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Alla ricerca di nuovi strumenti d’azione sindacale: auto-organizzazione e coalizioni social

Nel documento Guarda V. 4 N. 1 (2018) (pagine 69-75)

Alla ricerca di tutele collettive per i lavoratori digitali: organizzazione, rappresentanza, contrattazione

3. Alla ricerca di nuovi strumenti d’azione sindacale: auto-organizzazione e coalizioni social

Se non è inverosimile immaginare un intervento di sostegno del legislatore all’azione sindacale delle organizzazioni dei lavoratori digitali, la vera sfida per tali aggregazioni spontanee è la creazione di una rete nazionale ed europea che sia in grado di intercettare e sintetizzare gli interessi collettivi, superando particolarismi locali in favore di un coordinamento globale ed

28 Cfr. art. 23 Dichiarazione Universale dei Diritti Umani; art. 22 Patto internazionale di

Diritti Civili e Politici; art. 8 Patto Internazionale dei Diritti Economici, Sociali e Culturali; Convenzioni OIL n. 87 e n. 98.

29 Cfr. B. Caruso, I diritti sociali fondamentali dopo il Trattato di Lisbona (tanto tuonò che piovve),

in CSDLE, int., n. 81/2010; B. Caruso - A. Alaimo, Dopo la politica i diritti: l'Europa "sociale" nel

Trattato di Lisbona, in CSDLE, int., n. 82/2010

30 Cfr. art. 28 della Carta 31 Cfr. art. 53 Carta

32 G. Bronzini, Diritto alla contrattazione collettiva e diritto di sciopero nell'alveo protettivo della

CEDU: una nuova frontiera per il garantismo sociale in Europa?, RIDL, 2009, I, p. 975 ss.; M. Merino, Le renforcement de la protection de la liberté syndacale par la Cour EDH, Revue trimestrelle des droits de l'homme, 2007, p. 481 ss.; G. Zagrebelsky, Corti costituzionali e diritti universali, RTDP, 2006, p. 297

ss.

33 Il rifeirmento è a C. edu 12 novembre 2008, Demir and Baykara c. Turchia, application

n. 34503/97, in www.federalismi.it. Sul punto cfr. la recente riflessione di M.V. Ballestrero, La

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unitario, e di imporre alle piattaforme innovative forme di contrattazione volte a definire standard minimi di tutela.

Per far ciò è innanzitutto indispensabile potenziare la capacità di auto- organizzazione dei movimenti sindacali incentivando relazioni con altre mobilitazioni locali e globali per la giustizia sociale secondo il modello che gli studiosi di relazioni industriali chiamano di social movement unionism34. Fare rete

con associazioni, società civile e cittadinanza, utilizzando canali comunicativi innovativi negli strumenti e nel linguaggio, è essenziale per rompere l’isolamento del rapporto lavoratore-piattaforma, ricomporre gli interessi collettivi a livello territoriale e stimolare l’attenzione dell’opinione pubblica e l’attivazione delle istituzioni35.

Non mancano studi approfonditi che rivelano le potenzialità di coalizioni tra sindacati, società civile e cittadinanza, secondo un modello denominato “sindacalismo dei movimenti sociali”, quale strategia innovativa del sindacato per costruire o potenziare la propria sfera di influenza36. Le coalizioni sociali possono fornire gli strumenti alle organizzazioni dei lavoratori per esercitare una maggiore influenza politica in quanto la creazione di rapporti sinergici con la società civile impone di declinare l’agire sindacale all’interno un movimento più ampio di mobilitazione dell’opinione pubblica per la giustizia sociale, aumentando in tal modo la capacità di radicamento territoriale dell’organizzazione sindacale37.

L’allargamento dell’azione sindacale alla cittadinanza sociale non solo permette al sindacato di recuperare lo spirito delle esperienze mutualistiche di fine Ottocento38, ma soprattutto consente di intraprendere nuove strategie

34 Per approfondire cfr. D. Clawson, The next upsurge. Labour and new social movements,

Ithaca, 2003.

35 Sul punto cfr. D. Di Nunzio - A. Brunetti - C. Mancini, Le frontiere dell’azione sindacale

nella frammentazione del lavoro, QRS, 2015, 3, p. 143 ss., spec. p. 161, i quali rilevano la «necessità

di costruire reti nei processi produttivi per superare la frammentazione, per ricomporre le filiere e riconnettere le istanze aziendali con quelle sociali, per ridare protagonismo al sindacato e, anche alle istituzioni e alla cittadinanza»

36 Cfr. A. Tattersall, Power in coalition. Strategies for strong unions and social change, Cornell

University Press, 2010.

37 Cfr. L. Dorigatti, Sindacati e alleanze sociali. Riflessioni a partire dalla campagna «Fight for

$15», QRS, 2015, 3, p. 125 ss.; A. Gupta, Fight for 15 confidential. How didi the biggest-ever mobilization of fast food workers come about, and what is its endgame?, in In These Times, 11 novembre

2013, http://inthesetimes.com/article/15826/fight_for_15_confidential.

38 Cfr. L. Gallino, Il declino del sindacato tra crisi di rappresentanza e sfide future, in Nuvole, n.

34/2008, secondo cui «non bisogna dimenticare che i sindacati si sono sviluppati,e sono cresciuti, in fomra di, o attorno a casse di mutuo soccorso».

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federative del lavoro idonee a contrastare frammentazione e segmentazione occupazionale.

Si tratta del riconoscimento del ruolo del sindacato quale intermediario non solo tra lavoratori e datori di lavoro, ma, anche e soprattutto, tra “cittadini lavoratori” e potere pubblico nella gestione e perseguimento di interessi generali dell’ordinamento39. Secondo tale concezione il sindacato è il soggetto collettivo che permette l’integrazione dei lavoratori nella Repubblica e forma di organizzazione in grado di conciliare libertà e solidarietà40.

L’attitudine del soggetto collettivo a farsi principio di organizzazione sociale41, tuttavia, muta la natura rappresentativa del soggetto collettivo il quale passa dalla rappresentazione delle “volontà” alla rappresentanza degli “interessi”, connessa al riconoscimento al soggetto collettivo di un potere sociale più vasto42 idoneo a trasformarlo da soggetto di diritto privato “puro”, portatore dell’interesse collettivo della comunità di riferimento (i lavoratori iscritti), in un soggetto portatore degli interessi della generalità dei cittadini-lavoratori43. Tale divaricazione fra lo schema volontaristico e la funzionalità para-pubblica della rappresentanza sindacale, talvolta guardata con sospetto dalla dottrina perché considerata come un valore ideologicamente connotato e contiguo al corporativismo 44, testimonia la “friabilità” del vincolo associativo45 sia per la dilatazione del campo rappresentativo sia per il mutamento quali-quantitativo delle stesse forme di estrinsecazione dei poteri negoziali46. Perseguendo tale strada senza adeguati correttivi si rischia di mettere in discussione la stessa

39 Sull’istituzionalizzazione del sindacato come elemento di contemperamento di

interessi pubblici generali in contesti di crisi cfr. A. Baylos, La istitucionalización de la actuación

sindical como elemento de mediación frente a la crisis, Civitas, 1985, 21, 27 ss.

40 Sul punto cfr. le riflessioni di A. Lyon-Caen, Democrazia e attività sindacale. Qualche

riflessione a partire dall’esperienza francese, in Democrazia sindacale e relazioni industriali nell’esperienza comparata, a cura di M.BIAGI, Maggioli, 1989, 51 ss.

41 L’elaborazione del sindacato come principio di organizzazione è stata fortemente

sostenuta dalla dottrina francese, per tutti, si v. P. Rosanvallon, La question syndicale, Calmann- Levy, 1988.

42 Sul punto v. B. Veneziani, Il sindacato dalla rappresentanza alla rappresentatività, DLRI.,

1989, p. 350 ss.

43 Per approfondire tale trasformazione si rinvia a M. D’Antona, Diritto sindacale in

trasformazione, in Id., Contrattazione, rappresentatività, conflitto, a cura di G. Ghezzi, Ediesse, 2000, p.

57 ss.

44 Emblematico sul punto lo storico saggio di F. Mancini, Libertà sindacale e contratto

collettivo “erga omnes”, RTDPC, 1963, p. 570 ss.; nel quale l’autore considerava

l’istituzionalizzazione del sindacato prevista nella seconda parte dell’art. 39 Cost. come un segno di continuità con il periodo corporativo.

45 Utilizza tale espressione M. Rusciano, Sul problema della rappresentanza sindacale, DLRI,

1987, p. 237 ss.

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categoria dell’autonomia collettiva come fondamento teorico del rapporto tra il singolo e l’organizzazione sindacale47.

Si pone così la questione della posizione del lavoratore come soggetto rappresentato e destinatario finale di decisioni vincolanti assunte da un agente collettivo comunque costituito e che prescinde dallo status di affiliato o membro della comunità della quale il sindacato è tutore48.

Tale questione è stata efficacemente riassunta da autorevole dottrina nella domanda «chi rappresenta chi?»; o, se vogliamo, in «chi decide a nome di chi, in base a quale mandato e con quale responsabilità?»49.

Tali quesiti problematici rendono evidente il fatto che, se si vuole realmente perseguire la strada delle coalizioni sociali, il rapporto tra base e rappresentanze sindacali non può limitarsi al principio passivo della delega ma deve coinvolgere direttamente e in prima persona i soggetti rappresentati dalla coalizione sociale secondo innovativi schemi di partecipazione diretta.

Solo operando in tale direzione è possibile immaginare una solidarietà vera tra differenti categorie di lavoratori e tra lavoratori e cittadini e rendere credibile la definizione di modelli paritari di cooperazione tra soggetti eterogenei, prospettare alleanze sociali di interessi collettivi divergenti in nome di un fine sociale comune, valorizzare le istanze di autodeterminazione dei lavoratori e rilanciare sul piano della cittadinanza metropolitana una rinnovata vocazione all’interesse generale50.

Dal punto di vista dell’organizzazione, le esperienze più fortunate si muovono dal locale al nazionale: i collettivi nascono come realtà territoriali e come tali si interrelano tra loro a livello nazionale ed europeo sia attraverso reti preesistenti (network studenteschi, movimenti sociali, sindacalismo di base) sia attraverso canali istituzionali (tavoli di ascolto e confronto con le amministrazioni locali) ovvero attraverso processi informali di costruzione di relazioni e di messa in rete.

47 La dottrina è vastissima, senza pretesa di completezza cfr. B. Caruso, Rappresentanza

sindacale e consenso, Franco Angeli, 1992, p. 116 ss.; M.G. Garofalo, Rappresentatività sindacale e pluralità degli interessi, DL, 1985, p. 418 ss.; M. Persiani, Il problema della rappresentanza e della rappresentatività del sindacato in una democrazia neocorporativa, DL, 1984, p. 8 ss.; P. Tosi, Contratto collettivo e rappresentanza sindacale, PL, 1985, p. 363 ss.

48 Sul punto cfr. M. D’Antona, Diritto sindacale in trasformazione, in Id., Contrattazione,

rappresentatività, conflitto, a cura di G. Ghezzi, Ediesse, 2000, p. 57 ss. spec. p. 66.

49 Il riferimento è a M. D’Antona, «Chi rappresenta chi»: i debiti della decima legislatura, LD,

1992, 531 ss.

50 Così F. Chicci, Fratture e posture del lavoro emergente. Le incalzanti sfide per il sindacato

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Parallelamente pare ineludibile elaborare forme di conflitto in grado di tenere assieme l’individuale e il collettivo, superando il solipsismo dell’autonomia in favore di politiche rivendicative idonee a coniugare istanze solidaristiche comuni con necessità di mestiere proprie delle differenti forme e tipologie di lavoro digitale51.

4. (segue) Il ruolo delle istituzioni locali: pratiche neo-concertative e promozione del consumo critico

Il modello proposto presuppone un nesso indissolubile tra diritti sociali, diritti del lavoro e cittadinanza e richiede un’attivazione diretta di tutti gli attori sociali nei confronti delle piattaforme committenti: lavoratori, istituzioni locali e cittadini-consumatori.

Il soggetto pubblico, in particolare, può giocare un duplice ruolo: promuovere pratiche neo-concertative, divenendo parte attiva del processo negoziale con le piattaforme digitali per la fissazione di standard minimi di tutela del lavoro e promuovendo politiche di incentivo alla stipula di accordi collettivi territoriali trilaterali di tutela del lavoro digitale, e stimolare il c.d. “consumo critico” della cittadinanza nei confronti dei soggetti che rispettano i diritti minimi di dignità e sicurezza del lavoro fissati a livello locale.

Per quanto concerne il primo aspetto deve registrarsi una grande vitalità della concertazione territoriale, in controtendenza rispetto alla sorte della concertazione nazionale (considerata una fase conclusa delle relazioni industriali italiane), soprattutto per quanto concerne il finanziamento del welfare locale e la gestione delle crisi52.

Fin dagli anni Novanta, infatti, i governi locali hanno dimostrato un forte interesse alla creazione di buone e fruttuose relazioni industriali fra gli attori sociali, esprimendo la volontà di democratizzare il governo politico territoriale di

51 Sul punto cfr. A. Rota, Il web come luogo e veicolo del conflitto collettivo: nuove frontiere della

lotta sindacale, in Web e lavoro. Profili evolutivi e di tutela, a cura di P. Tullini, Giappiachelli, 2017, p.

197 ss.; S. Busso - P. Rivetti, Libertà condizionata. Le strategie de precari della ricerca tra spazi di agency e

vincoli, in Mappe della precarietà. Forme e processi della precarizzazione, rappresentazioni e immaginari, Emil

di Odoya, 2012, p. 145 ss.; L. Caruso - A. Giorgi, Capitalismo digitale e azione collettiva, QRS, 2015, 3, p. 183 ss.

52 Sul punto cfr. V. Bavaro, Prassi e tendenze delle relazioni industriali decentrate in Italia (a proposito di

un’indagine territoriale), DRI, 2017, n. 1, 13 ss., spec. 34 ss.; A. De Felice, Potere locale e metodo concertativo fra i due secoli. Cronaca di una bruciante illusione, RGL, 2015, I, p. 79 ss.; S. Costantini, Verso una nuova stagione di concertazione territoriale?, LD, 2005, n. 1, p. 27 ss.; A. Viscomi, Prassi di concertazione territoriale: spunti per una riflessione critica, LD, 2004, n. 2, p. 335 ss.

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sviluppo economico-industriale53. Ciò è avvenuto promuovendo contratti d’area e patti territoriali quali meccanismi collaborativi tra imprese e rappresentanze dei lavoratori per la programmazione ed attivazione di politiche economiche di sviluppo locale54.

Come è stato osservato da attenta dottrina «la persistenza di tale prassi nei diversi ambiti di competenza delle politiche pubbliche locali dimostra che la maggiore aderenza alle situazioni di crisi del welfare pubblico e degli effetti della crisi economica spinge le autonomie locali a ricercare soluzioni maggiormente condivise»55.

Si rileva una tendenza ad adottare modelli di governance locale delle politiche del lavoro che mirano a strutturare l’azione di governo del territorio con il consenso delle parti sociali56. Tale tendenza rivitalizza il protagonismo negoziale e propositivo del sindacato il quale si fa sempre più promotore, artefice e garante di istanze sociali generali che interessano l’intera cittadinanza territoriale. Ciò spiega il perché non di rado vengano creati veri e propri “partenariati sociali” che raccolgono attorno ad un unico tavolo negoziale tutti gli stakeholder del territorio con il fine di concertare gli investimenti pubblici nelle politiche di sviluppo.

L’evoluzione di tale modello è la c.d. “contrattazione sociale” con la quale, in maniera più diretta, il potere politico locale concorda con il sindacato la messa in funzione di servizi sociali rivolti alla cittadinanza. Tale contrattazione, tuttavia, modifica il naturale potere di rappresentanza dell’organizzazione

53 Il modello seguito è quello sancito nel c.d. “Patto di Natale” (ufficialmente Patto

sociale per lo sviluppo e l’occupazione) del 22 dicembre 1998 con il quale si è dato un forte impulso

alla concertazione territoriale: «la concertazione dovrà essere estesa e coinvolgere più direttamente Regioni, Province, Comuni. Il vasto trasferimento di compiti e funzioni fino ad ora esercitate dallo Stato, trasferimento che assegna agli enti locali leve amministrative e risorse cruciali per la concertazione territoriale (dal mercato del lavoro ai settori produttivi ed alle politiche sociali, al territorio e all’ambiente) necessita di adeguate forme di coordinamento con i governi regionali e locali, in modo tale che gli accordi di concertazione impegnino anche i diversi livelli di governo e di amministrazione interessati».

54 Sul punto cfr. P. Albi, La contrattazione sindacale nella programmazione per lo sviluppo,

DLRI, 2001, n. 91, p. 417 ss. Tra gli accordi trilaterali si v. a livello provinciale il Protocollo

d’intesa del 25 ottobre 2004 tra comune di Genova, associazioni datoriali e sindacali dei lavoratori sul lavoro nero e sicurezza; l’Accordo del 12 settembre 2005 sui lavoratori atipici tra Comune di Bologna, Bidil.Cgil, Alai-Cisl, Cpo-Uil insieme alle categorie datoriali del Pubblico Impiego. A livello regionale sono particolarmente significative le esperienze dei c.d. “Patti per lo sviluppo e l’occupazione” stipulati in Toscana, Lombardia, Valle D’Aosta, Emilia-Romagna, Umbria Marche e Abruzzo.

55 Così V. Bavaro, Prassi e tendenze delle relazioni industriali decentrate in Italia (a proposito di

un’indagine territoriale), cit., p. 35.

56 Sul punto cfr. F. Maino, Imprese, lavoratori e istituzioni locali: verso un welfare sempre più

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sindacale in quanto travalica i naturali confini del lavoro per rivolgersi ad una platea composita di lavoratori, cittadini e consumatori.

La ratio di queste politiche neo-concertative è quella di rendere il livello territoriale l’ambito più adatto per regolare la dimensione sociale funzionale alla dimensione economica dell’impresa57.

Se ciò, indubbiamente, apre nuovi spazi di agibilità negoziale per il sindacato nella gestione e controllo dello sviluppo dell’economia digitale a livello territoriale, tuttavia rischia anche di modificare in senso lobbistico il modello di relazioni industriali territoriale depotenziando, o rendendo quanto meno secondario, il carattere conflittuale e rivendicativo del sindacato nei confronti della controparte datoriale58.

5. La “Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto

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