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Rilevanza ed efficacia delle iniziative di educazione finanziaria

MiFID II e del regolamento Mifir

PROSPETTIVE EVOLUTIVE DI TUTELA DELL’INVESTITORE: LA CHIMERA DELL’EDUCAZIONE FINANZIARIA

5.3. Rilevanza ed efficacia delle iniziative di educazione finanziaria

Come si è già accennato, a fronte di un‟ennesima occasione di “risparmio tradito” – questa volta di dimensione globale – il dibattito sull‟educazione finanziaria dell‟investitore si è intensificato sulla scorta della considerazione che la stessa potesse rappresentare un elemento

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Si veda, a solo titolo esemplificativo e non esaustivo, la risoluzione del Parlamento europeo del 18 novembre 2008 sulla protezione del consumatore: “migliorare

l’educazione e la sensibilizzazione del consumatore in materia di credito e finanza”

[P6_TA(2008)0539].

320 Cfr. la decisione della Commissione (2008/365/CE) del 30 aprile 2008, adottata sulla

scorta delle indicazioni già formulate dalla Commissione europea [COM(2007) 808 def. del 18 dicembre 2007, Educazione finanziaria].

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integrante della “exit strategy” dalla crisi a livello microeconomico322

. Ogni discussione sull‟argomento è stata così caratterizzata da un‟enfasi e da un fervore tali da far credere, esplicitamente o velatamente, sulla scia di tanti proclami, agli “effetti miracolosi” dell‟educazione finanziaria, la quale avrebbe trasformato l‟investitore in un soggetto capace sia di

comprendere i rischi connessi agli strumenti finanziari, sia

conseguentemente di assumere consapevoli decisioni di investimento su base informata, anche avvalendosi, qualora ne avesse avuto bisogno, del supporto di consulenza di un professionista del settore.

Ma vi è di più. A fronte di un incremento dell‟offerta sul mercato di prodotti finanziari sempre più complessi e di un linguaggio finanziario più tecnico, ricco di termini prima inesplorati o di nuova coniazione, si assiste, ormai costantemente e prevalentemente, alla tendenza a far leva sull‟idea di un investitore che si vuole a tutti i costi “perfettamente consapevole” delle sue decisioni di investimento. E per investitore “consapevole” si intende – come si è già visto – il soggetto che, a norma dell‟art. 27 Reg. intermediari, sia in grado di assumere autonomamente le proprie scelte di

investimento e di farsi carico delle relative conseguenze323. Così,

nonostante il profilo culturale prevalente spinga l‟investitore più ad “adagiarsi” sulle proposte del consulente che a valutarle criticamente, il legislatore continua a regolamentare il settore sotto la bandiera della “trasparenza”, al cospetto della quale l‟investitore, nella maggioranza dei

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Intervento di altra natura e consistenza sarebbe stato necessario, a livello macroeconomico, al fine di favorire una soluzione che avesse concretamente aiutato a prevenire altri eventuali fenomeni patologici, nonché avesse elaborato piani anticrisi degli istituti finanziari corredati da correttivi tesi a salvaguardare i contribuenti, per un esame dettagliato dei quali si rinvia all‟analisi effettuata da ANTONUCCI, Principio punitivo e

tolleranza nella risposta europea alle crisi bancarie, in Analisi giuridica dell’economia,

2010, 461.

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Il percorso in direzione dell‟accrescimento del requisito della “consapevolezza” prende le mosse dal disposto dell‟art. 27, comma 2, Reg. intermediari, ai sensi del quale «gli intermediari forniscono ai clienti o potenziali clienti, in una forma comprensibile, informazioni appropriate affinché essi possano ragionevolmente comprendere la natura del servizio di investimento e del tipo specifico di strumenti finanziari interessati e i rischi ad essi connessi e, di conseguenza, possano prendere le decisioni in materia di investimenti in modo consapevole». Per ogni considerazioni di sistema sulla norma in esame si rinvia al cap. 1 del presente lavoro.

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casi, assume due atteggiamenti diversi: o rinuncia – disorientato e stordito – a dedicarsi all‟argomento finanziario; oppure non mostra a priori alcun interesse verso la finanza né tanto meno alcun desiderio di conoscenza o approfondimento delle caratteristiche dei prodotti finanziari su cui potrebbe compiere operazioni di investimento, dal momento che le ritiene troppo complesse e, pertanto, difficili da “digerire”. Costui – il cliente meno ravveduto – preferirà affidarsi alla professionalità di un consulente, invece che ritenere «più conveniente (o magari anche solo più piacevole)

utilizzare il proprio tempo […] nello studio dei mercati finanziari, delle

loro dinamiche e dei prodotti che vi circolano»324. Paradossalmente,

un‟informazione finanziaria più dettagliata potrebbe suscitare maggiore interesse nel cliente professionale più qualificato – quello che meno necessita di “alfabetizzazione finanziaria” – dal momento che «è meglio in grado di discernere gli elementi essenziali e di intendere l‟importanza dei

particolari»325. Il che evidenzia un ostacolo di non facile soluzione

nell‟attivazione di qualunque iniziativa educativa, che sia sorretta dall‟ambizione di un imprinting efficiente ed efficace sul livello culturale dei risparmiatori. Ostacolo rappresentato dalla dimensione psicologica del destinatario, la cui mancata e/o inadeguata considerazione, nell‟ambito di

qualunque discorso in tema di innalzamento del livello di

“alfabetizzazione” dei risparmiatori in materia finanziaria, rischia di inficiare a monte qualunque prospettiva di concreta realizzazione.

L‟importanza della componente psicologica si riverbera su un duplice versante di intervento: la consapevolezza dell‟investitore in ordine al livello culturale acquisito in materia finanziaria e il riconoscimento della libertà di apprendere e imparare. Il primo profilo trae origine dalla (mancanza di) consapevolezza in ordine alla carenza di basi cognitive adeguate o sufficienti a destreggiarsi nel mondo finanziario. Il che impone

324 Cfr. RORDORF, La tutela del risparmiatore: norme nuove e problemi vecchi, in La distribuzione di prodotti finanziari, bancari e assicurativi. Nuove regole e problemi applicativi, a cura di Antonucci-Paracampo, Bari, 2008, 99.

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di sviluppare la prima forma educativa sul terreno della consapevolezza e della conseguente maturazione nell‟investitore di un‟esigenza sia di crescita culturale, che di una maggiore disponibilità ad apprendere. Con riguardo, invece, al secondo profilo di intervento, avente portata estesa alla generalità di tutti i possibili soggetti destinatari, occorre dare conto di una premessa d‟indagine fondamentale: l‟educazione finanziaria è un diritto del consumatore e non deve essere percepita o, peggio, fatta percepire come un dovere. Questa, pertanto, non può essere imposta. Né, tantomeno, a fronte di un rifiuto di apprendere o imparare, può colpevolizzarsi colui che si rifiuta o, ancor peggio, lo si può privare, proprio a fronte del rifiuto addotto, di un sistema di tutela normativa, che, per contro, dovrebbe trovare applicazione a prescindere. Ingenerare l‟esigenza educativa e accrescere conseguentemente la richiesta di apprendimento identificano, quindi, i due motori propulsori per un qualunque programma di educazione.