PARTE II: GIACOMO DELLA MARCA
5. I rapporti tra i testimoni
6.1. La Regola per ben confessarsi e i modelli di confessionale
La produzione di confessioni generali a stampa in volgare nel corso del ‘400 è considerevole (cfr. Parte I, 6.3). «La loro diffusione inizia con la vasta tradizione manoscritta dei confessionali attribuiti a Bernardino da Siena ˗ e con ogni probabilità redatti con materiale desunto dalle sue opere ˗ e prosegue con le edizioni a stampa che innovano, rispetto al periodo precedente, solo nell’adozione pressoché costante […] di un frontespizio ornato di una xilografia» (Rusconi, 2002: 253-254).
Insieme alla Regola per ben confessarsi di san Giacomo, iniziano dunque a circolare diversi opuscoli di questo tipo. Un confronto tra la Regola e i confessionali appartenenti all’incirca allo stesso periodo può essere utile per evidenziare vicinanze e le differenze e, soprattutto, per delineare i caratteri generali di questo genere testuale.
Della produzione attribuita a san Bernardino ho scelto Della confessione 12
regole89, a questo ho affiancato la Confessione generale di Michele da Carcano90 e
89 Si tratta di un opuscolo in quarto acefalo (manca infatti tutto il primo fascicolo), attribuito a Bernardino da Siena di 20 carte, impresso a Pescia per M. Franco Cenni fiorentino nel febbraio 1485. L’esame di coscienza si articola in base al seguente schema i) i dieci comandamenti, ii) i cinque sentimenti del corpo, iii) i dodici articoli della fede, iv) i sette sacramenti della chiesa, v) le opere della misericordia corporale e spirituale, vi) le sette virtù (teologiche e cardinali), vii) i sette doni dello spirito santo, viii) le circostanze del peccato, le scomuniche, ix) i modi per reiterare la confessione. Molto probabilmente il fascicolo mancante conteneva la parte del settenario.
90 Il testo è stampato in ottavo nel 1529 a Venezia per i tipi di Augusto Bindoni; anche se l’introduzione ce lo presenta come un’opera a uso dei penitenti, l’ampiezza e la struttura possono far pensare che potesse anche essere destinato ai chierici incolti.
168
La confessione cavata da l’antoniana91 di Pietro da Bergamo. «Mentre con gli
opuscoli sino a ora esaminati ci si trova comunque nell’ambito di testi predisposti per consentire ai penitenti di prepararsi in qualche modo alla confessione dei propri peccati davanti al sacerdote, a partire dall’ultimo decennio del ‘400 appaiono a stampa anche taluni testi che si limitano alla pure e semplice elencazione di tutti i peccati possibili, scanditi dal ripetersi dell’espressione dio mea colpa» (Ivi: 258). A questo filone appartengono la Confessione generale et modo utilissimo per
confessarse fata per el reverendo miser fra Raphael92 e la Confessione utile e brieve composta da Bernanrdino da Feltre93.
Come vedremo insieme, per le loro caratteristiche formali e linguistiche, questi testi possono essere divisi in due gruppi: il primo a cui appartengono il confessionale di Bernardino da Siena, quello di Pietro da Bergamo, e quello di Michele da Carcano (più vicini a quello di san Giacomo) e il secondo gruppo, costituito dei confessionali di frate Raffaele e di Bernardino da Feltre.
Si articola attraverso uno schema, che introduce il penitente all’analisi dei diversi tipi di peccato: i) i dodici articoli della fede, ii) i dieci comandamenti, iii) i sette vizi capitali, iv) i
cinque sensi corporali, v) le sette virtù principali, vi) le sette beatitudini, vii) i sette doni dello Spirito Santo, viii) i sette sacramenti, ix) le opere della misericordia.
91 Questo libriccino in quarto di 4 carte è stato probabilmente stampato a Brescia per Battista Farfengo, intorno al 1487-1490. Rispetto agli altri opuscoli lo schema è molto ridotto rispetto agli altri opuscoli: ci si limita infatti ad analizzare i) i dieci comandamenti, ii)
i sette vizi capitali e iii) le sette opere della misericordia spirituale. Inoltre, nell’ultima parte,
i peccati sono ripartiti in base allo status dei penitenti (giudici; avvocati, procuratori e notai; dottori e secolari; i medici; gli speziali; i mercanti; i chierici e i preti secolari).
92 Il confessionale attribuito a questo francescano poco noto, si compone di 8 carte in quarto; è stato probabilmente stampato a Venezia da Matteo Capcasa, all’incirca nel 1495. I peccati vengono esaminati solo in base a i) dieci comandamenti e ii) sette vizi capitali.
93 Sono 4 carte in quarto stampate probabilmente a Firenze dopo il 1488. Anche in questo confessionale l’esame di coscienza si articola attraverso lo schema di cui abbiamo già parlato; in questo caso però il penitente deve analizzare i) i dieci comandamenti, ii) il
settenario, iii) le sette opere della misericordia spirituale e corporale, iv) i sette sacramenti della chiesa, v) i sette doni dello spirito santo, vi) i cinque sentimenti del corpo, vii) le tre virtù principali, viii) le quattro virtù cardinali e ix) i sei peccati nello spirito santo. La
particolarità di questo confessionale consiste nel riepilogo che si fa nelle carte finali di tutti i peccati analizzati precedentemente: mentre infatti nella prima parte si elenca il modo in cui il penitente può trasgredire alla legge divina, nell’ultima parte si fa un elenco dei peccati e del loro significato.
169 6.2. Risultati del confronto
Il confessionale di Giacomo presenta alcuni elementi tipici delle scritture di tipo pragmatico. Come abbiamo già avuto modo di osservare, la mise en page facilita la consultazione del testo: dal punto di vista grafico, la Regola mostra un andamento fatto di linee ben identificate e rimarcate da formule introduttive che si ripetono costantemente. Questa stessa impostazione grafica si ritrova anche nel confessionale di san Bernardino e di Pietro da Bergamo: benché nei manoscritti da me analizzati il contenuto di entrambi sia disposto su due colonne, si mantiene comunque quell’andamento ‘a strisce’ ben definito di cui abbiamo già detto (cfr.IV,5). L’impostazione grafica risulta invece diversa nei confessionali di fra Raphael e quello di Bernardino da Feltre: in questi testi infatti il contenuto è disposto in maniera continua ma la lettura è facilitata dalle rubriche e dai capolettera.
La caratteristica principale delle confessioni generali è quella di organizzare l’elenco dei peccati in base a una griglia; questa più essere semplice, costituita cioè solo dal settenario e dal decalogo (cfr. Parte I, 4.5), come nel caso del confessionale di Fra Raphael, o più complessa (come nella Regola di san Giacomo e negli altri testi considerati).
Solitamente ogni tema occupa un capitolo: la ripartizione del contenuto è marcata dalla presenza di formule di avvio che scandiscono i diversi argomenti. Mentre nella
Regola e negli altri testi del primo gruppo le formule di apertura tendono sempre a
riprendere l’argomento della rubrica, nel secondo gruppo di confessionali l’unica frase che si ripete costantemente, e con la quale si aprono tutti i paragrafi, è dico mea
colpa94.
Come abbiamo già detto, il perno del confessionale di Giacomo è rappresentato dalle interrogative indirette, introdotte da se: a ogni linea di testo corrisponde una domanda specifica e questo facilita sia la consultazione che la memorizzazione del formulario da parte dei fedeli; questa stessa struttura si ritrova identica in tutti i confessionali del primo gruppo; così come gli altri modi di incolonnare il testo (ad
94La formula penitenziale admissoria, del tipo mea culpa ha una lunga tradizione; la si ritrova anche, in forma diversa (miserere accusome), in uno dei testi più antichi della tradizione della nostra lingua: la formula di confessione umbra. Per il testo e il commento di veda CASTELLANI,1976: 77-102.
170 esempio, mediante i complementi di argomento). Ecco (20 a e b) due esempi tratti da Bernardino da Siena e Pietro da Bergamo:
(20)
a) Se hai mangiato et bevuto | solo per delectatione et | non per necessitade o solo per l’adversità de civo o sapori de quelli. | Se hai preso dilecto di parlare et dire cose de ridere e di luxuria e simili. b) Se hai facto vodo de male. | Se hai facto vodo de non far bene. | Se
hai facto vodo per poter peccare. | Se hai facto vodo de cose vane.
Un modo diverso di scandire i temi si nota invece confessionale di Bernardino da Feltre, nel quale ogni argomento viene introdotto da un verbo al gerundio; questo modo assume un valore a metà tra la causalità e la temporalità:
(21) dico mea colpa della Accidia perè che il tempo che idio m’ha prestato io non l’ho speso come dovrei. Istando accidioso et tedioso, non exercitandomi nelle cose divine come dovevo, perdendo molto tempo, parlando mote cose oziose e vane, mormorando, iudicando e sententiando questo e quello, andarmi trastullando e dando troppo agio al corpo.
In (21), infatti, possiamo interpretare il verbo in due modi: ho peccato
nell’avarizia poiché sono stato accidioso (causale) oppure ho peccato nell’avarizia ‘tutte le volte che’ sono stato accidioso (temporale iterativa).
Una simile struttura testuale ha la sua naturale espressione in una sintassi semplice e paratattica, quasi telegrafica, nella quale prevarrà la coordinazione e l’uso dell’infinito.
La struttura degli elenchi presenta un’opzione fra i vari peccati espressa, nella maggior parte dei casi, mediante la coordinazione disgiuntiva; così come avviene per il mio testo, anche negli esempi sottostanti, la disgiunzione si ripete prima di ciascuno degli elementi coordinati e ha una funzione di alternativa tra elementi che si equivalgono Propongo due esempi tratti da Pietro da Bergamo (22a) e Bernaridno da Feltre (22b):
171 (22)
(a) se ha creduto che sia male a piantare | overo tagliare overo comenzare alcu|na cosa più tosto un dì che l’altro ove|ro che habia più virtù la cosa recolta | facta più tosto un dì che l’altro |.
(b) […] le opere della misericorda sirituale overo nei dodici articoli della fede overo ne septe doni nello spirito santo o nelle virtù teologiche.
Anche la coordinazione esplicativa, attuata soprattutto mediante il connettivo
cioè, è frequente nei testi analizzati; in Pietro da Bergamo troviamo: presumtione cioè presumere in peccato | sotto la speranza de misericordia de dio, dove il
connettivo cioè viene usato con modalità glossatoria.
Per quanto riguarda l’infinito abbiamo già detto che nel testo del marchigiano ha soprattutto valore di complemento preposizionale. Anche gli altri testi fanno uso di questa struttura:
(23) se tu sei stato negligente o ava|ro in dare bere a poveri asetati. | Se tu sei stato negligente in vi|sitare e riscuotere e po|veri pregioni.
In (23) Bernardino da Siena usa l’infinito introdotto dalla preposizione in con valore finale. Anche in Fra Rafael la maggor parte degli infiniti introdotti da preposizione hanno valore finale (24):
(24) son venuto per accusarme de tutti li miei peccati; qualche volta ho zurato il falso er dar fede alle mie falsitade.
La stessa cosa accade in Pietro da Bergamo. Ne riporto un esempio in (25), dove l’infinito è introdotto da per:
(25) se ha portato odori per piacere al altri; se ha facto alcuna cosa per incitare la carne soa e de altri a la luxuria.
La prevalenza della paratassi non esclude però il ricorso alla subordinazione; come è tipico della prosa media prevalgono le proposizioni esplicite su quelle
172 implicite95. Come in quello da me analizzato, anche negli altri confessionali, sono frequenti le oggettive con verbo finito. Questa struttura si trova soprattutto nei testi del secondo gruppo, dopo verbum dicendi. L’esempio (26) è tratto da fra Raphael:
(26) Dico mia colpa che o desiderata la morte d’altri […]; Dico mea colpa che ho furtato tolto robato per forza roba d’altri [..] ecc
Una certa frequenza ha anche il tipo “SN + (è) che + subordinata. Ne riporto due esempi presenti in Michele Carcano (27) e Bernardino Siena (28):
(27) La seconda condizione è che la confessione sia amara come dice David profeta; La terza condizione che la sia vergognoso; La quarta
condizione si è che la sia directa; La quinta condizione è che la
debbe essere integra […] (c1v); L’octavo comandamento si è che non debia desiderare la dona del proximo[...]; Lo nono
comandamento si è che non devi desiderare roba del tuo [...] (c5r)
(28) Decima regola che quando ti vuoi ben confessare […]
Queste strutture ben si armonizzano con un testo incolonnato in maniera ordinata, in modo da facilitare la lettura e soprattutto, la consultazione per scorrimento dei vari punti.