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Genesi e magmatica evoluzione della responsabilità amministrativa: dall'infallibilità statale alla condanna dello Stato inadempiente

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Academic year: 2021

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(1)Dipartimento di Giurisprudenza Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza. Tesi di Laurea Genesi e magmatica evoluzione della responsabilità amministrativa: dall'infallibilità statale alla condanna dello Stato inadempiente. Relatore chiar.mo prof. Alfredo Fioritto Correlatore chiar.mo prof. Emiliano Frediani candidato Saverio De Luca. A.A. 2018 / 2019.

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(3) Abstract L'obiettivo prefissato e programmatico di questo lavoro è quello di scandagliare ed analizzare ermeneuticamente la tematica inerente al corretto inquadramento da fornire alla responsabilità amministrativa. Muovendo dalle origini ancestrali dello Stato di diritto quando ancora vigeva, sotto mentite spoglie, il principio del “the king can do no wrong”, verranno enucleate, in maniera dettagliata, tutte le principali tappe evolutive che hanno coinvolto la fisionomia e la genetica dello Stato moderno cagionando continui e profondi mutamenti nelle sue fondamenta più recondite. Si mostrerà come, nel giro di qualche decennio, siano cambiati radicalmente la configurazione dello Stato ed il dinamico ed alterno rapporto sussistente tra questo ed i cittadini, essendo stata portata finalmente a compimento l’operazione di sovvertimento ed accantonamento della dialettica servo - padrone che connotava peculiarmente le interazioni, potenzialmente conflittuali, che venivano a realizzarsi tra il cittadino subalterno e lo Stato despota. Si è pertanto passati da una quasi assoluta irresponsabilità statale, corollario immediato e diretto del primigenio principio del “the king can do no wrong”, alla possibile “crocifissione” dello Stato per la palese e manifesta inadeguatezza delle sue politiche in materia di tutela e garanzia dei beni primari ed inalienabili dei singoli individui. Specchio e cartina al tornasole di questa incessante e magmatica evoluzione che ha interessato la responsabilità dello Stato è il viscoso ed annoso percorso, la cui piena comprensione esige un approccio diacronico alla problematica in questione, che ha portato alla sacrosanta e solenne celebrazione della risarcibilità dell’interesse legittimo, dopo anni di acerrimo ostracismo perpetrato dalla giurisprudenza e dalla dottrina maggioritarie nei confronti di tale approdo garantistico a tutela dei cagionevoli cittadini. Si evidenzierà che l’intensità e la pregnanza degli strumenti di tutela approntati per fronteggiare le eventuali lesioni perpetrate dall’Amministrazione a danno di una situazione soggettiva di interesse legittimo assurgono al ruolo di mirabile ed esemplare barometro per la misurazione della democraticità del diritto amministrativo in una data congiuntura storica. Del resto, il ruolo e gli obiettivi perseguiti dal diritto amministrativo hanno subìto una radicale e profonda trasformazione nel corso del tempo; la tutela del cittadino nei confronti delle eventuali ingiustizie ed angherie poste in essere dallo Stato è diventata una delle principali direttrici guida della teorica e della giurisprudenza amministrativista e ciò verrà posto in rilievo mediante la ricostruzione analitica e minuziosa dei più moderni orientamenti riguardanti la configurazione da assegnare alla responsabilità amministrativa. Durante la consultazione di questa trattazione si rinverrà costantemente una chiave di lettura delle variegate problematiche di volta in volta presentate di matrice marcatamente storica, dal momento che risulta sempre essenziale ed opportuna un’analisi storica e diacronica degli istituti giuridici al fine di una migliore acquisizione conoscitiva di essi. È proprio in ragione di tale motivazione di natura ideologica e metodologica che tale elaborato si propone di partire dagli albori dello Stato di diritto per poi affrontare, gradatamente, le varie tappe che hanno contraddistinto l’evoluzione della responsabilità amministrativa, spingendosi fino alla perlustrazione e alla valutazione delle recentissime prospettive, dispiegatesi in una dimensione sovranazionale, inerenti al possibile sindacato diretto delle politiche governative poste in essere dagli Stati..

(4) Sommario Introduzione Dall’infallibilità règia alla responsabilità amministrativa e legislativa dello Stato ............................................................................................... 5 Capitolo 2 Nascita ed evoluzione del concetto di interesse legittimo .................... 19 Capitolo 3 Responsabilità della P.A. e responsabilità aquiliana: due dimensioni sempre più coincidenti .......................................................................... 68 Capitolo 4 Il belligerante rapporto fra la responsabilità da contatto amministrativo qualificato e la responsabilità aquiliana .................. 106 Conclusioni Le nuove frontiere extranazionali della responsabilità statale .......... 180 Bibliografia ........................................................................................ 198.

(5) Introduzione Dall’infallibilità règia règia alla responsabilità amministrativa e legislativa dello Stato. Il XX secolo ha rappresentato un periodo storico decisamente peculiare che ha determinato profondi ed incisivi cambiamenti per l’intera civiltà umana: dalle due grandi guerre, le quali portarono a completa devastazione gran parte del mondo occidentale, al grande boom economico del secondo dopoguerra che interessò tutti i popoli occidentali confluenti all’interno della sfera d’influenza statunitense; dalle austere e tiranniche dittature nazi-fasciste all’affermazione del welfare-state e dello Stato costituzionale di diritto. Un coacervo di eventi dalle conseguenze dirompenti (positive e negative che fossero) si abbatté sull’umanità intera comportando dei cambiamenti irreversibili all’interno delle varie civiltà e dei vari popoli e, probabilmente, anche grazie ad eventi grevi e nefasti come le due guerre mondiali, si riuscì a conseguire delle grandi vittorie e degli obiettivi fino a pochi decenni prima impensabili sotto il profilo delle garanzie politico-sociali assicurate dai vari Stati. Del resto, talune correnti di filosofia della storia sostengono che il divenire storico sia connotato da un accumulo incessante di macerie e di corpi inermi smembrati e dilaniati dalle angherie e dai soprusi perpetrati dai pochi potenti, e, tuttavia, permane pur sempre una speranza di riscatto per le frange più deboli della popolazione umana, le quali tentano di farsi forza e consolarsi auspicando l’arrivo messianico di una grande personalità o, in generale, di un qualche evento sorprendentemente deflagrante che riesca a sovvertire l’ordine costituito, ribaltando completamente lo status quo. Introduzione. 5.

(6) del reale.1 Assumendo un angolo visuale di tal genere si può tranquillamente affermare che le dittature nazifasciste e le due grandi guerre (in particolar modo la seconda) rappresentarono delle tappe fondamentali, seppur tragiche e miserevoli (miserevoli perché mostrarono agli occhi del mondo picchi di crudeltà mai raggiunti dall’uomo prima di allora), per l’affermazione dell’attuale Stato costituzionale di diritto, espressione massima della tutela dei diritti fondamentali del cittadino e dell’uomo nella sua intima essenza. Esempio paradigmatico di quanto affermato poc’anzi è proprio la Costituzione italiana, la quale risulta essere una Carta fondamentale che fu redatta mediante la difficile collaborazione di tutte le forze politiche dell’epoca e che fu ideata proprio con lo specifico scopo di evitare gli errori del passato che portarono alla creazione e alla consacrazione dei regimi totalitari. La Costituzione italiana, nella sua essenza teorica, svolse un ruolo pioneristico all’interno del panorama europeo in relazione all’affermazione dei diritti dell’uomo e alla tutela della dignità umana e, solo in ragione dei principi in essa affermata, si riuscì ad ottenere risultati impensabili sotto il profilo della tutela del cittadino, giungendo addirittura a scalfire e compromettere irrimediabilmente l’idola theatri dell’infallibilità dello Stato. L’asserzione inerente all’infallibilità dello Stato risulta essere oramai ampiamente superata sotto il profilo strettamente teorico e tuttavia, in concreto, permangono numerosi istituti giuridici e prese di posizione di matrice politica che sottintendono la sussistenza dell’infallibilità dianzi prospettata e che permettono di perpetuare celatamente la sua esistenza. Per comprendere fino in fondo i motivi per i quali l’infallibilità dello Stato risulta essere così radicata all’interno della nostra cultura giuridico-istituzionale, s’appalesa necessaria una breve ricognizione che riguardi la nascita dello Stato di diritto a discapito dello Stato. 1. Walter Benjamin, Sul concetto di storia, 1942. Introduzione. 6.

(7) assoluto impersonato dal Leviatano hobbesiano2 e, prima ancora, dall’effige dell’imperatore, incarnazione della figura di Dio sulla terra, efficacemente scolpita dalla teoria dei due Soli (teorizzazione postulata all’interno del “de Monarchia” di Dante Alighieri3). Il sovrano pertanto, da tempi immemori, deteneva un potere assoluto e incontrastabile, e ciò a prescindere dal fondamento legittimante del suo potere, il quale poteva essere rinvenibile nella volontà divina nelle monarchie teocratiche oppure riconducibile al contratto sociale prefigurato all’interno delle riflessioni di Hobbes e caratterizzante le monarchie assolute laiche del XVII e XVIII secolo. L’affermazione che adesso verrà propugnata potrà sembrare un’ovvietà tautologica, e, tuttavia, risulta essere una precisazione essenziale ai fini del discorso in parola. Il monarca risultava essere l’unico detentore della volontà dello Stato e, conseguentemente, il suo agire non aveva alcun limite: nessuna legge poteva frapporre ostacoli alla sua figura, egli agiva alla stessa stregua di una divinità e non si poteva certamente parlare dell’esistenza di cittadini ben partecipi ed inseriti all’interno della vita politica dello Stato, bensì di meri sudditi. Tale idea rimase ben radicata nella nostra tradizione giuridica ed iniziò ad essere lentamente erosa solo in talune esperienze singolari e peculiari come la Rivoluzione inglese, durante la quale, con la destituzione dal trono d’Inghilterra della famiglia Stuart, furono redatti dei documenti fondamentali, come ad esempio il Bill of rights, attraverso i quali si affermarono vividamente il primato del Parlamento sul re e la sussistenza di taluni diritti e libertà dei sudditi incomprimibili e non conculcabili dalla Corona. Tuttavia, ancorché l’esperienza inglese fosse risultata particolarmente significativa nell’avvio del percorso di logoramento dell’assunto “the king can do no wrong” (solco il cui tragitto è giunto fino ai giorni nostri, nonostante la sovranità abbia mutato i suoi connotati e non sia più riconducibile alla 2. Per approfondire: Thomas Hobbes, Leviathan or The Matter, Forme and Power of a Common Wealth Ecclesiastical and Civil, 1651 3. Per approfondire: Dante Alighieri, De monarchia, 1312. Introduzione. 7.

(8) figura del re), fu necessario attendere la fine del XVIII secolo per veder nascere dalle ceneri dello Stato assoluto l’enorme mausoleo che divenne poi il fulcro della scena politica dei secoli a venire, ovvero lo Stato di diritto. Essenziali per la sua nascita e per la definizione delle sue caratteristiche furono, sotto il profilo teorico, le riflessioni di matrice politica alimentate dalle correnti dell’Illuminismo giuridico, e, dal punto di vista strettamente pratico e materiale, la Rivoluzione Americana e la Rivoluzione Francese, la quale rappresentò la massima realizzazione concreta degli ideali illuministi, quantunque fosse poi degenerata nel fantomatico e brutale “Periodo del Terrore”. Lo Stato di diritto portò in auge il primato e l’egemonia della legge, infatti essa risultava essere l’atto principe emanato dai Parlamenti, i quali, agli albori della tipologia di Stato qui prospettata, erano sorti per controbilanciare e limitare i poteri del re. Basandosi sulla teoria rousseauiana della volontà generale e sul fatto che il Parlamento incarnasse perfettamente e in maniera coincidente tale volontà,4 fu eretto un altare sacro per innalzare e consacrare nell’empireo dello Stato un nuovo monstrum, non poi così tanto dissimile dal Leviatano hobbesiano, ovvero la Legge, essendo questa l’atto maggiormente idoneo a recepire in maniera pedissequa la volontà generale della popolazione e a permetterne la corretta estrinsecazione. La Legge assunse l’encomiabile compito di limitare ed edulcorare il potere sovrano, e tuttavia, divenne essa stessa, progressivamente, fonte di soprusi nei confronti dei cittadini/sudditi; è come se l’infallibilità règia si fosse automaticamente trasferita al Parlamento (basti pensare all’uso fraudolento e distorto che si fa ancora adesso dell’immunità parlamentare). La questione di base risiede nel fatto che Rousseau, quando teorizzò il concetto di volontà generale, fece riferimento ad una società tendenzialmente omogenea e non suscettibile di inglobare al suo. 4 Per approfondire: Jean-Jacques Rousseau, Du contrat social: ou principes du droit politique, 1762. Introduzione. 8.

(9) interno. le. molteplici. varietà. e. sfaccettature. che. connotano. peculiarmente il tessuto sociale degli Stati odierni. Pertanto, se, all’epoca, l’idea in base alla quale il Parlamento potesse impersonare in maniera fedele ed egregia la volontà generale della popolazione poteva anche reggere con talune approssimazioni ed un minimo di fantasia evocativa ed utopica, ad oggi è impossibile condividere una posizione del genere. Infatti, la società attuale, come del resto l’impalcatura dello Stato stesso, è decisamente più complessa e variegata (disomogenea forse è l’aggettivo più adatto) di quella esistente all’epoca di Rousseau e pertanto è impensabile che la maggioranza parlamentare (spesso peraltro risicata e ben bilanciata con le altre forze politiche presenti all’interno del Parlamento) possa farsi portavoce di tutte le molteplici e disomogenee istanze provenienti dal sostrato sociale medesimo.5 In definitiva, con la genesi e la successiva consacrazione dello Stato di diritto, il Parlamento è diventato il principale depositario della sovranità statale, la quale, a dispetto della pluralità di garanzie accordate dalla nuova caratterizzazione dello Stato e dal principio di legalità, colonna portante del moderno Stato di diritto preordinata alla limitazione della sovranità medesima, risulta essere prole diretta della progenitrice irresponsabilità regia. Per diverso tempo ci si è appigliati alla sovranità statale per ripudiare ed ostracizzare il riconoscimento di un’eventuale responsabilità del legislatore per i danni causati ai singoli cittadini da una legge, così da rimanere vincolati ad antichi simulacri e dogmi giuridici ben radicati all’interno del nostro patrimonio giuridicoculturale. Tuttavia, un orientamento di tal genere non è più in alcun, modo condivisibile laddove si vada a considerare l’evoluzione che ha subito il principio di legalità e, conseguentemente, lo Stato di diritto. Se il principio di legalità, in origine, nacque essenzialmente con il fine di limitare le facoltà e la potestà del re, successivamente esso assunse il 5 Sull’argomento: Claudio Panzera, La responsabilità del legislatore e la caduta dei miti, in La responsabilità dello Stato, a cura di Francesco Dal Canto, Umberto Breccia e Alessandro Pizzorusso, Pisa University Press, 2005, pag. 94 e ss.. Introduzione. 9.

(10) ruolo di limite invalicabile per qualsiasi potere dello Stato, addivenendo addirittura al risultato, in un certo senso sconvolgente, di determinare una disarmonia nella configurazione dei poteri dello Stato: si registrò una sorta di prevaricazione perpetrata dal potere legislativo nei confronti degli altri poteri. Il principio di legalità, muovendosi di pari passo con i vari mutamenti che hanno investito il tessuto sociale, è pervenuto alla realizzazione di una sorta di procedimentalizzazione dell’agire dei poteri dello Stato ed in particolare dell’azione amministrativa. Inoltre, prima di poter addivenire alla conclusione verso la quale risultano essere orientate le riflessioni dianzi prospettate, ovvero la confutazione definitiva dei vari “miti” creati dalla dogmatica giuridica inerenti all’irresponsabilità del legislatore e, parzialmente, dell’amministrazione, risulta oltremodo opportuno evidenziare i profondi mutamenti che ha subito lo stesso principio di legalità. Esso infatti, con l’avvento dell’epopea delle Costituzioni rigide, le quali incominciarono ad affacciarsi prepotentemente nella cultura giuridica europea già agli inizi del Novecento [basti pensare alla mirabile creazione dell’icastico concetto di Groundnorm6 operata dall’emerito giurista e filosofo del diritto Hans Kelsen oppure, su una dimensione prettamente storica, alla breve, ma,. cionondimeno, altamente. significativa esperienza della Repubblica di Weimar (per completezza e per tributare i giusti onori ad una vicenda storica troppo spesso ingiustamente trascurata e sottovalutata, appare congeniale al nostro discorso menzionare anche, in ragione della sua estrema modernità, la Costituzione di Fiume, denominata “Carta del Carnaro”7, redatta da Alceste De Ambris e Gabriele D’Annunzio per fornire un sostrato giuridico alla pur fugace ed effimera impresa fiumana)] per poi affermarsi definitivamente nel corso del secondo dopoguerra, subì dei profondi ed inevitabili cambiamenti. 6. Per approfondire: Hans Kelsen, Reine Rechtslehre: Einleitung in die rechtswissenschaftliche Problematik, Wien, 1934 7. Alceste De Ambris e Gabriele D’Annunzio, Charta Quarnerina, 1920. Introduzione. 10.

(11) Le Costituzioni rigide novecentesche si rendono propugnatrici dei principi e dei valori fondanti della società e costituiscono delle scale valoriali imprescindibili per il funzionamento e la vita stessa dello Stato. Sebbene anche le Costituzioni risultino parzialmente modificabili alla luce del fluire magmatico della realtà sociale, in maniera tale da evitare un nocivo scollamento tra i postulati astratti contemplati da queste ed i costumi sociali, da cogliersi nella loro estrinsecazione più moderna e all’avanguardia, tali Carte fondamentali possiedono sempre un nucleo duro intangibile ed immodificabile, il quale assurge al ruolo di baluardo ultimo ed invalicabile per la salvaguardia dei diritti e della dignità umana. Pertanto, preso atto di tali considerazioni dall’efficacia così. dirompente. e. quasi. impressionistica,. risulta. facilmente. riscontrabile il primato assunto dalle Costituzioni (considerate da taluni giuristi e filosofi addirittura alla stregua di norme primigenie legate ai postulati, validi in ogni luogo e tempo, del diritto naturale) rispetto a tutti gli altri poteri dello Stato, persino quello legislativo, il quale, talvolta, era quasi riuscito a fagocitare al suo interno, o, comunque, a condizionare pesantemente gli altri poteri. In tal modo si è consumata e perfezionata pienamente la trasformazione dello Stato di diritto Ottocentesco nello Stato costituzionale di diritto dei giorni nostri, nel quale la tutela del cittadino e della dignità umana risulta centrale e indefettibilmente incomprimibile.8 Lo Stato Costituzionale di diritto odierno è anche e soprattutto uno Stato sociale che eroga servizi essenziali per il benessere del cittadino (tanto è vero che viene denominato anche Stato del Benessere) e ciò comporta l’emersione di un intreccio inestricabile tra la sfera della quotidianità dei privati e l’esplicazione dei poteri dello Stato: dovendo lo Stato occuparsi di molteplici. attività. di. matrice. sociale. (concessioni. edilizie,. 8. Sull’argomento: Maria Pia Larnè, Spunti di comparazione fra i modelli tedesco, francese e spagnolo di responsabilità dello Stato: esiste una responsabilità del legislatore?, in La responsabilità dello Stato a cura di Francesco Dal Canto, Umberto Breccia e Alessandro Pizzorusso, Pisa University Press, 2005, pag 65 e ss.. Introduzione. 11.

(12) autorizzazioni da fornire alle attività commerciali dei privati, ecc.), risulterà inevitabile per i cittadini il doversi misurare quotidianamente con le ingerenze, positive o negative che siano, poste in essere dall’Amministrazione. Alla luce di tali considerazioni, è ben possibile che. lo. Stato,. nell’ordinaria. esplicazione. dei. suoi. poteri. e. nell’erogazione dei servizi ai quali risulta essere preordinato il suo agire, possa cagionare dei danni a singoli cittadini, ad esempio mediante un provvedimento amministrativo, ma anche attraverso l’emanazione di una data legge. Ci si sta avvicinando progressivamente a quello che sarà il fulcro principale della trattazione qui enucleata, che consisterà principalmente nell’analisi ermeneutica dell’evoluzione che ha interessato, nel corso degli. ultimi. decenni,. il. concetto. di. responsabilità. della. amministrazione. In questa fase introduttiva preme semplicemente evidenziare l’implosione ineluttabile del dogma dell’infallibilità dello Stato e l’erosione della sovranità dello Stato, la quale era assurta al rango di ultima roccaforte per il mantenimento dell’irresponsabilità statale. La sovranità statale, oramai, è stata messa profondamente in crisi dall’espansione tumultuosa e, in un certo qual modo, torrentizia della sfera di influenza esercitata dal diritto comunitario; gli Stati nazionali hanno dovuto cedere, per forza di cose, ingenti porzioni della loro sovranità per poter recepire le moderne normative europee, le quali hanno accresciuto sempre più nel tempo la loro ingerenza e la loro sfera di competenza.9 Proprio dalla dimensione europea sono pervenute forti spinte verso il riconoscimento di una responsabilità diretta del legislatore nei confronti dei singoli cittadini che andasse oltre il tipico controllo di matrice politica al quale generalmente viene sottoposto il. 9. Cfr. Alfredo Fioritto, Considerazioni introduttive sul problema della responsabilità dello Stato nel diritto pubblico, in La responsabilità dello Stato, a cura di Francesco Dal Canto, Umberto Breccia e Alessandro Pizzorusso, Pisa University Press, 2005, pag. 61 e 62. Introduzione. 12.

(13) legislatore nelle democrazie parlamentari.10 L’obiettivo futuribile e fortemente. auspicabile,. ancorché. di. arduo. conseguimento,. consisterebbe nella creazione di una disciplina, tendenzialmente uniforme per tutti gli Stati della comunità Europea, volta a riconoscere e consacrare definitivamente la risarcibilità dei danni causati dai singoli atti legislativi, così da detronizzare definitivamente il principio di irresponsabilità del legislatore (e, più in generale, dello Stato) e da assimilare siffatta tipologia di responsabilità, ovviamente con i dovuti accorgimenti e con i necessari adattamenti, da farsi in ragione dell’estrema peculiarità di essa, alla responsabilità aquiliana ex articolo 2043 c.c., la quale, del resto, ha già avuto modo di riverberare gli effetti della sua disciplina sull’agire della P.A nonostante, per decenni, si fosse registrata una decisa e, in un primo momento, incontrastabile refrattarietà della giurisprudenza e di gran parte degli organi politici all’applicazione di questa in relazione a molteplici problematiche coinvolgenti i rapporti sussistenti tra P.A e privati cittadini. In maniera arguta e. mirabile,. il. grande. giurista Pizzorusso. ha. fornito. un’interpretazione sistematica peculiare dell’articolo 2043 del codice civile, asserendo che “non parrebbe incongruo uno sforzo interpretativo volto a costruire tale regola come espressione di un principio costituzionale non scritto, implicito in tutta una serie di diposizioni di rango costituzionale”11. Sulla base di una visione di tal genere, la quale attribuisce. rango. costituzionale,. seppur. in. via. strettamente. interpretativa e senza alcun riferimento testuale esplicito, alla responsabilità aquiliana, il principio del naeminem laedere sotteso all’articolato dell’articolo 2043 c.c. risulterebbe essere un postulato. 10. Sull’argomento: Chiara Pasquinelli, La responsabilità civile dello Stato per atti legislativi, in La responsabilità dello Stato, a cura di Francesco Dal Canto, Umberto Breccia e Alessandro Pizzorusso, Pisa University Press, 2005, pag. 117 e ss. 11. Alessandro Pizzorusso, La responsabilità dello Stato per atti legislativi in Italia, il Foro Italiano, 2003. Introduzione. 13.

(14) cardine del nostro ordinamento, suscettibile quindi di assoggettare alla sua disciplina qualsivoglia potere dello Stato. Appare scontato che, una volta acquisita l’assoluta opportunità di prevedere la risarcibilità dei danni cagionati da una singola legge, a maggior ragione (a fortiori) la P.A debba rispondere dei danni per il cattivo e distorto esercizio dei suoi poteri. Sebbene allo stato attuale tale. asserzione. sembri. quasi. banale. o,. comunque,. accettata. pacificamente, fino a qualche decennio fa essa faceva inorridire e disgustava la maggior parte dei giuristi. Per moltissimo tempo un gran numero di situazioni coinvolgenti la P.A e i privati rimasero senza alcuna tutela o, perlomeno, risultavano costellate da garanzie monche e alquanto dimidiate; e ciò in ragione di un problema teorico- sistematico di fondo sul quale ora si forniranno talune delucidazioni al fine di chiarire l’origine e le cause di tale profonda ingiustizia perpetrata per anni. dall’Amministrazione in. Italia.. Dopo. l’eliminazione del. contenzioso amministrativo e la successiva creazione della IV sezione del Consiglio di Stato, la dottrina operò una distinzione netta sul piano ontologico tra la situazione di diritto soggettivo e quella di interesse legittimo con il precipuo scopo di suddividere in maniera puntuale, cristallizzandole in compartimenti stagni, la competenza del giudice ordinario e quella del giudice amministrativo. I diritti soggettivi dovevano essere di pertinenza esclusiva del giudice ordinario, mentre invece gli interessi legittimi avrebbero trovato protezione e tutela nella giurisdizione del giudice amministrativo. Muovendo dal presupposto che molte situazioni di interesse legittimo non sono poi così tanto diverse da quelle coinvolgenti un diritto soggettivo, risultando pertanto criticabile, se non addirittura confutabile, l’asserita distinzione ontologica, operata dalla dottrina e dalla giurisprudenza passata, tra il diritto soggettivo e l’interesse legittimo, s’appalesa necessario sottolineare il vuoto di tutela che per decenni ha riguardato le situazioni di interesse legittimo, dal momento che la risarcibilità dell’eventuale. Introduzione. 14.

(15) lesione di queste è stata per lungo tempo ostracizzata e demonizzata. La negata risarcibilità dell’interesse legittimo, nonostante l’esplicita tutela di siffatta situazione giuridica garantita all’interno della Carta Costituzionale, ha rappresentato per anni una profonda ingiustizia perpetrata dallo Stato nei confronti dei propri cittadini e ha rievocato surrettiziamente gli antichi privilegi di cui godeva il re, ovviamente con le dovute distinzioni alla luce della mutata configurazione dello Stato. Diversi fattori eziologici hanno contribuito a procrastinare per decenni la realizzazione di tale ingiustizia e l’analisi ermeneutica di questi deve sicuramente partire da uno sguardo attento alla configurazione caratterizzante la nostra giustizia amministrativa.12 Infatti, bisogna necessariamente muovere dalla constatazione in base alla quale il processo amministrativo si basa essenzialmente sull’agire di un giudice dell’impugnazione: dinanzi al giudice amministrativo vengono impugnati gli atti della P.A ritenuti illegittimi sulla scorta dei tre parametri classici inerenti ai possibili vizi che possono inficiare un atto amministrativo (violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere). Pertanto, per lungo tempo, si è ritenuto pacificamente che il giudice amministrativo potesse solo e semplicemente annullare un atto dell’Amministrazione illegittimo, senza avere la possibilità in alcun modo di riconoscere al cittadino ricorrente un risarcimento del danno per i pregiudizi arrecati dall’atto impugnato e decretato illegittimo; infatti, solo il giudice ordinario poteva accordare un risarcimento del danno, ma, in tal modo, dal momento che questi poteva conoscere solamente dei diritti soggettivi, le situazioni di interesse legittimo portate all’attenzione del giudice amministrativo rimanevano sprovviste di un’adeguata tutela ed il cittadino, leso nei suoi interessi, doveva accontentarsi, al più, della semplice rimozione e caducazione dell’atto amministrativo illegittimo, senza poter lontanamente auspicare un. 12. Per approfondire: Fabio Merusi e Giuseppe Sanviti, L’ingiustizia amministrativa in Italia, Il Mulino, 1986. Introduzione. 15.

(16) ristoro completo e realmente satisfattivo. Attualmente tale schema rigido ed ipostatizzato sul quale si basava il processo amministrativo è parzialmente cambiato ed è tuttora in evoluzione, ma questa non risulta essere la sede adatta per un’analisi dettagliata dell’evoluzione della giustizia amministrativa in Italia; qui urge solamente indicare la configurazione del processo amministrativo dianzi prospettata, unita alla distinzione netta tra diritto soggettivo ed interesse legittimo che era stata solennemente statuita dalla dottrina maggioritaria passata e dalla giurisprudenza, quale fattore comportante la perpetuazione di cotanta ancestrale ingiustizia (non passi mai di mente il fatto che l’irrisarcibilità dell’interesse legittimo risultava essere uno dei precipitati del vetusto postulato attinente all’infallibilità statale). In passato, i giuristi italiani, quando nelle conferenze di diritto comparato venivano accusati di aver mantenuto in vita in Italia il principio secondo cui “the king can do no wrong”, tentavano di difendersi affermando che, in parte, quell’accusa era veritiera, e tuttavia, necessitava di essere circoscritta a talune circostanze ben specifiche accuratamente puntualizzate dal legislatore, nel pieno rispetto dei dettami costituzionali.13 Inoltre, molti giuristi esternavano la preoccupazione consistente nel fatto che l’eventuale riconoscimento della risarcibilità degli interessi legittimi avrebbe provocato una cascata di ricorsi incontrollabile e soprattutto insostenibile per le povere e disastrate casse dello Stato italiano. Tale giustificazione di matrice economica, in realtà, risulta essere priva di consistenza, dal momento che essa sembrerebbe descrivere lo Stato italiano quasi alla stessa stregua di un Paese del Terzo Mondo, oltre al fatto che appare facilmente superabile obiettando che risulterebbe possibile ovviare alla problematica summenzionata di stampo economico attraverso l’introduzione di un’imposta ad hoc da forgiare appositamente con il precipuo scopo di coprire e finanziare i. 13 Vedere sempre: Fabio Merusi e Giuseppe Sanviti, L’ingiustizia amministrativa in Italia, Il Mulino, 1986, pag. 25 e 26. Introduzione. 16.

(17) risarcimenti suddetti. Adottando una soluzione di tal genere, il costo degli errori commessi dalla P.A. nell’esercizio delle proprie mansioni e nell’esplicazione dei suoi poteri verrebbe ripartito all’interno dell’intera collettività e non ricadrebbe fortuitamente e, a caso, su singoli sventurati cittadini (oltretutto l’entità dell’imposta fungerebbe da ottimo termometro per la misurazione e la valutazione della correttezza e dell’efficienza dell’azione amministrativa). Sconfessato abbastanza agevolmente siffatto argomento afferente alla sfera economica, è acclarato che il problema risiedeva essenzialmente in ragioni di stampo culturale, dal momento che i giuristi italiani non riuscivano ad emanciparsi e a non ossequiare supinamente gli antichi e mistificanti altari celebrati solennemente, per secoli, dalla dogmatica pubblicistica europea. (ogni. riferimento. all’infallibilità. della. Corona. e. all’irresponsabilità dello Stato è puramente casuale). Tale coacervo di questioni oggi è stato in gran parte superato, sebbene il tema inerente alla responsabilità dell’Amministrazione sia tuttora in continua e incessante evoluzione e al centro di un ampio dibattito attinente all’individuazione della sua natura più intima e recondita. La pietra miliare del percorso che ha portato al totale sovvertimento del monstrum giuridico dell’irrisarcibilità dell’interesse legittimo è rappresentata dalla celeberrima ed eclatante sentenza n. 500 del 1999 della Cassazione a Sezioni Unite, la quale, facendosi carico delle istanze di una frangia sempre più numerosa e sensibile alla problematica in questione della dottrina e cogliendo finalmente la necessità ineludibile di ovviare a tale vuoto di tutela per il cittadino così palese e lampante, ribaltò l’orientamento precedente che risultava ben consolidato nella nostra tradizione giuridico - amministrativa e statuì trionfalmente, dopo decenni di disquisizioni dottrinarie e di artifizi volti ad eludere la “chimera” prospettata nelle righe precedenti, la risarcibilità dell’interesse legittimo.14 14. Cass. Sez. Un., n. 500/1999. Introduzione. 17.

(18) Le riflessioni enucleate in questa prima parte della trattazione risultano essere preliminari e, tuttavia, essenziali per la prosecuzione dell’analisi che si sta portando avanti in codeste pagine. Infatti, una volta terminata questa sintetica ricognizione dell’annoso e sdrucciolevole percorso che ha portato all’avvicendamento dello Stato assoluto da parte dello Stato di diritto fino ad addivenire alla consacrazione dello Stato costituzionale di diritto, analizzato precedentemente nei suoi caratteri essenziali e nelle sue innovazioni maggiormente di rilievo contrapposte alle ingiustizie passate, ci si potrà finalmente addentrare nel vivo del discorso. Pertanto, risulta ora necessario risalire alla nascita del complesso ed articolato concetto di interesse legittimo al fine di sviscerarne i significati più reconditi, per poi essere in grado di scandagliare ed immortalare, nei loro tratti essenziali, le principali teorie. dottrinarie. e. giurisprudenziali. inerenti. alla. risarcibilità. dell’interesse legittimo e alla natura della responsabilità della P.A in relazione alla lesione dell’interesse legittimo medesimo.. Introduzione. 18.

(19) Capitolo 2 Nascita ed evoluzione del concetto di interesse legittimo. Il dibattito inerente al riconoscimento e alla configurazione della situazione giuridica dell’interesse legittimo è stato fervente per decenni e ha sollecitato la dottrina e la giurisprudenza a profondere enormi sforzi interpretativi e creativi nel tentativo di conciliare le molteplici esigenze, spesso contrapposte, sottese alla situazione giuridica summenzionata. Difficilmente una tematica giuridica è stata tanto dibattuta ed è risultata così tanto soggetta a mutamenti e sovvertimenti delle posizioni dottrinarie e giurisprudenziali che, apparentemente, sembravano consolidate in maniera granitica. L’interesse legittimo risulta essere una situazione giuridica peculiare del nostro ordinamento, dal momento che essa non è in alcun modo menzionata negli ordinamenti giuridici stranieri se non nella sola Costituzione spagnola all’articolo 24. Tale situazione fece ingresso nel nostro ordinamento, in tempi oramai abbastanza lontani, attraverso le statuizioni della legge Crispi15 del 1889, la quale istituì la IV sezione del Consiglio di Stato. Tuttavia, tali interessi erano già stati in qualche modo individuati dalla legge abolitiva dei contenziosi amministrativi16 del 1865, sebbene questi risultassero del tutto sprovvisti di una tutela giurisdizionale,. essendo. invece. devoluti. all’Amministrazione. nell’ambito dei cosiddetti rimedi giustiziali.17 La legge abolitiva del. 15. Legge n. 6972/1890. 16. Legge n. 2248/1865. 17 Per una critica feroce alla legge abolitrice del contenzioso amministrativo: Silvio Spaventa, Per l’inaugurazione della IV sezione del Consiglio di Stato, 1890. Capitolo 2. 19.

(20) contenzioso amministrativo, infatti, aveva riconosciuto l’esistenza di siffatti interessi di pertinenza dell’Amministrazione accanto ai diritti soggettivi, la cui tutela invece era totalmente devoluta alla giustizia ordinaria. Nonostante quanto detto poc’anzi, bisogna considerare il fatto che, per poter parlare di situazione giuridica soggettiva vera e propria, è necessaria la presenza di un giudice che abbia ricevuto dall’ordinamento la competenza e le attribuzioni essenziali per poter fornire ad essa una tutela adeguata ed effettiva. Pertanto, a fronte di tale considerazione, non si può non ricondurre la nascita dell’interesse legittimo alla legge Crispi del 1889, la quale istituì una sezione ad hoc del Consiglio di Stato per la valutazione e la tutela degli interessi legittimi, ancorché la dottrina avesse già in precedenza tentato di forgiare una definizione del concetto stesso di interesse legittimo.18 L’interesse legittimo è ben presente all’interno del nostro testo Costituzionale, il quale rende tale situazione giuridica l’oggetto principale delle competenze giurisdizionali del giudice amministrativo. La nostra Costituzione invoca a gran voce la necessità di tutelare gli interessi legittimi ed infatti negli articoli 24 e 113 si afferma che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi e che è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi stessi.19 Pertanto, in base a quanto postulato all’interno della Carta fondamentale, sembrerebbe che gli interessi legittimi abbiano la stessa dignità dei diritti soggettivi e che anche essi siano decisamente meritevoli di ricevere un’adeguata ed efficace tutela, proprio come è sempre stato riconosciuto pacificamente per i diritti soggettivi assoluti (l’esempio paradigmatico di ciò risulta essere il diritto di proprietà, ovvero il diritto soggettivo assoluto per eccellenza, idolatrato e garantito a spada tratta fin dalla redazione dei più antichi codici ottocenteschi). E tuttavia, nonostante ciò, la giurisprudenza e la 18. Per approfondire: Rocco Galli, Nuovo Corso di diritto amministrativo, Cedam, 2016, pag. 59 e 60. 19. Costituzione della Repubblica italiana, 1948, art. 24 e 113. Capitolo 2. 20.

(21) dottrina, per decenni, si sono arroccate su posizioni totalmente differenti ed avverse rispetto a quanto invece sembrerebbe trasparire abbastanza chiaramente dal tessuto costituzionale, privando molto spesso di una tutela realmente effettiva gli interessi legittimi. Essi dovevano risultare in qualche modo connessi ad un diritto soggettivo per poter essere ritenuti meritevoli di un’adeguata considerazione, altrimenti dovevano essere valutati alla stregua di meri interessi di fatto, e, in quanto tali, non suscettibili di essere rilevanti per l’ordinamento. Inoltre, un’ulteriore problematica che si venne subito a registrare consisteva nel fatto che l’interesse legittimo, sebbene fosse ampiamente menzionato all’interno della Costituzione, risultava deficitario di una definizione ben precisa e determinata all’interno del diritto positivo e, pertanto, sia la dottrina che la giurisprudenza poterono sbizzarrirsi nel fornire le più svariate definizioni ed interpretazioni della questione venuta all’attenzione. Inizialmente, in seguito all’emanazione della legge Crispi del 1889, taluni giuristi, negando la natura giurisdizionale della IV sezione del Consiglio di Stato, ripudiarono radicalmente la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi, affermando che la situazione vigente prima dell’introduzione della legge in parola era rimasta invariata e che, quindi, solamente i diritti soggettivi potevano attingere ad una piena ed effettiva tutela giurisdizionale mediante un ricorso da presentare al giudice ordinario. Gli interessi legittimi risultavano di stretta competenza amministrativa e, conseguentemente, alla luce di ciò, non potevano usufruire in alcun modo della stessa tutela giurisdizionale accordata ai diritti soggettivi. Tuttavia, tale orientamento ostracizzante nei confronti del già fragile e claudicante interesse legittimo, sicuramente tributario degli antichi retaggi del passato postulanti l’infallibilità statale e l’inattaccabilità dell’agire pubblico, fu ben presto sconfessato allorquando non fu più possibile negare la natura giurisdizionale della IV sezione del Consiglio di Stato (infatti, nel 1907 fu istituita la V sezione del Consiglio di. Capitolo 2. 21.

(22) Stato,20 la cui natura giurisdizionale fu affermata esplicitamente ed inconfutabilmente). In un primo momento trovò affermazione la tesi in base alla quale l’interesse legittimo si configurava alla stregua di un interesse occasionalmente protetto dall’ordinamento solamente qualora risultasse correlato strettamente ad un interesse pubblico perseguito dall’Amministrazione. L’esempio paradigmatico che veniva adoperato per propugnare tale tesi era quello del rilascio di una concessione illegittima:. l’annullamento. dell’atto. amministrativo. illegittimo. comportava il ripristino dello status quo ante ed in tal modo l’interesse del cittadino ricorrente veniva tutelato in quanto coincidente con l’interesse della Pubblica Amministrazione. Tuttavia, ci si accorse ben presto che una tesi del genere risultava essere eccessivamente riduttiva e non era per nulla condivisibile ritenere che l’interesse legittimo potesse essere regolamentato solamente da norme di matrice pubblicistica, posto che, in realtà, esso avrebbe dovuto assurgere al ruolo di baluardo a beneficio dei cittadini nei confronti dei possibili soprusi realizzabili dalla Pubblica Amministrazione mediante l’erroneo e distorto utilizzo delle potestà pubbliche. Inoltre, se si dovesse accogliere la tesi dianzi prospettata, l’interesse legittimo verrebbe a concretizzarsi nello specifico svantaggio che il soggetto patirebbe all’interno della propria sfera di interessi in ragione dell’adozione di un atto illegittimo da parte dell’Amministrazione e quindi la sua genesi si rinverrebbe nel frangente stesso in cui si verifica l’emanazione dell’atto illegittimo. Sebbene tale orientamento colga in parte nel segno quando individua la dimensione sostanziale come il locus all’interno del quale emerge e si dipana l’interesse legittimo, tuttavia non è sempre vero che la rimozione di un atto illegittimo vada a coincidere con l’interesse pubblico (si pensi ad esempio ad un atto illegittimo ma opportuno) e, inoltre, risulterebbe oltremodo paradossale il fatto che gli interessi legittimi risulterebbero disciplinati da norme che, per definizione, non 20. Legge n. 62/1907. Capitolo 2. 22.

(23) si occupano di questi. Come potrebbero, del resto, essere delle norme di matrice esclusivamente pubblicistica le fonti eziologiche della tutela di un interesse di natura privata, ancorché, in qualche misura, correlato all’esplicazione del potere pubblico? È vero sì che si tratterebbe comunque di una tutela indiretta, ma non è men vero che l’interesse in questione da proteggere rimarrebbe pur sempre di natura privatistica. Proprio in ragione della fragilità e della esigua consistenza fornita all’impalcatura logico-sistematica di tale teorizzazione, si fece strada un’altra tesi, la quale, ben lungi dall’attribuire la meritata importanza e centralità all’interesse legittimo, tentò di ridurlo ad un mero fenomeno di carattere processuale, svilendo e vituperando incondizionatamente l’essenziale componente sostanzialistica della situazione giuridica soggettiva in parola. Secondo tale angolo visuale, non poi così tanto differente da quello descritto precedentemente, l’interesse legittimo si esaurirebbe in un’entità di mero fatto, la quale non rappresenterebbe, quindi, il titolo da far valere mediante il riscorso, ma si atteggerebbe in guisa di una mera legittimazione per esperire il ricorso medesimo. Questa tesi processualistica si poggiava su una distinzione preliminare di fondo operata tra le norme di azione e le norme di relazione: le prime regolamentano puramente e semplicemente l’agire della Pubblica Amministrazione e l’esplicazione delle sue potestà mentre invece le seconde disciplinano i rapporti intercorrenti tra i cittadini e la Pubblica Amministrazione medesima. In relazione alle norme di azione, le quali disciplinano esclusivamente l’azione dell’amministrazione in sé e per sé, senza considerare in alcun modo gli interessi sostanziali dei privati, non potranno che rinvenirsi meri interessi legittimi, mentre, invece, in ordine alle norme di relazione riguardanti, per converso, i rapporti sussistenti tra privati e Pubblica Amministrazione, verranno a configurarsi all’interno delle sfere giuridiche dei cittadini dei veri e propri diritti soggettivi. La marcata distinzione operata tra la situazione giuridica soggettiva del diritto soggettivo e quella dell’interesse. Capitolo 2. 23.

(24) legittimo ha costituito la base fondante per porre in essere l’essenziale suddivisione delle competenze tra il giudice ordinario ed il giudice amministrativo: infatti i diritti soggettivi dovevano essere conosciuti solo ed esclusivamente dal giudice ordinario mentre invece gli interessi legittimi sarebbero risultati di stretta pertinenza del giudice amministrativo. Tale suddivisone rigida e netta delle competenze tra le due tipologie di giudici, come evidenziato nel capitolo precedente di questa trattazione, ha rappresentato uno dei simulacri che ha permesso e legittimato, per lunghissimo tempo, la perpetuazione di uno delle più efferate ingiustizie perpetrate dal diritto amministrativo italiano, ovvero l’irrisarcibilità della lesione dell’interesse legittimo. I cittadini sono rimasti per tutto il XX secolo assuefatti all’abitudine e all’idea secondo cui l’agire dell’Amministrazione fosse infallibile e, per ciò stesso, inattaccabile, e tale rassegnata sudditanza ha permesso alle varie teorie svilenti l’interesse legittimo di imperversare per diversi decenni nel nostro panorama giuridico. Del resto, si sosteneva, come poteva il giudice amministrativo accordare un risarcimento del danno per la lesione di un interesse legittimo se tale facoltà era attribuita solo ed esclusivamente alla figura del giudice ordinario laddove fosse risultata presente la lesione di un diritto soggettivo? Accantonando solo temporaneamente la questione inerente alla risarcibilità o meno dell’interesse legittimo, di cui ci si interesserà a breve, risulta oltremodo opportuno ritornare sull’analisi delle tesi processualistiche per poi addivenire alla loro confutazione. Ritornando alla suddivisione poc’anzi operata, si è detto che le norme di azione riguardano l’agire dell’Amministrazione in sé e per sé e pertanto non prendono in considerazione gli interessi concreti dei privati. Alla luce di tale rilievo, quindi, gli interessi legittimi che emergono a fronte dell’attività della P.A. non possono muoversi su un piano sostanziale, ma solo ed esclusivamente su una dimensione processuale. Essi, secondo tale angolo visuale, assurgerebbero al ruolo di interessi di. Capitolo 2. 24.

(25) fatto, i quali, occasionalmente, possono divenire presupposti con rilevanza a livello meramente processuale per l’intraprendimento di un ricorso presso il giudice amministrativo. In tal modo l’interesse legittimo viene a configurarsi in guisa di un mero presupposto di fatto volto a fornire al cittadino una legittimazione processuale per adire il giudice amministrativo con lo specifico intento di conseguire l’annullamento dell’atto illegittimamente adottato dalla P.A. in violazione di una norma di azione. Talune tesi processualistiche, inoltre, concepiscono l’interesse legittimo alla stregua di un potere di reazione contro un atto illegittimo dell’Amministrazione, ma ciò che permane come minimo comune denominatore che caratterizza peculiarmente tutte le teorizzazioni di questo tipo è il criterio di identificazione dell’interesse legittimo: esso infatti è dato dallo “specifico svantaggio che un individuo riceve dall’atto rispetto agli altri membri della collettività”; ed è “un evento di fatto, non ha, cioè, radice in. una. volontà. qualificatrice. dell’ordinamento”21. (definizione. estrapolata dagli elaborati dell’emerito professor Nigro). Pertanto, in base a tale ottica, l’interesse legittimo emerge solo qualora l’interesse materiale retrostante venga pregiudicato dall’emanazione di un atto amministrativo illegittimo; siffatto interesse materiale non ha alcuna rilevanza giuridica per l’ordinamento prima dell’adozione dell’atto amministrativo contestualmente. illegittimo. e. all’emissione. l’interesse. legittimo. dell’atto. illegittimo. sorge. solo. medesimo,. venendosi ad atteggiare alla stregua di un potere di reazione processuale, da esercitare in seno alla giurisdizione amministrativa, contro l’attività illegittima della P.A. Tale reazione processuale potrà portare eventualmente all’annullamento dell’atto illegittimo e alla caducazione degli effetti pregiudizievoli per il privato cagionati dall’atto medesimo.. 21. Mario Nigro, Giustizia amministrativa, Il Mulino, 2002, pag. 139. Capitolo 2. 25.

(26) Ad oggi, le tesi meramente processualistiche sono state ampiamente superate ed accantonate ed oramai sembrerebbe pacifica l’affermazione secondo cui l’interesse legittimo è una situazione giuridica soggettiva che si pone su una dimensione sostanzialistica e che risulta inevitabilmente correlata ad un concreto bene della vita. Del resto, i rimedi offerti a garanzia dell’interesse legittimo non sono solamente a carattere processuale (si pensi ai ricorsi amministrativi) e le tesi dianzi prospettate, come è stato evidenziato anche nel succinto excursus di prima, risultano essere eccessivamente riduttive e poco esaustive per spiegare l’intera fenomenologia che si cela dietro al complesso concetto di interesse legittimo. Relativamente alle tesi sostanzialistiche, si possono rinvenire due poli dottrinari principali ed opposti. Un polo sostiene che la nascita dell’interesse legittimo è insita nell’atto ed un’affermazione di tal genere potrebbe far pensare ad un ritorno alle tesi processualitiche; tuttavia, siffatta inferenza non è in alcun modo veritiera posto che, sebbene l’emersione dell’interesse legittimo venga collocata all’interno della fase di reazione contro il provvedimento illegittimo dell’Amministrazione, ad esso viene comunque riconosciuta un’indefettibile dimensione sostanziale. Il secondo polo dottrinario, invece, ponendosi in un’ottica totalmente contrapposta, sostiene che l’interesse legittimo nasca ben prima dell’adozione dell’atto, con l’instaurazione del procedimento amministrativo. Secondo alcuni studiosi l’origine della nascita dell’interesse legittimo sarebbe da rinvenire non nelle norme che regolamentano l’attività della P.A., posto che esse, in realtà, non prendono in considerazione in alcun modo la situazione giuridica in esame, ma in un principio generale del nostro ordinamento, ovvero il principio di legalità, il quale dovrebbe informare. l’esercizio. del. potere. pubblico. e. tutta. l’attività. amministrativa nel suo complesso. Sotto tale angolo visuale, l’interesse protetto mediante la tutela dell’interesse legittimo è quello strumentale al corretto esercizio, da parte della P.A., delle proprie facoltà e dei. Capitolo 2. 26.

(27) propri poteri sulla scorta dei principi e delle normative atte a regolamentarli. L’emerito professor Casetta, inserendosi in tale solco dottrinario, sosteneva che l’interesse legittimo, in quest’ottica, diventa “una situazione di vantaggio, costituita dalla protezione giuridica di interessi (materiali), che si attua non direttamente ed autonomamente, ma attraverso la protezione indissolubile ed immediata dell’interesse meramente. strumentale. del. soggetto. alla. legittimità. dell’atto. amministrativo, mediante l’attribuzione al soggetto stesso della potestà di ricorso alle giurisdizioni amministrative e nei limiti della realizzazione di quest’ultimo interesse”22. Tuttavia, anche tale tesi non riesce a cogliere nel segno, dal momento che non è in grado di far emergere il carattere individuale che indefettibilmente deve assumere la situazione soggettiva dell’interesse legittimo. Infatti, sulla base di quanto enucleato dianzi, esisterebbe un dovere generalizzato della P.A. al corretto esercizio dei propri poteri (la qual cosa è sicuramente veritiera, ma si pone su una dimensione differente e incommensurabile rispetto alla problematica qui trattata); tuttavia, muovendo da tale assunto, qualsivoglia cittadino risulterebbe titolare di una situazione giuridica di vantaggio, a prescindere dalle eventuali lesioni ai propri interessi concreti subite. In realtà, siffatto orientamento confonde due piani che non sono assimilabili tra loro, ovvero quello inerente alla definizione dell’interesse legittimo e quello relativo ai limiti entro i quali questo viene garantito e tutelato, posto che l’orientamento in parola rende oggetto dell’interesse legittimo la legalità dell’agire della P.A., la quale, invece, dovrebbe rappresentare il limite alla tutela dell’interesse legittimo medesimo. Del resto, sulla scorta della dottrina più recente ed autorevole, la legittimità dell’azione amministrativa. costituisce. il. limite. assoluto. alla. protezione. dell’interesse legittimo solo sotto il profilo squisitamente processuale, dal momento che i titolari di un interesse legittimo detengono la facoltà 22. Elio Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, 2004, pag. 311. Capitolo 2. 27.

(28) di poter collaborare con la P.A. durante il procedimento amministrativo di loro interesse che dovrà sfociare nell’emanazione di un atto, il quale, anche in forza del supporto fornito dal cittadino all’Amministrazione concretamente competente, dovrà risultare non solamente legittimo, ma anche il più opportuno. Inoltre, la tesi che inquadra l’interesse legittimo come una situazione strumentale al corretto esercizio dell’azione amministrativa,. perde. completamente. di. vista. l’indefettibile. connessione che una situazione giuridica soggettiva deve avere, per definizione, con un bene della vita; infatti non è in alcun modo concepibile considerare l’interesse pubblico al corretto e legale svolgimento dell’azione amministrativa alla stregua di un bene della vita del privato,23 posto che esso ignora gli interessi del privato cittadino, ancorché in talune situazioni particolari finisca per accordare a questi una protezione, la quale, tuttavia, risulterà solamente indiretta e mutuata dall’interesse pubblicistico medesimo. Addivenendo all’analisi della dottrina più recente attinente alla definizione dell’interesse legittimo, è oltremodo opportuno sottolineare che, oramai, risulta acclarato che l’interesse legittimo è strettamente correlato alla sussistenza di un concreto bene della vita verso il quale tende il privato cittadino. Pertanto, anche l’interesse legittimo gode di una tutela diretta ed immediata da parte dell’ordinamento proprio perché esso, comunque, risulta indefettibilmente legato ad un bene della vita, perseguito dal privato, che verrà a sostanziarsi di volta in volta in base al concreto emergere dei fatti. Quanto detto poc’anzi, del resto, è confermato e consacrato all’interno della nostra Carta Costituzionale, la quale, mediante il combinato disposto degli articoli 24, 103, e 113, accorda una tutela piena ed effettiva all’interesse legittimo, fornendogli pari dignità ed importanza rispetto al diritto soggettivo. La Costituzione riconosce in maniera chiara ed esplicita una. 23 Per approfondire: Massimo Severo Giannini, Corso di diritto amministrativo, Giuffrè, 1970, pag.75. Capitolo 2. 28.

(29) piena tutela giurisdizionale all’interesse legittimo proprio alla stessa stregua del diritto soggettivo e, pertanto, esso risulta qualitativamente omogeneo e commensurabile rispetto al diritto soggettivo stesso. Anche l’interesse legittimo infatti è connesso ad una situazione sostanziale che funge da situazione/presupposto, alla quale l’ordinamento accorda giuridica rilevanza mediante l’attribuzione al titolare di questa di poteri e facoltà (tra le quali una delle principali risulta essere appunto l’esperimento della tutela giurisdizionale) finalizzati al soddisfacimento delle esigenze e degli interessi concreti sottesi alla situazione medesima. La differenza dirimente che caratterizza il confronto tra il diritto soggettivo e l’interesse legittimo consiste nel fatto che i titolari dell’interesse legittimo non hanno piena libertà nell’esplicazione dei propri poteri e facoltà dal momento che il soddisfacimento della situazione giuridica che fa capo ad essi non può essere conseguito in via autonoma, ma risulta necessariamente correlato all’esercizio del potere pubblico da parte dell’Amministrazione. Mentre i titolari di un diritto soggettivo hanno piena libertà nell’esercizio dei poteri discendenti dalla situazione giuridica di cui risultano titolari (sempre ovviamente nel rispetto del limite invalicabile consistente nel non arrecare pregiudizio alle altrui sfere giuridiche), i detentori invece di un interesse legittimo sono necessariamente condizionati dall’esercizio del potere pubblico, il quale interferisce ineludibilmente con gli interessi ai quali essi tendono. L’interesse legittimo ha sempre dinanzi a sé una situazione giuridica soggettiva attiva quale risulta essere la potestà che fa capo alla P.A. mentre invece il diritto soggettivo agisce su situazioni giuridiche soggettive passive ed il suo soddisfacimento discende direttamente dalle facoltà attribuite dall’ordinamento al suo titolare, senza essere condizionato in alcun modo dal comportamento di altri soggetti, come invece avviene per gli interessi legittimi. La potestà si configura, oramai unanimemente, alla stregua di una situazione giuridica soggettiva unilaterale e, nella problematica qui venuta. Capitolo 2. 29.

(30) all’attenzione, essa è ricondotta nell’alveo della sfera pubblica dell’Amministrazione. La P.A. dovrà necessariamente tenere in considerazione sia l’interesse pubblico, che comunque dovrà rimanere preminente, sia l’interesse privato dei singoli cittadini, operando pertanto un bilanciamento tra siffatti interessi di matrice differente. Infatti, il perseguimento dell’interesse pubblico non necessariamente deve negare ed andare a discapito dell’interesse privato, ma questi possono ben convivere assieme e camminare a braccetto. La P.A. dovrà valutare, di volta in volta, se l’interesse privato andrà ad essere coincidente e combaciare con l’interesse pubblico (un esempio tipico potrebbe essere il rilascio di un provvedimento concessorio a favore del privato) oppure se essi risulteranno contrastanti e per ciò stesso inconciliabili.24 La legittimità dell’atto amministrativo risulta essere il maggior presidio offerto ai cittadini per la tutela dei propri interessi, ma il moderno apparato garantista assicurato dal nostro ordinamento non si esaurisce solamente nella predisposizione di questa tutela: l’atto emanato dall’Amministrazione infatti non dovrà essere solamente legittimo, ma anche opportuno. É proprio per questo che l’interesse legittimo. emerge. concretamente. in. maniera. contestuale. all’instaurazione del procedimento amministrativo, che risulta essere la sede precipuamente preordinata al contemperamento degli interessi pubblici e privati. L’interesse legittimo, infatti, permette al titolare di questo non solo di richiedere la tutela giurisdizionale nel caso la P.A. adotti un provvedimento illegittimo lesivo dei propri interessi, ma concede inoltre al privato la possibilità di intervenire direttamente all’interno. del. procedimento. amministrativo. mediante. una. partecipazione ad esso attiva e collaborativa. Proprio in forza di tale rilievo decisivo è possibile affermare, in maniera più che condivisibile, l’infondatezza e l’inconsistenza delle teorie processualistiche inerenti alla definizione dell’interesse legittimo. Esso tutela situazioni di 24. Per approfondire: Mario Nigro, Giustizia amministrativa, Il Mulino, 1992. Capitolo 2. 30.

(31) carattere sostanziale e non meramente processuale ed il fatto che il privato possa collaborare attivamente nel procedimento che porterà all’emanazione dell’atto che potrebbe soddisfare la tensione al bene della vita sottesa all’interesse concreto del cittadino, rappresenta la dimostrazione lapalissiana di ciò. Perciò al termine dei questa breve disamina, è possibile affermare che l’interesse legittimo, così come il diritto soggettivo, è una situazione soggettiva intenzionalmente e volutamente tutelata dall’ordinamento e, tuttavia, esso ha accordato strumenti differenti per la tutela di codeste situazioni soggettive: mentre il titolare del diritto soggettivo può conseguire liberamente e pienamente il soddisfacimento del proprio interesse sotteso alla situazione soggettiva in parola, invece il detentore dell’interesse legittimo non ha le facoltà necessarie ed idonee a soddisfare in maniera piena e sicura i suoi interessi, posto che, per la realizzazione di questi, risulterà necessaria l’intercessione della P.A., la quale, tuttavia, non potrà mai perdere di vista il perseguimento dell’interesse pubblico. Pertanto, laddove l’interesse pubblico non risulti conciliabile o comunque compatibile con l’interesse privato, l’interesse legittimo del privato sarà destinato a rimanere insoddisfatto e a non fruire di alcuna tutela. Preso atto di tali acquisizioni conoscitive, risulta comunque opportuno l’esperimento di un’ulteriore analisi approfondita delle peculiarità che connotano l’interesse legittimo, sulle quali ancora non si è dissertato a sufficienza. L’interesse legittimo è corredato da garanzie a tratti più ristrette e tratti invece più ampie ed elastiche rispetto al diritto soggettivo; infatti, è vero sì che la sua completa soddisfazione non dipende direttamente dalle facoltà attribuite al suo titolare come invece avviene nel diritto soggettivo, ma, tuttavia, esso non gode solo della tutela giurisdizionale da esperire nel caso in cui venga leso e pregiudicato dall’azione illegittima della P.A., ma anche di altre facoltà come ad esempio la partecipazione attiva al procedimento amministrativo e la stessa. Capitolo 2. 31.

(32) sollecitazione all’instaurazione di esso. Quindi, in conclusione, è possibile affermare, senza dire alcuna castroneria o nefandezza concettuale, che l’interesse legittimo si concretizza nella possibilità per il privato di partecipare attivamente alla funzione amministrativa. Seguendo tale percorso logico – concettuale, la nascita dell’interesse legittimo si rinviene prima e in un contesto differente rispetto al processo amministrativo; esso infatti sorge ed emerge nel momento stesso in cui la P.A. esercita le proprie facoltà ed i propri poteri di matrice pubblicistica. Le facoltà accordate ai titolari di un interesse legittimo si estrinsecano in facoltà di collaborazione e facoltà di reazione (le quali, differentemente dalle prime, presuppongono l’adozione di un atto amministrativo contro il quale il privato potrà indire un ricorso giurisdizionale e adire il giudice amministrativo). In ragione di tale distinzione, una parte della dottrina da ricondurre all’egregio giurista Giannini, sosteneva che esistessero degli interessi autonomi, di natura procedimentale, che dovevano essere distinti e differenziati dagli interessi legittimi di cui si sta trattando in tale sede e che venivano tutelati, per l’appunto, mediante le facoltà collaborative dianzi menzionate. Siffatti interessi non risulterebbero strettamente connessi ad un bene della vita del cittadino, ma sarebbero rigorosamente afferenti al corretto svolgimento del procedimento amministrativo e, quindi, a fatti meramente procedimentali, collegati solo indirettamente e in via mediata ai beni della vita. Tuttavia, come è opportunamente sottolineato dall’emerito giurista Nigro, tali interessi procedimentali non sono autonomi, né tantomeno possono aspirare ad acquisire tale dignità ed importanza, posto che essi risultano comunque strettamente funzionali all’attuazione dell’interesse legittimo. Essi hanno una funzione strumentale rispetto all’attuazione dell’interesse legittimo ed anzi, risultano essere dei veri e propri elementi costitutivi di esso, facendo questi parte del corredo garantistico atto ad assicurare la protezione del bene della vita concretamente sotteso all’interesse. Capitolo 2. 32.

(33) legittimo di volta in volta venuto all’attenzione. Non è men vero, tuttavia, che tali riflessioni meritino una nuova riconsiderazione ed un ulteriore approfondimento alla luce della normativa del 2009 che ha introdotto il risarcimento del danno da violazione del termine finale del procedimento amministrativo. Una volta terminata tale analisi ermeneutica delle molteplici riflessioni ed orientamenti che si sono susseguiti in relazione alla definizione dell’interesse legittimo, si è finalmente in grado di ricavare la definizione maggiormente congeniale e condivisibile da attribuire alla situazione soggettiva in parola, mutuandola dalla mirabile elaborazione concettuale. dell'egregio. giurista. Nigro:. “l’interesse. legittimo. rappresenta la posizione di vantaggio vantata da un soggetto dell’ordinamento. in. ordine. ad. un. bene. oggetto. del. potere. amministrativo e consistente nell’attribuzione al medesimo soggetto di poteri atti ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere. possibile. la. realizzazione. dell’interesse. al. bene”25.. Ulteriormente utile per arricchire e rendere ancor più completa la definizione di interesse legittimo risulta essere la riflessione operata da un altro grande giurista, Scoca, il quale ha affermato che, poiché l’interesse al bene della vita può essere soddisfatto pienamente solo mediante l’emanazione di un atto amministrativo apposito, l’oggetto dell’interesse legittimo non deve essere individuato nell’interesse materiale del privato inteso come tensione verso un bene della vita, ma nel provvedimento stesso (o meglio, nell’assetto di interessi delineato dal provvedimento amministrativo richiesto): “L’utilità specifica, verso la quale la situazione soggettiva di interesse legittimo propriamente si indirizza, è il comportamento dell’Amministrazione; ed è pertanto tale utilità l’oggetto proprio dell’interesse legittimo. Indicare come oggetto dell’interesse legittimo, il bene della vita alla cui conservazione o alla cui acquisizione il titolare dell’interesse stesso tende, è come indicare 25. Mario Nigro, Giustizia amministrativa, Il Mulino, 2002, pag. 96. Capitolo 2. 33.

(34) come oggetto del diritto di credito il bene derivante dalla prestazione del debitore anziché la prestazione stessa”26. Una volta portata a termine la ricognizione storico – analitica relativa al perfezionamento delle definizioni dell’interesse legittimo, ci si può finalmente addentrare all’interno di una delle questioni cruciali che verranno considerate e sviscerate all’interno di tale trattazione. A tal proposito, non risulta ultroneo riporre lo sguardo sulle varie distinzioni che sono state operate in merito alle tipologie esistenti di interesse legittimo; infatti, si è fin da sempre ritenuto che esistessero categorie differenti di interesse legittimo, sebbene le categorie tassonomiche postulate dalle varie dottrine siano cambiate nel corso del tempo. Per dire, inizialmente, solo gli interessi occasionalmente protetti venivano ricondotti all’interno dell’alveo degli interessi legittimi e, al contempo, si riteneva sussistente una categoria strutturale autonoma di diritti soggettivi, i cosiddetti diritti affievoliti. Essi infatti, in ragione di una loro caratteristica intrinseca e naturale, erano destinati ad essere “affievoliti” qualora si fossero trovati a scontrarsi con l’esercizio di una potestà pubblica da parte della P.A., rendendo pertanto concreta l’estrinsecazione di una propria connotazione peculiare. In realtà, si osservò ben presto che tutti i diritti soggettivi erano suscettibili, potenzialmente, di subire un “affievolimento” in forza dell’operato di una potestà pubblica correttamente e legittimamente esercitata (basti pensare che anche il diritto di proprietà, prototipo paradigmatico e principe di qualsivoglia configurazione attribuita alla categoria dei diritti soggettivi, poteva subire il fantomatico “affievolimento” laddove fosse. intervenuto. un. provvedimento. espropriativo. dell’Amministrazione). Sotto tale angolo visuale, quindi, i diritti soggettivi degradavano ad interesse legittimo laddove fosse intervenuto un provvedimento ablatorio della P.A. (il provvedimento espropriativo. 26 Franco Gaetano Scoca, Contributo sulla figura dell’interesse legittimo, Giuffrè, 1990, pag.29. Capitolo 2. 34.

(35) risulta essere esemplificativo a tal proposito); diritti i quali potevano recuperare la propria pienezza ed integrità ogniqualvolta fosse stata ravvisata e dimostrata l’illegittimità del provvedimento ablatorio adottato dall’Amministrazione competente. Oltre ai diritti suscettibili di poter subire un “affievolimento”, i quali, quindi, nascevano come diritti perfetti e solo successivamente subivano la degradazione di cui si è parlato poc’anzi, vi erano anche i diritti in attesa di “espansione” che, invece, necessitavano di un provvedimento concessorio della P.A. per poter ampliare la propria operatività ed assumere la veste di diritto soggettivo.27 Tuttavia, essi risultavano essere dei diritti particolarmente cagionevoli, posto che erano perpetuamente esposti al rischio di essere nuovamente degradati ad interessi legittimi laddove l’Amministrazione fosse intervenuta con i propri poteri di autotutela, rimuovendo l’atto concessorio precedentemente accordato al privato. Tali classificazioni, oramai, hanno perso di importanza e sono state ampiamente ridimensionate nei loro risvolti pratici ed operativi, posto che esse erano state teorizzate per poter operare una distinzione tra le situazioni soggettive meritevoli di tutela risarcitoria e quelle invece rispetto alle quali era possibile esperire solamente il ricorso per richiedere la caducazione dell’atto amministrativo presuntivamente illegittimo (si pensi al periodo nel quale era unanimemente riconosciuto il risarcimento del danno in seguito all’annullamento di un provvedimento. espropriativo. illegittimo. mentre. invece,. contestualmente, non era accordata alcuna tutela pecuniaria per il danno subito a causa dell’emanazione di un atto amministrativo illegittimo. volto. a. cassare. un. provvedimento. concessorio. precedentemente adottato). A breve, infatti, si approfondirà la tesi del diritto affievolito nel contesto inerente alla ricostruzione storico – evolutiva che ha portato al riconoscimento della risarcibilità della. 27 Per approfondire: Aldo Mazzini Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Cedam, 1998. Capitolo 2. 35.

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