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Breve ricognizione sulla stampa bolognese durante il Ventennio fascista e introduzione al caso di “Architrave” Mensile di politica letteratura e arte

LA STAMPA DEI GUF E IL CASO DI “ARCHITRAVE”

2. Breve ricognizione sulla stampa bolognese durante il Ventennio fascista e introduzione al caso di “Architrave” Mensile di politica letteratura e arte

Prima di trattare il caso del foglio gufino “Architrave” è utile eseguire un breve approccio ricognitivo di quella che fu l’attività giornalistica nel panorama editoriale bolognese337. Il Ventennio fascista bolognese, in ambito editoriale, venne definito da Nazario Sauro un «deserto giornalistico» in quanto la limitazione della libertà di stampa aveva limitato anche il numero effettivo dei periodici locali, che erano state figlie di «oltre mezzo secolo di libertà politica e culturale»338. Pertanto, i giornali editi a Bologna durante il periodo fascista non furono molti ed ebbero spesso vita breve. Tra quelli che ebbero maggiore risonanza è possibile citare, oltre a “Il Resto del Carlino” e a “Il Comune di Bologna” – mensile dell’amministrazione comunale cittadina – dei quali non tratteremo in questa sede, “L’Assalto” – settimanale della Federazione provinciale fascista, “L’Italiano” di Leo Longanesi, e “Vita Nova” – rivista dell’intellighenzia fascista339. “L’Italiano”, fondato da Longanesi nel 1926, fu una rivista fascista a tutti gli effetti che emerse per il taglio originale che gli diede il suo fondatore, considerato da Sauro «grafico di razza» e «scrittore piacevole, anche se con una limitata visione culturale»340. Degni di nota furono i nomi di molti tra gli articolisti della redazione, specialmente di quelli che si interessarono di letteratura e arte; tra questi ricordiamo Ardengo Soffici, Giuseppe Ungaretti, Ottone Rosai, Luigi Bartolini, Emilio Cecchi341. La vicenda della rivista “Vita Nova” invece non ebbe grande peso culturale a livello locale; nacque all’indomani del “Convegno per la cultura fascista”, voluto e organizzato d Arpinati il 15 marzo 1925342. La stampa che la caratterizzò era ricca di retorica e priva di originalità; l’obiettivo che si prefiggeva era quello di combattere la cultura antifascista e di esaltare la politica del duce. Ma verso la fine del 1933 l’ispettore del Fascio inviato da Mussolini, Ciro Martignoni, pose fine all’incarico di capo squadrista

337 Per questa breve ricostruzione contestuale ci serviamo largamente dei seguenti testi: N. S. ONOFRI, I giornali bolognesi nel Ventennio fascista, Moderna, Bologna 1973; M. A. SABA, Gioventù italiana del Littorio. La stampa dei giovani nella guerra fascista, Feltrinelli, Milano, 1973.

338 Cfr. N. S. ONOFRI, I giornali bolognesi…, cit. p. 137.

339 Le altre riviste dell’intellighenzia fascista, citate da Nazario Sauro, le citiamo in nota qui di seguito:

“Credere” e “Meridiani”; Cfr. Ibidem.

340 Cfr. N. S. ONOFRI, I giornali bolognesi…, cit. p. 174. 341 Cfr. Ivi, p. 181.

342 Dai dibattiti emersi durante il Convegno per la cultura fascista nacque il Manifesto degli intellettuali

del fascismo, documento che si contrappose al Manifesto antifascista di Benedetto Croce; Cfr. EMILIO RAFFAELE PAPA, Storia di due manifesti, Feltrinelli, Milano 1958, cit. p. 167.

92 di Arpinati e conseguentemente anche alla vita della rivista343. Anche per questa rivista i nomi dei collaboratori furono di spicco nel panorama culturale bolognese; ci riferiamo a Gianni Granzotto, Carlo Savoia, Roberto Mazzetti, Cesare Colliva344.

Diversa risulta invece la storia de “L’Assalto”. Questo settimanale era nato come foglio dannunziano più che mussoliniano, anche se i futuristi ne rivendicarono la paternità; Marinetti stesso scrisse infatti, nel 1929: «I futuristi bolognesi fondarono il giornale L’Assalto»345

. In realtà il giornale comparve sulla scena come numero unico il 4 novembre 1920, in occasione del secondo anniversario della fine della guerra; ma i toni battaglieri e vittoriosi in esso contenuti, enfatizzati dalla prosa dei legionari di Fiume presenti in redazione, piacque al fascio bolognese e venne assunto come organo del Fascio di Combattimento di Bologna. Il primo effettivo numero venne pubblicato il 18 novembre 1920 e già da come si presentò la prima pagina si capì l’orientamento della testata. Infatti, sotto il nome della rivista, emergeva per esteso il seguente titolo: Il fascismo è il risveglio e la nuova vita d’Italia; mentre al centro spiccava un articolo intitolato La Voce nostra che terminava così: «Per GABRIELE D’ANNUNZIO, eia, eia, eia, alalà!»346. I toni della stampa di “L’Assalto” furono briosi e battaglieri, specialmente nei primi numeri, come a ragione ebbe modo di notare la rivista “Il Fascio” che nel 1920 scrisse: «Il nuovo settimanale, che si è presentato sotto una simpatica veste tipografica, è redatto in forma veramente fascista e tutta piena di polemiche acute e battagliere e di articoli sbrigativi e vivaci»347. Ma complessivamente potremmo ben definire “L’Assalto” come un giornale fascista a tutti gli effetti, anche se all’interno della redazione era presente un ristretto gruppo di giovani articolisti anticonformisti; tra questi giovani – molti dei quali lavorarono anche nelle redazioni de “La Nuova Guardia” prima e di “Architrave” poi – citiamo: Carlo Savoia, Agostino Bignardi, Umberto Reverberi Riva, Nino Gardini, Gaspare Gozzi, Renzo Renzi.

La stampa universitaria bolognese, attiva e dinamica come i giovani membri operanti nelle sue redazioni, si collocò proprio all’interno di questo contesto editoriale: monotono e uniformemente fascista. La spinta al rinnovamento e alla fascistizzazione

343 Per maggiori approfondimenti sulla vicenda di “Vita Nova” rimando a: N. SAURO ONOFRI, I giornali bolognesi…, pp. 166 – 172.

344 Come si può notare, i nomi dei collaboratori si ripetono di rivista in rivista. In questa sede ci limitiamo

a citarne solo alcuni, tra questi figurano anche quelli che si legarono alla vicenda di “Architrave”.

345 FILIPPO TOMMASO MARINETTI, Marinetti e il futurismo, Roma, Augustea 1929, p. 91.

346 L’intero primo numero del giornale era firmato da Arpinati Leandro; Cfr. “L’Assalto”, a. I, n. 1, 18

novembre 1920, p. 1.

347

93 degli Atenei nel corso degli anni Venti venne accelerata anche per mezzo di essa. Il GUF bolognese diede alla luce diverse testate giornalistiche. In questa sede ci limitiamo a segnalare l’esperienza de “Il Goliardo” (1920 – 1935) e de “La Nuova Guardia” (1933 – 1936), che furono i maggiori fogli nati prima di “Architrave” (1940 – 1943). Il Primo, giornale studentesco della goliardia bolognese, già più volte citato nelle pagine precedenti, spiccava per i toni giocosi e di scherno nei confronti del mondo accademico e incentrava i suoi articoli intorno alla vita studentesca di tutti i giorni con particolare attenzione agli eventi extrascolastici, come la Festa delle Matricole348; “La Nuova Guardia”, invece, costituì l’organo ufficiale del GUF di Bologna dal 1933 al 1936, figurando sin dall’uscita del suo primo numero come «foglio volante de L’Assalto per gli universitari fascisti»349. L’ambito di cui si interessò sin da subito fu il rapporto tra fascismo e organizzazioni universitarie straniere, settore di cui l’organo gufino si occupò ufficialmente con l’ordine contenuto nel foglio di disposizioni n. 708, emanato dalla segreteria centrale dei GUF350. Abbandonati i primi toni tendenzialmente goliardici, “La Nuova Guardia” si uniformò, già dalla sua seconda uscita, unicamente al suo obiettivo principale, divenendo un foglio universitario che:

«intende dar voce e sviluppo oltre confine alle tavole della concezione mussoliniana. Giovandoci dei migliori fra gli universitari stranieri che frequentano l’Ateneo bolognese, allacceremo discussioni e rapporti con le organizzazioni universitarie e giovanili di quelle nazioni i cui Governi hanno vietata dal pregiudizio e dai vincoli con il passato, la visione realistica e risolutiva del momento storico. Riproducendo in diverse lingue le parole del DUCE, sollecitando e accettando la collaborazione degli universitari stranieri, […] getteremo semi di feconda intesa e colleganza»351

.

Dal punto di vista culturale ed artistico “La Nuova Guardia” trattò la rubrica Squadrismo d’arte, sezione che si interessava di rendere note le attività culturali promosse dal GUF, come mostre d’arte, convegni e ovviamente i Littoriali della Cultura e dell’Arte. All’interno di questa rubrica il leitmotiv ricorrente era il rapporto tra politica

348 Sebbene a partire dal 1926 la rivista ricevette un profondo riassetto per volere del partito, come è già

stato detto nel capitolo I, paragrafo 2, divenendo “Organo dell’AUB e del Gruppo Universitario Fascista di Bologna”.

349 “La Nuova Guardia”, a. I, n. I, 9 aprile 1933, p. 1. 350 Vedi nota n. 326.

351

94 e arte, trattato ed approfondito in tutte le sue forme visive: pittura, scultura, cinema, teatro, architettura352.

Maggiore spazio alle arti venne dato invece in “Architrave”, Mensile di politica letteratura e arte. Fu la rivista mensile del GUF di Bologna e nacque nel dicembre del 1940. Come alcuni storiografi sostengono, la sua nascita, sebbene «tarda», venne sollecitata dai dibattiti culturali nati in seno ai Littoriali della Cultura e dell’Arte da poco conclusi353. I Littoriali bolognesi erano terminati con l’idea che la loro formula andasse ripensata e modificata; infatti, l’eccessiva concentrazione di concorsi e convegni, nel giro di poche giornate, aveva causato un calo di originalità nello sviluppo dei temi, ovvero quella che Bottai aveva definito tendenza alla «cristallizzazione dei Littoriali»354. La storia di questa rivista venne ricostruita per la prima volta nel 1972 da Onofri ne I giornali bolognesi nel ventennio fascista, oltre che in un articolo dal titolo La tragedia di “Architrave”, dopo di lui se ne occupò brevemente anche Saba in Gioventù Italiana del Littorio; infine troviamo notizie in La Nuova Guardia di Salustri e nell’antologia sulle riviste dei GUF di Palma355

. Tutti gli studiosi concordano nel riconoscere che il clima che si respirò all’interno della redazione gufina bolognese, sebbene fosse formalmente inquadrato nel fascismo, fu vivace e anticonformista. Onofri definì la vicenda di “Architrave” emblematica per la comprensione della situazione delle nuove generazioni, ovvero di quei giovani che vissero in un regime voluto dai loro padri, ma nel quale non riuscirono ad integrarsi. Essi infatti incentrarono la maggior parte dei loro articoli polemici intorno alla questione del contrasto tra giovani e «vecchi», problema che emerse fortemente come manifestazione di una profonda spaccatura generazionale. Onofri osservò che i giovani di “Architrave” manifestarono apertamente la loro voglia di svecchiare il sistema :

352 Per una visione più approfondita della vicenda de “La Nuova Guardia” rimando a: S. SALUSTRI, La Nuova Guardia. Gli universitari bolognesi tra le due guerre (1919 – 1943), Clueb, Bologna 2009. 353 Ricordiamo che i Littoriali della Cultura e dell’Arte bolognesi si erano conclusi nella prima settimana

di maggio del 1940. L’ipotesi che i dibattiti culturali nati in seno alle gare universitarie abbiano influenzato la nascita della rivista gufina è stata avanzata dalla Saba: Cfr. M. ADDIS SABA, Gioventù

Italiana del Littorio…, p. 115.

354 Bottai palesò l’emergenza del fenomeno di «cristallizzazione dei Littoriali» durante il discorso di

chiusura dei Littoriali bolognesi tenuto sei mesi prima al Palazzo del Re Enzo; vedi nota n. 294.

355 Ci riferiamo ai seguenti testi, già ampiamente citati nelle pagine precedenti: N. SAURO ONOFRI, I

giornali bolognesi durante il ventennio fascista, Moderna, Bologna 1972; M. ADDIS SABA, Gioventù

Italiana del Littorio. La stampa dei giovani nella guerra fascista, Feltrinelli, Milano 1973; S.

SALUSTRI, La Nuova Guardia. Gli universitari bolognesi tra le due guerre (1919 – 1943), Clueb, Bologna 2009; C. PALMA, Le riviste dei GUF e l’arte contemporanea 1926 – 1945. Un’antologia

95 «Non c’è dubbio che i giovani di Architrave – analogamente a quelli di Roma o Milano – volevano cacciare la vecchia generazione, quella che aveva fatto o approfittato della rivoluzione fascista, sostituirsi ad essa e quindi migliorare il regime dall’interno»356

. Ma essi non vedevano nel duce la causa della falla nel sistema, ma nella corruzione dei gerarchi che lo gestivano. Pertanto, essi non potevano definirsi «antifascisti» ma dei «fascisti che si preoccupavano di migliorare il regime dall’interno»357

. Saba sostiene che la rivoluzione fascista che volevano i gufini bolognesi era di tipo «morale» e rintraccia l’origine di questa idea nella storia dello stesso fascismo bolognese, il quale essendo stato il risultato di una fusione tra fascismo rurale e fascismo urbano e fondandosi sui valori originari del fascismo, si appellava con convinzione ad un ritorno alle sue origini358.