3. I soggetti: l’onore di chi?
3.2 Ricognizioni linguistiche e comprensione giuridica: dalla
Diversamente dalla dignità riferita alle persone, quindi, la dig-
nity istituzionale è più determinata, così come più circoscritte e chiara-
mente definite sono le principali problematiche che riguardano la pos- sibilità di un utilizzo strumentale, rispetto alla limitazione del diritto al dissenso o alla critica delle istituzioni medesime. Non sussiste pertanto un’attinenza diretta ed esclusiva né all’onore degli individui che rico- prono la carica (in un ambito che non sia pubblico), né alla dignità uma- na: entrambi entrano in gioco solo se vi sia intersezione tra dimensione privata e dimensione istituzionale.
Tuttavia, la ricognizione linguistica dell’utilizzo del termine di- gnità con riferimento alle istituzioni – emerso, come visto, anche nel panorama statunitense, in cui le prime pronunce della Corte Suprema considerano la dignity solo in quest’accezione – consente di individuare un nucleo concettuale fondativo utile alla comprensione del quadro giu-
46 Così M.R
ONCO,S.ARDIZZONE (a cura di), Codice Penale annotato con la giuri-
sprudenza, Milano, 2007 (in commento all’art. 290 c.p. «Vilipendio della Repubblica,
ridico in cui si situa la rilevanza della dignità della persona, nella pro- spettiva che sarà poi propria a partire dal secondo dopoguerra.
Il concetto di dignità delle istituzioni riporta infatti all’origine etimologica di questo termine: la dignitas romana, che non nasce con riferimento al valore intrinseco dell’essere umano, ma è impiegato ori- ginariamente proprio in relazione alle cariche nell’ambito istituzionale. Questa concezione attiene al ruolo dell’individuo nella comunità – me- glio: nell’ambito di un concetto di Stato che è inestricabilmente connes- so a quello di comunità – in cui la dignitas della carica ricoperta pre- suppone qualità morali della persona47.
47 Sul legame del concetto romano di comunità anche nelle attività personali cfr.
M. MINKOVA, Spostamento dei concetti politici nel lessico cristiano: dignitas in Boezio,
in Popolo e potere nel mondo antico. Atti del convegno internazionale di Cividale del
Friuli, 23-25 settembre 2004, Pisa, 2005, anche a p. 251 dove si evidenzia l’elitarietà
del concetto romano di dignitas, che «viene necessariamente legata con l’alto incarico, e l’ufficio non è separato dalla dignità». Cfr. inoltre P.RIDOLA, Diritto comparato e diritto costituzionale europeo, Torino, 2010, p. 82: «Nel mondo romano la dignitas
esprime invero un concetto essenzialmente politico, ciò che Cicerone, non senza qual- che accento critico, fece risalire all’esempio della democrazia ateniese (…quoniam
distinctos dignitatis gradus non habebant, non tenebat ornatum sibi civitas): un mar-
chio essenzialmente profano, dunque, e derivante per lo più dall’appartenenza ad élites politiche, piuttosto che un carattere antropologico, inerente alla natura dell’uomo. Di qui alcuni caratteri della dignitas romana, la quale appare anzitutto come il risultato di prestazioni del soggetto nella sfera politica, e che pertanto deve essere continuamente messa alla prova e meritata; si dispiega inoltre nella vita sociale, e dunque presuppone un uomo indipendente e capace di pensare a se stesso; alligna, ancora, in quegli strati sociali (degli homines liberi) nei quali domina la libertà; richiede poi larghezza di vedu- te, giacché solo chi si proietta verso grandi cose può ritenersi degno di esse; ed infine è riposta solo laddove l’uomo è illuminato dalla conoscenza di sé e degli altri. Il signifi- cato essenzialmente pubblico della dignitas nel mondo romano risalta altresì dalla fre- quente associazione di essa, soprattutto nel pensiero stoico, ad altri attributi, riferiti al- l’apparenza esteriore rivelatrice della personalità (decus), all’impressione che la dignitas di una persona o di un evento suscitano (gravitas), al comportamento nelle cerchie della società, che rende interiormente degni dell’appartenenza ad esse (honestas), al ricono- scimento di questa qualità interiore nel mondo esterno (nobilitas), al potere che può derivare dal riconoscimento della dignità (auctoritas), alla posizione di supremazia, originariamente riferita agli dei e poi ritenuta carattere del popolo romano e dei suoi rappresentanti (maiestas), al riconoscimento che si consegue per i propri meriti e le
In quest’intreccio si comprende il ruolo della funzione, del tito- lo che conferisce un rango.
La stessa origine etimologica lega il concetto di dignità a quello di ruolo:
«Il faut partir d’une racine trilittère indo-europèenne *dek, sur laquelle on a avec qualque vraisemblance restitué un mot *deknos, qui donne en latin le verbe decet, originellement impersonnel, avec le sens général de «il convient». Ce verbe a donné naissance à deux substan- tifs: decus, qui signifie bienséance, décence, dignité, «honneur». Et de- cor, qui désigne la beauté physique s’accompagnant de la dignité mo- rale. Il a donné également naissance à un adjectif, dignus, qu’on peut traduire de manière générale par «qui convient à», «digne de» en bonne et mauvaise part (on peut être digne de recompense, mais aussi du sup- plice), «qui mérite». C’est sur cet adjectif dignus qu’a été formé le substantif dignitas. Dans son premier sens, mais les choses évolueront, le mot désigne le mérite, et cette notion est inséparable de la dignitas, la dignité, le haut rang, et dans un premier temps il est employé à propos des charges honorifiques dans l’Etat»48.
Questa concezione transiterà poi in diversi ambiti che gli ordi- namenti giuridici avvertono la necessità di tutelare, con modalità più o meno intense e variabili nel tempo, in cui si riflette una dimensione col- lettiva che lambisce anche il concetto individuale di dignità. La coesi- stenza di dimensione sociale ed individuale si ritrova infatti costante- mente nel moderno concetto di dignità della persona. Il nucleo di tale concezione fa riferimento alla natura umana, intrinseca alla persona, che pre-esiste all’ordinamento, ma che assume significato attraverso il riconoscimento.
proprie virtù (honor)». Sulla dignitas romana ed amplius per una ricostruzione storica del concetto cfr. U.VINCENTI, Diritti e dignità umana, Bari, 2009, p. 7 ss.
48 Cfr. M.P
Anche la dignità moderna che limita la libertà di manifestazio- ne del pensiero si lega ad una dimensione pubblica, in cui la tutela del patto fondativo della società s’interseca con le forme di tutela appronta- te contro la stigmatizzazione dell’individuo49.
La dignity istituzionale, in questa prospettiva, pone in evidenza un concetto che non attiene solamente all’ambito pubblico, ma rappre- senta il fil rouge della dignità come limite alla libertà di manifestazione del pensiero, nelle diverse dimensioni che essa attraversa: istituzionale ma anche – come si vedrà – personale, sia individuale, sia collettiva.
In ognuno di questi ambiti gli ordinamenti giuridici intervengo- no con modalità e finalità differenti, “colpendo” le opinioni secondo livelli diversi di intensità, che vanno dalle fighting words statunitensi allo hate speech continentale. La ratio di questi interventi varia seguen- do le diverse modalità d’intervento degli ordinamenti, ma trova un pun- to di riferimento comune nella garanzia delle principali coordinate del contesto sociale: un concetto generalmente definibile come ordre pu-
blique o, più genericamente, come parte del meccanismo che consente
il funzionamento stesso delle istituzioni.