consapevolezza politica ossia la capacità di interpretare le correnti emotive e i rapporti di potere in un gruppo;

 dalle abilità sociali, intese come abilità nell‟indurre risposte desiderabili negli altri. Comprendono: l‟influenza, la comunicazione, la leadership, il cambiamento, la gestione del conflitto, la costruzione di legami, la collaborazione e la cooperazione, il lavoro in team; gestire bene le emozioni nelle relazioni e saper leggere accuratamente le situazioni e le reti sociali; interagire fluidamente con gli altri; usare queste capacità per

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persuaderli e guidarli, per negoziare e ricomporre dispute, come pure per cooperare e lavorare in team.

L‟analisi delle competenze in termini comportamentali rischia di sottovalutare l‟importanza delle competenze professionali nel determinare la prestazione lavorativa e il complesso delle capacità aziendali.

La ricognizione delle competenze in termini psicologici-individuali non disconosce il ruolo delle conoscenze e delle skill, ma le considera competenze di soglia, necessarie per coprire un certo ruolo, ma non idonee a distinguere i migliori performer. La differenza, a parità di altre caratteristiche individuali, è costituita dalle competenze comportamentali. Le conoscenze e le abilità sono il presupposto tecnico della competenza individuale, ma il grado di intensità e le modalità del loro utilizzo dipendono da quella sorta di motore interno che è costituito da tratti e motivazioni della persona.

Da queste considerazioni si può dedurre che un operatore “competente” è in grado di erogare prestazioni di ordine superiore, sia perché possiede caratteristiche intrinseche che naturalmente lo conducono a raggiungere out standing performances, sia perché quelle stesse caratteristiche lo portano a utilizzare le conoscenze e le abilità tecniche che possiede in modo eccellente e strettamente funzionale al perseguimento del successo sul lavoro.

Quindi, in conclusione, per analizzare e valutare un profilo possiamo riferirci a un modello articolato su più variabili (Figura 2):

Le conoscenze tecnico-professionali, o più semplicemente “conoscenze”, sono sapere “accademico” acquisibile con lo studio e sono riferibili prevalentemente al contenuto professionale del ruolo.

I requisiti e le esperienze maturate fanno invece riferimento sia al possesso di determinate caratteristiche, sia al know-how maturato nel tempo.

Le capacità sono invece gli aspetti più profondi che connotano una persona e che possono essere descritti e riconosciuti quando, nello

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15 svolgimento di un‟attività lavorativa, si estrinsecano in comportamenti organizzativi agiti.

Figura 2 – IL MODELLO DELLE COMPETENZE

1.3 Il modello delle competenze e la competenza distintiva

In anni recenti, si è affermata nelle organizzazioni l‟idea di gestire i lavoratori in base al “modello delle competenze”. Esso è definibile come il processo attraverso il quale un‟azienda rileva, gestisce e sviluppa il suo portafoglio di competenze in coerenza con i valori, gli obiettivi e le strategie di business.

Mira cioè ad elaborare una valutazione delle persone per individuare in loro quelle competenze che sono ritenute di successo per un determinato ruolo8 nella specifica azienda; trova, infatti, un‟importante applicazione soprattutto nell‟analisi e successiva valutazione dei profili di ruolo (Figura 3) i quali possono essere studiati almeno da due angolazioni:

la prima fa riferimento alla posizione e determina, in funzione della mission affidatagli, delle aree di responsabilità attribuite e delle attività da svolgere, un “identikit” di qualità, doti e capacità che la persona dovrebbe

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Il ruolo rappresenta il comportamento atteso dalla persona cui è affidata una posizione; la posizione è il punto occupato dal titolare di una mansione nella struttura organizzativa; la mansione rappresenta un insieme di compiti che connotano lo spazio organizzativo affidato a una persona; il compito è una singola attività svolta per il raggiungimento di un risultato.

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avere per poterla ricoprire in modo ottimale: è questo il profilo ideale o richiesto dalla posizione;

 la seconda angolazione si riferisce invece alle caratteristiche che connotano una persona e che permettono di definire il cosiddetto profilo reale o posseduto dalla risorsa.

Figura 3 – LE DUE FACCE DEL RUOLO ORGANIZZATIVO

Come nella vita di ogni giorno, dove il “dover essere” non sempre coincide con “l‟essere”, così il profilo reale (posseduto) può non coincidere con il profilo ideale (richiesto).

La differenza tra i 2 aspetti definisce il gap di profilo, cioè una sotto o sovra-dotazione di “qualità” della persona rispetto a quanto richiesto per ricoprire al meglio una certa posizione: ed è proprio questa “distanza” che spesso genera prestazioni rese non completamente adeguate alle esigenze aziendali.

Il modello delle competenze, può essere applicato a qualsiasi profilo professionale sul quale l‟azienda intende investire per ottenere un miglioramento nelle performance aziendali e consente di:

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 ottimizzare la gestione dei processi di selezione e reclutamento;

 valutare con precisione l‟adeguatezza di ogni risorsa al ruolo affidato;

 rilevare le possibili aree di miglioramento sia per le persone che per l‟azienda;

 analizzare e pianificare i migliori piani di formazione, sviluppo e carriera;

 supportare efficaci piani di incentivazione economica.

In rapporto al modello delle competenze, conoscenze e capacità forse non comprendono tutti i requisiti necessari, ma va ricordato che solo le conoscenze e le capacità sono caratteristiche aziendali ben definibili e facilmente osservabili in termini di possesso o meno nelle singole persone.

Se consideriamo la competenza individuale9, cioè la professionalità, come funzione della sommatoria di specifiche conoscenze e capacità, possiamo costruire la seguente formula:

competenze individuali = 𝑓(conoscenze + capacità)

Azzerando totalmente le conoscenze, otteniamo quella che efficacemente negli anni Ottanta e Novanta è stata definita l‟illusione manageriale, cioè la falsa credenza che basti una persona con le capacità necessarie, senza che essa possieda minimamente i contenuti tecnici, per ottenere i risultati previsti.

Azzerando totalmente le capacità, otteniamo quello che viene definito intellettualismo sterile, cioè la condizione teorica che pone un incolmabile distacco dallo svolgimento delle attività applicative.

I requisiti richiesti dalle posizioni organizzative vengono rappresentati affidabilmente dai due fondamentali “mattoni” con i quali è possibile costruire ogni tipo di edificio micro-organizzativo: le conoscenze tecnico professionali e le capacità di comportamento organizzativo.

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Con le conoscenze viene evidenziato il necessario sapere applicativo, con il relativo grado di approfondimento, per ricoprire tecnicamente ogni determinata posizione organizzativa.

Con le capacità è possibile evidenziare i necessari comportamenti per svolgere praticamente il lavoro richiesto alla stessa posizione organizzativa.

Sommate insieme, ma assolutamente non confuse tra loro, conoscenze e capacità rappresentano, in buona sostanza, i requisiti professionali che ogni persona deve possedere per fornire efficacemente il proprio contributo nella posizione in cui è inserita all‟interno dell‟impresa per la quale opera.

Determinare i requisiti in termini di competenze individuali necessarie consente di creare una stretta sintonia tra il campo del sapere applicato all‟intera azienda e il presidio di questo sapere ripartito tra i diversi attori aziendali. Le competenze individuali di ogni risorsa umana dell'azienda concorrono in modo diretto alla formazione della “competenza distintiva”. La competenza distintiva è ciò che l‟organizzazione sa fare, in modo distintivo o esclusivo ma anche in modo collettivo; più precisamente, è l'insieme delle conoscenze e delle capacità che un'impresa ha accumulato negli anni attraverso l'operato delle proprie risorse umane per mezzo delle quali l'azienda viene riconosciuta ed apprezzata sul mercato dai propri clienti. Il costante aggiornamento delle risorse, quindi, oltre ad aumentare il valore professionale del singolo, alimenta la competenza distintiva di ogni singola impresa.

Una volta identificata la competenza distintiva dell'impresa, sono previste strategie mirate alla sua conservazione, miglioramento e crescita.

Come precedentemente detto, la competenza distintiva risiede nelle conoscenze e capacità delle risorse umane e quindi sono quest‟ultime che saranno a presidio della competenza distintiva. Delineando i vari aspetti organizzativi, verificandone l'organigramma di ogni struttura si disegnano per ogni figura professionale quelle che sono le competenze e le conoscenze per ogni ruolo aziendale.

Nei business maturi e competitivi la competenza distintiva è il fattore di successo principale ed è un errore pensare che la somma delle competenze individuali

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19 garantisca il buon funzionamento delle organizzazioni, specialmente quando i processi organizzativi richiedono un costante aggiustamento reciproco tra le attività.

È evidente che nell‟attuale sistema competitivo, caratterizzato da grande complessità e scarsa prevedibilità, i risultati che assicurano la competitività dell‟impresa, dipendono sempre meno dall‟organizzazione formale disegnata per raggiungerli e sempre più dalle caratteristiche delle persone, non circoscrivibili nei confini certi e rassicuranti di una posizione ma sempre più riferibili a ruoli in continua evoluzione e con profili di competenza via via mutevoli.

Ciò spiega la necessità di “seguire” costantemente lo sviluppo del capitale umano impiegato, per passare dalla cultura del risultato a quella della continuità dei risultati, attraverso la costruzione di un vero e proprio “inventario delle risorse e delle competenze” da aggiornare periodicamente e sottoporre a puntuali “verifiche di scostamento” tra il richiesto dai ruoli e il posseduto dalle risorse. 1.3.1 Definizione del modello di competenze

Quando vengono definite le posizioni organizzative, viene espresso sulla carta quali finalità e quali attività dovranno svolgere i titolari delle stesse. Questa operazione, nella realtà, non sempre è chiara e delineata con cura, ma comunque è la base di riferimento per inserire o confermare le persone nell‟organizzazione. Le conoscenze e le capacità sono i due tipi di mattoni con i quali è possibile costruire il profilo necessario per ricoprire qualsiasi posizione organizzativa. Per definire i profili di competenza richiesti vediamo un esempio pratico di applicazione del modello. Il punto di partenza, è aver definito, nella job description della posizione presa in esame, le aree di responsabilità e gli indicatori di performance.

A questo punto si tratta di definire i profili di competenze attesi in termini di:

 capacità comportamentali;

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A tal fine si possono scegliere due percorsi diversi in funzione del grado di coinvolgimento che l‟azienda vuole richiedere alle sue strutture.

Nell‟ipotesi a coinvolgimento elevato si predispone, con l‟aiuto di gruppi di lavoro che vedono coinvolti i responsabili diretti delle posizioni analizzate, un profilo base di riferimento per ciascuna posizione. Esso viene sottoposto agli attuali “titolari” del ruolo affinché provvedano all‟attribuzione di un grading per ogni competenza indicata sulla base della loro “importanza percepita”. Gli output vengono poi sottoposti al responsabile dei “titolari” per la validazione e successivamente viene comunicato loro il profilo approvato.

Nell‟ipotesi a coinvolgimento parziale è la funzione risorse umane, con eventuali supporti esterni, che predispone un profilo di riferimento per ciascun ruolo che viene poi sottoposto al responsabile diretto delle posizioni valutate per le eventuali integrazioni e l‟attribuzione del grading ad ogni competenza individuata.

Un passaggio chiave di entrambe le ipotesi è rappresentato dall‟individuazione dei criteri per la classificazione degli output della valutazione. L‟obiettivo è quello di declinare, per ciascuna competenza richiesta, un set di indicatori osservabili e misurabili, definirne i pesi relativi in funzione delle singole attività assegnate alla posizione/ruolo e dotarsi di un sistema di attribuzione dei punteggi coerenti con il modello di valutazione che si intende adottare. Questo consente soprattutto di facilitare la fase successiva di valutazione del livello posseduto. A titolo esemplificativo sono presentate alcune competenze che risultano indispensabili per il personale delle nuove organizzazioni (Spencer, 1991).

Per gli executives:

pensiero strategico, cioè la capacità di cogliere le tendenze ambientali, le opportunità di mercato, le minacce competitive, le forze e le debolezze delle loro organizzazioni in modo da individuare la risposta strategica migliore;

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guida al cambiamento, cioè la capacità di comunicare una visione stimolante della strategia aziendale tale da convincere gli stakeholders a comportarsi come promotori delle innovazioni e dello spirito d‟iniziativa e ad allocare le risorse nel modo migliore per realizzare i frequenti cambiamenti;

gestione delle relazioni interne ed esterne, cioè la capacità di stringere rapporti con le reti complesse di coloro la cui collaborazione è necessaria per il successo dell‟organizzazione, e sui quali non si ha alcun potere formale: fornitori, clienti, azionisti, sindacati, amministratori a tutti i livelli (locali, regionali e statali), politici e gruppi d‟interesse, anche esteri.

Per i manager:

flessibilità, cioè la volontà di cambiare le strutture e i processi manageriali, quando sia necessario per implementare le strategie di cambiamento dell‟organizzazione;

implementazione del cambiamento, cioè la guida al cambiamento necessaria per comunicare ai collaboratori il bisogno di cambiamento dell‟organizzazione; unitamente alle skills di gestione del cambiamento necessarie per realizzare il cambiamento nei rispettivi gruppi di lavoro;

sensibilità interpersonale, cioè la capacità di capire e valutare i contributi degli altri;

empowering, cioè il complesso dei comportamenti manageriali che inducono i collaboratori a sentirsi più capaci e più motivati ad assumere maggiori responsabilità;

facilitazione del team, cioè le skills di conduzione del gruppo necessarie per ottenere un‟efficace collaborazione dei suoi componenti in vista di un obiettivo comune;

cosmopolitismo, cioè la capacità di adattarsi rapidamente ai paesi esteri più diversi in modo da poter lavorare efficacemente in ogni parte del mondo.

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22

Per gli impiegati e i tecnici:

flessibilità, cioè la disposizione a considerare il cambiamento come un‟eccitante opportunità invece di una minaccia;

ricerca delle informazioni. Motivazione e capacità d’imparare, cioè un

genuino entusiasmo di fronte alle occasioni d‟imparare nuove skills tecniche ed interpersonali;

motivazione a realizzare, cioè la voglia d‟innovazione e del miglioramento continuo in qualità e produttività, necessari per affrontare la crescente competizione;

motivazione a lavorare in condizioni d’urgenza, che è una combinazione di flessibilità, tensione al risultato, resistenza allo stress e commitment all‟organizzazione, che consente agli individui di lavorare anche se pressati dalla crescente domanda di prodotti e servizi in tempi sempre più brevi;

cooperazione, cioè la capacità di lavorare con spirito di collaborazione in gruppi multidisciplinari;

orientamento al cliente, cioè sensibilità interpersonale sufficiente per ascoltare i bisogni del cliente e avvertirne lo stato emotivo, e spirito d‟iniziativa per superare gli ostacoli opposti dalla propria organizzazione per risolvere i problemi del cliente.

Costruire una mappa dettagliata delle capacità e delle conoscenze necessarie per ricoprire le diverse posizioni organizzative, significa stabilire quale dovrebbe essere la configurazione ideale.

Tra le diverse fasi del processo di analisi e valutazione delle competenze, un aspetto particolarmente delicato è il graduare le competenze secondo differenti livelli di intensità.

Per le conoscenze tecnico-professionali si fa spesso riferimento a cinque livelli di possesso riconducibili alle fasi tipiche dei processi di apprendimento:

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23

 livello 0 = da acquisire, non si conosce la materia;

 livello 1= base, si conosce la materia, ma non si è in grado di applicarla se non parzialmente;

 livello 2 = intermedio, si conosce la materia e si è in grado di applicarla in modo autonomo, ma in situazioni non molto complesse;

 livello 3 = buono, si è esperti della materia e si è in grado di spiegarla e trasferirla ad altri;

 livello 4 = eccellente, si è specialisti della materia e il livello di conoscenza posseduto ne consente anche lo sviluppo.

Per le capacità di comportamento organizzativo, attese o richieste, si fa normalmente riferimento a una graduazione simile:

 livello 0 = da acquisire;

 livello 1 = base;

 livello 2 = intermedio;

 livello 3 = buono;

 livello 4 = eccellente.

Giunti a questo punto, il passaggio successivo è quello di andare a verificare concretamente la configurazione delle competenze detenute dalle Risorse Umane.

1.3.2 Rilevazione delle competenze detenute

La verifica del possesso delle conoscenze e delle capacità avviene normalmente in modo empirico, cioè andando a constatare quanto le prestazioni fornite rispondano alle attese. Ma si tratta di un approccio tradizionale, decisamente costoso e incline al rischio in quanto svolto successivamente.

Un modo più valido di svolgere questa verifica è quello di farla prima che la prestazione abbia fornito i suoi effetti o, comunque con modalità nettamente separate dall‟azione organizzativa che deve produrre la soddisfazione dei clienti interni ed esterni.

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Gli obiettivi che si possono perseguire attraverso la misurazione delle competenze riguardano sia i singoli, di qualunque livello, sia l‟organizzazione.

Gli obiettivi per i singoli sono:

 fare il punto sulle proprie competenze e chiarire i propri obiettivi professionali e criteri di scelta, a fronte dei cambiamenti in atto nell‟organizzazione;

 costruire un progetto professionale coerente alle possibilità e ai vincoli dell‟organizzazione;

 rafforzare la propria capacità di reagire positivamente e fronteggiare i cambiamenti lavorativi.

Mentre gli obiettivi per l’organizzazione sono:

 favorire una convergenza tra i progetti delle persone e quelli dell‟organizzazione, ottimizzando l‟uso delle risorse;

 migliorare la conoscenza delle proprie risorse umane, del potenziale disponibile, delle competenze trasferibili;

 sviluppare la gestione dei percorsi di carriera e delle competenze.

I due obiettivi sono evidentemente contrapposti in quanto i singoli pongono l„accento sul riconoscimento del loro valore e sulle loro possibilità di crescita, mentre l‟organizzazione è interessata alle condizioni del proprio successo, alle possibilità di generare un differenziale competitivo partendo dalla strategia di business. In questo caso, la scelta vincente per un‟impresa dovrebbe essere quella di integrare i due obiettivi attraverso un equilibrio dinamico che consenta al singolo di migliorare le proprie competenze e la propria crescita professionale con la consapevolezza che il proprio saper fare contribuisce a determinare le competenze distintive dell‟organizzazione.

Per valutare i profili di competenza posseduti esistono diverse tecniche che differiscono tra loro soprattutto per il diverso grado di coinvolgimento delle persone; nel caso in cui sia elevato, è necessario che i titolari di posizione/ruolo

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25 effettuino un‟autovalutazione delle proprie conoscenze e capacità possedute, ad esempio con l‟ausilio di test o questionari autodescrittivi che integrino la valutazione realizzata dal diretto responsabile o da valutatori esterni. Nell‟ipotesi di coinvolgimento parziale, si utilizzano strumenti di etero valutazione, utilizzati da valutatori interni alla struttura o esterni e dal diretto responsabile della risorsa, i cui risultati vengono successivamente integrati per giungere alla valutazione finale: si tratta di check-list, questionari, interviste, simulazioni di ruolo ecc. In particolare per la valutazione delle conoscenze facciamo riferimento alle seguenti azioni che ci permettono di ottenere con sufficiente oggettività il livello di possesso di una conoscenza:

 verificare il conseguimento di un titolo di studio, di un attestato, di un certificato con valore formale;

 verificare se è stata applicata, se vi è stato impegno per un periodo significativo, in un‟attività per la quale è fondamentale l‟impiego della conoscenza che si vuole verificare;

 far svolgere il ruolo di esaminatore a persone competenti sulla materia che caratterizza la conoscenza (può favorire una preparazione eminentemente teorica);

 far svolgere prove pratiche sotto il controllo di persone competenti;

 far svolgere esercitazioni o questionari a risposta multipla appositamente predisposti per la verifica su larga scala e in forma standardizzata del possesso di specifiche conoscenze;

 ricorrere a un collegio di esperti che possono fare ricorso a diversi dei precedenti metodi.

Per la valutazione delle capacità di comportamento organizzativo (Figura 4), possiamo individuare almeno due “famiglie” distinte di tecniche di analisi.

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26

Figura 4 - GLI STRUMENTI DI RILEVAZIONE E VALUTAZIONE DELLE CAPACITA’

Gli approcci indiretti, che non coinvolgono gli interessati, ma solo verificatori esterni i quali, ovviamente, conoscono e hanno visto in azione le persone oggetto di verifica. Tali verificatori possono essere capi o clienti interni. Gli approcci indiretti possono trovare applicazione sulla base della seguente ripartizione:

 semplice apprezzamento sintetico sul possesso delle capacità sulla base di una scala, normalmente decimale, espressa da uno o più verificatori. Si tratta di una modalità meno affidabile, difficile da omogeneizzare e basata su un‟inferenza tra attività svolta dalla persona analizzata, risultati raggiunti e sottostanti comportamenti che si ritiene vengano messi in atto. I verificatori, normalmente, riescono a cogliere negli altri con una certa attendibilità le capacità da essi stessi possedute, molto meno quelle che non li caratterizzano;

 interviste ai diversi verificatori e conseguente ricostruzione svolta con il supporto di uno specialista per estrarre indicazioni di possesso di capacità. Pur aumentando l‟affidabilità, con questa modalità rimane elevata la soggettività;

 impiego di liste di controllo, o check list, che in modo dettagliato elencano fattispecie comportamentali tipiche di ogni capacità da verificare, fornendo spunti di concretezza e aiutando l‟omogeneità dei metri adottati. Le check list sono gli unici strumenti che riescono a ridurre in modo

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27 significativo gli effetti della soggettività e della disomogeneità nell‟ambito di un approccio indiretto per la verifica del possesso delle capacità.

Gli approcci diretti, invece, sono quelli che coinvolgono gli interessati tramite simulazioni definite assessment.

L‟assessment è una procedura formale di simulazione che ha il fine di verificare il livello di possesso delle capacità necessarie per ricoprire efficacemente determinate posizioni organizzative. L‟assessment impiega situazioni organizzative ricostruite che consentono la rilevazione, da parte di osservatori opportunamente addestrati, dei comportamenti caratterizzanti le capacità prese in esame.

La metodologia di assessment si caratterizza per i seguenti aspetti fondamentali:

 è specificatamente destinata alla verifica del livello di possesso delle capacità in forma artificiale;

 è basata sull‟osservazione e registrazione immediata di una serie di comportamenti messi in atto dai partecipanti. Trae la sua validità dal fatto che dai comportamenti messi in atto in situazioni simulate si possono ricavare profonde analogie con le situazioni reali;

 è realizzata tramite la sottoposizione di esercitazioni (simulazioni) progettate in dettaglio in relazione alle capacità che devono consentire di rilevare. Le esercitazioni sono costruite in modo da stimolare un elevato coinvolgimento personale e, quando sono svolte insieme ad altri, anche relazionale.

Tale metodologia prevede la presenza di due ruoli chiave che interagiscono tra loro: gli osservatori, che raccolgono i dati oggettivi, necessari per l‟attribuzione successiva dei livelli di possesso delle capacità prese in considerazione; i partecipanti, i quali svolgono le esercitazioni che gli vengono sottoposte, in modo da consentire la rilevazione dei comportamenti, espressione delle capacità da verificare.

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Studi e ricerche approfonditi hanno ampiamente dimostrato l‟attendibilità della metodologia di assessment, purché vengano rigorosamente rispettati i criteri applicativi e vengano impiegati correttamente gli strumenti.

Gli strumenti che vengono normalmente impiegati sono i seguenti:

 check list di autoverifica o di etero verifica, per raccogliere l‟autoconsapevolezza o la percezione degli interlocutori, sul possesso o meno della capacità oggetto di analisi;

 assessment questionnaires, sono questionari comportamentali a risposta multipla impiegabili per verificare oggettivamente il possesso di un certo numero di capacità chiave su popolazioni anche numerose;

 professional questionnaires e relativa intervista mirata, utile in quanto un supporto alla verifica del possesso delle capacità è rappresentato dalla raccolta di dati conoscitivi sui candidati come ad esempio curriculum di studi, esperienze professionali, caratteristiche, motivazioni e aspettative;

 in basket, o simulazione di un incarico improvviso con revisione standardizzata del lavoro prodotto;

 esercitazioni individuali, ossia esercitazioni che ricostruiscono situazioni organizzative di complessità variabile, le quali vengono proposte per iscritto ad ogni singolo partecipante;

 esercitazioni collegiali, che permettono di simulare un‟attività aziendale e di raggiungere un obiettivo attraverso il concorso e la partecipazione di un gruppo di persone.

Questo tipo di esercitazioni generano un ritorno di informazioni ai partecipanti, sotto forma di feedback o di report, che hanno il vantaggio di consentire il coinvolgimento del soggetto preso in esame per fornirgli sia la consapevolezza, sia l‟opportunità di avviare una mirata azione di miglioramento.

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29 1.4 Il modello delle competenze per valorizzare il capitale umano

Per procedere alla “valorizzazione delle competenze” occorre innanzitutto definirle e misurarle. Lo scopo dell‟applicazione del modello delle competenze è, infatti, quello di consentire il confronto tra le conoscenze e le capacità indispensabili per ricoprire le diverse specifiche posizioni e le conoscenze e le capacità che fanno parte del bagaglio professionale di ciascun attore professionale.

La valutazione del portafoglio delle competenze disponibili origina due fondamentali tipologie di informazioni:

L’analisi della cultura e delle competenze esistenti, che rappresenta

l‟analisi del patrimonio di competenze oggi disponibile e dei punti di forza e di debolezza della cultura esistente, così come emerge dai valori medi delle rilevazioni effettuate o, internamente all‟organizzazione, da parte dei capi responsabili delle risorse allocate nei diversi ruoli chiave, o, da consulenti esterni all‟organizzazione, attraverso procedure di assessment.

L’analisi dei gap, che consiste nel confronto tra il profilo di competenze

richiesto dal ruolo e quello posseduto dalla popolazione interessata, evidenzia i gap critici su cui concentrare l‟attenzione e le azioni di sviluppo in termini di miglioramento.

Qualora da tale confronto emerga una piena rispondenza saremmo in presenza del profilo ideale, ma nella realtà è molto difficile da riscontrare in quanto una certa inadeguatezza è sempre presente a causa dell‟evoluzione della tecnologia, delle tecniche manageriali, della normativa ecc..

Sulla base delle suddette informazioni, derivanti dalla valutazione della presenza/assenza di alcune conoscenze e capacità nel patrimonio culturale del lavoratore, in ragione di ciò che è necessario per le attività aziendali,

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30

un‟organizzazione può dare avvio ad una specifica azione di valorizzazione del capitale umano.

Vediamo, infatti, come il modello delle competenze in azienda, trova applicazione nelle seguenti aree:

la Selezione: è uno dei campi dove il modello trova una delle sue più felici applicazioni. Definire con precisione le caratteristiche psicologiche e tecniche che possono rendere vincenti in una mansione e selezionare i candidati in rapporto a tali caratteristiche, può ridurre gli errori di valutazione e migliorare gli esiti della selezione stessa;

la Pianificazione e lo Sviluppo: è un altro dei settori maggiormente beneficiati dall‟applicazione del modello poiché fornisce delle basi concrete ed oggettive per indirizzare le persone nei diversi sentieri di carriera, in funzione della corrispondenza delle caratteristiche psicologiche e tecniche richieste, con quelle possedute;

la Formazione: l‟applicazione del modello alla formazione è di fondamentale importanza, poiché non solo consente di ridurre in modo drastico gli sprechi indirizzando le persone verso quei corsi di cui hanno effettivo bisogno, ma permette anche di tarare l‟entità dell‟impegno formativo in rapporto alle necessità connesse ai ruoli;

la Valutazione delle Prestazioni: fondamentale è anche il beneficio che i sistemi di valutazione delle prestazioni possono derivare dall‟applicazione del modello. Avere dei profili di competenza per ciascun ruolo, graduati e derivati sperimentalmente consente, infatti, non solo di indicare all‟individuo degli standard di eccellenza da raggiungere, ma anche di rendere meno arbitraria la valutazione degli aspetti qualitativi della performance notoriamente di difficile apprezzamento;

i Sistemi Retributivi ed Incentivanti: è di sicuro il settore di maggiore interesse per l‟applicazione del modello a causa della crescente insoddisfazione verso i tradizionali sistemi retributivi incapaci di valorizzare a pieno titolo la professionalità individuale.

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31 Il modello delle competenze assegna quindi una nuova centralità all‟individuo e consente di affrontare in modo efficace i diversi aspetti della valorizzazione del sapere posseduto e della relazione di scambio con l‟organizzazione in cui la risorsa opera.

Valorizzare le competenze delle Risorse Umane all‟interno dell‟organizzazione significa individuarle, svilupparle, premiarle, investire su di loro. La valorizzazione pertanto si compone di elementi materiali, rappresentati dagli incentivi e di elementi immateriali, rappresentati dalla formazione, l‟aggiornamento, la responsabilizzazione, l‟autonomia operativa e le prospettive di carriera.

Essendo la premessa fondamentale per ottenere performance elevate, la competenza diventa un importante riferimento per la gestione della formazione e del knowledge management10, in un‟ottica di “learning organization”11 in cui il modello proposto permette di realizzare una mappa delle competenze esistenti e di riconoscere i gap da colmare con l‟attivazione di processi di apprendimento, individuali e organizzativi.

In termini squisitamente organizzativi è possibile analizzare il tema delle competenze facendo riferimento a tre leve gestionali diverse:

- manutenzione delle competenze esistenti per mantenerle adeguate alle attuali esigenze gestionali del sistema organizzativo;

- miglioramento delle competenze esistenti per adeguarle alla realtà organizzativa, tenendo conto dei cambiamenti del contesto esterno;

10

Il knowledge management è inteso come un insieme di politiche emergenti, strutture organizzative, procedure, applicazioni e tecnologie tese a migliorare l‟efficacia del processo decisionale di un gruppo o di un‟impresa attraverso la raccolta, l‟organizzazione e la distribuzione di conoscenza.

11

Il concetto di learning organization è riferito ad una struttura organizzativa che nel suo complesso genera pratiche volte a sviluppare conoscenze e routine al fine di assicurare all‟organizzazione stessa una migliore capacità di adattamento alle perturbazioni imposte dall‟ambiente esterno.

(32)

32

- sviluppo di competenze diverse o nuove in funzione di significativi progetti di change management12, di ridefinizione del modello organizzativo, di cessioni di attività in outsourcing e di operazione di merger and acquisition.

La Formazione svolge una funzione strategica per lo sviluppo delle conoscenze e delle abilità professionali delle Risorse Umane, ma è fondamentale tener presente che tra le azioni dirette a favorire lo sviluppo delle competenze rientrano anche l‟informazione e l‟addestramento.

1.4.1 Informazione, Formazione e Addestramento

Prima di procedere, nei capitoli seguenti, con un approfondimento sulla formazione del personale, è importante sottolineare la diversità concettuale esistente tra informazione, formazione e addestramento.

L‟informazione può essere intesa come la trasmissione di conoscenze (“sapere”) da un soggetto a un altro. Il testo unico in materia di sicurezza, la definisce come il “complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro”.

È evidente che deve essere effettuata direttamente dal datore di lavoro (o da un suo delegato) ed essere progettata in base alla specifica realtà aziendale.

Gli strumenti di informazione possono essere circolari, cartelloni, opuscoli, avvisi, news, strumenti audiovisivi, sistemi in rete ecc. mentre le metodologie di informazione possono essere riunioni, gruppi di lavoro, conferenze, seminari informativi ecc.

Precisiamo, quindi, che a differenza della formazione, non è necessario che l‟informazione sia fatta in un contesto didattico (aula, dispense, slide, ecc.) ma ad esempio, può essere sufficiente la consegna di un documento contenente le informazioni necessarie.

12

Con il termine inglese Change Management si intende un approccio strutturato al cambiamento negli individui, nei gruppi, nelle organizzazioni e nelle società che rende possibile la transizione da un assetto corrente ad un futuro assetto desiderato.

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33 La formazione è un processo complesso finalizzato all‟acquisizione di competenze (“sapere”, “saper fare”, “saper essere”) che prevede un‟iniziale analisi dei bisogni, una progettazione, l‟erogazione del corso e una valutazione conclusiva. Anche la norma, del Testo unico in materia di sicurezza, ne riconosce il carattere di complessità: essa è definita come il “processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori e agli altri soggetti interessati le conoscenze e procedure utili all‟acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e all‟identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi”.

Esistono diverse tipologie di argomenti che devono o che possono essere oggetto di formazione quindi, a seconda del tipo di argomento trattato, la modalità didattica utilizzata nel corso di formazione sarà di tipo teorico o di tipo teorico-pratico.

L‟addestramento è il “complesso delle attività dirette a fare apprendere concretamente ai lavoratori l‟uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e procedure di lavoro”. È un‟attività mediante la quale al soggetto si forniscono capacità e abilità tecniche per permettere allo stesso di svolgere con correttezza e puntualità i compiti di tipo operativo. Può avere contenuti tecnici, informatici, linguistici e deve necessariamente prevedere una fase di esercitazione sugli specifici dispositivi che saranno utilizzati dal lavoratore durante la sua attività.

Bibliografia

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Bolognini B., La formazione nelle organizzazioni, Carrocci editore, Roma 2012. Buttignon F., Le competenze aziendali: profili di analisi, valutazione e controllo, Utet, Torino 1996.

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Carretta A., Dalziel M.M., Mitrani A., Dalle risorse umane alle competenze: metodi, strumenti e casi in Europa per una gestione e sviluppo delle risorse umane basata su un modello di competenze, Francoangeli, Milano 1992.

Costa G., Giannecchini M., Risorse umane, persone, relazioni e valore, McGraw-Hill, Milano 2009.

Cocco G.C., Valorizzare il capitale umano d’impresa – Il talento delle persone come competenza distintiva delle imprese, Etas, Milano 2001.

Longo N., Il capitale umano, come gestirlo, in Dirigente, Marzo 2007.

Longo N., Un modello delle competenze per valutare i ruoli, in Dirigente, Luglio/Agosto 2007.

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35 Capitolo 2

La formazione per lo sviluppo delle competenze

2.1 La nozione di formazione

Il termine “formazione”, secondo l‟autorevole dizionario della lingua italiana Devoto Oli, significa, dal punto di vista figurativo, maturazione dell‟individuo dovuta alle conoscenze, all‟esperienza e all‟ambiente in cui si trova ad operare. La formazione è un‟attività volta alla trasformazione di atteggiamenti, comportamenti e mentalità che insieme portano l‟individuo non soltanto ad eseguire attività nuove o differenti, ma anche e soprattutto ad interpretare diversamente il proprio ruolo organizzativo.

Si tratta di un processo di crescita finalizzato all‟acquisizione di conoscenze, abilità, atteggiamenti (sapere, saper fare, saper essere) da parte del soggetto interessato al fine di riuscire ad allargare i propri confini professionali e ad aumentare le potenzialità di sviluppo in ambito lavorativo.

Il significato originario della nozione di formazione scaturiva da un‟esigenza che esiste pressoché da sempre, ossia insegnare ad una persona come fare un certo lavoro. Questo accade naturalmente anche oggi ogni volta che le imprese fanno nuove assunzioni, o anche quando sostituiscono impianti e macchinari sorge la necessità di apprendere l‟uso di nuove tecnologie o procedure, oppure ancora quando si debba effettuare una riconversione professionale per poter utilizzare diversamente parte della forza lavoro presente in azienda. Tale definizione, in sostanza, è assimilabile alla nozione di addestramento, nella quale sono comprese tutte le attività mirate a sviluppare le capacità di svolgere mansioni e compiti specifici.

Solo in un secondo momento, ossia verso la fine degli anni „70, la formazione ha aggiunto nei suoi contenuti didattici degli elementi che non sono precisamente

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36

classificabili come azioni che mirano a far apprendere concretamente un preciso mestiere, sia esso materiale o intellettuale.

Vediamo dettagliatamente, nel paragrafo seguente, quali sono stati i diversi modi di intendere la formazione dagli anni „60 ad Oggi.

2.2 L’evoluzione della formazione

Uno sguardo storico ci consente di vedere come nel corso degli anni si è evoluto il concetto di formazione.

Negli anni Sessanta la cultura della “posizione” era prevalente. Il bisogno del mercato di approvvigionarsi di prodotti standard a basso costo, l‟esigenza di organizzare le imprese produttive intorno alla funzione di produzione, l‟importanza di specializzare il contenuto delle mansioni e l‟abilità degli operatori richiedeva una notevole opera di formazione. Essa era erogata a livello di fabbrica, riguardava in modo particolare la “posizione” e puntava a ottenere un operatore il cui intervento fosse il più aderente possibile alle caratteristiche delle operazioni prescritte. L‟obiettivo era quindi quello della specializzazione.

Un tecnico esperto, che conosceva bene il contenuto delle diverse posizioni, addestrava questo operatore trasmettendogli oltre che le abilità per effettuare al meglio le relative operazioni elementari anche le capacità a muoversi in un ambiente organizzativo fatto di normative, procedure, tempi e gerarchie.

Negli anni Settanta la “professionalità” ha preso il sopravvento sulla posizione. I giovani lavoratori, a più alta scolarità, rifiutavano le condizioni più stressanti di parcellizzazione del lavoro e contestavano il fatto di dover legare la propria retribuzione alla posizione cui l‟organizzazione del lavoro li confinava.

L‟azione formativa in questo contesto doveva assecondare la rivisitazione dell‟organizzazione del lavoro che veniva effettuata tra le parti in causa: azienda, lavoratori e rappresentanze sindacali. Successivamente essa doveva intervenire sui lavoratori per accrescere la loro professionalità potenziale cioè la loro capacità di lavorare su più posizioni di lavoro di importanza crescente, e sulla

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37 loro disponibilità a lavorare sui processi produttivi in modo flessibile e con una logica di gruppo.

L‟azione formativa si spostava perciò dalla posizione al processo, dall‟uomo al gruppo. Le persone dovevano dimostrare di saper lavorare in più posizioni, collocate lungo un “processo” e di saper comprendere il rapporto esistente tra il proprio contributo e quello dei colleghi. Parallelamente, dovevano sviluppare comportamenti cooperativi che consentivano di rendersi consapevoli dei risultati complessivi, dell‟addestramento dei meno preparati, del sostegno psicofisico dei più deboli che, appartenendo al medesimo gruppo, concorrevano alla prestazione complessiva.

Il gruppo dei formatori in questa epoca si articolava, poiché c‟era bisogna del tecnico esperto, come negli anni precedenti, dato che le operazioni elementari restavano inalterate e c‟era bisogno dello psicologo per la necessità di affinare le capacità di lavoro di gruppo.

Gli anni Ottanta hanno rappresentato, invece, gli anni delle grandi ristrutturazioni e razionalizzazioni. Cambiavano le condizioni del mercato in quanto le crisi energetiche del 1974 e 1979 avevano indotto una maggiore attenzione all‟uso dell‟energia e perché la sofisticazione dei consumi, la contesa dei clienti e l‟ampliarsi della concorrenza richiedevano grandi cambiamenti strutturali.

La formazione in questo frangente scopriva un altro ruolo. Doveva cioè assistere il management nel far fronte a tale riorganizzazione aiutandolo a trasmettere delle conoscenze e una maggiore sensibilità a ragionare in termini di risultato economico, di servizio al cliente e di ottimizzazione delle risorse in una logica di business.

Al tecnico si sostituiva il manager o il quadro aziendale, alle conoscenze riguardanti le tecnologie di produzione si sostituivano le conoscenze relative alle metodologie di gestione strategica dell‟impresa e del suo mercato di riferimento. Molto cambiava nei contenuti della formazione, circa le risorse coinvolte, le metodologie utilizzate, i riferimenti culturali e i docenti, ma sostanzialmente rimaneva invariato l‟approccio di fondo: il riferimento alla posizione.

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Gli anni Novanta hanno rappresentato gli anni della crisi e del cambiamento. La crisi economica e l‟apertura dei mercati dell‟Est hanno contribuito al ribasso dei prezzi e all‟aumentare la complessità della competizione.

La funzione formazione era stata investita di nuovi compiti e nuove valenze. Si arricchiva di nuove competenze metodologiche, in grado di raccordare con maggiore tempestività e contestualità i diversi strati organizzativi della piramide aziendale.

La sua collocazione risultava più vicina alle funzioni di vertice. La formazione diventava un ausilio per il management per costruire una cultura d‟impresa distintiva, uno strumento affidabile per agevolarne il processo di interiorizzazione da parte dell‟area quadri più centrale, una struttura operativa per sviluppare una sensibilità diffusa di partecipazione da parte delle risorse più decentrate organizzativamente, un canale di collegamento reale con gli uomini operanti nelle strutture esterne, una istituzione utile per il Paese, in quanto in grado di trasferire conoscenze e cultura e provocare processi di interscambio scientifico e sociale.

Attualmente, le sfide che investono le aziende sono legate a temi quali la ricerca della flessibilità, la rapidità nell‟innovazione, la globalizzazione dei mercati, la soddisfazione della clientela. Il management deve, quindi, sempre più cercare di operare per conseguire, da un lato miglioramenti in termini di produttività, flessibilità, qualità di risposta al cliente allargando i confini dell‟azienda tramite esternalizzazioni, collaborazioni esterne/interne su obiettivi di business, creazioni di network aziendali, ecc. e dall‟altro, una maggiore responsabilizzazione verso il basso rivedendo la verticalità di gerarchie e funzioni, tramite modalità di lavoro innovative, sia individuali che collettive nonché la realizzazione di sistemi formativi in grado di diffondere le conoscenze e le capacità al problem solving. L‟azienda deve essere promotrice di nuove conoscenze, stimolando un apprendimento continuo delle persone che vi lavorano e, non a caso, un numero crescente di imprese vede nell‟attenzione alle competenze la chiave per una migliore performance aziendale e per rendere più efficace la gestione delle risorse umane.

Figura

Figura 1 - IL SISTEMA DI GESTIONE DEL CAPITALE UMANO
Figura 3 – LE DUE FACCE DEL RUOLO ORGANIZZATIVO
Figura 4 - GLI STRUMENTI DI RILEVAZIONE E VALUTAZIONE DELLE CAPACITA’
Figura 5 – I DESTINATARI DELLA FORMAZIONE
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