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Restare o tornare

36 – Restare o tornare:

“Recentemente il fenomeno della migrazione di ritorno ha ricevuto un’attenzione particolare da

parte di analisti e policy-makers. In particolare alcuni di essi sostengono che i paesi di origine dei migranti dovrebbero prendere in considerazione il ritorno come forma di brain gain e, di conseguenza, come fonte di sviluppo, al pari delle rimesse monetarie.”

In maniera analoga, i decisori politici dei principali paesi di immigrazione vengono attratti dalla migrazione di ritorno come soluzione alla carenza di posti di lavoro che la crisi economica ha contribuito ad esacerbare, evitando in questo modo l’insediamento permanente dei migranti nelle loro società e nei rispettivi mercati del lavoro.

Le analisi quantitative mostrano che il 17% dei marocchini residenti in Italia intende far ritorno in Marocco, mentre poco più del 50% intende restare in Italia. Questo risultato spinge, in parte, ad individuare i marocchini residenti in Italia, “come tra le altre comunità immigrate”, l’esistenza di un

“mito di ritorno”.

Il ricordo nostalgico del paese di origine, unito alle visite e ai costanti contatti con la madrepatria, contribuisce a rafforzare tra i migranti quel naturale desiderio di ritorno a casa, che però resta tale: Il ritorno talvolta non si realizza mai o si tramuta in forme di ritorno non definitivo o di soggiorno cosiddetto transnazionale.

37 - 04.11.2014 Colloquio con Massaer

Da quanto mi dicono i tuoi connazionali che ho intervistato, quasi tutti, dicono di voler tornare in Senegal appena possibile. Tu che ne pensi?

“Tutti dicono così, ma non è la verità. Quelli che riescono ad integrarsi bene, soprattutto quelli che sono in Italia da dieci anni ed hanno un posto di lavoro ben retribuito, chiedono la cittadinanza italiana e il congiungimento familiare. Anch’io, in principio, pensavo di ritornare in Senegal, ma oggi, avendo un buon posto di lavoro all’Ufficio Immigrati della C.I.S.L. di Mestre, ho deciso di rimanere a Venezia. Si vive bene qui. Ritornerò in Senegal per le vacanze per poter incontrare la mia famiglia.”

Ultimamente mi hai detto che hai mandato tua figlia a Kaolack in Senegal per frequentare le scuole medie e superiori, per quale motivo?

“Ritengo le nostre scuole migliori di quelle italiane: hanno un metodo di insegnamento migliore, a tempo pieno e poi ho piacere che conosca la nostra storia e la nostra religione.”

38 - 23.11.2014 Colloquio con Simal

L’emigrazione non è mai stata una scelta, ma un passo obbligato per milioni di africani. Per questi paesi e le loro popolazioni la Storia sembra segnare il passo; nessuna evoluzione, nessuna rivoluzione, nessun cambiamento positivo.

Dalla fine dell’occupazione coloniale ad oggi, sono rimasti sempre gli stessi problemi senza soluzione: malattie, siccità, carestie e una gestione antidemocratica e “personale” delle ricchezze del Paese.

I miei professori all’Università di Dakar mi dicevano che la maledizione di Noè del figlio Cam e la sua benedizione di Yafet non è una vera leggenda, ma una realtà, una verità della storia e che la mia bibliografia doveva limitarsi ai libri della camerunese Axelle Kabou, autrice de “l’Africa nera è mal partita”.

Il diritto-dovere di voto permette di dare una parvenza di legalità a una classe politica che dirotta miliardi di euro o di dollari verso i paradisi fiscali dell’Europa e sarà molto difficile per i governi, sia di Destra che di Sinistra, giustificare la presenza nelle banche e nelle aziende italiane del denaro di Gheddafi e dei suoi familiari o sostenere di non esserne stati a conoscenza.

Gli enormi aiuti economici che gli stati occidentali danno ai paesi del Sud per aiutarli a svilupparsi e frenare di conseguenza il fenomeno dell’immigrazione clandestina vengono in un certo senso “restituiti” per altre vie ai Paesi donatori.

Oggi il nuovo governo senegalese, sta tentando di recuperare più di 430 miliardi di franchi CFA

(moneta senegalese), cioè quasi 660 milioni di euro dirottati dai membri del governo uscente verso le banche francesi.

La caduta dei regimi politici nei Paesi dell’area mediterranea in seguito alla “Primavera Araba”, ha dimostrato all’opinione pubblica occidentale che i capi di Stato Europei appoggiano i loro partner africani perché, in cambio, depositano le ricchezze rubate al popolo nelle loro banche. (1)

39 - Situazione politica nel 1980 “Pap Khouma” – Africa

In Senegal di gente che se ne sta in giro senza combinare niente ce n’è tanta. Camminare lungo le strade bianche di Dakar è l’occupazione nazionale.

Il paese, è diviso in caste, è povero. Sempre più povero, perché dopo dieci anni di siccità la coltivazione delle arachidi è andata in crisi. Altri paesi le producono e i prezzi sono scesi.

C’è un governo socialista in Senegal. Ma non si riesce proprio a capire perché si chiami socialista. Il Senegal è povero e la gente protesta, ma sa che non otterrà mai nulla. La maggioranza non sa né leggere né scrivere.

Circolano molti giornali, ma finiscono sempre nelle mani degli stessi, che controllano tutto. Non è però vero che non ci sia interesse per la politica. Forse si discute più che in Europa. La gente ha sempre qualcosa da dire e una gran voglia di gridare contro qualcuno: tutti parlano e protestano, tutti alzano la voce.“ Protestare è la seconda occupazione nazionale”.

Ma il potere se ne disinteressa. In trent’anni s’è costruito piedi forti e può camminare ovunque e fare quello che vuole.

Nei villaggi si è diffusa la corruzione. Se arrivano soldi, li intasca chi è d’accordo con il governo. Per chiudere la bocca a chi si lamenta si usa la tattica del rinvio: “Vedremo domani, fratello, provvederemo domani”.

Tutto si perde nel vento, le proteste e le speranze. È come la sabbia nel deserto: pare che si debba sempre alzare, invece è sempre allo stesso posto.

L’Africa è governata male. Troppi profittatori. Puoi anche studiare e lavorare, ma non cambia, perché chi comanda non è disposto a concederti un po’ del suo spazio. Così la gente se ne deve andare.

Ha speranza solo se fugge, se riesce a raggiungere l’Europa. A lavorare sono in pochi. Tutti dipendono da loro. Per questo non si può tornare. Se torni vai solo ad aggiungerti ai tanti che vivono del lavoro dei pochi. (1)

40 – Conclusioni

Alla luce di quanto emerge dalle interviste raccolte, è emerso che le popolazioni migrano verso altri territori per avere una vita migliore con l’idea di ritornare poi nei loro paesi di origine. Il progetto migratorio non è mai stato inteso come definitivo, ma come provvisorio, in attesa che i governi diano la possibilità alle persone di vivere con un tenore di vita migliore di quello attuale.(1)

Molti preferiscono avere una vita di stenti in Italia per accumulare ricchezze nei loro paesi di origine, investono i loro guadagni in attività economiche o acquisti di beni immobili, in modo che al loro rientro abbiano un reddito sufficiente per vivere senza sacrifici.(2)

1– Da colloquio con Simal Magatte del 24-23.10.2014 c/o Sala Patronato via Palladio Marghera. E, testo: Ostaggio delle mie Società – Nessun sostegno dallo Stato di partenza – op.cit. pag. 65 -66.

Parte 9^