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La responsabilità per le operazioni di imbarco e sbarco

3. Il problema dell’autoproduzione dei servizi di handling e il problema

3.3 La responsabilità per le operazioni di imbarco e sbarco

responsabilità del vettore relativa ai sinistri occorsi al passeggero si estende «dall’inizio delle operazioni d’imbarco al compimento di quelle di sbarco» (319

(317 ) «ha suscitato perplessità, anche perché sembra riferire il concetto di «

pericolosità » più che alla tipologia di attività interessata, alle modalità con cui essa viene in concreto svolta»cfr. M. M. COMENALE PINTO, Profili di safety del gestore aeroportuale, ne Il trasporto aereo tra normativa comunitaria ed uniforme, cit., 551.

).

(318) Così M.M.COMENALE PINTO, Profili di safety del gestore aeroportuale, ne Il

trasporto aereo tra normativa comunitaria ed uniforme, cit., 551.

(319) Con la disposizione richiamata il legislatore italiano volle far proprio,

riassumendolo e rendendolo più chiaro, quanto sancito dall’art. 17 della Convenzione di Varsavia del 1929 «The carrier is liable for damage sustained in the event of the death or wounding of a passenger or any other bodily injury suffered by a passenger, if the accident which caused the damage so sustained took place on board the aircraft or in the course of any of the operations of embarking or disembarking» e dall’art. 17 della Convenzione di Montral del 1999 «The carrier is liable for damage sustained in case of death or bodily injury of a passenger upon condition only that the accident which caused the death or injury took place on board the aircraft or in the course of any of the operations of embarking or disembarking […]». Sul punto v. per tutti U.LA TORRE, La responsabilità per le operazioni di imbarco e sbarco, in Trasporto aereo e tutela del passeggero nella prospettiva europea, Milano, 2006, 153, ivi, 160.

GIOVANNI PRUNEDDU

Problematiche giuridiche della compagnie aeree low cost

Tesi di dottorato in Diritto ed Economia dei sistemi produttivi Università degli Studi di Sassari

98 Bisogna osservare che l’obbligo contrattualmente assunto dal vettore, con la connessa responsabilità, abbraccia un ambito che non è circoscritto all’arco temporale relativo al viaggio in senso stretto (nel senso di permanenza sull’aeromobile ai fini dell’espletamento del dislocamento da un luogo ad un altro), ma comprende anche le operazioni di imbarco e sbarco ovvero va al di là dell’obbligo del vettore di trasferire sic et simpliciter da un luogo ad un altro persone o cose, con l’assunzione rispettivamente dell’obbligo di protezione o di custodia (320

(320) Cfr. U. LA TORRE, La definizione del contratto di trasporto, Napoli, 2000,

163.

). Volendo trovare una collocazione temporale alle operazioni di imbarco e sbarco si può affermare, riprendendo quanto sostenuto da autorevole dottrina che «l'operazione di imbarco ha inizio quando finisce la libertà di movimento del passeggero, cioè quando egli, già munito della carta d'imbarco, non può recarsi al sottobordo dell'aeromobile in partenza se non per la via e con i mezzi predisposti dal vettore; di converso l'operazione di sbarco può dirsi compiuta quando il viaggiatore riprende la sua libertà di movimento, cioè quando - all'aeroporto di approdo - sarà stato condotto, per la via e con i mezzi predisposti sempre dal vettore, in quel luogo dell'aeroporto dove la guida e la vigilanza di questi vengono a cessare». Come già anticipato, la responsabilità per il sinistro occorso al passeggero nel corso di queste operazioni è sicuramente imputabile al vettore che esegua queste ultime in regime di autoproduzione.

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99 Al di là degli orientamenti difformi espressi dalla giurisprudenza (321), è, viceversa, sostanzialmente pacifico in dottrina che la responsabilità sia imputabile al vettore anche nell’ipotesi in cui le operazioni di cui sopra siano poste in essere da un operatore di handling, tenuto conto che non sembra dubbio che anche i contraenti indipendenti («independent contractor») sia da considerare un «preposé», ai sensi della Convenzione di Varsavia del 1929 o della Convenzione di Montreal del 1999 (322

Ove il passeggero che avesse subito un danno durante le operazioni di imbarco o sbarco volesse agire contro l’handler, dovrebbe farlo in via extracontrattuale. Il passeggero è infatti estraneo al rapporto che intercorre tra il vettore e l’handler e in forza del quale quest’ultimo si fa carico delle operazioni in questione.

).

Il passeggero e l’handler non sono legati da alcun contratto poiché, in quanto funzionali al trasporto aereo, le operazioni di imbarco e sbarco debbono ritenersi come facenti parti della prestazione di trasporto aereo e quindi ricomprese già nel contratto di trasporto aereo. Per le stesse Convenzioni di Varsavia e di Montreal (secondo quella che ne è la lettura che appare più convincente), come anche per il nostro codice della navigazione, è irrilevante se a compiere le operazione è lo stesso vettore o l’handler, anche in

(321) Cass. 25 settembre 2001 n. 12015, in Giust. civ., 2002, I, 2849, con nota

contraria di E. G. ROSAFIO, Brevi riflessioni sull'applicabilità dell'art. 29 della Convenzione di Varsavia ai preposti del vettore aereo e sulla nozione di preposto.

(322) Cfr. M.M.COMENALE PINTO, La nozione di «servant or agent», ne La nuova

disciplina del trasporto aereo. Commento della Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999, a cura di L. Tullio, Napoli, 2006, 285; ID., La nozione di «preposto» nel trasporto aereo, in Dir. trasp, 2001, 371.

GIOVANNI PRUNEDDU

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100 considerazione del fatto che in questa ultima ipotesi quest’ultimo agisce come preposto del vettore (323). Bisogna comunque ricordare che il passeggero che intende esperire un azione risarcitoria è soggetto al termine biennale di esercizio dell’azione così come previsto dall’art. 29 della Convenzione di Varsavia e dall’art. 35 della Convenzione di Montreal, come, peraltro richiamato anche nel codice della navigazione, a seguito della riforma della parte aeronautica del 2005/2006, all’art. 949 ter, con previsione che non ha mancato di suscitare perplessità, tenuto conto che siffatto termine, in un articolo rubricato «Prescrizione» viene poi legislativamente qualificato come «Decadenza» (324).