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responsabilità aquiliana

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Dopo aver descritto succintamente, ma allo stesso tempo efficacemente e in maniera evocativa l’evoluzione che ha interessato il concetto di responsabilità amministrativa ed il progressivo e continuo avvicinamento che si è registrato, e che continua, tuttora, a riverberare i suoi effetti nel diritto amministrativo, tra la responsabilità civile e la responsabilità amministrativa medesima, s’appalesa a questo punto necessario ricostruire la nascita ed il germogliare di una teoria, di genesi relativamente recente, relativa ad una forma di responsabilità che risulta destinata a collocarsi all’interno di una indefinita e riottosa zona grigia posta tra il “contratto” ed il “torto”.84 Tale teoria postula la sussistenza di una responsabilità da contatto sociale, la quale verrebbe ad esistenza nel caso in cui vengano violati determinati obblighi di protezione suscettibili di emergere allorquando si instauri tra due soggetti un rapporto particolare e “qualificato” per l’ordinamento giuridico. Pertanto, siffatta tipologia di responsabilità differisce dalla responsabilità aquiliana prima di tutto per il fatto che non coinvolge due soggetti estranei e completamente svincolati da qualsivoglia legame giuridicamente rilevante, bensì riguarda due individui tra i quali si è verificato un “contatto qualificato”; siffatto contatto risulta particolarmente significativo e, appunto, “qualificato” per

84 Cfr. Carlo Castronovo, L’obbligazione senza prestazione ai confini tra contratto e

l’ordinamento giuridico in ragione dell’elevata professionalità e competenza in una determinata materia di uno dei due soggetti coinvolti in tale contatto e a causa delle specifiche finalità al cui conseguimento risulta preordinato il “contatto” in parola. Difatti, tale solco teorico ha trovato terreno fertile nell’ambito della responsabilità medica e, nello specifico, in relazione alla responsabilità del medico, impiegato in una determinata struttura sanitaria, nei confronti dei propri pazienti, i quali verrebbero tutelati sulla scorta del loro legittimo affidamento nella professionalità e nella competenza specializzata del medico curante. In questo caso, infatti, al medico non è richiesta l’ordinaria diligenza che deve caratterizzare l’agire del quisque de

populo, ma è a lui imposta una diligenza peculiare e maggiormente

gravosa nei confronti dei suoi pazienti, dal momento che egli detiene delle conoscenze professionali peculiari e superiori al normale alla luce degli studi da egli stesso affrontati per esercitare la professione medica. Sotto tale angolo visuale, pertanto, il “contatto” che viene ad instaurarsi tra il medico ed il paziente diviene suscettibile di fa emergere, a carico del medico, degli obblighi di protezione da assolvere nei confronti del paziente stesso, venendosi in tal modo a configurare delle obbligazioni senza prestazione, cioè non legate ad una prestazione principale connotante il rapporto giuridico in questione.85

Sulla scorta di tali elementi appena menzionati, è possibile individuare uno dei connotati essenziali della responsabilità da contatto sociale, il nocciolo duro sul quale essa si poggia: la sussistenza di obblighi di protezione totalmente slegati ed affrancati dall’esistenza di una prestazione principale. Del resto, un altro campo all’interno del quale si fa riferimento ad una responsabilità del genere, è quello relativo alla responsabilità precontrattuale. Taluni studiosi, infatti, sostengono che il particolare “contatto” che viene ad esistenza tra le parti nel corso delle

85 Sugli obblighi di protezione in generale: Carlo Castronovo, Obblighi di protezione

e tutela del terzo, in Jus, 1976, pag. 123; Luigi Mengoni, La parte generale delle obbligazioni, in Riv. crit. Dir. Priv., 1984, pag. 508

trattative finalizzate alla stipulazione di un accordo conclusivo, è idoneo a far sorgere degli obblighi di protezione reciproci in capo alle parti coinvolte, sulla base del principio di buona fede e correttezza,86 il quale risulta essere una colonna portante della disciplina dei contratti ed assurge all’icastico ruolo di guida “morale” dell’autonomia privata nell’esplicazione delle proprie attività contrattuali e paracontrattuali, andando a stigmatizzare e reprimere le condotte sleali e maramaldesche dei privati.

La teoria del contatto sociale ha origine nell’esperienza tedesca ed è stata ideata più che altro per tamponare le lacune e le carenze del BGB, il codice civile tedesco;87 infatti, esso fornisce una configurazione della responsabilità aquiliana nettamente differente rispetto a quella forgiata dal nostro ordinamento giuridico. Del resto, mentre la dottrina e la giurisprudenza italiane, oramai pacificamente, considerano il principio del naeminem laedere come una prescrizione di carattere generale ed involgente l’intero ordinamento giuridico, estrinsecantesi nella postulazione dell’atipicità dell’illecito aquiliano, in Germania invece, per converso, il sistema della responsabilità extracontrattuale si incardina sull’essenziale regola della tipicità degli illeciti risarcibili. Pertanto, una lunga ed estenuante elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale ha portato all’ideazione della responsabilità da contatto sociale, la quale va a collocarsi sull’evanescente confine che separa la responsabilità contrattuale e la responsabilità extracontrattuale. Siffatta esegesi, muovendo dalla sussistenza e dall’esigibilità di determinati obblighi accessori che correderebbero

86 Per il rinvenimento delle origini di tale dottrina: Rudolf Von Jhering, Culpa in

contrahendo oder Schadensersatz bei nichtigen oder nicht zur perfection gelangten vertragen, in Jhering’s Jahrb, 1861

87 Per una panoramica completa relativa a tale tesi: Francesco Donato Busnelli,

Itinerari europei nella “terra di nessuno tra contratto e fatto illecito”: la

responsabilità da informazioni inesatte, in Contratto e impresa, Cedam, 1991, pag.

qualsivoglia obbligazione principale,88 ha ipotizzato l’emersione di determinati obblighi di protezione ogniqualvolta due soggetti entrino in contatto tra di loro in peculiari circostanze, decisive per la potenziale integrazione di una responsabilità da contatto sociale. In base a tale solco interpretativo, il cui padre fondatore risulta essere il giurista tedesco Dolle, qualora due individui si apprestino a porre in essere una negoziazione destinata a sfociare in un futuro accordo di matrice contrattuale, verranno ad esistenza e saranno rinvenibili degli obblighi preparatori e strumentali (riconducibili e promananti prevalentemente dalla fonte irradiante della buona fede) al corretto svolgimento delle trattative e al futuro perfezionamento del contratto.89 Tali obblighi, pertanto, sussisterebbero a prescindere dalle future obbligazioni principali che scaturiranno dalla stipulazione del contratto e rappresenterebbero, in base a quanto detto, degli obblighi senza prestazione, la cui violazione, secondo l’angolo visuale assunto da Dolle, comporterebbe l’insorgenza di una responsabilità contrattuale, con tutte le conseguenze del caso da ricollegare a siffatta tipologia di responsabilità. Secondo Dolle, infatti, l’imbastimento di una trattativa tra due soggetti comporterebbe l’insorgenza di un contatto sociale, il quale risulta ben definibile come l’intersezione tra due sfere di interessi che viene a realizzarsi in ragione della futura creazione di un rapporto obbligatorio e che impone alle future parti contraenti il rispetto reciproco e la protezione dell’altrui persona e dei suoi beni. Sulla scorta di tali considerazioni, “la responsabilità precontrattuale sarebbe basata sul contatto sociale di un soggetto che, in vista di raggiungere uno scopo preciso, sottomette la sua persona e i suoi beni all’influenza di un’altra”.90 Nonostante la teoria del contatto sociale sia nata quindi in una realtà giuridica profondamente diversa da quella italiana, essa ha 88 Cfr. Karl Larenz, Lehrbuch des Schuldrechts, 1987, pag. 10 e ss.

89 Cfr. H. Dolle, Aussergesetzliche Schuldpflichten, in Zeitschr. f.d. gesam

Staatwissen, 1943, pag. 67 e ss.

trovato il giusto humus per germogliare rigogliosa anche nel nostro panorama giuridico. Anche perché, come si è accennato poc’anzi, la responsabilità da contatto sociale, pur collocandosi all’interno di un’incerta quanto nebulosa zona di confine, risulta riconducibile nell’alveo della responsabilità contrattuale, con tutti i corollari direttamente discendenti da tale circostanza. Infatti, la responsabilità contrattuale prevede un onere della prova decisamente alleggerito per il danneggiato in comparazione con il regime che caratterizza la responsabilità extracontrattuale e, inoltre, il termine prescrizionale risulta essere decennale e non quinquennale come previsto, invece, nella responsabilità aquiliana. Sotto tale angolo visuale, una parte della dottrina ha perorato l’introduzione della responsabilità da contatto sociale nel nostro ordinamento per garantire una tutela in situazioni che difficilmente risultavano sussumibili nell’ambito operativo dell’articolo 2043 c.c.,91 oppure per assicurare un regime probatorio e prescrizionale

più favorevole al danneggiato in circostanze che apparivano maggiormente affini all’applicazione dei canoni della responsabilità contrattuale piuttosto che alla subordinazione al rispetto dei più stringenti e rigorosi paletti imposti dalla responsabilità aquiliana. La dottrina favorevole a siffatta esegesi, per introdurre nel nostro ordinamento questo orientamento di derivazione tedesca, ha preso le mosse dall’affermazione della natura contrattuale degli obblighi di correttezza, buona fede e lealtà che presidiano solennemente e in maniera celeberrima le trattative ascrivibili alla fase precontrattuale e, per tale motivo, quindi, funzionali e strumentali alla futura ed eventuale stipulazione del contratto.92 La relazione che si instaura tra due soggetti nel corso di una trattativa finalizzata alla stipulazione di un accordo

91 Cfr. Carlo Castronuovo, L’obbligazione senza prestazione ai confini tra contratto e

torto, in La nuova responsabilità civile, Giuffrè, 1997, pag. 177 e ss.

92 Cfr. Luigi Mengoni, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, in Riv. Dir.

Comm., 1956; Salvatore Romano, voce Buona fede (Diritto privato), in Enc. Dir.,

1959, pag. 682; Renato Scognamiglio, Responsabilità contrattuale ed

contrattuale è tale da portare alla nascita e alla gemmazione di molteplici obblighi, riconducibili al basilare principio della buona fede oggettiva, che le parti dovranno indefettibilmente rispettare nel corso delle attività preparatorie in parola per non incorrere in una responsabilità che, in base a tale teoria, sarebbe di natura contrattuale. Infatti, per ragioni di armonia sistematica, risulta oltremodo persuasivo e condivisibile l’argomento, adoperato dalla dottrina qui analizzata, secondo cui la natura di siffatta responsabilità non può che essere contrattuale, posto che gli obblighi, il cui inadempimento ne cagiona l’affioramento e la materializzazione, stillano, sgorgano e discendono dall’estensione del principio di buona fede e correttezza, originariamente coniato per il solo frangente contrattuale, anche alla fase precontrattuale. Del resto, l’art 1337, sul quale si fonda la responsabilità precontrattuale, postula appunto l’operatività della buona fede contrattuale anche nella fase precedente alla stipula del contratto, e, pertanto, appare coerente mantenere e preservare la natura contrattuale della responsabilità anche in questo frangente preparatorio. Ciascuna parte, nel corso delle trattative negoziali, confida nella correttezza e lealtà dell’altrui parte nell’esperimento della contrattazione e la tutela del legittimo affidamento obiettivo, ingenerato in una parte dal comportamento dell’altra, comporta la nascita ex lege di un rapporto obbligatorio precontrattuale che pertanto risulta completamente avulso e svincolato dalle obbligazioni che nasceranno invece con la futura stipula del contratto.93 La responsabilità precontrattuale, pertanto, prescinde dal successivo perfezionamento del contratto alla cui stipulazione risulta preordinata la trattativa venuta all’attenzione e gli obblighi, ai quali essa risulta correlata, sorgono pertanto ex lege in ragione del peculiare “contatto” che viene ad instaurarsi tra le parti nella fase di negoziazione e risultano sussumibili

93 Di questo avviso Renato Scognamiglio, Contratti in generale, in Trattato di diritto

all’interno della terza categoria di obbligazioni tra quelle previste dall’articolo 1173 c.c..94 Tale articolo enuclea le possibili fonti delle obbligazioni all’interno del nostro ordinamento e statuisce ciò: “Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro fatto o atto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico”. Ergo, gli obblighi di protezione, di cui si sta trattando in tali righe, risultano ascrivibili all’interno della terza categoria delle fonti di obbligazioni contemplata dalla norma summenzionata e, proprio come nell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale tedesca, comportano la nascita di obbligazioni scaturenti dall’affidamento obiettivo delle parti, senza la presenza alcuna di un obbligo primario di prestazione. Infine, vi è da ribadire che l’inadempimento di siffatti obblighi non potrà che integrare una responsabilità di tipo contrattuale,95 posto che essa risulta sempre connessa indissolubilmente con la violazione, in generale, di obbligazioni, a prescindere dalla loro fonte generatrice, e dal momento che gli obblighi in questione risultano essere dei doveri relativi, appuntabili a soggetti ben precisi, e non dei doveri generali, come quello generico di naeminem laedere che si irradia dal regime della responsabilità aquiliana, suscettibili di imporre i propri effetti coercitivi a qualsivoglia soggetto dell’ordinamento.

Muovendo da queste premesse attinenti alla discussa e travagliata disciplina delle attività precontrattuali e relative alla prefigurazione degli obblighi di protezione imposti alle parti al fine di tutelare il loro legittimo affidamento, i fautori della teoria della responsabilità da contatto sociale, utilizzando come veicolo di diffusione e propagazione la terza categoria generica ed elastica delle fonti di obbligazioni postulata dall’articolo 1173 c.c., hanno tentato di estendere l’operatività di tale teoria anche in altri settori dell’ordinamento. Il primo ambito elettivo individuato per propugnare ed affermare questa nuova

94 Cfr. Adriano De Cupis, Il danno, Giuffrè, 1979, pag. 120

elaborazione teorica è stato quello medico, con specifico riferimento al rapporto che viene ad innestarsi tra il medico, operante all’interno di una struttura sanitaria, ed il paziente. Secondo il solco concettuale qui seguito, tra il medico ed il paziente si verificherebbe un contatto sociale suscettibile di acquisire una certa rilevanza giuridica, quasi come se venisse a crearsi automaticamente un contratto tacito tra i due, suscettibile di generare obbligazioni e doveri. Infatti, il medico non è un quisque de populo, cioè un uomo medio qualunque, ma risulta essere un soggetto con elevate competenze professionali e sulle cui vaste conoscenze fa legittimo affidamento il paziente. Sotto tale angolo visuale, pertanto, il medico, entrando in contatto con il paziente, assume a proprio carico degli obblighi di protezione nei confronti del paziente stesso, senza che tali obbligazioni siano in alcun modo legate ad un accordo contrattuale; è il contatto sociale che si realizza tra i due soggetti qui in evidenza a generare, da una parte, un legittimo affidamento del paziente nel corretto, diligente e competente svolgimento delle prestazioni mediche da parte del medico curante, e, dall’altra, strettamente connessi e conseguenti alla tutela di siffatto affidamento, degli obblighi di protezione svincolati dall’erogazione della prestazione principale. Secondo tali autori, era giunto il momento di dare concreta attuazione all’articolo 1173 c.c., il quale, appunto, doveva rendere più elastica e malleabile la disciplina inerente alle fonti delle obbligazioni rispetto alla normativa previgente.96 Essi volevano affermare il principio dell’atipicità delle possibili fonti delle obbligazioni, valorizzando la terza categoria di queste postulata dalla norma precitata, la quale si prestava ad interpretazioni maggiormente flessibili ed innovative, ancorché rimanesse sempre presente la subordinazione delle fonti atipiche ad un sindacato non ben specificato dell’ordinamento giuridico. La dottrina più recente e maggiormente

96 Sul punto: Claudio Scognamiglio, Sulla responsabilità dell’impresa bancaria per

sensibile ai valori nevralgici della Costituzione ha cercato di asseverare la responsabilità da contatto sociale fornendole vividezza e linfa vitale attraverso la valorizzazione dei principi costituzionali della solidarietà politica, sociale ed economica, dell’eguaglianza sostanziale e della tutela della persona.97 La responsabilità da contatto sociale, infatti, potrebbe essere funzionale al superamento dei limiti entro i quali risulta circoscritta la responsabilità aquiliana ex articolo 2043 c.c. e potrebbe accordare delle garanzie a situazioni che, altrimenti, rimarrebbero ineludibilmente senza tutela alcuna, sebbene la sfera d’azione dell’articolo 2043 c.c. sia sta ampiamente estesa in forza dell’attribuzione al principio del naeminem laedere dell’etichetta di clausola generale.

Proseguendo su questa stessa lunghezza d’onda, tale nuova corrente dottrinaria98 ha iniziato a trascendere il mero ambito medico e ad

abbracciare tanti altri settori, tra i quali anche quello amministrativo. Del resto, ai fini di questa trattazione, dopo esser state descritte abbastanza succintamente le origini (le quali, si ricordi, non sono italiane) e i primi campi di applicazione della teoria della responsabilità da contatto sociale, s’appalesa necessaria un’analisi ermeneutica relativa al modo in cui essa è stata estesa e ha preso piede nel settore amministrativo. Prima di procedere con qualsivoglia tipologia di riflessione e considerazione, risulta oltremodo opportuno evidenziare l’appiglio normativo che è stato utilizzato dai sostenitori della tesi summenzionata, ovvero la legge n. 241 del 1990, introduttiva del procedimento amministrativo. Tale norma legislativa ha creato un sistema di concertazione coinvolgente la P.A. ed il cittadino relativo al procedimento di formazione e determinazione dei provvedimenti

97 Cfr. Pietro Rescigno, voce Obbligazioni (nozioni), in Enc. Dir. 1979, pag. 151;

Adolfo Di Majo, Delle obbligazioni in generale, in Commentario del codice Scialoja

– Branca, a cura di F. Galgano, Zanichelli, 1988, pag. 175

98 Cfr. Carlo Castronovo, Responsabilità civile per la pubblica amministrazione, in

amministrativi. Siffatta normativa ha ampliato considerevolmente le facoltà partecipative del cittadino in rapporto alle attività svolte dalla P.A.; i privati, infatti, grazie alle innovazioni apportate dalla riforma qui citata, si sono visti riconosciuti dei diritti un tempo impensabili in ragione dei molteplici privilegi che erano posti a presidio dell’agire incontrastato dello Stato e delle attività “discrezionali” dell’Amministrazione. La legge del 1990 ha inteso promuovere la leale, trasparente e cristallina collaborazione tra i privati e la P.A., ha fornito ai cittadini nuovi strumenti per far valere le proprie ragioni dinanzi alla P.A stessa. e ha onerato l’Amministrazione con la previsione di nuovi obblighi d’informazione, di garanzia della partecipazione attiva dei privati al procedimento amministrativo (astraendo dal concreto e reale estrinsecarsi delle dinamiche procedimentali, esso rappresenta teoricamente un luogo armonico e idilliaco deputato ad ospitare, concimare, alimentare ed incentivare la collaborazione e la concertazione tra i privati e la P.A. nella determinazione dei provvedimenti amministrativi e, quindi, nello svolgimento della complessa operazione di bilanciamento tra gli interessi egoistici dei cittadini e le finalità pubbliche perseguite dalla P.A. stessa), di tempestiva chiusura del procedimento e di motivazione per l’eventuale conculcamento e frustrazione di un’aspettativa privata.

Facendo leva su questa nuova disciplina, taluni amministrativisti99 hanno incominciato a sostenere che la violazione degli obblighi procedimentali imposti alla P.A. al fine di assicurare il corretto e legale svolgimento del procedimento amministrativo, fosse idonea a far sorgere una responsabilità risarcitoria gravante sull’Amministrazione stessa, responsabilità tuttavia difficilmente riconducibile all’archetipo della responsabilità civile ex articolo 2043 c.c.. A tal proposito, per superare questo vulnus presente nel sistema di tutele da accordare al

99 Cfr. Claudio Scognamiglio, Buona fede e responsabilità civile, in Eurupa Dir.

cittadino dovuto all’impostazione fornita dalla celeberrima sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione alla responsabilità amministrativa, la quale, a cagione di tale sentenza, risulta strettamente connessa ed ancorata alla consistenza delle probabilità che il cittadino detiene in relazione al procacciamento e al conseguimento del bene della vita sotteso all’interesse legittimo di cui risulta essere titolare, si è cercato di percorrere la strada della responsabilità da contatto sociale nel tentativo di trasporla anche nel settore amministrativo. I giuristi che militavano a favore di questa strategia esegetica, sostenevano che, una volta aperto il procedimento amministrativo, veniva a realizzarsi e a perfezionarsi un contatto sociale “qualificato” tra il privato, intento a perseguire un dato interesse al conseguimento oppure al mantenimento di un bene della vita, e la P.A., dedita alla coltivazione e alla valorizzazione dell’interesse pubblico; siffatto contatto sociale “qualificato” risulterebbe essere talmente significativo e pregnante da giustificare e causare la nascita di un legittimo affidamento da parte del privato nella correttezza, nella lealtà, nella trasparenza e nella legalità dell’azione amministrativa, i quali valori, posto che risultano essere dei corollari promananti dall’ipertrofico e omnipervasivo principio di buona fede, rappresentano dei connotati essenziali dell’agire dell’Amministrazione, celebrati solennemente all’interno della Carta Costituzionale e posti a presidio, in guisa di baluardi inespugnabili, del rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini e del loro affrancamento dalle illegittime ingerenze poste in essere dallo Stato all’interno delle loro sfere d’interessi private. Tale legittimo affidamento, spiegabile e giustificabile in ragione del rapporto dinamico e diretto che si viene a creare tra il privato e la P.A. durante l’estrinsecazione del procedimento amministrativo, tenuto conto dei particolari compiti di cui l’Amministrazione deve farsi carico e degli stringenti criteri di correttezza e legalità che essa deve pedissequamente ossequiare nello svolgimento delle proprie mansioni, è suscettibile di far rampollare

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