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La ricerca in Notturno indiano (1984) e Il filo dell’orizzonte (1986)

3 Malinconia, arte e letteratura: tra bisogno e rappresentazione

4.4 La ricerca in Notturno indiano (1984) e Il filo dell’orizzonte (1986)

Notturno indiano e Il filo dell’orizzonte sono due romanzi di Antonio Tabucchi che

hanno una forte connessione tematica. Le trame di entrambi i testi sono sviluppate attorno al motivo della ricerca. Le storie dei due protagonisti, Roux e Spino, sono mosse dalla ricerca di due identità che non sono mai chiare. I due sembrano all’inseguimento di due ombre. Roux cerca, compiendo un viaggio in India, Xavier, un amico sparito da circa un anno. Spino invece, che lavora presso un obitorio, è ossessionato dalla ricerca dell’identità di un giovane ragazzo morto, del quale è ignota ogni informazione. Il percorso delle due ricerche non è affatto lineare, come di frequente nei testi di Tabucchi (si veda a proposito Requiem e Per Isabel). Queste opere inoltre sono composte da trame con plurimi significati, dove personaggi, situazioni assumono sempre differenti validità rispetto a quelle apparenti. Si tratta, tra le altre cose, di due romanzi davvero “ermetici”, due testi tra i più brevi di Antonio Tabucchi, e densi di significati proprio per questa stratificazione di verità. Ad esempio, partendo dagli obiettivi delle ricerche, queste assumono significati oltre quello più immediato. Dietro la ricerca di questi personaggi-ombre vi è un malessere dei soggetti, un bisogno di ricercare, che va oltre l’identità dei soggetti cercati.

Marta Niccolai nel suo saggio intitolato E' una menzogna! Esplorando il

trattamento della finzione in "Notturno indiano e Il filo dell'orizzonte di" Antonio Tabucchi, mette in evidenza l’equivoco, la menzogna che sottostanno alla trama dei

due romanzi Notturno indiano e Il filo dell’orizzonte. In particolare, è considerato come la ricerca dell’altro, per Roux dell’amico Xavier, per Spino dell’identità del giovane venticinquenne morto, sia fittizia. Ciò che i due protagonisti cercano è in realtà sé stessi.

“Quello che spesso fa Tabucchi è dimostrare il diritto e il rovescio della trama. Per esempio Spino, che in II filo dell'orizzonte (1991) cerca di scoprire l'identità di un morto, e Roux, che in Notturno indiano (1995) cerca un amico scomparso di nome Xavier, in realtà cercano se stessi. Il lettore finisce per seguire due trame e trovarsi immerso nel rapporto

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tra il soggetto e il suo doppio. La ricerca si sgrana attorno al viaggio—un topos ricorrente nella narrativa tabucchiana—non solo come esperienza di vita ma anche come metafora dell'altrove inteso come l'andare verso l'altro, e, a un livello più profondo, all'interno di sé.”185

Sulle identità delle persone cercate non vi è molto da dire: i dati sono quasi assenti e comunque il focus della ricerca ad un certo punto della trama si dissolve. Il divagare dei protagonisti si fa sempre più ampio e difficoltoso, e acquista sempre nuovi significati e direzioni. Si veda ad esempio il viaggio del protagonista di Notturno

indiano. Questo è molto affine a quello dei protagonisti di Requiem e Per Isabel: il

soggetto infatti, lungo il suo percorso, incontrerà vari personaggi coi quali intratterrà dei dialoghi che andranno ben oltre l’obiettivo della ricerca iniziale. Ogni incontro è rivelatore, e andrà a comporre il tassello nel complesso percorso che si dispiegherà durante il romanzo. Antonio Tabucchi in questo romanzo riesce a inserire grandi interrogativi e motivi molto più ampi di quelli che riguardano il tema ben preciso del romanzo. Ad esempio riguardo il motivo del viaggio, del movimento, e anche della vita stessa, il personaggio affronta un dialogo con un uomo incontrato su un battello notturno, durante il quale si sviluppano domande esistenziali.

“<<Che cosa ci facciamo dentro questi corpi>>, disse il signore che si stava preparando a stendersi nel letto vicino al mio. […] <<Forse ci viaggiamo dentro>>, dissi io. Doveva essere passato un po’ di tempo dalla sua prima frase, mi ero perduto in considerazioni lontane: qualche minuto di sonno, forse. Ero molto stanco. Lui disse: <<come ha detto?>>. <<Mi riferivo ai corpi>>, dissi io, <<forse sono come valigie, ci trasportiamo noi stessi>>.”186

Il movimento derivato dalla ricerca dell’amico Xavier, che poi non sarà mai l’obiettivo principale, conduce il protagonista verso un proprio percorso. Il soggetto si pone domande, riflette sull’ambiente che lo circonda nelle situazioni in cui si ritrova. Soprattutto riflette su di sé, e sulla strada che sta percorrendo. Ad un certo punto della

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Marta Noccolai, E' una menzogna! Esplorando il trattamento della finzione in "Notturno indiano e Il

filo dell'orizzonte di" Antonio Tabucchi in Italica, American Association of Teachers of Italian, Vol. 89, No.

3, autunno 2012, p. 371

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Antonio Tabucchi, Donna di Porto Pim/ Notturno indiano/ I volatili del Beato Angelico/ Sogni di sogni, Sellerio, Palermo, 2013, p. 115

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narrazione, quasi subito, è lo stesso protagonista a ridefinire la ricerca che sta conducendo.

“<<È un pellegrinaggio?>>, chiese lui. Dissi di no. O meglio, sì, ma non nel senso religioso del termine. Semmai era un itinerario privato, come dire?, cercavo solo delle tracce.”187

Maggiormente rivelatore per il protagonista è poi un incontro con un indovino. Durante questo incontro il protagonista parla con un ragazzo e il suo fratellino che interpreta il karma, “la somma delle nostre azioni”, e l’atma, “l’anima individuale”. Le domande del protagonista si fanno sempre più intime e personali. Gli interrogativi ora iniziano ad essere direzionati sulla propria identità.

“<<E allora se io sono un altro vorrei sapere dov’è il mio atma, dove si trova ora>>. <<Prova a chiedergli se dieci rupie lo aiuterebbero>>. <<Dice che non è una questione di rupie>>, tradusse il ragazzo, <<tu non ci sei, non può dirti dove sei>>.”188

La trama del romanzo inizia a palesare un dubbio riguardo l’identità del protagonista. Il personaggio infatti sta cercando un altro individuo, ma attraverso questa ricerca delinea un percorso in cui rileva quanto sia la sua identità da mettere in dubbio e ricercare. È questo un personaggio certamente malinconico: canalizza infatti le sue preoccupazioni e inquietudini nel movimento per la ricerca dell’amico. In realtà qui la malinconia non è palesata come in altri testi di Tabucchi. Ma osservando bene le movenze del personaggio, la sua inquietudine, gli interrogativi, la ricerca stessa dell’amico e poi di sé, si intravedono quegli atteggiamenti affini al sentimento malinconico. Solo in una parte del testo è presente in maniera palese il sentimento del soggetto. Quasi raggiunto il termine della sua ricerca, il personaggio annuncia l’arrivo della malinconia.

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Antonio Tabucchi, Donna di Porto Pim/ Notturno indiano/ I volatili del Beato Angelico/ Sogni di sogni, Sellerio, Palermo, 2013, p. 117

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Antonio Tabucchi, Donna di Porto Pim/ Notturno indiano/ I volatili del Beato Angelico/ Sogni di sogni, Sellerio, Palermo, 2013, p. 135

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“La luna era già bella alta e si rifletteva nel fiume. Ora stava arrivando la malinconia, come avevo previsto.”189

In conclusione il protagonista scombinerà le carte di tutto il percorso. In un dialogo con l’ultimo personaggio incontrato, Christine, renderà manifesta l’ambiguità che concerne chi è cercato e chi cerca. Fin qui pare chiaro che il protagonista, che coincide col narratore, è il ricercatore della storia. Ma a questo punto della narrazione i ruoli si sovrappongono e si scombinano, intensificando quelli che erano sin dall’inizio l’ambiguità, l’equivoco, propri di questo romanzo. Vi è un dialogo metanarrativo: il protagonista-narratore parla di un libro che ha intenzione di scrivere (che è appunto questo romanzo). Nella trama progettata lui è un personaggio che si è perso in India che viene cercato ossessivamente da un altro individuo; scopre questa ricerca e a sua volta insegue l’altro, lo pedina, lo tiene sotto controllo. L’interlocutrice chiede “ma lei

chi è?” e, per l’ennesima volta, la cosa non viene chiarita. Il punto è che il protagonista

non sa chi è: sta vivendo in funzione della ricerca di un’identità, per la quale non è poi così interessato. Il soggetto parlerà poco di Xavier e dedicherà molto tempo a riflessioni e interrogativi propri. Nel dialogo con l’ultima interlocutrice inoltre il narratore parla di sé nella trama del suo futuro libro in terza persona, e spiega i vaghi e confusi motivi che stanno realmente alla base della sua ricerca.

“<<E lui perché la sta cercando con tanta insistenza?>>. <<Chi lo sa>>, dissi io, <<è difficile saperlo, questo non lo so neppure io che scrivo. Forse cerca un passato, una risposta a qualcosa. Forse vorrebbe afferrare qualcosa che un tempo gli sfuggì. In qualche modo sta cercando se stesso. Voglio dire, è come se cercasse se stesso, cercando me: nei libri succede spesso così, è letteratura>>.”190

In conclusione infatti i due soggetti, il ricercatore e il ricercato con ruoli ora non più ben chiari, si incontrano ma non entrano neppure in contatto. Nell’essersi trovati hanno risolto la loro quête, nel ricercare sé stessi attraverso l’altro. Nel trovare piccoli

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Antonio Tabucchi, Donna di Porto Pim/ Notturno indiano/ I volatili del Beato Angelico/ Sogni di sogni, Sellerio, Palermo, 2013, p. 152

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Antonio Tabucchi, Donna di Porto Pim/ Notturno indiano/ I volatili del Beato Angelico/ Sogni di sogni, Sellerio, Palermo, 2013, p. 158

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frammenti di esistenza in ogni tappa del percorso hanno attivato una ricerca di sé, che era forse a sua volta la vera soluzione della storia.

Anche Spino, il protagonista del romanzo Il filo dell’orizzonte, è un uomo malinconico. Per l’argomentazione di ciò non è necessario ricercare conferme nel testo. Già Antonio Tabucchi, in Autobiografie altrui, mette in evidenza come la personalità del protagonista sia caratterizzata proprio dall’essere un homo

melancholicus.

“Spino è un atrabile tranquillo, un classico homo melancholicus (condizione evidenziata peraltro in tutto il romanzo). Alla fine, il suo umore melancolico, la sua atra bilis, si è trasformato in humor, in ciò che Pirandello chiama “umorismo”. In tale luce potremmo vedere nell’indagine che Spino fa una sorta di elaborazione di una malattia (una depressione?).”191

Come si è detto già in precedenza, la ricerca iniziale che vede come oggetto l’identità del giovane ragazzo defunto è solo un escamotage per una ricerca altra. Spino è un uomo malinconico, stanco della sua vita. Ha un rapporto con una donna che non si sviluppa in alcuna direzione, giustificando la propria inerzia per l’età ormai adulta. Vive una vita in perenne contatto con la morte: voleva essere un medico ed invece si ritrova ad essere un assistente in obitorio. Non è soddisfatto della propria vita, ma al contempo non fa nulla per modificarla. La morte del giovane ragazzo anonimo e la sua identità sconosciuta saranno fattori scatenanti, che lo condurranno in una ricerca che si rivelerà quella della propria identità. Probabilmente Spino riconosce che non ha mai realizzato a pieno il proprio Io. La ricerca diventa fonte di molti interrogativi per il personaggio malinconico, che possiede latente un bisogno di sommuovere il proprio Io e trovare una catarsi. Seguendo i segni lasciati dal giovane defunto nella sua oscura vita, Spino incontra Harpo, un pianista jazz. Durante il dialogo con questo personaggio si percepiscono le vere motivazioni che muovono questa ricerca. Spino sente che sia necessario ricostruire l’identità del giovane ignoto, sentendo come un macigno il peso della propria identità labile, non definita.

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“ “Chi è lui per te?”, ha chiesto piano, “è uno sconosciuto, non conta niente nella tua vita”. Parlava in un bisbiglio, era impacciato e le sue mani erano nervose. “E tu?”, gli ha detto Spino, “tu chi sei per te? Lo sai che se un giorno tu volessi saperlo dovresti cercarti in giro, ricostruirti, frugare in vecchi cassetti, recuperare testimonianze di altri, impronte disseminate qua e là e perdute? È tutto buio, bisogna andare a tentoni.” “ 192

In quel giovane corpo giunto in obitorio quella notte, in quell’identità sconosciuta, Spino inevitabilmente vede sé stesso. Si ritrova davanti una metafora della propria vita: i sogni infranti, una vita non più viva, un’identità non identificabile. È Sara, la sua fidanzata, che guardando la foto sul giornale, rileva superficialmente la somiglianza estetica tra Spino e il giovane sconosciuto morto. È questo un elemento che avvicina al motivo davvero centrale di questa ricerca, fatta di più significati. Oltre a voler dare dignità a quel giovane che stava perdendo la propria identità, Spino trova in lui un mezzo, un modo per cercare sé stesso, per proiettare su quel giovane la propria identità. Marta Niccolai, nel saggio già citato, mette in evidenza questo importante dato.

“La foto sul giornale del ragazzo senza nome che ricorda a Sara uno Spino giovane: "con la barba e venti anni di meno potresti essere tu", offre a Spino il corpo di cui aveva bisogno per cercarsi, e per 'dare corpo' alle sue frustrazioni esistenziali di una vita cristallizzata e stanca.”193

Spino dunque, in questa quête, in questa ricerca labirintica e senza via di uscita, deve in realtà trovare una propria catarsi. Durante la ricerca riflette su di sé, su i grandi interrogativi dell’esistenza, proprio come il protagonista di Notturno indiano. Il focus della ricerca è mobile, non rimane sull’obiettivo iniziale. Assistiamo qui al decorso della “malattia” malinconica che affligge Spino. Il sentire inquieto, insoddisfatto, malinconico del protagonista lo induce a trovare nella morte di quel giovane sconosciuto un punto di svolta. Inizia la krisis, proiettata sulla ricerca di quella identità

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Antonio Tabucchi, Il filo dell’orizzonte, Feltrinelli, Milano, ottobre 2007, p. 80

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Marta Noccolai, E' una menzogna! Esplorando il trattamento della finzione in "Notturno indiano e Il

filo dell'orizzonte di" Antonio Tabucchi in Italica, American Association of Teachers of Italian, Vol. 89, No.

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che rimarrà sconosciuta. Non giungerà ad una soluzione la quête iniziale, che aveva come obiettivo il risolvere quel caso sull’identità ignota. Ma la risata finale segna la conclusione del testo e della ricerca. Spino ha portato a termine il “decorso” della malattia, ha trovato la sua catarsi, la liberazione da ciò che prima lo rendeva insofferente. Si trova sostegno a questa tesi proprio nelle parole di Antonio Tabucchi nuovamente in Autobiografie altrui.

“Spino ha compiuto tutto il decorso della malattia. Giunto alla fine si è liberato dalla depressione, ne è uscito. Ride. A questo punto la sua storia non interessa più, perché l’oggetto della narrazione era proprio il decorso della sua malattia. Una volta esaurita, su di lui può calare il sipario. Il “dramma” si conclude con una risata.”194

In questi due romanzi Antonio Tabucchi dà vita a delle ricerche che mostrano una manifestazione dinamica di malinconia. Nel narrare queste quête esistenziali, Tabucchi da spazio a quello che è il complesso rapporto dell’uomo con la propria identità, filtrata dalla realtà che lo circonda. L’inquietudine, l’insoddisfazione, la messa in dubbio di ogni certezza vanno così a sfociare in movimento, in esigenza di ricerca, di liberazione e realizzazione di sé.