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1

π‘Ž 𝑏 𝑐

0

Esempio 3.1.5. Nel reticolo 𝑀3, gli elementi irriducibili sono i tre atomi 𝑃 = {π‘Ž, 𝑏, 𝑐} e 1 = π‘Ž ∨ 𝑏 =

π‘Žβˆ¨ 𝑐 = 𝑏 ∨ 𝑐 sono tre decomposizioni irridondanti di 1.

Esempio 3.1.6. Nella figura il poset degli elementi irriducibili Γ¨ 𝑃 = {π‘Ž, 𝑏, 𝑐, 𝑑} e 1 = π‘Ž ∨ 𝑏 ∨ 𝑐 = π‘Ž ∨ 𝑑 sono due decomposizioni irridondanti di 1 che hanno numero diversi di elementi, quindi il reticolo non Γ¨ modulare. 𝑑 1 𝑐 π‘Ž 𝑏

3.2

Reticoli semimodulari

Definizione 3.2.1. Un reticolo 𝐿 si dice semimodulare se per ogni π‘Ž, 𝑏 ∈ 𝐿 risulta:

π‘Žβˆ§ 𝑏 β‰Ί π‘Ž =β‡’ 𝑏 β‰Ί π‘Ž ∨ 𝑏. (3.4) Un reticolo 𝐿 Γ¨ semimodulare inferiormente se per ogni π‘Ž, 𝑏 ∈ 𝐿 risulta:

𝑏 β‰Ί π‘Ž ∨ 𝑏 =β‡’ π‘Ž ∧ 𝑏 β‰Ί π‘Ž. (3.5) Esempio 3.2.1. Il piΓΉ piccolo reticolo semimodulare (si verifica banalmente) che non Γ¨ modulare (contiene un sottoreticolo isomorfo a 𝑁5) Γ¨ quello il cui diagramma di Hasse Γ¨:

3.2 Reticoli semimodulari 32

Esempio 3.2.2. Definiamo il reticolo delle partizioni di un insieme finito.

Sia 𝐴 un insieme finito non vuoto e P ( 𝐴) l’insieme delle partizioni di 𝐴. Definiamo su P ( 𝐴) una relazione d’ordine ≀, detta raffinamento, nel modo seguente:

per ogni πœ‹, 𝜎 ∈ P ( 𝐴), πœ‹ ≀ 𝜎 ⇐⇒ per ogni blocco 𝑋 di πœ‹ esiste un blocco π‘Œ di 𝜎 tale che 𝑋 βŠ† π‘Œ in tal caso si dice che πœ‹ Γ¨ piΓΉ fine di 𝜎, o che 𝜎 Γ¨ meno fine di πœ‹.

CosΓ¬ P ( 𝐴) diviene un insieme parzialmente ordinato, il cui minimo Γ¨ la partizione discreta 0 := {{π‘₯}; π‘₯ ∈ 𝐴} mentre il massimo Γ¨ la partizione banale 1 := { 𝐴}. Di piΓΉ, P ( 𝐴) risulta essere un reticolo. Si puΓ² verificare che la relazione di copertura associata al raffinamento risulta essere:

per ogni πœ‹, 𝜎 ∈ P ( 𝐴), πœ‹ β‰Ί 𝜎 ⇐⇒ esistono due blocchi distinti 𝐴 e 𝐡 di πœ‹ tali che 𝐴 βˆͺ 𝐡 sia un blocco di 𝜎 mentre tutti i blocchi di 𝜎 diversi da 𝐴 βˆͺ 𝐡 sono anche blocchi di πœ‹.

A partire da questo fatto si dimostra che P ( 𝐴) Γ¨ dotato di rango e che per ogni partizione πœ‹ risulta che π‘Ÿ(πœ‹) = | 𝐴| βˆ’numero di blocchi di πœ‹. Quindi dato che la struttura di P ( 𝐴) dipende solo dalla cardinalitΓ  di 𝐴, indichiamo il reticolo con P (𝑛) dove 𝑛 = | 𝐴|.

Per ogni intero 𝑛, il reticolo delle partizioni P (𝑛) Γ¨ semimodulare, ma per 𝑛 > 3 non modulare.

Dimostrazione. Siano πœ‹, 𝜎 due partizioni tali che πœ‹ ∧ 𝜎 β‰Ί πœ‹ e πœ‹ ∧ 𝜎 β‰Ί 𝜎. Siano 𝐴1, . . . , π΄π‘˜ i blocchi

di πœ‹ ∧ 𝜎. Allora, per esempio, avremo che i blocchi di πœ‹ sono 𝐴1βˆͺ 𝐴2, 𝐴3, . . . , π΄π‘˜ e quindi quelli di 𝜎

possono essere 𝐴1, 𝐴2, 𝐴3βˆͺ 𝐴4, . . . , π΄π‘˜ oppure 𝐴1, 𝐴2βˆͺ 𝐴3, . . . , π΄π‘˜. Nel primo caso abbiamo

πœ‹βˆ¨ 𝜎 = { 𝐴1βˆͺ 𝐴2, 𝐴3βˆͺ 𝐴4, . . . , π΄π‘˜}

e nel secondo caso

πœ‹βˆ¨ 𝜎 = { 𝐴1βˆͺ 𝐴2βˆͺ 𝐴3, . . . , π΄π‘˜}.

In entrambi i casi risulta πœ‹ β‰Ί πœ‹ ∨ 𝜎 e 𝜎 β‰Ί πœ‹ ∨ 𝜎, dunque il reticolo Γ¨ semimodulare. Se 𝑛 > 3 consideriamo le due partizioni

πœ‹= {{π‘Ž, 𝑏}, 𝑆 βˆ’ {π‘Ž, 𝑏}}e 𝜎 = {{π‘Ž, 𝑐}, 𝑆 βˆ’ {π‘Ž, 𝑐}} con π‘Ž, 𝑏, 𝑐 elementi distinti. Si ha che πœ‹ ∨ 𝜎 = 1, mentre πœ‹ ∧ 𝜎 ha come blocchi {π‘Ž}, {𝑏}, {𝑐}, 𝑆 βˆ’ {π‘Ž, 𝑏, 𝑐}.

3.2 Reticoli semimodulari 33

In figura Γ¨ rappresentato il diagramma di Hasse del reticolo delle partizioni dell’insieme {π‘Ž, 𝑏, 𝑐, 𝑑}:

Si noti che un reticolo Γ¨ modulare se e solo se Γ¨ semimodulare e inferiormente semimodulare. Infatti, equivalentemente a quanto detto per i reticoli modulari, si ha:

Proposizione 3.2.1. Un reticolo Γ¨ semimodulare se e solo se per ogni π‘Ž, 𝑏 si ha che:

π‘Žβˆ§ 𝑏 β‰Ί π‘Ž, 𝑏 =β‡’ π‘Ž, 𝑏 β‰Ί π‘Ž ∨ 𝑏. (3.6) La proposizione duale definisce i reticoli semimodulari inferiormente.

Corollario 3.2.1. Sia 𝐿 un reticolo semimodulare. Allora

π‘₯β‰Ί 𝑦 =β‡’ π‘₯ ∨ 𝑧 = 𝑦 ∨ 𝑧 oppure π‘₯∨ 𝑧 β‰Ί 𝑦 ∨ 𝑧 per ogni π‘₯, 𝑦, 𝑧 ∈ 𝐿. In particolare, per ogni atomo 𝑝 e per ogni π‘Ž ∈ 𝐿 con 𝑝 6≀ π‘Ž, si ha π‘Ž β‰Ί π‘Ž ∨ 𝑝.

Lemma 3.2.1. Un reticolo semimodulare con catene finite soddisfa la condizione di Jordan-Dedekind. Dimostrazione. Proviamo per induzione che, se 𝐿 Γ¨ un reticolo semimodulare, la seguente affermazione Γ¨ vera per ogni π‘š β‰₯ 1:

𝑃(π‘š): Per ogni coppia (π‘Ž, 𝑏) di elementi di 𝐿, con π‘Ž < 𝑏, se esiste una catena massimale tra π‘Ž e 𝑏 di lunghezza π‘š, allora tutte le catene massimali tra π‘Ž e 𝑏 hanno lunghezza π‘š.

3.2 Reticoli semimodulari 34

β€’ Supponiamo vera P(m) per un dato π‘š > 1, e consideriamo π‘Ž, 𝑏 ∈ 𝐿 con π‘Ž < 𝑏, tali che esista una catena massimale di lunghezza π‘š + 1, π‘Ž = 𝑐0β‰Ί 𝑐1 β‰Ί Β· Β· Β· β‰Ί π‘π‘š= 𝑏 . Consideriamo un’altra catena

massimale tra π‘Ž e 𝑏 π‘Ž = 𝑑0β‰Ί 𝑑1β‰Ί Β· Β· Β· β‰Ί 𝑑𝑛= 𝑏.

– Se 𝑐1= 𝑑1allora applicando l’ipotesi induttiva sulla catena tra 𝑐1 e 𝑏 si ha che π‘š = 𝑛.

– Se invece 𝑐1β‰  𝑑1 si ha 𝑐1∧ 𝑑1= π‘Ž β‰Ί π‘₯1, 𝑑1e per (3.6) questo implica 𝑐1, 𝑑1β‰Ί 𝑐1∨ 𝑑1. Ora se 𝐢è una catena massimale tra 𝑐1∨ 𝑑1e 𝑏, allora 𝐢 βˆͺ {𝑐1}e 𝐢 βˆͺ {𝑑1}sono rispettivamente una catena massimale tra 𝑐1 e 𝑏 e 𝑑1 e 𝑏 che hanno entrambe lunghezza |𝐢| + 1. D’altra parte,

per l’ipotesi di induzione, la prima catena ha la stessa lunghezza di 𝑑1 β‰Ί 𝑑2β‰Ί Β· Β· Β· β‰Ί 𝑑𝑛 = 𝑏,

cioΓ¨ 𝑛; dunque π‘š = 𝑛.

 Si noti che anche i reticoli modulari soddisfano la (3.6) e quindi soddisfano la condizione di Jordan- Dedekind.

I reticoli che soddisfano la condizione di JD, se ammettono minimo, sono dotati di rango. Diamo ora una caratterizzazione dei reticoli modulari e semimodulari per mezzo di un’identitΓ  soddisfatta dalla loro funzione rango.

Teorema 3.2.1. Sia 𝐿 è un reticolo dotato di minimo 0.

β€’ 𝐿 Γ¨ semimodulare se e solo se possiede una funzione rango π‘Ÿ tale che per ogni π‘Ž, 𝑏 ∈ 𝐿 risulta:

π‘Ÿ(π‘Ž ∧ 𝑏) + π‘Ÿ (π‘Ž ∨ 𝑏) ≀ π‘Ÿ (π‘Ž) + π‘Ÿ (𝑏). (3.7) β€’ 𝐿 Γ¨ modulare se e solo se possiede una funzione rango π‘Ÿ tale che per ogni π‘Ž, 𝑏 ∈ 𝐿 risulta:

π‘Ÿ(π‘Ž ∧ 𝑏) + π‘Ÿ (π‘Ž ∨ 𝑏) = π‘Ÿ (π‘Ž) + π‘Ÿ (𝑏). (3.8) Dimostrazione. Un reticolo semimodulare dotato di minimo 0 possiede una funzione rango per 3.2.1. Per provare la tesi procediamo per induzione completa su π‘˜ := π‘Ÿ(π‘Ž) βˆ’ π‘Ÿ(π‘Ž ∧ 𝑏).

β€’ se π‘˜ = 1, si ha π‘Ž ∧ 𝑏 β‰Ί π‘Ž, per (3.6) abbiamo che 𝑏 β‰Ί π‘Ž ∨ 𝑏, da cui π‘Ÿ(π‘Ž ∨ 𝑏) = π‘Ÿ(𝑏) + 1. Quindi π‘Ÿ(π‘Ž ∧ 𝑏) + π‘Ÿ (π‘Ž ∨ 𝑏) = π‘Ÿ (π‘Ž) βˆ’ 1 + π‘Ÿ (𝑏) + 1e quindi (3.7) Γ¨ soddisfatta.

β€’ Supponiamo ora la (3.7) ver per ogni β„Ž ≀ π‘˜. Consideriamo due elementi π‘Ž, 𝑏 ∈ 𝐿 per cui π‘Ÿ(π‘Ž) βˆ’ π‘Ÿ(π‘Ž ∧ 𝑏) = π‘˜ + 1. Allora dato che l’elemento π‘Ž ∧ 𝑏 non puΓ² essere coperto da π‘Ž, esisterΓ  un elemento π‘₯ ∈ 𝐿 tae che π‘Ž ∧ 𝑏 < π‘₯ < π‘Ž. Questo implica π‘Ž ∧ 𝑏 ≀ π‘₯ ∧ 𝑏 ≀ π‘Ž ∧ 𝑏, da cui π‘₯ ∧ 𝑏 = π‘Ž ∧ 𝑏. Di conseguenza π‘Ÿ(π‘₯) βˆ’ π‘Ÿ(π‘₯ ∧ 𝑏) = π‘Ÿ(π‘₯) βˆ’ π‘Ÿ(π‘Ž ∧ 𝑏) ≀ π‘˜. Per ipotesi induttiva,

3.2 Reticoli semimodulari 35

ovvero,

π‘Ÿ(π‘₯ ∨ 𝑏) βˆ’ π‘Ÿ (π‘₯) ≀ π‘Ÿ (𝑏) βˆ’ π‘Ÿ (π‘Ž ∧ 𝑏). (3.9) Consideriamo ora i due elementi π‘Ž e π‘₯βˆ¨π‘. Per l’identitΓ  semimodulare risulta π‘Žβˆ§(π‘₯βˆ¨π‘) = (π‘Žβˆ§π‘)∨π‘₯ = π‘₯, dunque π‘Ÿ(π‘Ž ∧ (π‘₯ ∨ 𝑏)) βˆ’ π‘Ÿ(π‘Ž) = π‘Ÿ(π‘₯) βˆ’ π‘Ÿ(π‘Ž) ≀ π‘˜ (perchΓ¨ π‘Ž ∧ 𝑏 < π‘₯ < π‘Že π‘Ÿ(π‘Ž) βˆ’ π‘Ÿ(π‘Ž ∧ 𝑏) = π‘˜ + 1). Allora sempre per ipotesi induttiva,

π‘Ÿ(π‘Ž) + π‘Ÿ (π‘₯ ∨ 𝑏) ≀ π‘Ÿ (π‘Ž ∧ (π‘₯ ∨ 𝑏)) + π‘Ÿ (π‘Ž ∨ π‘₯ ∨ 𝑏) = π‘Ÿ (π‘₯) + π‘Ÿ (π‘Ž ∨ 𝑏) ovvero,

π‘Ÿ(π‘₯ ∨ 𝑏) βˆ’ π‘Ÿ (π‘₯) ≀ π‘Ÿ (π‘Ž ∨ 𝑏) βˆ’ π‘Ÿ (π‘Ž). (3.10) La tesi si ottiene confrontando (3.9) e (3.10).

Viceversa, supponiamo che il reticolo 𝐿 possieda una funzione rango π‘Ÿ tale che per ogni π‘Ž, 𝑏 ∈ 𝐿 valga (3.7). Supponiamo che gli elementi π‘Ž, 𝑏 ∈ 𝐿 siano tali che π‘Ž ∧ 𝑏 β‰Ί π‘Ž, allora π‘Ÿ(π‘Ž) = π‘Ÿ(π‘Ž ∧ 𝑏) + 1. Per la (3.7) ho che π‘Ÿ(π‘Ž ∨ 𝑏) ≀ π‘Ÿ(𝑏) + 1 quindi π‘Ÿ(𝑏) β‰₯ π‘Ÿ(π‘Ž ∨ 𝑏) βˆ’ 1. Siccome π‘Ž ∨ 𝑏 β‰₯ 𝑏 e quindi π‘Ÿ(π‘Ž ∨ 𝑏) β‰₯ π‘Ÿ(𝑏), necessariamente π‘Ÿ(𝑏) = π‘Ÿ(π‘Ž ∨ 𝑏) βˆ’ 1 che implica 𝑏 β‰Ί π‘Ž ∨ 𝑏.

Per dimostrare la (3.8) si procede in modo analogo.  Esempio 3.2.3. Abbiamo visto che il reticolo dei sottospazi vettoriali di uno spazio vettoriale 𝑉 Γ¨ modulare. In particolare tale reticolo Γ¨ dotato di una funzione rango π‘Ÿ tale che per ogni sottospazio π‘ˆ di 𝑉 si ha π‘Ÿ (π‘ˆ) = π‘‘π‘–π‘š (π‘ˆ). Dunque la (3.8) Γ¨ l’identitΓ  di Grassmann.

Un classico esempio di reticoli semimodulari sono quelli definiti da un insieme e da un operatore di chiusura che soddisfa l’assioma di scambio di Steinitz. Ricordiamo che una mappa 𝐴 ↦→ 𝐴 Γ¨ chiamata operatore di chiusura se per ogni 𝐴, 𝐡 βŠ† 𝑆:

1. 𝐴 βŠ† 𝐴,

2. 𝐴 βŠ† 𝐡 =β‡’ ¯𝐴 βŠ† 𝐡, 3. 𝐴 = 𝐴.

Un insieme 𝐴 βŠ† 𝑆 tale che 𝐴 = 𝐴 si dice che Γ¨ chiuso. Una famiglia costituita da insiemi chiusi Γ¨ un reticolo completo ordinato dall’inclusione con le operazioni di 𝑠𝑒𝑝 e di 𝑖𝑛 𝑓 definite da

𝐴∧ 𝐡 = 𝐴 ∩ 𝐡 e 𝐴∨ 𝐡 = 𝐴 βˆͺ 𝐡.

Quindi l’intersezione di insiemi chiusi Γ¨ ancora un insieme chiuso e 𝐴 βˆͺ 𝐡 Γ¨ il piΓΉ piccolo insieme chiuso che contiene sia 𝐴 che 𝐡.

Se inoltre la mappa 𝐴 ↦→ 𝐴 soddisfa l’assioma di Steinitz,ovvero per ogni 𝐴 βŠ† 𝑆, 𝑝, π‘ž ∈ 𝑆:

3.2 Reticoli semimodulari 36

allora il reticolo completo costituito dai sottoinsiemi chiusi di 𝑆 Γ¨ semimodulare.

Esempio 3.2.4. R2= {(π‘Ž, 𝑏); π‘Ž, 𝑏 ∈ R} puΓ² essere visto sia come spazio vettoriale di dimensione 2,ovvero R2 = 𝑠 π‘π‘Žπ‘›( (0, 1), (1, 0)), sia come piano affine. In entrambi i casi il concetto di chiuso coincide con il concetto di sosttospazio.

β€’ Nel primo caso abbiamo che i sottospazi di R2 sono

– il vettore nullo,

– le rette che passano per l’origine, – l’intero piano.

La chiusura di un insieme costituito da due punti diversi dall’origine Γ¨ la retta per i due punti se questi sono allineati con l’origine, tutto il piano in caso contrario. Quindi la chiusura di {(1, 0), (0, 1)} coincide con tutto il piano. In questo caso il reticolo dei chiusi Γ¨ modulare.

β€’ Nel secondo caso i sottospazi di R2 sono

– i punti, – le rette, – l’intero piano.

In questo caso, la chiusura dell’insieme costituito da due punti distinti Γ¨ l’insieme costituito da tutte le combinazioni lineari dei due punti con coefficienti la cui cui somma Γ¨ 1. Quindi in ogni caso Γ¨ la retta passante per i due punti. In questo caso il reticolo dei chiusi Γ¨ semimodulare. Si hanno quindi due operatori di chiusura diversi che operano sullo stesso insieme.

Capitolo 4

Reticoli geometrici

4.1

Reticoli geometrici e matroidi

Definizione 4.1.1. Un reticolo Γ¨ geometrico se Γ¨ 1. atomico

2. semimodulare 3. con catene finite

Per comprendere meglio la definizione diamo la rappresentazione di alcuni reticoli attraverso il loro diagramma di Hasse.

Figura 4.1: Reticolo atomico che non Γ¨ semimodulare: π‘₯ ∧ 𝑦 β‰Ί π‘₯, 𝑦 ma π‘₯, 𝑦 β‰Ί π‘₯ ∨ 𝑦

π‘₯∧ 𝑦

π‘₯ 𝑦

π‘₯∨ 𝑦

4.1 Reticoli geometrici e matroidi 38

Figura 4.2: Reticolo semimodulare che non Γ¨ atomico

Figura 4.3: Reticolo che non è nè atomico nè semimodulare

π‘₯∧ 𝑦

π‘₯ 𝑦

π‘₯∨ 𝑦

Esempio 4.1.1. Le algebre di Boole finite e i reticoli di sottospazi di uno spazio vettoriale di dimensione finita sono reticoli geometrici.

Consideriamo adesso il reticolo delle partizioni di un qualunque insieme finito P (𝑛) e dimostriamo che tale reticolo Γ¨ geometrico. Abbiamo giΓ  dimostrato in 3.2.2 che P (𝑛) Γ¨ semimodulare, quindi rimane da mostrare che P (𝑛) Γ¨ atomico. Gli atomi di P (𝑆), con |𝑆| = 𝑛, sono tutte le partizioni aventi un solo blocco di cardinalitΓ  due e tutti gli altri di cardinalitΓ  uno, ovvero πœ‹a,b= {{π‘Ž, 𝑏}, {𝑐}, {𝑑}, . . . }. Quindi se

πœ‹ Γ¨ una partizione arbitraria di 𝑆 si puΓ² scrivere come estremo superiore degli atomi il cui unico blocco di due elementi Γ¨ contenuto in un blocco di πœ‹, ovvero πœ‹ =Γ”

a,bπœ‹a,b. Vediamo una prima caratterizzazione dei reticoli geometrici:

Proposizione 4.1.1. Un reticolo 𝐿 dotato di minimo 0 con catene finite Γ¨ geometrico se e solo se per ogni π‘Ž, 𝑏 ∈ 𝐿 risulta:

π‘Žβ‰Ί 𝑏 ⇐⇒ esiste un atomo 𝑝 con 𝑝 6≀ π‘Ž e 𝑏 = π‘Ž ∨ 𝑝.

Dimostrazione. Sia 𝐿 un reticolo geometrico, in particolare 𝐿 Γ¨ atomico. Dunque presi π‘Ž, 𝑏 ∈ 𝐿 si ha che esistono 𝑝1, . . . , 𝑝k, π‘ž1, . . . , π‘žs atomi di 𝐿 tali che

π‘Ž= 𝑝1∨ Β· Β· Β· ∨ 𝑝k 𝑏= π‘ž1∨ Β· Β· Β· ∨ π‘žs.

β€’ Se π‘Ž β‰Ί 𝑏 allora esiste un atomo π‘žt tale che π‘žt6≀ π‘Ž ma π‘žt≀ 𝑏. Siccome 𝐿 Γ¨ semimdulare

4.1 Reticoli geometrici e matroidi 39

Siccome π‘Ž ≀ 𝑏, π‘žt≀ 𝑏 si ha

π‘Žβ‰Ί π‘Ž ∨ π‘žt≀ 𝑏. Ma π‘Ž β‰Ί 𝑏 quindi necessariamente 𝑏 = π‘Ž ∨ π‘žt.

β€’ Se invece 𝑏 = π‘Ž ∨ 𝑝, con 𝑝 atomo tale che 𝑝 6≀ π‘Ž per la semimodularitΓ  del reticolo segue che π‘Ž β‰Ί 𝑏. Viceversa supponiamo che valga: π‘Ž β‰Ί 𝑏 ⇐⇒ esiste un atomo 𝑝 con 𝑝 6≀ π‘Ž e 𝑏 = π‘Ž ∨ 𝑝, allora

β€’ 𝐿 Γ¨ atomico:

preso π‘Ž ∈ 𝐿 vogliamo mostrare che π‘Ž Γ¨ 𝑠𝑒𝑝 di atomi del reticolo. Ragioniamo per induzione sulla lunghezza della catena massimale da 0 ad π‘Ž. Se π‘Ž Γ¨ un atomo, allora π‘Ž Γ¨ sup di se stesso. Se π‘Ž non Γ¨ un atomo esiste un elemento π‘Ž0 nella catena coperto da π‘Ž. Applicando l’ipotesi induttiva

sulla catena massimale di estremi 0 e π‘Ž0 abbiamo che π‘Ž0 si scrive come 𝑠𝑒𝑝 di atomi, quindi

π‘Ž0 = π‘ž1∨ . . . π‘žn con π‘ži atomi. Siccome π‘Ž0 β‰Ί π‘Ž grazie all’ipotesi del teorema si ha che esiste un atomo 𝑝 6≀ π‘Ž0tale che π‘Ž = π‘Ž0∨ 𝑝 = π‘ž

1∨ . . . π‘žn∨ 𝑝.

β€’ 𝐿 Γ¨ semimodulare:

siano π‘Ž, 𝑏 ∈ 𝐿 tali che π‘Ž ∧ 𝑏 β‰Ί π‘Ž allora esiste un atomo 𝑝 6≀ π‘Ž ∧ 𝑏 tale che π‘Ž = (π‘Ž ∧ 𝑏) ∨ 𝑝. Allora π‘Žβˆ¨ 𝑏 = (π‘Ž ∧ 𝑏) ∨ 𝑝 ∨ 𝑏 = 𝑏 ∨ 𝑝. Quindi, grazie all’ipotesi del teorema, 𝑏 β‰Ί π‘Ž ∨ 𝑏.

 In altre parole, in un reticolo geometrico, presi comunque due elementi π‘Ž, 𝑏 con π‘Ž ≀ 𝑏, si ha una corrispondenza biunivoca tra ogni catena massimale π‘Ž = π‘₯0β‰Ί π‘₯1 β‰Ί Β· Β· Β· β‰Ί π‘₯π‘˜ = 𝑏 e una successione finita

di atomi 𝑝1, 𝑝2, . . . tale che

𝑝𝑖6≀ π‘₯π‘–βˆ’1 βˆ€π‘– e π‘₯1= π‘Ž ∨ 𝑝1, π‘₯2= π‘₯1∨ 𝑝2, . . ..

In particolare il rango di un elemento π‘Ž del reticolo si puΓ² scrivere come π‘Ÿ(π‘Ž) = π‘šπ‘–π‘›{π‘˜; π‘Ž = 𝑝1∨ Β· Β· Β· ∨ π‘π‘˜; 𝑝1, . . . π‘π‘˜ atomi}.

Definizione 4.1.2. Sia 𝑆 Γ¨ un insieme arbitrario, e 𝐼 una collezione di sottoinsiemi di 𝑆 tali che : 1. 𝐼 β‰  βˆ…,

2. βˆ€π΄ ∈ 𝐼, 𝐡 βŠ† 𝐴 =β‡’ 𝐡 ∈ 𝐼 (ovvero I Γ¨ una collezione chiusa rispetto l’inclusione), 3. βˆ€π΄, 𝐡 ∈ 𝐼 tali che | 𝐴| > |𝐡| esiste π‘₯ ∈ 𝐴 r 𝐡 tale che 𝐡 βˆͺ {π‘₯} ∈ 𝐼 (proprietΓ  di scambio), allora la coppia (𝑆, 𝐼) si dice matroide degli indipendenti di 𝑆.

𝑆 viene chiamato insieme ambiente della matroide ed 𝐼 insieme degli indipendenti della matroide. Si osservi che:

4.1 Reticoli geometrici e matroidi 40

β€’ ogni sottoinsieme di un indipendente Γ¨ a sua volta un indipendente,

β€’ se 𝐴 e 𝐡 sono due insiemi indipendenti e 𝐴 possiede piΓΉ elementi di 𝐡, allora esiste un elemento in 𝐴 ma non in 𝐡 tale che aggiunto a 𝐡 porta a un altro insieme indipendente.

Un sottoinsieme indipendente massimale viene chiamato base della matroide M,

un sottoinsieme di 𝑆 che non Γ¨ indipendente viene detto dipendente, inoltre se il sottoinsieme dipendente Γ¨ minimale viene detto circuito.

Si puΓ² inoltre definire un operatore di chiusura πœ™ sull’insieme degli indipendenti: se 𝐴 βŠ† 𝑆 allora πœ™ amplia 𝐴 aggiungendo ad 𝐴 tutti gli elementi π‘₯ ∈ 𝑆 r 𝐴 in modo tale che esista un circuito 𝐢 di M che contiene π‘₯ e che Γ¨ contenuto nell’unione di 𝐴 βˆͺ {π‘₯}.

Esempio 4.1.2. Sia 𝐸 un insieme, π‘˜ ∈ N. I sottoinsiemi di 𝐸 con al piΓΉ π‘˜ elementi costituiscono gli insiemi indipendenti di una matroide definita su 𝐸 ,infatti:

β€’ per ogni π‘˜ ∈ N, βˆ… non ha piΓΉ di π‘˜ elementi,

β€’ ogni sottoinsieme di un insieme che ha al piΓΉ π‘˜ elementi, ha al piΓΉ π‘˜ elementi,

β€’ Se |𝐴| > |𝐡| allora 𝐴 deve contenere qualche elemento π‘₯ βˆ‰ 𝐡. Dato che 𝐡 ha cardinalitΓ  al piΓΉ π‘˜βˆ’ 1 allora aggiungendo π‘₯ a 𝐡 si mantiene l’indipendenza.

Definizione 4.1.3. Sia 𝑆 un insieme e πœ™ : 𝐴 ↦→ 𝐴 un operatore di chiusura definito su B (𝑆) tali che: 1. π‘Ž βˆ‰ 𝐴, π‘Ž ∈ 𝐴 βˆͺ 𝑏 =β‡’ 𝑏 ∈ 𝐴 βˆͺ π‘Ž (proprietΓ  di scambio di Steinitz);

2. per ogni 𝐴 βŠ† 𝑆 esiste 𝐡 βŠ† 𝐴, 𝐡 finito, tale che 𝐡 = 𝐴 (proprietΓ  della base finita); allora la coppia (𝑆, πœ™) si chiama matroide della chiusura sull’insieme 𝑆 e si indica con M (𝑆). Inoltre M (𝑆) Γ¨ detta semplice se:

βˆ… = βˆ… e 𝑝= 𝑝 per ogni 𝑝 ∈ 𝑆 (proprietΓ  di semplicitΓ ).

Si dimostra che la matroide della chiusura Γ¨ equivalente ad una matroide di indipendenti il cui operatore di chiusura definito sugli insiemi indipendenti coincide con l’opertore di chiusura appena introdotto. Abitualmente si usa denotare con M la matroide M(𝑆) se Γ¨ chiaro l’insieme sul quale Γ¨ definita la matroide. Quando si deve trattare con una matroide si puΓ² scegliere se definirla mediante il suo operatore di chiusura oppure mediante i suoi insiemi indipendenti.

Esempio 4.1.3. Uno spazio vettoriale di dimensione finita 𝑉 , con l’usuale chiusura lineare (ovvero per ogni π‘ˆ βŠ† 𝑉 si ha che π‘ˆ Γ¨ il sottospazio generato da π‘ˆ) Γ¨ una matroide semplice. Lo stesso vale per uno spazio affine con dimensione finita, con la chiusura affine.

Teorema 4.1.1 (Birkhoff-Whitney). Il reticolo dei chiusi della matroide M(π‘ˆ) sull’insieme π‘ˆ , che indicheremo con L (π‘ˆ), Γ¨ geometrico. Viceversa, se 𝐿 Γ¨ un reticolo geometrico, l’insieme π‘ˆ dei suoi atomi con l’operatore di chiusura πœ™ : 𝐴 ↦→ 𝐴 := { 𝑝 ∈ π‘ˆ; 𝑝 ≀ ∨𝐴} Γ¨ una matroide semplice; inoltre, il reticolo dei chiusi di questa matroide Γ¨ isomorfo a 𝐿 attraverso l’isomorfismo πœ“ : 𝐿 β†’ L (π‘ˆ); πœ“ (π‘₯) = { 𝑝 ∈ π‘ˆ; 𝑝 ≀ π‘₯}.

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