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4.   L’Europa e il bisogno economico e demografico della migrazione: considerazioni in tempo di crisi economica

4.2   Le rimesse: un ulteriore indicatore dell’impatto della crisi economica sui

migranti  

Il flusso di denaro che dai paesi ospitanti viene spedito verso i paesi d’origine è un indicatore che mostra in maniera più tangibile i benefici del lavoro migrante e, in questo caso, aiuta a misurare quanto la crisi economica abbia colpito i migranti. Le rimesse hanno un importante ruolo per i Paesi in Via di Sviluppo: esse rappresentano nella maggior parte dei casi un’alta percentuale del PIL di questi ultimi, e più nello specifico, rappresentano il denaro attraverso il quale la famiglia del migrante vive e si mantiene nel paese d’origine. Attraverso i loro effetti diretti e moltiplicatori, esse sostengono la domanda di beni e dunque stimolano l'attività economica. L’occupazione, infatti, ne è uno dei risultati più concreti. Le rimesse inoltre sono

                                                                                                               

45   Anna   Platonova   e   Giuliana   Urso,   Politiche   migratorie,   occupazionali   e   di   integrazione   nel   mercato  del  lavoro  all’interno  dell’Unione  Europea,  Indipendent  Network  of  Labour  Migration   and  Integration  Experts,  2011.    

caratterizzate da una maggior stabilità rispetto ad altri flussi finanziari e questo fatto deriva più fattori, tra cui la continuità: anche chi è espatriato da diversi anni infatti continua a inviare una parte dei proprio risparmi al paese d’origine. Allo stesso tempo, il volume delle rimesse è strettamente collegato ai movimenti migratori: soltanto l’assenza di nuovi migrazioni potrebbe arrestarne la crescita. Va inoltre evidenziato che solo una piccola parte degli importi complessivamente percepiti dai lavoratori immigrati viene inviata all’estero; pertanto, anche in caso di una diminuzione del reddito disponibile, i trasferimenti verso i paesi di origine non si esauriscono completamente46.

Le rimesse contribuiscono a correggere il saldo del conto corrente nei paesi d’origine e a aiutano stabilire il valore del cambio della moneta, sono la prima risorsa esterna di finanziamento per molti paesi in via di sviluppo oltre ad avere impatti positivi anche sul livello di istruzione, la povertà e le condizioni sanitarie. Dunque è evidente come una loro diminuzione potrebbe avere un impatto decisivo sui paesi di provenienza e sulle loro popolazioni.

E’ ancora presto per trovare dati e studi precisi su eventuali ripercussioni della crisi economica sui paesi di origine delle comunità migranti residenti in Europa, ciò che invece si può evincere dai dati disponibili è l’andamento decrescente delle rimesse, insieme a un’organizzazione non coordinata dal pese ospitante riguardo l’organizzazione dell’eventuale ritorno nel paese d’origine dello cittadino straniero. I flussi di rimesse verso i paesi in via di sviluppo nel 2011 hanno raggiunto i 351 bilioni di dollari, l’8% in più rispetto al 2010. Secondo la World Bank, le rimesse

                                                                                                               

mondiali, incluse quelle indirizzate verso paesi avanzati, dal 2009 hanno registrato una diminuzione notevole, nonostante dal 2011 ci sia stata una generale ripresa, che si prevede possa mantenersi tale ancora intorno al 2014.

World Bank, Outlook for Remittance Flows 2012-2014.

La World Bank precisa anche che le previsioni diventano particolarmente negative soprattutto per ciò che concerne la quantità di flusso di denaro che nei prossimi anni verrà inviato verso i paesi dell’Europa Orientale e in Nord Africa: considerando sia l’alta disoccupazione che ha colpito l’Europa occidentale e sia la quantità di migranti extra-UE lì presenti e provenienti proprio dalle due zone citate prima, sicuramente l’impatto sarà notevole, sia sulla vita del migrante nel paese ospitante sia nel paese d’origine.

In Europa proprio quest’alta disoccupazione ha creato pressione sui governi, i quali applicano politiche migratorie più restrittive, limitando le quote di ingressi: quindi il prolungarsi della crisi potrebbe produrre un’ulteriore riduzione dei flussi migratori in entrata e avere una ripercussione negativa sui trasferimenti dei lavoratori.

Un esempio sono le politiche attuate dal Regno Unito: sono state messe in atto misure più restrittive indirizzate all’entrata di migranti provenienti da paesi terzi, con l’obiettivo di ridurre la quantità del flusso da centinaia di migliaia a decine di migliaia. I datori di lavoro che chiedono manodopera straniera extra-UE sono soggetti al pagamento di un’imposta annuale e le liste che indicano la mancanza di lavoratori nei diversi settori e aiutano a reclutarli sono state ridotte. E’ importante dire che una modesta quantità di migranti residenti nel Regno Unito sta decidendo di ritornare nei paesi d’origine, al fine di migliorare le condizioni di lavoro che, con i risparmi accumulati, le capacità acquisite e la conoscenza approfondita del territorio nativo potranno garantirgli un futuro più positivo.

Anche la Spagna, fin dall’inizio della crisi ha introdotto nuove misure sempre atte a rendere più complicato l’impiego da parte dei datori di lavoro spagnoli di manodopera straniera. La Spagna ha visto inoltre una sottospecie di esodo di migranti verso i loro paesi d’origine, fin dall’inizio del 2007, soprattutto di cittadini originari del Perù, dell’Argentina, della Colombia, dell’Ecuador e del Nord Africa. Ma nonostante la situazione sia caratterizzata dall’abbandono della terra spagnola e dall’alta disoccupazione, le rimesse, nella prima parte del 2011, sono cresciute del 15% : i migranti che sono rimasti in Spagna hanno incominciato a prelevare denaro dai loro risparmi per poter comunque far fronte al mantenimento dei loro famigliari nella terra d’origine e nella prospettiva della preparazione di un eventuale ritorno, cercando di costruirsi un futuro migliore. Da qui, l’aumento dei flussi di denaro verso i paesi d’origine.

Un dei problemi legati alle rimesse è il loro costo: sul sito web della World Bank, nella sezione “remittance prices” si può calcorare quanto costa inviare denaro da un paese all’altro. Sono tenuti in considerazione, in base al paese dal quale si invia il denaro, agenzie, tra le quali MoneyGram e Western Union, uffici postali e vere e proprie banche, come la Deutche Bank. Per esempio, inviare 140 euro dalla Spagna al Marocco costa, in media, 9.59 euro, dall’Italia alla Nigeria equivale a 13.10 euro, dalla Francia all’Algeria 19.85 euro, dalla Germania alla Turchia si spende circa 12 euro, dalla Gran Bretagna all’India la commissione per inviare 120 sterline ne costa intorno alle 6.50.

Il prezzo medio dell’invio di denaro, in accordo con i dati della Banca Mondiale, era diminuito tra il 2008 e il primo trimestre del 2010, ma sembra poi essere aumentato nei trimestri successivi.

Se si tengono in considerazione le sei aree costituite da paesi in via di sviluppo verso i quali i migranti inviano denaro, ovvero Medio Oriente e Nord Africa, Asia Orientale e Pacifico, Africa Sub-sahariana, Europa e Asia Centrale, America Latina e Caraibi, Asia Meridionale, il semplice costo medio di invio delle rimesse verso l’Africa sub-sahariana è il più alto fra di esse. Mentre se si considerano i costi medi ponderati sono più alti quelli per il Medio Oriente, il Nord Africa e l’Asia Orientale. Questo perché queste ultime regioni hanno diversi corridori attraverso i quali è possibile inviare denaro molto più costosi degli altri, infatti costa di più mandare denaro dalla Francia all’Algeria che dalla Gran Bretagna alla Nigeria ( 19.85 euro per la prima, circa 10 euro per la seconda).

Il G8, durante il summit tenutosi all’Aquila nel luglio del 2009, ha concordato l’obiettivo di ridurre i costi medi globali delle rimesse dal 10% al 5% in 5 anni, (“the 5 by 5” objective). Una diminuzione del costo dell’invio di denaro del 5% dovrebbe trasformarsi in ulteriori 16 bilioni di dollari annui indirizzati alle popolazioni riceventi. In effetti una diminuzione c’è stata, ma solo dal 9.30% al 8.96% tra il 2011 e il 2012, il che vede l’obiettivo posto dal G8 sicuramente ancora molto lontano47.

                                                                                                               

47  Sanket  Mohapatra,  Dilip  Ratha,  Ani  Silwan,  Outlook  for  remittance  flows  2012-­2014,  ,  World   Bank.    

 

World  Bank,  Migration  and  Remittances  Factbook  2011,  second  edition.      

I.  Awad,  The  global  economic  crisis  and  migrant  workers:  Impact  and  response,  International   Migration  Programme,  International  Labour  Office,  Geneva,  2009.