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Relazioni tra sviluppo umano e povertà energetica nel quadrante balcanico:

l’energia fattore fondamentale di crescita e stabilità

La relazione tra l’uso dell’energia, lo sviluppo umano e la stabilità è tema affrontato da diversi studiosi.

Anche le società occidentali sono da tempo coscienti della questione e vedono l’accesso alla fonte energetica da parte di fasce sempre più ampie della popolazione mondiale come una questione di sicurezza per la prevenzione dei conflitti: studiosi come Rhodes e Beller, sicuramente minimizzando i non trascurabili aspetti collaterali che certo non fanno di questa una soluzione proponibile, hanno teorizzato la necessità della diffusione della tecnologia nucleare al fine di sfuggire da una spirale di povertà e violenza: “...Development depends on energy, and the

alternative to development is suffering: poverty, disease, and death. Such conditions create instability and the potential for widespread violence. National security therefore requires developed nations to help increase energy production in their more populous developing counterparts...”58. se la soluzione nuclearista non è certo condivisibile, l’idea relativa alla necessità di diffusione della possibilità di accesso alla risorsa va senz’altro colta.

Un importante studio di A.Pasternak59 ha inoltre dimostrato la diretta relazione che esiste tra lo sviluppo umano e la disponibilità di energia, individuando una equazione che lega l’Indice di Sviluppo Umano (HDI)60, come definito dalle nazioni Unite e il consumo energetico.

La prima osservazione compiuta da Pasternak sul dato quantitativo è che vi è una relazione direttamente proporzionale tra incremento dell’Indice di Sviluppo Umano e consumo procapite di energia61, soprattutto per quanto riguarda le dimensione relative all’aspettativa di vita e al grado di istruzione62.

58

R. Rhodes, D. Beller; “The Need for Nuclear Power” Foreign Affairs, Volume 79 Number 1; January/February 2000. See also IAEA Bulletin, Vol. 42, No. 2;June 2000.

59

A.D. Pasternak “Global Energy Future and Human Development: A Frame work for Analysis” U.S. Energy Department 2000.

60

L’Indice di Sviluppo umano introdotto dall’UNDP nel 1990 è l’indicatore formato da tre dimensioni fondamentali che attingono l’attesa di vita, l’accesso all’istruzione e alle risorse di ciascun individuo: l’utilizzo di questo indice multidimensionale permette una migliore valutazione della situazione reale che potrebbe non essere pienamente compresa all’osservare dati esclusivamente economici quali il Prodotto Interno Lordo pro/capite. Il metodo di calcolo suggerito dalle note tecniche del Rapporto UNDP 2006 in materia vogliono tale indice misurato dalla media aritmetica delle grandezze relative alla speranza di vita alla nascita, alla media ponderata di alfabetizzazione degli adulti (peso 2/3) e tasso di iscrizione alle scuole elementari-medie-superiori (peso 1/3) , reddito pro-capite misurato parificato in dollari in relazione al potere d’acquisto.

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“…Significantly, there is a threshold at about 4,000 kWh per capita, corresponding to an HDI of 0.9 or greater, in

the relationship between HDI and electricity consumption. Although four countries with consumption levels somewhat above 4,000 kWh per capita have an HDI below 0.9,o country with annual electricity consumption below 4,000 kWh per person has an HDI of 0.9 or greater. Above 5,000 kWh per capita, no country has an HDI below 0.9. Furthermore, as electricity consumption increases above 4,000 kWh, no significant increase in HDI is observed. (Electricity consumption above 4,000 kWh per person per year is associated with increasing GDP per capita. However, because

Tuttavia, l’impatto di una struttura energetica inefficiente ha un effetto complessivo sull’ambiente in cui si instaura non solo dal punto di vista dello sviluppo umano ma anche dal punto di vista ambientale ed economico.

Naturalmente, le dimensioni citate sono strettamente connesse e l’una influenza l’altra in maniera diretta: il mancato sviluppo economico ha effetti negativi sulla sfera sociale con un minor tasso di occupazione e, qualora lo sviluppo non sia basato su elementi bilanciati, anche l’ambiente ne risente influenzando gli standard di vita dei suoi abitanti.

Dunque, la povertà energetica, termine sul quale si tornerà oltre, svolge i suoi effetti su diversi aspetti ma sicuramente affligge in maniera superiore chi già si trova in una situazione di debolezza o di marginalità, quali zone rurali, aree che escono da un conflitto o che non presentano indici di sviluppo apprezzabili.

La inefficienza energetica inoltre, in un sistema che già presenta scarsità di risorse produce diretti effetti negativi da un punto di vista della allocazione delle risorse interne.

Poiché non si può certo interrompere la produzione energetica sia pur insufficiente, gli stati destinano le poche risorse che hanno ai loro apparati energetici che però non sono sufficienti a rispondere alla richiesta necessaria ad uno sviluppo accettabile.

Il report dell’ UNDP “Energy for Development-Human development Report” del 2007, citando il caso del Kosovo, ha descritto come nel bilancio del governo di Pristina si sia destinata nel primo quinquennio del 2000 la somma di 129 milioni di Euro per sussidi e trasferimenti per il mantenimento dello status quo della Compagnia energetica locale KEK, mentre solo 8 milioni, ovvero il 6% di quanto speso per il settore elettrico, sono stati stanziati per il sistema scolastico.

Il risultato è stato dunque quello di assorbire fondi che non hanno avuto nessun impatto sul miglioramento delle condizioni di vita della popolazione a scapito di una migliore allocazione della risorsa finanziaria.

Il settore energetico, in tali circostanze di scarsità di risorse, se non adeguatamente rimodernato può addirittura mutare la sua natura: la stessa Autorità per l’energia kosovara (ERO) ha registrato che il settore “...from being a contributor to economic growth, the power sector has

become a drain on public resources...” 63.

the calculation of the UN’s Human Development Index discounts high levels of GDP, increases in HDI beyond the 4,000 kWh level are small.) At the low end of the electricity use scale, of 27 countries with an HDI below 0.7, the annual per-capita electricity use in 24 is less than 1,000 kWh. Of 20 countries with an HDI below 0.6, annual per- capita electricity use is less than 1,000 kWh in 19…”. A.D. Pasternak “Global Energy Future and Human Development: A Frame work for Analysis” U.S. Energy Department 2000.

62

Vedi anche A. Gaye “Access to Energy and Human Development” Human Development Report Office – Occasional Paper 2008

63

63 Lo stesso vale nel caso albanese nel quale la società nazionale KESH, a fronte di una crisi di liquidità, ha attenuto dal governo di Tirana un prestito di 33 milioni di euro nel dicembre 2011 e ne ha chiesti altri 79 per il periodo del gennaio-febbraio 2012 per non incappare nel defoult anche per causa di una stretta creditizia da parte delle banche64.

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Avendo toccato il tema relativo alle banche e al sistema finanziario e creditizio, appare utile fornire alcuni spunti di approfondimento, anche perché uno dei maggiori driver della crisi mondiale degli ultimi anni e’ rappresentato proprio dal sistema bancario e finanziario i cui elementi di criticità hanno direttamente attinto l’economia reale.

Nei Balcani, in verità, la crisi si è prorogata con maggior lentezza per via delle minori interconnessioni con i mercati finanziari globali ma ciò non ha solo ritardato il contagio. Il settore bancario, dunque, aveva vissuto negli anni 2000 una grande espansione anche perché i maggiori gruppi europei del credito erano stati attratti dai flussi di liquidità che, anche, per la movimentazione di risorse in arrivo dai donors internazionali, si riversavano nell’area.

Tuttavia, la crisi in cui il sistema creditizio europeo è entrato, specie per quanto riguarda i gruppi austriaci e italiani ben presenti localmente, non ha potuto non coinvolgere le consociate balcaniche tanto che le più importanti istituzioni finanziari e monetarie internazionali (FMI, Banca Europea per la Ricostruzione e Sviluppo e Banca e la Bei) sono dovute intervenire a supporto di un settore che, anche a causa di crediti concessi forse con troppa facilità, manifestava le prime significative crepe. All’uopo le citate istituzioni hanno voluto intraprendere un processo definito “ iniziativa di Vienna” volta ad impedire crisi di liquidità a gestire programmi di ricapitalizzazione delle banche cosi da renderle sufficientemente resistenti. In questo modo si intendeva garantire la stabilità del sistema bancario. Tra l’altro, l’iniziativa partita nel 2009, consideratone il buon successo, e’ stata rilanciata dalla Banca per la ricostruzione e Sviluppo anche alla luce del permanere della situazione critica non solo a livello mondiale ma specificatamente a livello regionale con il momento di forte difficoltà vissuto dalla Grecia sia per l’esposizione di Atene verso i governi delle nazioni limitrofe, sia per la presenza delle banche greche nell’area (http://www.ebrd.com/downloads/research/factsheets/viennainitiative.pdf).

Sul ruolo del settore finanziario nell’investimento e nella crescita si è anche concentrato il report del Directorate General for Economic and Financial Affairs “Western Balkans in Transition” del maggio 2009 nel quale si evidenziava un fenomeno particolare, almeno per alcuni settori. Viene riportato dal citato saggio che in generale gli investimenti provengono da risorse proprie per una percentuale ricompresa tra il 54% e il 71% (solo il Montenegro fa meglio con il 48%), rilevando lo scarso ricorso allo strumento del credito soprattutto nel campo dell’agricoltura, manifattura e commercio. Solo nel campo turistico, un massiccio ricorso all’investimento si è registrato in Croazia e Montenegro. Da un lato, considerata la congiuntura, questo aspetto potrebbe essere favorevole poiché la scarsa finaziarizzazione potrebbe rendere meno profonda la crisi economica: in realtà questo possibile esito positivo è presto smentito poiché, anche solo gli effetti indiretti, sono stati sufficienti a contagiare l’area. Al contrario questo fenomeno si ripercuote negativamente poiché sottrae ricchezza che rimane immobilizzata negli investimenti. Strettamente collegato al tema bancario e’ quello del risparmio e delle rimesse dall’estero: esiste un rapporto direttamente proporzionale tra il risparmio interno e la propensione all’investimento. Se nel periodo tra il 2000 e il 2005 il tasso di risparmio era generalmente di molto cresciuto, in maggior misura in Bulgaria e Croazia, nell’ultimo quinquennio questi tassi sono diminuiti (Kathuria, S., “Western Balkan Integration and the EU.") An Agenda for Trade and Growth”, World Bank, 2008). Al risparmio si aggiunge la diminuzione delle rimesse da estero dovuto alla difficoltà che gli emigrati trovano nei loro nuovi paesi di residenza e ai tassi di disoccupazione in crescita dovunque in Europa. La mancanza di questi flussi ha un duplice effetto negativo: da un lato fa venir meno il supporto di welfare che tali somme avevano rimpinguando gli scarsi o assenti salari o pensioni, dall’altro sottraggono risorse da essere utilizzate in loco.

Risulta davvero molto interessante altresì citare in merito alle rimesse lo studio del GAP Institute di Pristina “Remittances from Afghanistan and their impact in Kosovo’s economy”del 2012: il report censisce più di 2.100 cittadini kosovari che lavorano in Afghanistan al seguito di società di supporto all’esercito americano impegnato in quel teatro. Il documento crea una diretta relazione tra queste modalità di impiego e la presenza militare statunitense nell’area balcanica tanto è vero che la maggior parte degli emigrati kosovari sono dell’area in cui sorge la base di Camp Bondsteel e già avevano in precedenti occasioni lavorato nella logistica dei campi militari. Tuttavia, ciò direttamente rileva in tema di rimesse è l’uso che di queste viene fatto. L’Istituto GAP, sulla scorta di dati raccolti dal sistema bancario, valuta l’ammontare delle somme in entrata pari ad una cifra oscillante tra 50 e 55 milioni di euro che si stima vengano utilizzate per il 11,4% per l’apertura di nuove attività imprenditoriali, per il 33% per il sostegno dei consumi per il 12% per investimenti immobiliari. L’importanza delle rimesse è testimoniata anche dal report USAID e UNDP “Kosovo Remittance Study 2010” nel quale si evidenzia come il crescere negli anni delle rimesse (ad eccezione del 2009 in cui si e’ registrato un calo) sia servito in generale nei paesi meno sviluppati a ridurre le differenze di reddito e a sostituire un inefficace o spesso inesistente welfare state. In particolare nel caso del Kosovo le rimesse degli emigranti nel 2010 hanno raggiunto una cifra doppia rispetto a quelle degli investimenti diretti esteri dato che le prime sono state pari a 511,6 milioni di euro e i secondi 311,2 milioni di euro.

La problematica relativa alla scarsità della risorsa affligge le dinamiche di ripresa economica, considerato che, in teoria, il costo dell’energia per inefficienza o mancanza tende a salire frustrando l’iniziativa economica e con essa le aspettative di impiego; da ciò deriva ulteriore povertà diffusa nel sistema.

Lo stesso report dell’agenzia UNDP riporta quali siano gli effetti della scarsità energetica sul tessuto produttivo di un paese come il Kosovo a causa delle frequenti interruzioni nelle forniture e pari al 10% dei costi operativi: ciò ovviamente produce l’impossibilità da parte di possibili investitori di poter concretamente valutare il loro impegno in tale situazione.

Il Ministero delle Finanze albanese, in una sua stima riferita al 2006, ha evidenziato come l’interruzione dell’approvvigionamento e la mancanza della risorsa elettrica rispetto alla domanda è costato al paese un punto di Pil65.

Ulteriori negativi effetti sono registrati nell’ambito dell’utilizzo domestico dell’energia: la sua mancanza o scarsità induce all’uso di combustibili spesso di non grande qualità che incidono sulla salubrità delle case con dirette conseguenze sulle condizioni delle persone66.

Questa situazione, molto diffusa nel quadrante balcanico, ha fatto si che la Banca Mondiale si domandasse dell’esistenza di un collegamento tra povertà ed energia nell’area67: le risultanze, considerando le distruzioni alle quali le infrastrutture sono state sottoposte dalle guerre degli anni Novanta, hanno fatto emergere che il 16% della popolazione nei Balcani è esposta a povertà energetica.

Il concetto di povertà energetica è stato definito in vario modo68: tuttavia, la migliore valutazione del concetto, poiché riassuntiva delle varie posizioni in dottrina, sembra essere quella adottata dall’UNDP e riportata dalla Banca Mondiale nel suo report sul settore energetico balcanico69.

Relativamente alla situazione debitoria della società elettrica albanese KESH si rinvia a http://www.balkaninsight.com/en/article/albania-power-corporation-faces-collapse

65

http://www.balkaninsight.com

66

Nel Report “Lights Out? An outlook for Energy in Eastern Europe and Former Soviet Union” la Banca Mondiale riporta che il 40% delle famiglie non dispone di un efficiente sistema di riscaldamento e vive in ambienti inquinati da fumi derivanti da stufe da riscaldamento e inefficienti sistemi di cottura.

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World Bank “Lights Out? An outlook for Energy in Eastern Europe and Former Soviet Union” Washington 2007

68

S. Buzar, “The ‘Hidden’ Geographies of Energy Poverty in Post-Socialism: Between Institutions and Households”, Oxford University Centre for the Environment, Oxford; S. Pachauri, D. Spreng, “Energy use and energy access in

relation to poverty”, CEPE working paper no. 25, June, Centre for energy policy and economics, Swiss Federal Institute

of Technology, Zurich 2003; V. Foster, “Measuring the impact of energy reform-practical options”, in Chapter 4 of ESMAP (2000), “Energy and development report 2000: Energy services for the world’s poor”, Energy Sector Management Assistance Programme, World Bank, Washington DC; A. Estache, Q.Wodon and V. Foster, “Accounting

for poverty in infrastructure reform: Learning from Latin America's experience”, World Bank, Washington DC.2002; il

report della Banca europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo “Can the Poor Pay for Power?The Affordability of

Electricity in South East Europe” del 2003 riporta altresì delle metodologie per la valutazione della povertà energetica 69

65 Lo studio citato descrive la situazione di povertà come quella situazione di “...“absence of

some basic capabilities to function: a person lacking the opportunity to achieve some minimally acceptable levels of functioning is considered poor. The functions relevant to this analysis can vary from such physical ones as being well nourished, being adequately clothed and sheltered and avoiding preventable morbidity to more complex social achievements, such as partaking in the life of the community. The capability approach reconciles the notions of absolute and relative poverty, since relative deprivation in incomes and commodities can lead to an absolute deprivation in minimum capabilities…”70.

Considerando tali aspetti, la povertà energetica si evidenzierebbe quando non si fosse in grado di disporre di servizi energetici nell’ambito di una rete infrastrutturale dedicata e quando, nel medio-lungo periodo, non si fosse in grado di mantenere uno standard di utilizzo capace di soddisfare le proprie necessità.

La Banca Mondiale identifica le dimensioni della povertà energetica, nel caso Balcanico, definendo tre aspetti relativi rispettivamente alla scarsità della risorsa durante i periodi di picco della richiesta, inadeguatezza delle forniture nelle aree periferiche a causa di una cattiva infrastrutturazione, impatto negativo della produzione energetica, anche ad uso casalingo, sulla salute umana e sull’ambiente a causa di combustibili o tecnologie non adeguate71.

Tuttavia, bisogna rilevare l’impatto che tali inadeguatezze hanno sulla vita dei cittadini dell’area e sulle economie: il citato passaggio dell’agenzia UNDP pone l’accento su come la povertà, di qualsiasi natura e dunque anche energetica, coglie due aspetti della personalità che sono le “functions” e le “capabilities” di ognuno.

70

UNDP (2004), Stuck in the Past- Energy, Environment and Poverty in Serbia and Montenegro, UNDP Serbia, Belgrade.Nello stesso report sono indicati altri due metodi e prospettive di valutazione della povertà: il primo e basato sull’ Income perspective ovvero sul suo livello di capacità reddituale relazionata alla media alla quale è associata la linea di povertà che spesso è determinata dal reddito minimo con il quale e’ possibile procurarsi un dato quantitativo di cibo.

L’alternativa metodologica è quella di basarsi sulla Basic needs perspective second la quale la povertà è data dalla mancanza dei necessari mezzi per assicurarsi il raggiungimento e il soddisfacimento dei minimi bisogni umani, incluso il cibo. Il concetto ha uno spettro più ampio rispetto la sola sfera personale in quanto i bisogni minimi attingono anche alla salute, all’educazione, partecipazione democratica e lavoro, tutte dimensioni di natura sociale.

71

Oltre al già citato dato UNDP per cui il 16% dei nuclei familiari nella regione dei Balcani Occidentali è esposta alla povertà energetica e che, come riportato dallo studio della Banca Mondiale “Lights Out? An outlook for Energy in

Eastern Europe and Former Soviet Union” , il 40% delle famiglie non disporrebbe di un efficiente sistema di

riscaldamento o vive in ambienti inquinati da fumi derivanti da stufe da riscaldamento e inefficienti sistemi di cottura, da un punto di vista della produzione energetica deve riportarsi, quale esempio di attività altamente inquinante, il caso del Kosovo che viene approvvigionato dalle sue centrali termoelettriche a lignite che, sia per i combustibili che per il ritardo tecnologico, spargono i propri fumi inquinanti tra l’altro proprio sugli strati meno abbienti della società che spesso vivono in prossimità delle zone industriali. Sul versante della deforestazione, il ricorso all’uso della legna per i bisogni domestici ha portato la Banca Mondiale nel report “Energy in Western Balkans”, oltre che a confermare con dati epistemologici il negativo impatto della pratica sulla salute, a denunciare tale pratica, spesso illegale, come un fattore di riduzione dell’estensione boschiva con possibili ulteriori negativi impatti sulle coltivazioni.

Tali elementi prescindono da qualsiasi valutazione eminentemente relativa ai beni disponibili nella vita quotidiana e assumono, nella prospettiva indicata da A. Sen, una valutazione corrispondente al valore della eguaglianza e della libertà.

Nel suo scritto “La diseguaglianza”, rifiutando l’impostazione classica di autori come Pawls e Dworkin, che legavano la disponibilità di “beni primari” o “risorse” alla libertà, l’autore citato riprende i concetti sopra definiti di functioning e capabilities quali insieme di capacità di essere o di fare e capacità di acquisire tali funzionamenti.

I funzionamenti sono costitutivi dell’essere stesso della persona e un corretto funzionamento (functioning) è direttamente proporzionale alla capacità di funzionare ovvero, di acquisire e combinare varie funzioni (capabilities) , vari aspetti del suo essere persona.

La libertà di un individuo è legata alla disponibilità di poter essere ovvero di poter definirsi attraverso le capabilities nei differenti modi in cui una persona può realizzarsi in quanto le capacità a disposizione rappresentano vettori di funzionamenti.

Conclude Sen nell’opera citata che “...l’insieme della capacità nello spazio dei