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Ricostruzione storica dell’evoluzione del ghiacciaio del Belvedere

CAPITOLO 2 I GHIACCIAI

2.3 I L GHIACCIAIO DEL B ELVEDERE

2.3.3 Ricostruzione storica dell’evoluzione del ghiacciaio del Belvedere

Figura 2.10 - Il gruppo del Monte Rosa con i suoi ghiacciai, tra cui il "Macugnaga Glacier" (al centro della figura). La carta intitolata “The Italian Valleys of the Pennine Alps” è stata

Per poter studiare il comportamento di un ghiacciaio nel modo migliore occorre fornire una panoramica completa delle trasformazioni da esso subite. Nel caso del ghiacciaio del Belvedere è importante analizzare anche delle trasformazioni subite dal suo apparato morenico.

La più antica menzione del Monte Rosa ci giunge da Pietro Azario nel 1300 che scrive: “Il fiume Dora prende origine dalle freddissime Alpi sempre coperte di grandi quantità di ghiaccio vale a dire la montagna di Boxeno (…) dalla quale mai, fin dall’origine del mondo si ritirarono le nevi e i ghiacci.” (Walser Kulturzentrum & Comitato Glaciologico Italiano, 1991). Descrizioni come questa si susseguono nei secoli a venire da bocche più o meno famose, tra le quali anche quella di Leonardo da Vinci. Una delle prime descrizioni del ghiacciaio del Belvedere è quella dell’Amoretti, uno dei primi viaggiatori il quale visitò il ghiacciaio negli ultimi decenni del diciottesimo secolo: “Esso (il ghiacciaio) è come formato d’altissime onde, come se si fosse agghiacciato il mare al momento di una procella”.

Il Welden nel 1823 lo definì come “Una grande cascata d’acqua che precipitando dalla vetta si è trasformata in ghiaccio.” (Walser Kulturzentrum & Comitato Glaciologico Italiano, 1991). Queste, come altre fonti, hanno valore puramente storico e descrittivo, da esse infatti non è possibile trarre alcuna informazione di valenza scientifica o utile al fine delle misurazioni. Per non appesantire ulteriormente la lettura si è deciso di osservare l’evoluzione del ghiacciaio del Belvedere nell’ultimo secolo, soffermandosi principalmente sull’analisi degli anni più recenti. Per un approfondimento si rimanda alle opere di Monterin (1922) e di Sacco (1930). Entrambi gli scritti sono corredati da numerose immagini e descrizioni del ghiacciaio dal 1800 fino alla loro data di pubblicazione. Va però menzionata una rotta glaciale avvenuta nell’agosto 1868 che

" (...) ha trasformato in un'orrida secca parte della valle tra il Belvedere e Macugnaga. (...) Prima del 1868, quell'immane greto, che si stende, come dissi, tra Macugnaga e il Belvedere, era tutto un desio di prati e di campi come lo è ancora quella parte del piano rimasto incolume, che cinge di un'aureola così ridente il villaggio stesso di Macugnaga. Nell’agosto del 1868, in seguito a grossi temporali e a piogge continuate, il grande ghiacciajo de Monte Rosa sopra Macugnaga dovette trovarsi tutto inzuppato a guisa di un’enorme spugna. Si sa infatti che il ghiaccio dei ghiacciai è molto poroso, e tutto sparso di bolle e di fessure. L’acqua tenuta così sospesa entro il ghiacciajo suddetto, formando una colonna d’un centinajo di metri, doveva necessariamente premere, con forza idraulica immensa, contro la morena frontale, cioè contro la collina del Belvedere, che gli si addossa, sbarrando quasi per intero la valle. Infatti, quella colossale barriera fu d’improvviso forzata e sfondata, aprendovisi, con un rumore simile al tuono, da cima a fondo una breccia della lunghezza di settanta metri e più. Fu quello un vero diluvio glaciale. Il torrente, rotto ogni freno, portando nella sua furia la crollante morena, ne disperse i ruderi giù per la valle, lasciando un’area di un chilometro quadrato e più, sepolta sotto una valanga

I ghiacciai

di massi, molti dei quali possono misurare da 4 a 8 metri cubici di volume.” (Stoppani, 1876).

Figura 2.11 - Il ghiacciaio del Belvedere

attorno al 1825. Acquatinta di G. Lory Belvedere come descritto dallo Stoppani, Figura 2.12 - Veduta del ghiacciaio del dopo la rotta del 1868

Misurazioni della fluttuazione del fronte del ghiacciaio

del Belvedere dal 1914 al presente

Si prendono ora in considerazione le fluttuazioni della sola lingua in sinistra orografica del ghiacciaio del Belvedere, la più importante, perché esiste solo per essa una serie storica abbastanza continua dal 1914 al presente, con interruzioni tra il 1942 e il 1952 e tra il 1974 e il 1985. I valori delle variazioni sono riassunti nelle seguenti tabelle (dal 1914 al 1974) aggiungendo i dati raccolti da Mazza (tra il 1985 e 1999) (Mazza, 2000).

La seguente tabella (Tabella 2.2) contiene dati di ritiro del fronte raccolti da Monterin, operatore dell’IGM, Vanni, Pracchi, Reina e Somigliana, operatori dell’EIRA (Ente Italiano Rilievi Aerofotogrammetrici), Demaria e Gatti.

Anno della

misurazione Variazione [m] Quota Fronte del ghiacciaio [m]

1914 - 1917 27.5 - 1918 1961.83 1919 50 - 1920 62.5 - 1921 28.5 -

1922 12 1627 1914/1922 230.5 (+25.6 m/a) 1923 -51 - 1924 -45 - 1925 -31 - 1926 -31 - 1927 -21.5 1655 1928 -17.5 1672 1929 -25 1674 1930 -20 1676 1931 -47 1678 1932 -64 1678 1933 -10 1678 1934 -15.5 1678 1935 -11.5 1680 1936 -25.5 1735 1937 -29.5 1695 1938 -22 1695 1939 -5.5 - 1940 3.5 1700 1941 -7.5 - 1942 -3.5 - 1923/1942 -480(-24 m/a)

1943/1952 No misurazioni, il ritiro è stimato a -200 m

1953 -27.5 - 1954 -15.5 - 1955 -21 - 1956 -20.5 - 1957 -22 1755.8 1958 -21 1750 1959 -34 1750 1960 -26 1750 1961 -13 1750 1962 -12 1750 1963 -14 1750 1964 -12 1800 1965 -18 1750 1966 -10 - 1967 -5 - 1968 0 - 1969 1 -

I ghiacciai 1970 7 1750 1971 -10 1750 1972 -13 1750 1973 -6 1750 1974 -2 1750 1953/1974 -294.5 (-13.4 m/a)

1975/1984 No misure, probabile situazione stabile o variazioni molto piccole Tabella 2.2 – Misure raccolte da Monterin , operatori dell’IGM, Vanni, Pracchi, Reina e

Somigliana, operatori dell’EIRA , Demaria e Gatti dal 1914 al 1974.

Nel 1985 Mazza ricominciò ad acquisire misure di ritiro del fronte (Tabella 2.3), ma non è possibile connettere la nuova serie a quella precedente poiché non esistono coordinate dei punti di riferimento in comune (Mazza, 2000)

Mark 1 [m] Mark 5 [m]

1985/1992

-2.5

6

1992/1993

*

-4

1993/1994

1

1994/1995

-1

1995/1996

-7

1996/1997

5

1997/1998

-6

1998/1999

-2

* nessuna misura futura possibile

Tabella 2.3 – Dati presi da Mazza dal 1985 al 1999

Negli anni successivi, fino al 1951, gli studiosi e i ricercatori definirono praticamente impossibile poter effettuare le misurazioni ed è così che non si hanno testimonianze relative a quegli anni (Gili-Borghet, 1961). Non potendo quindi agire da terra, proprio nel 1951 venne effettuato il primo volo aereo al di sopra dell’area del Ghiacciaio del Belvedere, eseguito da parte dell’IGM (Istituto Geografico Militare). Questa immagine (Figura 2.13) consentì di avere per la prima volta una visione di insieme del ghiacciaio; a questa seguiranno nella storia una lunga sequenza di riprese dall’alto (Mortara & Tamburini, 2009)

Figura 2.13 - La prima immagine aerea del Ghiacciaio del Belvedere ripresa nel 1951 (fonte IGM).

In occasione del 1952, che fu definito Anno Geofisico Internazionale, furono svolte una serie di iniziative che coinvolsero anche il ghiacciaio in esame. Fu innanzitutto redatto il Catasto dei Ghiacciai Italiani, composto da 4 volumi (1959 – 1962), dove per ogni ghiacciaio venne realizzata una scheda monografica (Mortara & Tamburini, 2009). Inoltre, l’Ente Italiano Rilievi Aerofotogrammetrici (E.I.R.A) di Firenze eseguì, nel mese di settembre, un rilievo topografico (1:5000) della parte inferiore del Ghiacciaio del Belvedere, con tecniche fotogrammetriche (E.I.R.A., 1961). Per il rilievo vennero fissati 10 punti al suolo, individuati da incisioni nelle pietre o da coloritura e furono redatte anche le relative “monografie”, in prospettiva di un possibile utilizzo futuro di questi capisaldi. La restituzione del rilievo è stata svolta dallo stesso Ente e fu utile sia per verificare la veridicità delle testimonianze dei rilevatori sia per svolgere attività di monitoraggio del ghiacciaio.

Nel luglio 1979 il lago delle Locce esondò dal suo argine di ghiaccio verso il ghiacciaio Nord delle Locce. L’onda di piena viaggiò attraverso il canale naturale tra il ghiacciaio del Belvedere e la sua morena laterale destra. In presenza della leggera contropendenza vicino al Rifugio Zamboni, l’alluvione tagliò attraverso la morena erodendo progressivamente una breccia. La successiva colata di detriti danneggiò seriamente la seggiovia del Belvedere e allagò il fondo valle per un’area 1 km e larga mediamente 150 m, raggiungendo quasi la frazione di Pecetto vicino a Macugnaga. A seguito dell’alluvione del 1979 si sono rese necessarie opere di prevenzione come l’abbassamento artificiale del livello del lago delle Locce e la costruzione di

I ghiacciai

una diga nel torrente principale a valle del ghiacciaio. Da metà anni 80 fino al 2001 non si verificò nessuna situazione inusuale al ghiacciaio del Belvedere. (Kääb, et al., 2004).

Inoltre, durante questo periodo come riportato nei Bollettini Glaciologici, venne introdotto anche l’utilizzo di tecniche e strumentazioni sempre più accurate con lo scopo di misurare le variazioni frontali del ghiacciaio e permettere lo svolgimento delle attività di monitoraggio. In particolare, durante la campagna del 1999, una volta fissati alcuni capisaldi lungo il corpo del ghiacciaio, oltre al classico teodolite e al telemetro laser, si iniziò a sperimentare anche l’utilizzo di un ricevitore GPS (Magellan 3000 XL, con la possibilità di osservare fino a 12 satelliti) (CGI, 2000).

Dalla primavera 2001 (e probabilmente già dall’autunno 1999), il regime di flusso del ghiacciaio del Belvedere e le caratteristiche ad esso collegate subirono un drastico cambiamento. Partendo dai piedi della parete est del Monte Rosa e proseguendo verso valle, l’eccezionale crepacciamento del ghiacciaio indicò sforzi e velocità di deformazione elevati nel ghiaccio. Come conseguenza, la superficie del ghiacciaio cambiò da quasi completamente coperta da una coltre omogenea di detriti a una topografia crepacciata con la copertura di detriti solo in alcune zone.

La variazione di volume del Ghiacciaio del Belvedere durante la seconda metà del ventesimo secolo è stata calcolata mediante il confronto di due mappe a larga scala:

1. Una mappa scala 1:5000 con curve di livello a intervalli di 5 m, compilata a seguito di una campagna di misure di fotogrammetria al suolo effettuata nel 1957 dall'Ente Italiano Rilievi Aerofotogrammetrici (EIRA) per il Comitato Glaciologico Italiano (CGI)

2. Una mappa scala 1:10,000 con curve di livello a intervalli di 10 m, tratta dalla Carta Tecnica Regionale della Regione Piemonte, ottenuta tramite un rilievo aerofotogrammetrico del 1991

A seguito della digitalizzazione e georeferenziazione delle due mappe, sono stati prodotti modelli digitali di elevazione del terreno, dal cui confronto è emersa una variazione di volume di +22,672,000 m3 nell’intervallo 1957-1991 e la seguente mappa di variazione dello spessore di ghiaccio e detriti (Figura 2.14).

Figura 2.14 - Mappa variazione spessore ghiaccio e detriti 1957-1991

L’aumento di volume mostrato da questo confronto potrebbe essere correlato con il bilancio di massa positivo registrato in questo periodo. Infatti sono state registrate dalle stazioni meteorologiche collocate sul Monte Rosa diminuzioni delle temperature medie estive tra il 1953 e il 1977 e un aumento delle nevicate tra il 1972 e il 1985 (Figura 2.15).

I ghiacciai

Figura 2.15 – Diminuzione delle temperature medie estive 1953-1977 e aumento nevicate 1972-1985

Va detto che durante questo stesso periodo i ghiacciai bianchi alpini hanno invece subito una fase di ritiro. La diversa risposta del Ghiacciaio del Belvedere va attribuita alla sua coltre detritica. Infatti nei ghiacciai neri questo manto di detriti riduce fortemente l’ablazione e funge da isolante. (Diolaiuti, D'Agata, & Smiraglia, 2003)

A metà anni ’80 e durante il periodo 1995-1999, la velocità media superficiale della parte più bassa del ghiacciaio del Belvedere era rispettivamente dell’ordine di 40-45 m/a o di 35 m/a. Durante il periodo 1999-2001 si osservò tramite fotogrammetria che questa velocità aumentò fino a 110 m/a e nell’autunno 2001 fino a 200 m/a; durante l’estate del 2001 si osservarono un forte crepacciamento della superficie del ghiacciaio, un marcato incremento dello spessore, pozze sporche tra il ghiacciaio e le morene laterali e un’intensificazione dell’attività franosa

(sia rocciosa che di ghiaccio) dai lati del ghiacciaio. Questi segni furono interpretati come indicatori di un movimento del ghiacciaio di tipo “surge”; di conseguenza il monitoraggio della zona fu intensificato. Nell’estate 2002 con rilievi terrestri e con la fotogrammetria si sono misurate velocità fino a 80 m/a. Nella primavera 2003 una distinta banda di taglio larga alcuni metri ai margini del ghiacciaio coperto da neve indicava il proseguimento delle eccezionali velocità. Nella maggior parte del ghiacciaio l’aumento delle velocità fu accompagnato da un aumento dello spessore di ghiaccio di 20 e più metri. Il corrispondente spostamento di massa viaggiò giù per il ghiacciaio raggiungendo il suo massimo presso la collina del Belvedere attorno all’estate 2002. Nell’agosto 2003 nella maggior parte del ghiacciaio del Belvedere lo spessore del ghiaccio aumentò ancora. Le prime indagini fotogrammetriche suggerirono che il movimento fosse ristretto alla zona più bassa e piatta del ghiacciaio. La grande depressione al piede della parete est (Figura 2.16), che venne temporaneamente riempita da un lago supraglaciale (lago Effimero, quota 2150 m, massima espansione 150,000 m3 circa nel giugno 2002), segna il limite superiore della zona che ha subito il movimento surge. Il forte crepacciamento osservato per le parti del ghiacciaio al di sopra della zona depressa potrebbe dunque essere la conseguenza di un drastico cambiamento del regime di sforzi dovuto ad un’improvvisa mancanza di supporto al piede della pendenza, piuttosto che essere parte attiva dell’evento di aumento delle velocità. Indagini fotogrammetriche mostrano che già durante il 1995-1999 avvenne una perdita totale di spessore del ghiaccio di circa 20 m nella zona della depressione. Lo spessore del ghiaccio delle altre parti del ghiacciaio rimase stabile durante questo periodo (Kääb, et al., 2004).

I ghiacciai

La formazione del sopracitato lago Effimero e la sua rapida evoluzione creò diffuse situazioni di pericolo, tali da richiedere l’intervento rapido e massiccio del Dipartimento della Protezione Civile, che riuscì a far rientrare l’emergenza, creando un sistema di pompe e tubazioni che permisero di far abbassare il livello del bacino e di conseguenza di diminuire la pressione dell’acqua al suo interno (Mortara & Tamburini, 2009).

Successivamente, a seguito dell’esaurirsi dell’onda di surge e della forte contrazione dei ghiacciai tributari affluenti, il lago Effimero diventò via via una pozza di modeste dimensioni, sulla quale si è però continuato, anche nelle stagioni successive, a svolgere una costante attività di monitoraggio e di raccolta dati (Mortara & Tamburini, 2009).

A partire dal 2002/2003 la fase di ritiro del ghiacciaio riprese il suo corso, senza alcuna interruzione fino ad oggi. In questo lasso temporale si sono verificati alcuni eventi che meritano attenzione.

Il primo avvenimento risale alla notte del 24-25 agosto 2005, quando una valanga di ghiaccio si staccò dalla parete nord-orientale del Monte Rosa, alla testata del Canalone Imseng (circa 3700 m), appena al di sopra del settore da cui da anni prendevano origine colate fangose e crolli di blocchi rocciosi. In meno di un minuto la massa di ghiaccio raggiunse la superficie sottostante del Ghiacciaio del Belvedere, invase la piana dell’Alpe Pedriola, arrivando fino al Rifugio Zamboni Zappa. Il soffio generato dalla massa in movimento fu tanto violento da ribaltare alcuni piccoli blocchi rocciosi posti sul filo di cresta della morena destra del ghiacciaio, oltre che ad essere percepito dagli ospiti del rifugio Zamboni Zappa. L’intervento dei ricercatori del CNR, Charlie e Mortara, fu tempestivo, così da ottenere una ricostruzione dettagliata del fenomeno valanghivo (Mortara & Tamburini, 2009).

Un altro evento significativo risale al 21 aprile 2007: una frana di roccia, di volume complessivo stimato attorno ai 300,000 m3 si staccò dalla parete nord-orientale del Monte Rosa (da quota 4000-4200 m). Il materiale franato andò ad occupare un’area di estensione simile a quella della valanga di ghiaccio dell’agosto 2005. Questo fu un evento unico, sia per la quota a cui si verificò il distacco, sia per il periodo dell’anno in cui si manifestò. Si deve però tenere presente che il mese di aprile 2007, fu il più caldo degli ultimi 150 anni (secondo la Società Meteorologica Italiana), è così che il fenomeno è stato classificato come un dissesto legato alla progressiva deglaciazione delle aree di alta quota (Mortara & Tamburini, 2009). Durante la notte del 16-17 dicembre 2015 un’altra frana di grandi dimensioni si staccò poco sotto la sommità della Punta Tre Amici (quota circa 3400 m) (Figura 2.17), in corrispondenza dell’alto bacino del Ghiacciaio Settentrionale delle Locce (Charle, et al., 2016).

Il volume di materiale franato fu di 200,000 m3e la causa del distacco fu l’abbassamento dell’isoterma 0°C che si verificò nel periodo di novembre di quell’anno. Questo portò al congelamento del terreno con conseguente riduzione e annullamento della possibilità di

deflusso dell’acqua superficiale, che causò un aumento della pressione interstiziale all’interno delle rocce. Questo fatto ha portato alla destabilizzazione del versante.

Figura 2.17 - Il confronto fotografico evidenzia la notevole trasformazione morfologica della parete a seguito del crollo che ha coinvolto anche un settore, non visibile, posto dietro la

nicchia di distacco individuata dalle frecce rosse (sopra: foto in data novembre 2005, fonte www.summitpost.org; sotto: foto Gianni Mortara, 19.12.2015)

Il crollo del dicembre 2015 non rappresenta un fenomeno straordinario per l’ambiente in cui si è sviluppato. Gli ambienti glacializzati e in via di deglaciazione si sono infatti dimostrati in questi ultimi anni particolarmente vulnerabili alle modificazioni climatiche e ambientali in atto per effetto del riscaldamento globale. Il bacino glaciale del Belvedere, in particolare, è stato teatro negli ultimi 10-15 anni di una considerevole sequenza di episodi d’instabilità di varia natura (rotte glaciali, valanghe di ghiaccio e di roccia, collassi di morene, colate detritiche) che, tutti, hanno trovato condizioni predisponenti nei rapidi cambiamenti avvenuti a carico della criosfera (neve, ghiacciai e permafrost), con particolare intensità a partire dagli Anni 1990 (Mortara & Tamburini, 2009).

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In conclusione si può affermare che il ghiacciaio del Belvedere è un importante apparato glaciale studiato da parecchi anni, ed è considerato di fondamentale importanza per lo studio dell’andamento dei ghiacciai alpini sottoposti agli odierni cambiamenti climatici. Dal 2002 il ghiacciaio è in una fase di regressione e si stima che nell’arco di 40/50 anni esso possa scomparire se l’andamento climatico rimarrà tale.

CAPITOLO 3 COSTRUZIONE DEI

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