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REGOLAMENTAZIONE GLOBALE: STRADA PERCORRIBILE?

Nel documento Università degli Studi di Torino (pagine 57-60)

3. RISCHIO SISTEMICO

3.2 REGOLAMENTAZIONE GLOBALE: STRADA PERCORRIBILE?

Un regolamentazione finanziaria globale è richiesta a gran voce da molti esponenti politici di rilievo, da Angela Merkel a Gordon Brown, ma anche dalla carta stampata, indipendentemente dall’orientamento politico. Questa non è una sorpresa visto lo stato dell’economia mondiale attuale. L’idea di fondo è che l’economia mondiale possa essere più stabile e prosperosa con una intensa cooperazione internazionale, affiancata a forti regolamentazioni nazionali, nel tentativo di costruire un quadro globale di regolamentazione e di vigilanza.

Un obiettivo così ambizioso, come quello di una regolamentazione globale, può distogliere l’attenzione da obiettivi più opportuni e più facili da raggiungere. Infatti non sono pochi i problemi che incontrerebbe un processo di regolamentazione globale.

Un primo problema riguarderebbe la sovranità nazionale, la strategia globale presuppone la possibilità di una cessione significativa di poteri alle agenzie internazionali, con conseguente riduzione della sovranità nazionale. È davvero molto difficile immaginare il Congresso Americano avallare un’intrusione di supervisione internazionale nei propri affari interni. Difficile anche che il FMI venga in futuro trasformato in un enorme e globale prestatore di ultima istanza.

Se anche le nazioni leader giungessero ad un accordo, sarebbero in grado di convergere su un set di regolamenti efficienti? Questo è un ulteriore problema, e la risposta può essere data con esempi del passato. Il processo di Basilea, fino a poco tempo fa considerata come apogeo internazionale di cooperazione finanziaria, è stato messo in discussione negli ultimi anni. Basilea 1 ha finito per incoraggiare il rischio a breve termine, mentre con le innovazioni di Basilea 2, si

è potuto notare come la possibilità di generare modelli di ponderazione propri, per i requisiti patrimoniali, sia stato chiaramente inadeguato alla luce delle recenti esperienze. Trascurando gli aspetti macro-prudenziali della regolamentazione, tali accordi hanno in un qualche modo, ingrandito il rischio sistemico. Si è cercato soprattutto di fare apparire le banche come entità sane, trascurando il sistema nel suo insieme.

Ma la fondamentale obiezione alla regolamentazione globale è altrove. Le forme di regolamentazione finanziaria differiscono tra nazioni, e dipendono principalmente dalle loro preferenze e dai livelli di sviluppo. Più si valorizza la stabilità finanziaria, più si sacrifica l’innovazione finanziaria. Più complesse sono le regole, più è necessario avere autorità altamente qualificate per attuarle. Più diffusi sono i fallimenti nei mercati finanziari, maggiore è il ruolo da affidare alle Banche Centrali.

Diverse nazioni si troveranno dunque in condizioni di privilegiare più un aspetto rispetto ad un altro, con il risultato di perdere di vista l’obiettivo comune. Non è sbagliato per la Francia, ad esempio, puntare su una maggiore stabilità finanziaria, rispetto agli USA, e dunque avere una normativa più severa, al prezzo di rinunciare a qualche innovazione finanziaria.

In breve, la regolamentazione finanziaria globale è un progetto di difficile attuazione. Il risultato più probabile di un progetto del genere vedrebbe gli interessi dei singoli governi prevalere, non portando alcun giovamento. Ciò di cui la finanza necessita invece è un insieme di regole mirate e di indirizzo, che consentano alle nazioni di realizzare i propri regolamenti in autonomia, ma secondo un disegno globale.

Per avere delle possibili analogie, basti pensare al “General Agreement on Tariffs and Trade for world finance8” e al “Worl Trade Organisation”. Il punto chiave del regime GATT, era lasciare spazio ai governi di costruire le proprie politiche economiche e sociali, con il limite di non sfociare in politiche palesemente protezionistiche e discriminatorie tra i partner commerciali.

Allo stesso modo, un nuovo ordine finanziario può essere costruito sulla base di un insieme minimo di linee guida internazionali. Il nuovo regime dovrebbe certamente comportare una valorizzazione del ruolo del FMI, con più poteri e maggiori risorse. Potrebbe anche essere utile una sorta di statuto finanziario internazionale con obiettivi limitati, che si focalizzi sulla trasparenza, e che imponga limitazioni sulle giurisdizioni, come i centri off-shore, che esportano instabilità finanziaria. La recente crisi finanziaria dovrebbe dunque conferire al FMI, un ruolo non solo di “pompiere” all’interno del sistema finanziario, ma anche un ruolo di “architetto”. Forte della sua dimensione mondiale, della sua esperienza macroeconomico-finanziaria e del suo ruolo di mediatore internazionale, il FMI risulta essere l’attore ideale per una riforma dell’architettura finanziaria internazionale.

Ma le responsabilità in ambito di regolamentazione e di supervisione dei mercati finanziari deve rimanere saldamente a livello nazionale. L’esperienza di Bretton Woods è un ottimo esempio di cooperazione internazionale in ambito regolamentare. Nonostante la liberalizzazione limitata, quel sistema produsse un elevato incremento degli scambi cross-border, degli investimenti, e consentì un maggiore sviluppo ai paesi che vi aderirono. La ragione è semplice: un’architettura regolamentare che rispettava le diversità nazionali.

8

Il General Agreement on Tariffs and Trade (GATT) è un accordo internazionale, firmato il 30 ottobre 1947 a Ginevra (Svizzera) da 23 paesi, per stabilire le basi per un sistema multilaterale di relazioni commerciali con lo scopo di favorire la liberalizzazione del commercio mondiale. Il GATT è stato sostituito, dal 1° gennaio 1995, dal World Trade Organization (WTO), organizzazione permanente dotata di proprie istituzioni, che ha adottato i principi e gli accordi raggiunti in seno al GATT.

Certamente, i paesi che vogliono una più profonda integrazione finanziaria e armonizzare la loro regolamentazione, sono libere di farlo, sempre che, come nel GATT, non si usi questo come una scusa per fini di protezionismo finanziario. È possibile immaginare l’”Euro Zone” prendere la rotta per un regime di regolamenti unico. Le iniziative di Chiang Mai, in Asia, potrebbero anche portare ad una zona di profonda integrazione attorno ad un fondo monetario asiatico. Ma il resto del mondo vivrebbe una certa segmentazione finanziaria.

Nel documento Università degli Studi di Torino (pagine 57-60)

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