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Rischio crescente

I 18 comuni vesuviani compresi nella "zona ad alto rischio", individuata dal Piano di emergenza della Protezione Civile nell'ipotesi di ripresa dell'attività vulcanica, impegnano 22.840 ettari oggi abitati da 600.000 persone, 173.000 famiglie da evacuare prima dell'inizio dell'eruzione. Dall'unità d'Italia, la popolazione insediata è cresciuta del 442%. Negli ultimi quarant'anni quasi del 70%. Ordine di grandezza:

tre volte il tasso di natalità. Comunque purtroppo molto inferiore alla velocità di crescita del territorio urbanizzato. Nel solo decennio 1981 / 91, malgrado il ridimensionamento della crescita della popolazione (+ 1,99 %) il patrimonio abitativo passa a 557.491 a 702.911 vani: + 26,8%. I vani occupati crescono del 23,5%; quelli non occupati del 71,83%, con punte da 154 (Terzigno) a 379% (Torre Annunziata). Dati non omogenei su tutto il territorio, perché più accentuati nei comuni della fascia costiera e in quelli limitrofi a Napoli. In termini demografici, i soli

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cinque comuni costieri, il 35% della superficie dell'insieme considerato, accolgono oggi il 74% della popolazione. La densità abitativa presenta valori abnormi, senza confronti in Europa: in media oltre 5.400 ab/Kmq; e punte prossime a 15.000 ab/Kmq (Portici, S. Giorgio a Cremano).

Gli ultimi due censimenti mostrano come l'offerta abitativa nell'area, non solo si è adeguata a impropri fabbisogni crescenti, ma spesso li ha preceduti e sollecitati. In assenza di politiche disincentivanti, la previsione demografica, come sempre per immigrazione, configura scenari preoccupanti: il Progetto Speciale n.3 “Disinquinamento del Golfo di Napoli” indica al 2016 incrementi dell'ordine dei 190.000 abitanti: conservando l'attuale rapporto abitanti / vani occupati, a tale crescita corrispondono ulteriori 209.931 vani (+30 % rispetto al 1991).

I dati indicano con chiarezza che, specie nei decenni successivi all'inizio dell'attuale fase di riposo (eruzione del 1944) e alla Legge urbanistica del 1942, nell'area si sono sviluppati processi inconsapevoli e incontrollati, privi di ogni razionalità urbanistica e economica. Si aggravano cioè fortemente le condizioni di pericolo e si determina un problema dimensionalmente enorme, in tempi ancora recenti circoscritto e affrontabile. Paradossalmente il rischio cresce non solo per un'eruzione che c'è chi prevede tanto più violenta quanto più si fa attendere, ma soprattutto per l'inconsulta rapidissima crescita del territorio urbanizzato, con velocità molte volte superiore alla stessa crescita della popolazione.

Urge una inversione di tendenza, una politica territoriale innovativa e del tutto opposta, diretta a ridurre nel tempo la dimensione del problema. Azioni urbanistiche alternative, probabilmente anche coesistenti. Un atteggiamento razionale dovrebbe porre decisi freni all'espansione forse non nella sola "zona ad alto rischio"; promuovere la revisione coordinata degli strumenti urbanistici attuali, interrompere la distorta crescita della popolazione e quella ancor più veloce delle aree urbanizzate. Analisi puntuali dovrebbero far rivedere gli strumenti urbanistici degli altri 59 Comuni interessati dal Piano della Protezione Civile. Il futuro Piano del Parco Nazionale del Vesuvio, dovrebbe innestare le sue specificità in questa politica territoriale. Il Patto territoriale del Miglio d'Oro non può non tener conto di questi dati.

Occorre uno studio ampio che valuti la possibilità di incentivare la crescita della popolazione nei comuni contermini, le opportunità di progressivi trasferimenti all'interno della provincia di Napoli - peraltro caratterizzata da densità eccezionalmente elevate a livello europeo - e delle province sul mare come Caserta e Salerno, poi Benevento e Avellino, senza coinvolgere al momento i territori di altre Regioni. Nella Campania, secondo l'ISTAT con popolazione al 2037 ancora in crescita e quindi regione più popolosa d'Italia, gli abitanti della "zona ad alto rischio" rappresentano il 10% della popolazione.

Rivedere i piani dei territori circostanti introducendo attività e condizioni capaci di accogliere delocalizzazioni dall'area a rischio, dare senso a una politica territoriale di lungo termine. L'azione va accompagnata dalla messa a punto di modelli di intervento a consumo territoriale ridotto rispetto alle tipologie abituali: quindi livelli di organizzazione di maggiore complessità, certamente benefici per la salvaguardia del territorio. Azioni di questo tipo, analizzate sotto il profilo economico - sociale e urbanistico, fanno si che, con il passare del tempo, all'aumento di violenza del fenomeno eruttivo atteso, corrisponda un problema da risolvere ogni giorno di minore dimensione.

Sotto altro profilo, unità urbane integrate ad alta densità, immesse nei deboli tessuti che spesso caratterizzano l'entroterra napoletano, possono svolgere una positiva azione di razionalizzazione e rivitalizzazione, rafforzare identità e forse introdurre nuove focalità urbane. L'onere da affrontare per ridurre il "rischio Vesuvio", deve indurre effetti collaterali altamente positivi.

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6 Prospettive per la mobilità urbana

Il Convegno sui Piani urbani di Traffico (Napoli, 6-7 giugno), si apre mentre a Istanbul si sta svolgendo la seconda Conferenza mondiale dell'ONU sugli insediamenti umani dopo venti anni da quella di Vancouver. L'Italia confronta la sua politica territoriale e l'evolversi dei modelli insediativi in un ventennio che ha visto mutare il quadro istituzionale (sono nati i Ministeri per i Beni Culturali, delle Aree Urbane e dell'Ambiente) e quello legislativo (con la modifica delle autonomie locali, le leggi sul recupero edilizio, il susseguirsi di normative per il risparmio energetico). Un periodo che registra la fine della crescita demografica, ma durante il quale sono stati prodotti grandi numeri di alloggi (ormai con problemi di redistribuzione e non più quantitativi); nel quale la motorizzazione ha raggiunto standard eccezionalmente alti a livello europeo (poco meno di 40 milioni di veicoli stradali, contro poco più di centomila veicoli ferroviari) e nel quale quindi l'urbanizzazione ha raggiunto impensabili traguardi di dispersione (nell'area metropolitana di Napoli la superficie urbanizzata per abitante è oggi tredici volte superiore a quella di trent'anni fa). E sono anche gli anni in cui l'era del computer si consolida e la telematica invade sempre più espressamente ogni campo della vita civile.

I modelli insediativi più recenti sono caratterizzati dalla fine dell'urbanistica additiva come risposta a fabbisogni quantitativi, dall'effettivo avvio della ricerca di qualità degli spazi urbani, da affermazioni di principio su sviluppo sostenibile e qualità ambientale.

Abbandonata l'ottica dell'espansione e la prevalenza del tema residenziale, i piani urbanistici oggi mirano alla ricucitura delle smembrate espansioni periferiche e alla riqualificazione degli spazi urbani, con velocità crescente sottratti a ogni uso civile o segnati dalla rivoluzione dovuta all'automobile; puntano al recupero di criteri ecologici e ambientali.

Oggi il ridisegno delle città si fonda sulla riscoperta del valore dei centri più antichi; deve introdurre nelle aree di formazione più recente nuove focalità urbane, come poli o punti di identificazione delle singole parti o quartieri, luoghi di identità, riferimento e aggregazione.

Perché assumano questi significati, le nuove centralità devono acquisire caratteri riconoscibili e rappresentativi; fondarsi sul principio dell'integrazione e della complessità, coagulando attività in integrazioni spaziali o per semplice prossimità di funzioni; possono richiedere densificazioni, spaziali o d'uso; devono generare reti di percorrenze pedonali articolate; essere facilmente raggiungibili da intorni di varia ampiezza; quindi ben collegate, dotate di adeguati parcheggi o di stazioni ferroviarie metropolitane.

Quando il tema era ancora quello dell'espansione urbana, esistevano due modi tradizionali per disegnare la città: prevalenza agli edifici, al disegno delle strutture; o prevalenza al disegno delle infrastrutture, le piazze e le strade. Ma accanto ai modelli per la città nuova - la Ciudad Lineal di Soria y Mata (1882) o la Cité industrielle di Tony Garnier (1902) - anche cento anni fa era viva l'ipotesi del riassetto urbanistico degli agglomerati esistenti: come la "città motorizzata" (1887) di Eugène Hénard, definito da Ragon come un "precursore, quasi un visionario, molto poco noto" nel descrivere le proposte di Garnier, Hénard e Soria y Mata come i primi esempi di "una urbanistica ritenuta scientifica, razionale, e progressista".

Il ragionamento urbanistico contemporaneo non si pone il semplice obiettivo della risposta tecnica alla domanda di attrezzature o mobilità: ridefinisce la domanda, cerca di riformularla in termini appropriati. Per azzerare le esigenze di spazio per parcheggi, Edward Grindberg propone "Domo-ville", l'integrazione fra edifici e sistemi di trasporto, in mostra al Beaubourg nel 1994; ma oggi 2 mq di superficie utile abitabile richiedono quasi 1 mq per la sosta delle auto. L'incompatibilità dimensionale fra gli spazi d'incontro e di scambio - quelli che rappresentano la ragione e il fine della città - e gli spazi destinati alla circolazione dei veicoli, rende sempre di maggior interesse la terza modalità di riferimento, la conquista dello spessore - andare sotto, andare sopra - specie se ci si affranca da ogni forma di inquinamento, compreso quello acustico.

La conquista dello spessore può avvalersi poi delle particolari morfologie, di specifiche preesistenze e, nelle città costiere, delle tecnologie sottomarine che introducono interessanti opportunità: senza incidere direttamente sugli spazi urbani, evitano i disagi propri dei periodi di costruzione, generano realtà del tutto indipendenti, che non attirano traffico, ma da cui fuoriescono od emergono solo pedoni.

Andare sotto, principio anticipato negli schizzi di Leonardo, da proposte ottocentesche, realizzato da capillari reti metropolitane e da brandelli di sistemi di viabilità sotterranea.

Andare sopra, principio disegnato in forme diverse nelle utopie di fine millennio: Roadtown di Edgard Chambles, il piano per Algeri di

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Le Corbusier, Motopia di Jellicoe, per non citare che le più famose proposte di coincidenza fra sistema edificato e sistemi dei trasporti urbani.

Utopie che d'altra parte si concretano nella ricerca di tipologie edilizie basate su percorrenze pedonali, semplici od accelerate, e intrecci di funzioni: Park Hill a Sheffield, il Gold Lane degli Smithson, Toulouse le Mirail di Candilis / Josic / Woods, e in generale le ricerche degli architetti ispirati dal Team X, dagli anni '50 fino a oggi.

Tipologie che incidono sui comportamenti dei cittadini, che aiutano a ridurre la domanda di trasporto, così come in altro senso - se bene interpretate per il ridisegno della città e delle sue organizzazioni funzionali - informatica e tecnologie della comunicazione.

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