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2. con riferimento a sospensioni e riduzioni di orario aventi decorrenza successiva al 26 marzo 2020, entro 60 giorni dalla data in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro

4.2 Richiesta di intervento

La domanda deve essere presentata, anche retroattivamente, in via telematica sul portale di CO Veneto, corredata dell’accordo o dell'informativa. La domanda dovrà essere presentata entro il termine perentorio di 40 giorni di calendario dal 27 marzo 2020, data di apertura del portale CO Veneto per la presentazione della domanda di CIGD, per decorrenze della CIGD sino a tale data. Per decorrenze della CIGD dal 28 marzo 2020 in poi la domanda dovrà essere presentata entro il termine perentorio di 40 giorni di calendario dalla data di avvio della procedura di consultazione sindacale, nei casi in cui questa è prevista o dalla data di inizio della CIGD. Tali termini slitteranno in conseguenza di eventuali ritardi nell'apertura del portale CO Veneto.

Per i lavoranti a domicilio monocommessa, la richiesta di CIG in deroga dovrà essere effettuata dalla azienda committente.

Le domande dovranno essere presentate per i datori di lavoro di cui:

a) all’art. 15 del DL n. 9/2020 - per un arco temporale di massimo 4 mesi, a partire dal 23 febbraio 2020, indicando il fabbisogno presunto in ore, fino ad esaurimento delle settimane disponibili. Nel caso in cui non siano esaurite tutte le settimane potrà essere presentata una nuova domanda.

b) all’art. 17 del DL n. 9/2020 e all'art. 22 del DL n. 18/2020 - per un arco temporale di massimo 2 mesi, a partire dal 23 febbraio 2020, indicando il fabbisogno presunto in ore, fino ad esaurimento delle settimane disponibili. Nel caso in cui non siano esaurite tutte le settimane potrà essere presentata una nuova domanda.

La domanda dovrà contenere la data dell’accordo sindacale o dell'informativa inviata alle OO.SS., nei casi in cui è prevista la procedura di consultazione sindacale, il periodo e la durata complessiva della sospensione, i nominativi di tutti i lavoratori coinvolti.

Ciascuna domanda di CIGD dovrà interessare un periodo minimo di una (1) settimana, pari a 7 giorni consecutivi, compresi il sabato e la domenica, a prescindere dal giorno della settimana di inizio. Nel caso di un periodo maggiore si dovrà trattare di un multiplo di 7.

Le domande non complete degli elementi essenziali, cioè elementi identificativi del richiedente, periodo di richiesta, numero di dipendenti interessati, numero di ore richieste, modalità della sospensione, presenza e regolarità del verbale di consultazione sindacale o dell'informativa alle OO.SS., ove previsti, verranno riammesse solo a seguito della avvenuta integrazione della documentazione mancante richiesta dalla Regione Veneto.

In particolare il verbale di consultazione sindacale, o l'informativa alle OO.SS., dovrà contenere i seguenti elementi essenziali: dati aziendali (titolare/legale rappresentante, ragione sociale, recapito, partita iva – codice fiscale, telefono ecc …); settore produttivo (artigianato, PMI fino a 15 dipendenti, industria oltre 15 dip.ti, commercio fino a 50

dipendenti….); settore merceologico…… (metalmeccanico, legno, tessile, confezioni, orafi ….); data di avvio procedura della consultazione sindacale, solo nel caso di verbale di accordo; negli accordi sindacali, assistenza delle parti sociali (organizzazione imprenditoriale, associazione sindacale); dichiarazione di esaurimento ammortizzatori ordinari;

dichiarazione di mancanza dei requisiti di legge per accedere agli ammortizzatori ordinari e relativa motivazione; per i datori di lavoro artigiani non edili, dichiarazione di versamento contributo al FSBA ed eventuale dichiarazione di esaurimento dell'utilizzo del trattamento FSBA; periodo richiesto della CIG in deroga (dal …… al ….); numero lavoratori o elenco dei lavoratori interessati alla CIG in deroga; ore complessive richieste.

La Regione Veneto effettua l’istruttoria delle domande secondo l’ordine cronologico di presentazione concede le prestazioni con decreto e invia all’INPS, in modalità telematica tramite SIP (Sistema Informativo Percettori/Banca Dati Percettori), entro 48 ore dall’adozione, i decreti di concessione e la lista dei beneficiari, corredati dalle relative domande aziendali (modello SR 100), attraverso l’utilizzo del cosiddetto «Flusso B» indicando l’apposito numero di decreto convenzionale:

 art 15 DL 9/2020: 33191;

 art. 17 DL 9/2020: 33192;

 art 22 DL 18/2020: 33193.

L’autorizzazione ovvero la comunicazione di reiezione viene inviata al datore di lavoro richiedente normalmente per via telematica mediante email dal sistema operativo di CO Veneto. Nel caso di reiezione l’azienda potrà presentare ricorso in opposizione alla Direzione Lavoro entro il termine perentorio di 30 giorni dalla notizia della reiezione. L’esito del ricorso sarà comunicato al datore di lavoro entro 90 giorni dal ricevimento del ricorso stesso.

I datori di lavoro devono trasmettere mensilmente all’INPS i modelli per l’erogazione del trattamento (SR 41) entro e non oltre il venticinquesimo (25mo) giorno del mese di paga successivo a quello della fruizione. Entro lo stesso termine i datori di lavoro dovranno compilare il consuntivo mensile per la Regione sul portale di CO Veneto. In mancanza dei consuntivi mensili non sarà possibile procedere all'autorizzazione.

I datori di lavoro dovranno inoltrare all'INPS i modelli SR 41 entro sei mesi dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del periodo concesso o dalla data del provvedimento di concessione se successivo, pena l'obbligo da parte del lavoro di coprire il trattamento spettante ai lavoratori e il conseguente svincolo del relativo importo da parte dell'INPS, come previsto all'art. 44, comma 6 ter del D.lgs. n. 148/2015 e successive modificazioni.

Per accelerare le procedure di pagamento, l’inoltro del modello SR41 all’INPS potrà avvenire anche in assenza del provvedimento regionale di concessione.

Anticipazione delle banche della cassa integrazione

Sottoscritta, il 30/3/2020, tra ASSOCIAZIONE BANCARIA ITALIANA AGCI, CONFCOOPERATIVE, LEGACOOP riunite in ALLEANZA DELLE COOPERATIVE ITALIANE, CASARTIGIANI, CIA, CLAAI, CNA, COLDIRETTI,

CONFAGRICOLTURA, CONFAPI, CONFARTIGIANATO, CONFCOMMERCIO, CONFEDILIZIA, CONFETRA, CONFINDUSTRIA, CGIL, CISL, UIL, UGL, FABI, FIRST-CISL, FISAC-CGIL, UILCA, UNISIN, una convenzione per versare nei conti correnti dei lavoratori costretti a casa un importo fino a un massimo di 1.400 euro per la Cig a zero ore di 9 settimane

La Convenzione è aperta alla immediata applicazione da parte di tutte le Banche che intendono sostenere attivamente l’iniziativa e ha per oggetto la definizione di una procedura per l’anticipazione di trattamenti di integrazione salariale ordinario e in deroga per l’emergenza Covid-19, a favore dei/lle lavoratori/trici senza che ovviamente ne possano scaturire penalizzazioni nei rapporti creditizi per i datori di lavoro che sospendono l’attività.

L’anticipazione spetta ai/alle lavoratori/trici (anche soci lavoratori, lavoratori agricoli e della pesca) destinatari di tutti i trattamenti di integrazione al reddito di cui agli articoli da 19 a 22 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020 e dei successivi interventi normativi tempo per tempo vigenti, dipendenti di datori di lavoro che, anche in attesa dell’emanazione dei provvedimenti di autorizzazione del trattamento di integrazione salariale per l’emergenza Covid-19, abbiano sospeso dal lavoro gli stessi a zero ore ed abbiano fatto domanda di pagamento diretto da parte dell’INPS del trattamento di

integrazione salariale ordinario o in deroga e delle relative disposizioni di cui agli accordi regionali.

L’anticipazione dell’indennità spettante avverrà tramite l’apertura di credito in un conto corrente apposito, se richiesto dalla Banca, per un importo forfettario complessivo pari a 1.400 euro, parametrati a 9 settimane di sospensione a zero ore (ridotto proporzionalmente in caso di durata inferiore), da riproporzionare in caso di rapporto a tempo parziale.

Tale anticipazione potrà essere oggetto di reiterazione in caso di intervento legislativo di proroga del periodo massimo del trattamento di integrazione salariale ordinario e in deroga.

L’apertura di credito cesserà con il versamento da parte dell’INPS del trattamento di integrazione salariale, che avrà effetto solutorio del debito maturato, e, comunque, non potrà avere durata superiore a sette mesi.

Al fine di fruire dell’anticipazione oggetto della presente Convenzione, i/le lavoratori/trici dovranno presentare la domanda ad una delle Banche che ne danno applicazione, corredata dalla relativa documentazione allegata all’accordo sottoscritto, nonché secondo le procedure in uso presso la Banca interessata.

Le Banche favoriranno il ricorso a modalità operative telematiche, al fine di limitare quanto più possibile l’accesso fisico presso le filiali, nel rispetto della necessità di garantire il maggior contrasto alla diffusione del coronavirus attraverso le misure di "distanziamento sociale" a tutela della clientela e delle persone che lavorano in banca per erogare i servizi previsti dalla normativa di emergenza tempo per tempo vigente.

In riferimento all’apertura dell’apposito conto corrente e alla correlata apertura di credito, le Banche che applicano la Convenzione adotteranno condizioni di massimo favore al fine di evitare costi, in coerenza alla finalità ed alla valenza sociale dell’iniziativa.

È fatta salva la facoltà delle Banche che applicano la Convenzione di procedere all’apertura di credito previa istruttoria di merito creditizio da effettuarsi nel più breve tempo possibile e in ogni caso in piena autonomia e discrezionalità, nel rispetto delle proprie procedure e delle vigenti disposizioni di legge e regolamento in materia di assunzione del rischio.

In ogni caso, la banca è tenuta a fornire tempestivamente risposta al richiedente.

Le Parti riconoscono l’importante ruolo delle Regioni e delle Province Autonome nel contribuire all’accesso

all’anticipazione e ne auspicano il pieno coinvolgimento con opportune forme di intervento, ad esempio attraverso "fondi di garanzia" dei debiti relativi alle anticipazioni medesime.

L’apertura di credito in conto corrente cessa con il versamento da parte dell’INPS del trattamento di integrazione salariale ordinario o in deroga ovvero in caso di esito negativo della domanda, anche per indisponibilità delle risorse.

Il/la lavoratore/trice e/o il datore di lavoro informeranno tempestivamente la Banca interessata circa l’esito della domanda di trattamento di integrazione salariale per l’emergenza Covid-19.

In caso di mancato accoglimento della richiesta di integrazione salariale, ovvero allo scadere del termine dei sette mesi qualora non sia intervenuto il pagamento da parte dell’INPS, la Banca potrà richiedere l’importo dell’intero debito relativo all’anticipazione al/la lavoratore/trice che provvederà ad estinguerlo entro trenta giorni dalla richiesta.

Nei casi della anticipazione del trattamento di integrazione salariale da parte della Banca, quest’ultima, in caso di inadempimento del lavoratore, salvo quanto previsto da parte delle Regioni e Province Autonome ove costituiti "fondi di garanzia", comunicherà al datore di lavoro il saldo a debito del conto corrente dedicato, il quale verserà su tale conto corrente gli emolumenti spettanti al lavoratore, anche a titolo di TFR o sue anticipazioni, fino alla concorrenza del debito.

Il lavoratore darà preventiva autorizzazione al proprio datore di lavoro attraverso la modulistica allegata alla Convenzione e in via prioritaria rispetto a qualsiasi altro vincolo eventualmente già presente evitando che sia il datore di lavoro a dover regolare i criteri di prevalenza tra i diversi impegni presenti, nei limiti delle disposizioni di legge.

Al fine di rendere più rapida la disponibilità della liquidità prevista, l’INPS e l’ABI hanno semplificato le procedure per l’accredito della prestazione (assegni cassa integrazione ordinaria, cassa in deroga, assegni del fondo integrazione salariale e dei fondi bilaterali), non richiedono più l’invio dei modelli cartacei validati presso gli sportelli bancari e postali.

La verifica sulla validità dei conti correnti indicati per il pagamento delle prestazioni è ora effettuata con applicativi che comunicano direttamente con le banche (Data base condiviso).

Allo stesso tempo, è stato semplificato il modulo telematico con cui le aziende comunicano i dati dei lavoratori per il pagamento dei trattamenti di integrazione del reddito. Nel modulo sono, tra l’altro, indicati il codice fiscale e l’Iban, cioè l’identificativo del conto corrente sul quale avviene l’accredito della prestazione del lavoratore.

Analogo accordo operativo, in aggiunta alla convenzione del 30/3/2020 è stato stipulato con Il Fondo di Bilateralità Artigianato (FSBA).

Il Fondo di Solidarietà Bilaterale per l'Artigianato - FSBA predisporrà un data base con l'indicazione dei lavoratori potenzialmente interessati dall'anticipazione - che potrà essere consultato dalle Banche che applicano la Convenzione preventivamente all'erogazione dell'anticipazione stessa - indicando il nome e cognome, il codice fiscale, l'iban del conto corrente del lavoratore individuato irrevocabilmente per l'accredito nonché la data di presentazione della domanda e gli elementi identificativi del datore di lavoro.

Quarantena/Malattia

Il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all’articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, dai lavoratori del settore privato, è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto.

Fino al 30 aprile 2020 ai lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n.104, nonché ai lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ai sensi

dell’articolo 3, comma 1, della medesima legge nl104 del 1992, il periodo di assenza dal servizio prescritto dalle competenti autorità sanitarie, è equiparato al ricovero ospedaliero di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legge 2 marzo 2020, n.9.

Per i periodi di quarantena il medico curante redige il certificato di malattia con gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena con sorveglianza attiva o alla permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui

all’articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6. Restano validi i certificati di malattia trasmessi, prima dell’entrata del 17/3/2020, anche in assenza del provvedimento di quarantena da parte dell’operatore di sanità pubblica.

Qualora il lavoratore si trovi in malattia accertata da COVID-19, il certificato è redatto dal medico curante nelle consuete modalità telematiche, senza necessità di alcun provvedimento da parte dell’operatore di sanità pubblica.

In deroga alle disposizioni vigenti, gli oneri a carico del datore di lavoro, che presentano domanda all’ente previdenziale, e degli Istituti previdenziali connessi con le tutele di cui al presente articolo sono posti a carico dello Stato nel limite di spesa consentiti (art. 26, decreto legge 17 marzo 2020, n. 18).

Braccianti agricoli: non può sospendersi l'ordine di quarantena obbligatoria per recarsi a lavoro

Il Consiglio di stato, con decreto 30 marzo 2020, ha respinto l’istanza di sospensione cautelare dell’ordine di quarantena obbligatoria con sorveglianza sanitaria e isolamento presentata da un bracciante agricolo allontanatosi dal proprio domicilio per andare a lavorare nei campi. Terminato il periodo di "quarantena" per l’appellante, sarà possibile, nelle successive sedi di giudizio richiedere un eventuale risarcimento del danno per la mancata retribuzione da lavoro per i giorni coperti dall’ordine di quarantena contestato.

All’appellante - che svolge attività di bracciante agricolo - è stato notificato l’ordine del Sindaco di quarantena/isolamento domiciliare fino al 3 aprile 2020, per "violazione della ordinanza del Presidente della Regione (ord. reg. n. 12 /2020).

L’appello, nel censurare il decreto cautelare del Presidente T.A.R. Calabria, sostiene che l’appellante non è positivo al virus, non ha avuto recenti contatti con persone contagiate, lavora in un settore non bloccato dai provvedimenti oggi in vigore, e lamenta il conseguente pregiudizio consistente nel non poter lavorare, rischiando, il licenziamento, e nella preclusione ad attendere ad attività di stretta necessità quotidiana. Con l’appello si lamenta inoltre di non conoscere, ed in effetti manca in atti il documento citato, per quale specifica violazione dell’ordinanza regionale gli sia stata imposta la quarantena/ isolamento domiciliare".

Con l’atto di appello, viene sottoposta una questione che può articolarsi almeno in tre profili: l’ammissibilità della impugnazione di un decreto monocratico presidenziale del T.A.R.; l’esistenza di un danno grave ed irreparabile per l’appellante, prevalente su quello, posto a base del decreto sindacale impugnato, di rendere effettiva la rigorosa

applicazione delle disposizioni anti-contagio; il "fumus boni juris", su cui il decreto presidenziale spende una succinta ma precisa motivazione.

Considerato, in ordine alla ammissibilità dell’appello che:

 secondo il Consiglio di Stato è possibile l’ammissibilità nei soli, limitatissimi, casi in cui l’effetto del decreto presidenziale del T.A.R. produca la definitiva e irreversibile perdita del preteso bene della vita, e che tale "bene della vita" corrisponde ad un diritto costituzionalmente tutelato dell’interessato;

 nel caso di specie, seppure per il limitato periodo residuo di efficacia temporale del decreto sindacale impugnato in primo grado, la pretesa dell’appellante è di potersi recare al lavoro, di evitare il rischio di licenziamento, e di recarsi, con le limitazioni in vigore, ad effettuare acquisti di beni di prima necessità;

 la pretesa tocca diritti tutelati dall’ordinamento anche a livello costituzionale, da cui discende l’ammissibilità dell’appello contro il decreto del Presidente del T.A.R. Calabria;

Considerato, ai fini dell’accoglimento dell’istanza cautelare che:

 bisogna verificare la consistenza del "fumus boni juris" cioè la probabilità che la pretesa sia riconosciuta fondata nelle successive fasi del giudizio, ma anche, e contestualmente, che vi sia gravità e irreparabilità del danno lamentato, prevalenti sull’interesse pubblico posto a base degli atti censurati;

 non appaiono sussistere le condizioni per un accoglimento dell’appello cautelare, in quanto:

1. I provvedimenti, del Sindaco e del Presidente della Regione impugnati, sono stati adottati in ottemperanza di criteri e disposizioni, anche legislative, nazionali, e negli ambiti di un possibile margine per integrazioni territoriali su scala regionale in rapporto alle diverse situazioni del contagio, da Regione a Regione;

2. Il provvedimento regionale e il decreto esecutivo del Sindaco sono stati adottati in giorni caratterizzati dal pericolo imminente di un trasferimento massivo di persone e di contagi, dalle regioni già gravemente interessate dalla pandemia, a quelle del Mezzogiorno, con la conseguenza che gli atti dei Governatori hanno, ragionevolmente, imposto misure anche ulteriormente restrittive quale prevenzione;

3. In tale quadro, per la prima volta dal dopoguerra, si sono definite ed applicate disposizioni fortemente compressive di diritti anche fondamentali della persona - dal libero movimento, al lavoro, alla privacy - in nome di un valore di ancor più primario e generale rango costituzionale, la salute pubblica, e cioè la salute della generalità dei cittadini, messa in pericolo dalla permanenza di comportamenti individuali

potenzialmente tali da diffondere il contagio;

4. Per queste ragioni, la gravità del danno individuale non può condurre a derogare, limitare, comprimere la primaria esigenza di cautela avanzata nell’interesse della collettività, corrispondente ad un interesse nazionale dell’Italia;

5. Le conseguenze dannose per l’appellante non hanno poi il carattere della irreversibilità, giacché nelle disposizioni, statali e regionali, adottate e che verranno adottate a ulteriore completamento e integrazione per fronteggiare il "dopo-pandemia", ci sono misure di tutela del posto di lavoro (oltre alla cassa

integrazione), misure di soccorso emergenziale per esigenze alimentari e di prima necessità, tali da mitigare o comunque non rendere irreversibili, anche nel breve periodo, le conseguenze della doverosa stretta applicazione delle norme di restrizione anti-contagio;

6. Terminato il periodo di "quarantena" per l’appellante, sarà possibile, nelle successive sedi di giudizio, volte all’esame dei profili di merito del ricorso, in caso di fondatezza del medesimo, richiedere e documentare, come di regola, un eventuale risarcimento del danno per la mancata retribuzione da lavoro per i giorni coperti dall’ordine di quarantena contestato, salvo che, come è ipotizzabile, detto pregiudizio economico venga riparato dalla normativa di tutela dei lavoratori colpiti dalle generali, e individuali in questo caso, misure di preclusione assoluta.

Per tali motivi l’istanza cautelare è stata respinta.

Smart Working

Fino al 30 aprile 2020 i lavoratori dipendenti disabili o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n.104, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile ai sensi dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, salvo che questo sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. Ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di

svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile ai sensi degli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio2017, n.

81 (art. 39, commi 1 e 2, decreto legge 17 marzo 2020, n. 18).

In particolare, ai sensi dell’articolo 2, co. 1, lettera r), DPCM 8 marzo 2020 la modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81 può essere applicata sull'intero territorio nazionale, per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020 (sei mesi), dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti.

Il successivo articolo 1, co. 7 lett. a) del DPCM 11 marzo 2020 raccomanda, altresì, che "sia attuato il massimo utilizzo

Il successivo articolo 1, co. 7 lett. a) del DPCM 11 marzo 2020 raccomanda, altresì, che "sia attuato il massimo utilizzo

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