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Relazione tra impiego di Strumenti di Protezione della Proprietà Intellettuale e apertura ai Partner esterni della collaborazione

Performance Innovazione PerformanceInno

AMBIENTE TECNOLOGICO DINAMICO

4.5.2. Relazione tra impiego di Strumenti di Protezione della Proprietà Intellettuale e apertura ai Partner esterni della collaborazione

La letteratura a supporto del paradigma open ha posto l’accento sul valore attribuito alle collaborazioni con diverse fonti esterne di innovazione tra cui clienti e fornitori, aziende di altri settori, Università e centri di ricerca, enti ed agenzie governative e persino concorrenti, al fine di ampliare e rendere più flessibile la base di competenze dell’azienda, ridurre e condividerne i rischi, e di conseguenza aumentare le performance innovative dell’azienda (Cassiman & Veugelers, 2006) (Chesbrough H. , 2003) (Powell & Grodal, 2005) (Lee, Kyungmook, & Pennings, 2001) (Laursen & Salter, 2005). Un primo approccio di analisi ci consente di stimare che, come evidente dalla t, le aziende che mediamente collaborano di più con i partner esterni sono anche quelle che impiegano maggiormente una tutela della protezione della proprietà intellettuale. In altre parole, come confermato da un indice di correlazione pari al 34%, la misura con cui le aziende adottano una strategia di appropriabilità dipende dal grado con cui complessivamente abbracciano la filosofia dell’open innovation, aprendo i propri confini aziendali a collaborazioni con partner esterni.

Dalla medesima tabella si evince inoltre che il campione preso in esame interpreta in maniera non omogenea il paradigma dell’open innovation (Tabella 13): circa il 60 % delle aziende collabora con tutti i partner, mentre il resto del campione si ripartisce uniformemente tra quelle che preferiscono i business partner e quelle che invece scelgono di collaborare prevalentemente con partner accademici/governativi.

Prendendo proprio in esame questi due ultimi di cluster (P.1 e P.2), abbiamo cercato di verificare se esiste una correlazione tra la tipologia di partner prescelto e la strategia di protezione della proprietà intellettuale (formale/strategica).

I risultati della regressione lineare condotta sul primo cluster (P.1 – Tabella 18) mostrano che le aziende che collaborano prevalentemente con business partner preferiscono tutelare il proprio know- how mediante strumenti di tipo strategico: il valore positivo e statisticamente significativo (0.559’) che lega queste due variabili conferma quanto supposto nell’Ipotesi 2.

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Ciò è dovuto al fatto che il contributo di questi partner viene reso prevalentemente con il loro diretto coinvolgimento nel processo di miglioramento o creazione di un prodotto (Tether, 2002) e si basa su una concatenazione di esperienze, know-how e competenze intangibili difficili da definire e standardizzare al punto da consentire l’efficace applicazione di uno strumento di protezione legale (Chi & Roehl, 1997).

Il risultato atteso è poi sicuramente rafforzato dal fatto che la maggior parte delle aziende che compongono il campione (51%) è di piccola dimensione: come discusso in precedenti analisi (Graham, Merges, Samuelson, & Sichelman, 2009) (Henry & Ponce, 2011) (Moser, 2012) (Cordes, Hertzfeld, & Vonortas, 1999), le limitate risorse finanziarie di queste aziende le conducono verso l’impiego di una tutela di tipo strategico, sicuramente meno dispendiosa rispetto a quella formale. Il legame tra impiego di strumenti strategici e collaborazione con business partner risultato dai riscontri si discosta tuttavia dalla considerazione supposta da altri ricercatori (Buss & Peukert, 2014) (Baccara, 2007) (Lai, Riezman, & Wang, 2009) (Paasi, Luoma, & Valkokari, 2010) che suggeriscono di impiegare una strategia di appropriabilità basata su una tutela formale, soprattutto con i fornitori, per ovviare alla possibilità di un loro ingresso nella medesima area di business sfruttando gli spillover positivi della collaborazione.

I modelli regressivi in funzione della turbolenza dell’ambiente tecnologico non arricchiscono ulteriormente le nostre considerazioni: il legame tra business partner e tutela strategica è positivo sia in caso di stabilità che di turbolenza seppur senza una rilevante significatività statistica.

Ricordiamo a tal proposito che clienti e fornitori rappresentano il diretto collegamento con il mercato a monte e a valle dell’impresa: in ambienti tecnologicamente turbolenti, in cui la necessità di una stretta osservazione dello sviluppo tecnologico è importante per il successo di lungo termine e rappresenta la criticità maggiore riscontrata dalle aziende del campione (Tabella 11) i partner della supply chain sono indubbiamente apportatori di un contributo da non ignorare (Fritsch & Lukas, 2001) (Belderbos, Carreeb, & Lokshin, 2004) (von Hippel, 2001) (Nieto & Santamarìa, 2007).

La regressione lineare condotta sul cluster composto dalle aziende che collaborano con partner accademici (P.2 – Tabella 19) non mostra risultati sufficientemente significativi da fornire un riscontro positivo a quanto ipotizzato (Ipotesi 3), ma può solo suggerire l’esistenza di una relazione positiva tra tutela formale e partner accademici con un valore della relazione attestato a 0,455 in caso di ambiente tecnologico stabile.

Lo scarso impiego della tutela formale che sembra emergere da questo risultato potrebbe tuttavia essere spiegato dal fatto che tali strumenti sono solitamente più costosi: una delle principali ragioni per le quali le piccole aziende e le start-up non impiegano strumenti contrattuali è proprio l’alto dispendio di tempi e costi ad essi associato (Graham, Merges, Samuelson, & Sichelman, 2009) (Henry & Ponce, 2011) (Moser, 2012) (Cordes, Hertzfeld, & Vonortas, 1999). Considerato che il campione oggetto

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della nostra analisi è composto prevalentemente (51%) da aziende con numero di dipendenti inferiore a 50, è possibile che il nostro esito negativo sia in parte dovuto a questa ragione.

Le scarse evidenze ricondotte ai risultati della regressione in caso di ambiente turbolento potrebbero invece essere spiegate dal fatto che in caso di elevato dinamismo tecnologico le aziende preferiscono collaborare con business partner (grado di collaborazione medio 3,70) piuttosto che con quelli accademici/governativi (grado di collaborazione medio 3,24). Benché questi ultimi possano farsi fautori di breakthrough tecnologici in grado di aprire nuovi mercati (Monjon & Waelbroeck, 2003) (Belderbos, Carreeb, & Lokshin, 2004) (Tether, 2002), la loro velocità di reazione è molto lenta, in quanto non motivati da obiettivi di business stringenti sia in termini di tempi che di costi, ma piuttosto da “puri” fini di ricerca e sperimentazione (Medda, Piga, & Siegel, 2006) (Miotti & Sachwald, 2003) (Okamuro, 2007).

I business partner sono invece molto più sensibili e reattivi alle dinamiche del mercato, dal momento che queste influiscono direttamente sulla loro stessa sopravvivenza (von Hippel, 2001) (Busom & Fernanzed-Ribas, 2008) (Fritsch & Lukas, 2001) (Belderbos, Carreeb, & Lokshin, 2004) (Tether, 2002).

Dalla Tabella 14, infine, è possibile constatare che complessivamente le aziende del campione difficilmente impiegano una sola tipologia di tutela, ma preferiscono piuttosto impiegare strumenti formali e strategici congiuntamente, a conferma della tesi riguardo la loro complementarietà sostenuta da Hertzfeld et al. (2006).

4.5.3. Relazione tra impiego di Strumenti di Protezione della Proprietà Intellettuale e apertura