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Riflessioni comparative sui film analizzat

Alla luce degli elementi e delle peculiarità emerse nel corso delle analisi dei quattro film, è possibile individuare alcune caratteristiche comuni ai personaggi delle donne straniere e alle modalità con cui esse si muovono nella diegesi, sia in relazione all’ambiente in cui vivono che ai personaggi italiani e stranieri che le circondano; è anche possibile individuare alcuni tratti che indicano un cambiamento delle modalità di rappresentazione e dei percorsi narrativi delle quattro donne che sembra seguire uno sviluppo diacronico, che si snoda quindi in concomitanza con i cambiamenti sociali in atto in Italia, con gli arrivi di migranti appartenenti ad etnie fino a quel momento presenti marginalmente sul territorio. Nelle prossime pagine si cercherà di tracciare una mappatura delle similitudini e delle differenze tra i prodotti cinematografici presi in esame, allo scopo di comprendere se e in che modo la sensibilità dei registi italiani nei confronti delle donne straniere presenti nei loro film sia cambiata, e in che modo.

Le donne straniere e il lavoro

«Le donne immigrate corrono il rischio di essere vittime di una doppia discriminazione: etnica e di genere. La condizione femminile e quella di straniera appaiono strettamente connesse dal fatto di essere considerate come differenti rispetto a identità definite e in quanto tali oggetto di esclusione24»

24 _ M.Parente, Donne in movimento: la condizione lavorativa delle donne migranti in Italia, www.cnil.it

Le quattro protagoniste dei film presi in esame svolgono occupazioni professionali diverse: la ventunenne Vesna di Mazzacurati decide di prostituirsi perché priva di denaro e di un’abitazione, l’ucraina Irena compie un percorso che la porta da essere sfruttata sessualmente a diventare una governante (sebbene, come si è visto, il passaggio a tale professione avvenga con scopi che trascendono le necessità economiche), la rumena Belana svolge il lavoro di badante per gli anziani e la cinese Li svolge diverse professioni in base alle necessità dell’organizzazione che le ha permesso l’ingresso in Italia:

«In most National newspapers they are spoken of as sex workers, victims of trafficking, and, in more recent years, as domestic workers and nurses in private houses25»

Il percorso di queste donne sembra quindi parallelo ai processi di modifiche sociali occorsi nel tredici anni (1996-2009) nel corso dei quali i diversi film sono stati prodotti, infatti alla vita ai margini della legalità di Vesna fa seguito il percorso di reinserimento sociale di Irena, la professione legale e comune alle donne straniere di Belana e il lavoro non qualificato ma organizzato meticolosamente da uomini d’affari connazionali di Shun Li.

Sembra quindi che se si considera il cinema come il simulacro della società che rappresenta, almeno apparentemente la presenza delle donne straniere in Italia sia divenuta ormai normale, e che il loro inserimento nelle dinamiche produttive non

25 _ E.Capussotti, Modernity versus Backwardness: Italian Women’s Perceptions of Self and Other, in L.Passerini, D.Lyon, E.Capussotti, I.Laliotou, Women Migrants from East to West. Gender, mobility

illegali sia ormai la prassi; tuttavia, alcuni elementi sembrano operare una critica alle modalità con cui esse fanno parte del mercato del lavoro legale: ad esempio, la corpulenta direttrice dell’agenzia matrimoniale de L

amico di famiglia fa

riferimento a delle connazionali di Belana la cui occupazione è fare le pulizie, permettendo un’associazione tra la presenza straniera e i lavori non qualificati che ricorda che anche a distanza di decenni dai primi flussi migratori, in Italia la maggior parte dei cittadini non comunitari, immigrati per cercare lavoro, svolge lavori che li relegano ai margini della società e che frustrano eventuali tentativi di integrazione.

Nell’ambito del lavoro illegale, nel caso specifico la prostituzione, i film che trattano l’argomento (ossia quello di Mazzacurati e quello di Sorrentino) lo fanno in modo diverso, svelando diversi aspetti dello stesso problema: per quanto riguarda le donne che vendono il loro corpo, se Mazzacurati mostra il percorso come scelto ma quasi inevitabile nonostante le resistenze iniziali, ne La

sconosciuta Irena è vittima di un’organizzazione per la quale ella esiste solo in

quanto corpo vuoto, da sfruttare sessualmente e per scopi procreativi, ossia negandone l’umanità.

Le due diverse realtà rappresentate svelano i molteplici aspetti del mercato della prostituzione, e sebbene Mazzacurati scelga di mostrare solo il rapporto sessuale consumato nell’automobile di Antonio e Tornatore opti per uno sguardo che svela l’orrore degli abusi subiti dalla protagonista, in entrambi i casi emerge la problematica legata alla domanda e all’offerta di tali “servizi”: il genere maschile

in Italia sembra incarnare i peggiori aspetti di una società fortemente maschilista, in cui la donna è fatta oggetto di piacere a prescindere dal suo essere o meno consenziente.

Nei due universi diegetici gli sfruttatori sono in un caso italiano (Muffa), nell’altro straniero (il criminale che ferisce Vesna dopo averle rubato il passaporto, e aver cercato di costringerla a dargli una percentuale sui suoi guadagni): in tal modo, la trasversalità della concezione utilitaria del corpo femminile accomuna gli uomini come genere, al di là della diversa appartenenza etnica, ma è importante notare che è nel film del 2006 che lo sfruttatore è di nazionalità italiana, poiché negli anni Novanta era uso accomunare i diversi livelli del mercato della prostituzione alla nazionalità non italiana dei soggetti coinvolti (eccetto i clienti), mentre a distanza di dieci anni gli eventi occorsi e poi veicolati dai mezzi di informazione hanno svelato una realtà più complessa e transnazionale26.

I due racconti narrano storie in qualche modo opposte tra loro: se Vesna non è vittima di particolari violenze fisiche nel corso del periodo passato a prostituirsi (si fa riferimento a violenze da parte dei clienti, è quindi esclusa l’aggressione da parte del criminale che la accoltella) ma il suo personaggio fa una fine tragica che veicola un messaggio pessimistico sulla sopravvivenza delle migranti in Italia, il doloroso passato di Irena viene in qualche modo espiato attraverso la prigione:

26 _ Si è operata in merito una ricerca negli archivi online delle maggiori testate giornalistiche italiane (Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa)

infatti, quando esce dal carcere la ragazza che aveva creduto essere sua figlia la aspetta, come a rappresentare simbolicamente la possibilità di Irena di iniziare una nuova vita.

Per quanto riguarda Belana, come si è detto in precedenza la sua presenza nella scena ambientata nell’agenzia matrimoniale, il suo silenzio e la trattativa svolta tra Geremia e la direttrice dell’agenzia ha le fattezze di una compravendita forse meno tragica di quelle che intercorrono tra le protagoniste de La sconosciuta e di

Vesna va veloce e i loro clienti, ma che si inserisce di fatto nell’ambito

dell’oggettificazione del corpo femminile, tanto che la sua fuga dalla casa dell’usuraio fa sì che all’incontro successivo l’uomo la veda attraverso uno sguardo quasi venerante: non è dato sapere se la soggettiva attraverso cui la donna assume tratti angelici dipenda da una percezione “alta” proprio in virtù del suo rifiuto a piegarsi a compromessi per avere un marito italiano, ma alla luce dei rapporti tra il protagonista del film e le donne presenti nella narrazione, è probabile che sia così.

La posizione di Shun Li in questo affresco è apparentemente differente, ma anch’ella risulta, a ben vedere, sottoposta a regole che la rendono schiava dell’organizzazione per cui lavora: la dipendenza che la lega ai connazionali che le hanno permesso l’ingresso in Italia si basa su fondamenta di tipo affettivo (ella sa che se non seguirà le indicazioni datele e se non guadagnerà abbastanza per estinguere il suo debito, suo figlio non avrà la possibilità di raggiungerla in

Italia) che non prevedono l’instaurazione di rapporti con la popolazione locale, infatti nel momento in cui il cambio di professione determina un contatto più diretto con gli italiani e la donna inizia un rapporto di amicizia con “il poeta”, l’organizzazione la obbliga a trasferirsi in un’altra città per evitare problemi tra la comunità italiana e quella cinese, quindi in questo caso l’integrazione non è prevista né cercata, anzi scoraggiata dagli appartenenti ad entrambi i gruppi etnici.

Le relazioni con l

altro

Il difficile inserimento in un gruppo etnico differente dal proprio per usi, costumi e lingua è un aspetto fortemente presente nei film italiani contemporanei le cui protagoniste sono donne straniere: per ciascuna di loro, si verificano dinamiche uniche ma a volte simili, soprattutto (ma non solo) nelle relazioni di genere; è proprio nell’ambito di queste relazioni che l’approccio della società italiana alle donne immigrate si fa manifesto e viene problematizzato.

Il rapporto con gli uomini è presente nel film di Mazzacurati in termini negativi, infatti come si è visto la protagonista intrattiene rapporti con soggetti maschi che sembrano incapaci di relazionarsi con Vesna attraverso sguardi orizzontali: la condizione della donna di straniera povera fa sì che anche i gesti di solidarietà mascherino fini opportunistici, e anche un passaggio dato da un autotrasportatore cela sottili fini sessuali.

Diversa è la condizione di Irena, poiché ella passa da una condizione di sfruttamento estrema ad una di relazione quasi affettiva con i membri della famiglia presso cui lavora, nonostante l’iniziale diffidenza della moglie; in questo caso, è l’uomo a guardare la straniera utilizzando uno sguardo orizzontale, tanto da confortarla quando la moglie la licenzia e non colpevolizzarla dopo la sua morte, comprendendo che anche Irena è una vittima.

Diversa è la relazione con Muffa, lo sfruttatore a cui Irena tenta di sfuggire: egli è infatti un personaggio negativo senza possibilità di redenzione, al pari del delinquente che ferisce Vesna sulla spiaggia di Rimini, per il quale la vita stessa della donna è tanto insignificante da comunicarle che egli stesso la ucciderà dopo l’ultima notte trascorsa insieme; l’atteggiamento di Muffa è però trasversale all’appartenenza etnica delle sue vittime e sembra interessare il genere femminile nella sua totalità, infatti nel momento in cui decide di incastrare Irena per omicidio, uccide la madre della bambina che Irena pensa sia sua figlia.

Diverse similitudini si trovano invece tra il personaggio interpretato da Antonio Albanese nel film di Mazzacurati e quello di Alessandro Haber ne La

sconosciuta, infatti entrambi arrivano a sviluppare dei sentimenti per le donne

straniere che si trovano a conoscere, ma in entrambi i casi lo sguardo è solo apparentemente orizzontale, perché di fatto essi considerano le due donne come soggetti deboli di cui approfittare economicamente o sessualmente, tanto da reagire negativamente quando esse si comportano come persone e non come oggetti: tali reazioni rivelano la presenza di sguardi verticali che svelano una concezione della donna in quanto tale e in quanto straniera come inferiore.

Il filo rosso della diffidenza verso l’altro emerge in modo particolare nel film di Tornatore attraverso il personaggio interpretato da Claudia Gerini e in Io sono Li, film in cui ad eccezione del poeta (che come si è detto, è anch’egli uno straniero naturalizzato), gli avventori del bar in cui lavora la protagonista tollerano la presenza della donna finché non gli sembra che ella stia sfruttando l’amicizia con Bepi per scopi utilitaristici come il matrimonio per soldi; l’intolleranza e i pregiudizi emergono quindi nel momento dell’incontro profondo tra le due culture, poiché come si è visto nell’introduzione, l’accettazione dello straniero passa sovente attraverso l’esclusione dalla vita sociale: finché Li rimane dietro il bancone del bar è controllabile, ma una sua integrazione attraverso i rapporti umani non è prevista, né accettata.

È infatti allora che ella, per gli abitanti di Chioggia, diventa semplicemente una straniera priva di connotazioni personali:

«L’introduzione dell’etichetta di “immigrato” per designare attraverso un’unica categoria soggetti profondamente differenti per provenienza geografica, passato storico, cultura, modi di vita e statuti giuridici consente di semplificare la rappresentazione della struttura sociale in due nuovi gruppi contrapposti (Noi- loro) e di immaginare “tutti” gli stranieri come elementi di un unico “problema” e di un unico stato di “crisi”.

In questo modo, la categoria di “immigrato” consente di amalgamare tutte le dimensioni della ‘patologia sociale’ all’interno di un’unica causa, circoscritta

mediante una serie di significati derivati dalla razza o dai suoi più recenti equivalenti27».

Il rapporto con l

ambiente

All’interno dei quattro film analizzati, l’ambiente ricopre un ruolo molto importante: in Vesna va veloce Trieste è il posto di frontiera da abbandonare al più presto e lo scintillio delle luci della riviera adriatica è una promessa di benessere che non sarà mantenuta; ne La sconosciuta e nel coevo L

amico di famiglia le architetture imponenti e quasi metafisiche delle città di arrivo di Irena

e Belana creano un effetto straniante che si immagina possa riflettere i sentimenti delle due donne (nel caso di Belana, tale sguardo soggettivo su Sabaudia è reso esplicito dalle inquadrature dedicate alla donna mentre, seguendo Geremia fino alla sua abitazione, cammina guardandosi intorno affascinata); infine, l’ambiente umido e acquatico del film di Andrea Segre crea un mondo in procinto di sprofondare e le frequenti infiltrazioni d’acqua negli spazi chiusi richiama la mentalità subdola e incontrastabile dei suoi abitanti, ma le sequenze girate in mare aperto sembrano portare i due protagonisti in un luogo franco e privo di frontiere e di appartenenze etniche problematiche.

Per le quattro donne, l’arrivo nei luoghi in cui è ambientata l’azione è sempre

27 _ E.Colombo, Rappresentazioni dell’altro. Lo straniero nella riflessione sociale occidentale, Guerini e Associati, Milano, 1999, p.127

preceduta da un viaggio: non il viaggio dal proprio Paese all’Italia, che non viene mai mostrato, ma uno effettuato su un autobus mentre i loro volti si riflettono sui finestrini, quasi a sottolineare la duplice appartenenza alla terra di origine e a quella di arrivo, e l’incertezza del futuro che le aspetta; addirittura, Belana viene quasi investita dal mezzo che l’ha portata a Sabaudia, dando alla donna una sorta di avvertimento su quella che sarà la sua condizione, comune a quella degli altri stranieri, di invisibile.

È tuttavia nel film di Giuseppe Tornatore che gli ambienti assumono un ruolo preponderante che rende la narrazione ancora più cupa, soprattutto nel confronto tra le scene luminosissime del passato di Irene e quelle virate nei toni freddi di quelle urbane; le luci si fanno infine neutre nella scena del rilascio della donna dalla prigione, come a simbolizzare l’inizio di un nuovo periodo della sua esistenza.

Conclusioni

Le modifiche sociali e culturali occorse in Italia in seguito alla sempre più consistente presenza di stranieri in Italia, indagate dai cineasti italiani fino a favorire la metabolizzazione del fenomeno, sono ormai un argomento trattato abitualmente nell’ambito del cinema italiano: ai racconti filmici che hanno un personaggio non italiano come protagonista si contrappone una presenza sempre più diffusa di personaggi secondari provenienti da altri Paesi, presenza sovente stereotipata e non approfondita ma che dimostra come l’integrazione degli stranieri nella società italiana sia ormai arrivata, seppur con tutti i problemi di cui si è discusso precedentemente, ad un punto cruciale e che a dispetto delle problematiche messe in campo dalle forze politiche e dalle tragedie che stanno sconvolgendo le regioni più vicine all’Africa, nel quotidiano gli italiani hanno ormai imparato a convivere con persone provenienti da altri Paesi.

Parrebbe che il cinema italiano ‘d’autore’ abbia seguito almeno in parte l’evoluzione delle dinamiche sociali in atto, facendosi specchio della realtà e in alcune occasioni stimolando l’approccio verso l’altro, come nel caso dell’uscita nelle sale di Io sono Li. I cineasti che si sono confrontati con la questione di genere inerente ai cittadini stranieri hanno sovente prediletto uno sguardo esterno, non stimolando l’identificazione con i loro personaggi e anzi, come si è visto, utilizzandoli per raccontare i cambiamenti che la loro presenza ha determinato: solo negli anni più recenti l’indagine si è spostata verso il soggetto straniero, spostando l’analisi delle dinamiche sociali in secondo piano e quindi cercando, una volta metabolizzata la presenza del migrante, di sovrapporre al suo sguardo quello della macchina da presa.

In una società culturalmente legata ai media domestici e di informazione, che spesso hanno veicolato immagini distorte o stereotipate del migrante e della questione di genere non solo legata ai soggetti stranieri, il cinema si è fatto

portatore di uno sguardo differente e anche agente sociale, capace di stimolare l’avvicinamento e il dibattito su una questione ormai impossibile da ignorare. La sfida che dovrebbe porsi d’ora in avanti è, secondo me, riuscire a rappresentare i migranti e in particolare le problematiche legate alle donne straniere allontanandosi dai casi limite come la prostituzione e lo sfruttamento, per favorire negli spettatori la normalizzazione dell’esperienza del contatto con gli stranieri ed aiutare l’integrazione, continuando però a rappresentare anche l’Italia contemporanea con i suoi pregi e i suoi difetti, così da creare dei documenti con valenza storica del periodo che si sta attraversando, che aiutino un domani ad affrontare con una nuova consapevolezza i futuri flussi migratori e le questioni più o meno problematiche che ne deriveranno; da studentessa straniera venuta in Italia per frequentare l’università, mi è evidente che la mia categoria è stata raramente portata sul grande schermo, e ritengo che invece far conoscere al pubblico la nostra presenza potrebbe essere utile per cambiare la percezione dello straniero, e magari per stimolare l’interesse verso i nostri Paesi di origine.

È vero che alcune produzioni cinematografiche hanno inserito, sovente in modo laterale, personaggi di questo tipo, come ad esempio si può riscontrare in Santa

Maradona, film cult che ha tra i protagonisti una giovane indiana che frequenta

l’università e, a prescindere dal conflitto con i genitori ancora troppo legati alle tradizioni del Paese di origine, pare perfettamente integrata nella società cui praticamente appartiene, ma ritengo che questi temi necessitino un ulteriore approfondimento, soprattutto in virtù del recente e controverso dibattito sulla necessità di concedere lo Ius soli ai figli di cittadini stranieri che sono nati in Italia: probabilmente, approcciarsi a questioni simili attraverso il cinema potrebbe davvero contribuire ad un aumento della sensibilità su questi argomenti.

Bibliografia

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Sitografia

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