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5. Rischi naturali e antropici

5.4 Rischio idrogeologico

Per quanto concerne il rischio idrogeologico (o meglio “geologico-idraulico”), i dati inerenti agli eventi alluvionali connessi ai principali fenomeni meteorici accaduti in Italia dal dopoguerra a oggi evidenziano una certa diminuzione dei danni e delle vittime prodotti dalle alluvioni nel tempo.

Nel decennio 1990-2000 le aree urbanizzate si sono sempre più estese e ciò si è tradotto, per le aree interessate, nella perdita della capacità di assorbimento e ritenzione idrica dei suoli e nel-l’aumento del deflusso superficiale con maggiore possibilità di repentini eventi alluvionali.

Il 2019 si è contraddistinto per l’occorrenza di 27 eventi alluvionali. L’estensione delle zone coinvolte ha spesso travalicato i confini regionali, essendo di-retta conseguenza di eventi idrometeorologici a scala più ampia. Per tale motivo molti provvedi-menti emergenziali e di risanamento sono stati emanati in forma cumulata per più eventi, ma in una medesima area o regione.

Gran parte degli eventi alluvionali è avvenuta in autunno e più precisamente nei mesi di ottobre e novembre, provocando cinque vittime e andando a colpire soprattutto le regioni settentrionali. Gli effetti delle modificazioni del clima in Italia sem-brano confermare anche per il 2019 un’estremiz-zazione degli eventi con piovosità mensili molto altalenanti, in cui periodi molto piovosi (maggio, luglio e novembre) si sono alternati a periodi molto secchi (marzo, giugno).

Negli ultimi decenni si nota come a questa com-ponente naturale delle cause predisponenti dei fenomeni di dissesto si siano sovrapposti gli effetti dovuti sia alle trasformazioni antropiche del ter-ritorio, sia alle modificazioni climatiche in termini di aumento delle precipitazioni concentrate.

Negli ultimi decenni e precisamente dal 1951 al 2019 si rileva diminuzione media delle vittime provocate dalle alluvioni nel tempo, ad esclu-sione degli eventi di Sarno (1998) e Messina (2009) in cui i decessi sono stati dovuti all’evol-versi di fenomeni gravitativi, oppure di quello di Rigopiano (2017) dovuto a fenomeni valanghivi.

Figura 5.2 - Distribuzione sul territorio italiano dei principali vulcani attivi

In merito ai dissesti di versante, l’Italia presenta un’esposizione al rischio da frana particolarmente elevata a causa delle sue caratteristiche morfolo-giche (75% del territorio montano-collinare).

Le frane sono le calamità naturali che si ripetono con maggiore frequenza e causano, dopo i terre-moti, il maggior numero di vittime e di danni a centri abitati, infrastrutture, beni ambientali, sto-rici e culturali. A titolo di esempio si ricordano gli eventi catastrofici in Val Pola (1987), in Piemonte (1994), in Versilia (1996), a Sarno e a Quindici (1998), nell’Italia nord-occidentale (2000) e nella Val Canale - Friuli-Venezia Giulia (2003).

A dicembre 2006, i fenomeni franosi verificatisi in Italia e censiti sono stati quasi 470mila e hanno interessato un’area di circa 20mila chilometri quadrati, pari al 6,6% del territorio nazionale. Tale censimento è stato effettuato tramite il progetto

“Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia (IFFI)”, realizzato dall’ISPRA e dalle Regioni e Province au-tonome, con l’obiettivo di identificare e perime-trare i movimenti franosi secondo modalità standardizzate e condivise.

I dati rilevati da IFFI evidenziano come le tipologie di movimento più frequenti (classificate in base al

l’11,6%. Gran parte dei fenomeni franosi presen-tano delle riattivazioni nel tempo; spesso a pe-riodi di quiescenza di durata pluriennale o plurisecolare si alternano, in occasione di eventi meteorologici estremi, periodi di rimobilitazione, come ad esempio accade per la quasi totalità delle frane dell’Appennino emiliano romagnolo, caratterizzate da movimenti lenti. Al contrario, i fenomeni di neoformazione sono più frequenti nelle tipologie di movimento a cinematismo ra-pido, quali crolli o colate di fango e detrito.

I Comuni italiani interessati da frane sono a oggi 5.596, pari al 69% del totale. L’incrocio delle in-formazioni contenute nel progetto IFFI con gli ele-menti a rischio, al fine di ottenere una prima valutazione del rischio da frana sul territorio ita-liano, ha evidenziato come 2.839 Comuni siano stati classificati con livello di attenzione molto elevato (intersezione tra frane e tessuto urbano continuo e discontinuo, aree industriali o commer-ciali), 1.691 Comuni con livello di attenzione ele-vato (intersezione tra frane e rete autostradale, ferroviaria e stradale, aree estrattive, discariche e cantieri), 1.066 Comuni con livello medio (inter-sezione tra frane e superfici agricole, territori bo-scati e ambienti semi naturali, aree verdi urbane Figura 5.3 - Vittime degli eventi alluvionali nell’arco temporale 1951-2019

Fonte: Stime ISPRA su dati ISTAT; CNR-GNDCI Progetto AVI; Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (MiPAAF);

Protezione Civile Nazionale; Legambiente (https://cittaclima.it/); CNR-Polaris (http://polaris.irpi.cnr.it/); Agenzie di Stampa; Atti e Decreti del Governo della Repubblica (pubblicati su G.U.); Atti e Decreti delle Giunte Regionali (pubblicati sui B.U.R.); Benedini & Gisotti (2000) “Il dissesto idrogeologico”

Non tutte le frane, però, sono pericolose in egual modo, sicuramente quelle con elevate velocità di movimento (quali crolli e colate rapide di fango e detrito) e quelle che coinvolgono ingenti volumi di roccia o terreno causano i danni più ingenti.

Circa il 10% del nostro Paese è classificato a ele-vato rischio per alluvioni, frane e valanghe. Il cen-simento aggiornato a gennaio 2006 indica che su circa 30mila chilometri quadrati di aree ad alta criticità, il 58% di esse appartiene ad aree in frana, mentre il 42% ad aree esondabili. I risultati evidenziano una situazione di assoluta fragilità del territorio italiano, aggravata dal fatto che più di due terzi delle aree esposte a rischio interessano centri urbani, infrastrutture e aree produttive strettamente connesse con lo sviluppo economico e sociale del Paese.

Nel 2019 i principali eventi di frana sono stati 220 e hanno causato quattro morti, 27 feriti e danni prevalentemente alla rete stradale (figura 5.4). I principali eventi di frana sono distribuiti su gran

stiti dalle frane (crolli o colate rapide di fango e detrito) mentre transitavano sulla viabilità nazio-nale e provinciale o escursionisti colpiti da crolli in montagna.

Tra gli eventi franosi principali del 2019 si cita la frana di rilevanti dimensioni che il 29 gennaio ha interessato il versante sotto il centro storico dell’abitato di Pomarico (MT). La frana (area di circa 35.670 metri quadrati e volume di 184mila metri cubi), causata delle intense precipitazioni, è la riattivazione di un movimento franoso già censito nell’inventario IFFI. Il movimento franoso, avvenuto tra il 25 e il 29 gennaio con collasso della struttura di sostegno del pendio e crollo degli edi-fici, è stato caratterizzato da una velocità di circa tre-quattro centimetri al giorno.

Le precipitazioni brevi e intense del 19-24 ottobre nell’area dell’Alessandrino (Piemonte) hanno cau-sato l’attivazione di numerosi processi di ver-sante. Le precipitazioni abbondanti e persistenti del 22-24 novembre 2019 sul Centro-Ponente della Liguria hanno innescato numerose frane con inter-ruzioni di strade e conseguenti isolamenti di varie località. Le precipitazioni di maggio in Emilia-Ro-magna hanno causato, soprattutto nella zona ap-penninica centro-orientale, numerosi fenomeni franosi, tra cui la riattivazione di grandi frane.

Notevole rilevanza economica riveste anche il fe-nomeno dell’erosione idrica dei suoli. I danni ar-recati dall’erosione, che si manifestano in perdita di suolo, di fertilità, di biodiversità, sono in molti casi tali da richiedere interventi correttivi, so-prattutto nei territori agricoli di pregio, economi-camente molto rilevanti.

I dati relativi all’erosione e all’allagamento delle aree costiere, fenomeni presenti con una rile-vanza notevole nel nostro territorio evidenziano, dagli anni ’70 a oggi, una generale tendenza al-l’arretramento delle coste sabbiose italiane. At-tualmente sono già in evidente stato di erosione e a rischio allagamento 1.500 dei circa 4.600 chi-lometri di coste basse italiane, piane costiere comprese, ovvero quasi il 20% del totale dei circa 8.350 chilometri di coste italiane.

5.4.2 Attività legislativa

Figura 5.4 - Principali eventi di frana nel periodo gennaio-dicembre 2019

Fonte: ISPRA

dure per l’attuazione degli interventi contro il dis-sesto idrogeologico, al fine di superare le criticità procedurali legate alla debolezza e all’assenza di un efficace sistema di governance.

La riforma, da completare entro la metà del 2022, dovrà comprendere: a) la semplificazione e l’ac-celerazione delle procedure per attuazione e fi-nanziamento degli interventi, a partire dalla revisione del DPCM 28 maggio 2015 (recante i cri-teri e le modalità per stabilire le priorità di attri-buzione delle risorse) e del relativo sistema ReNDiS (il sistema informativo per la difesa del suolo di ISPRA); b) il rafforzamento delle strutture tecniche di supporto dei commissari straordinari;

c) il rafforzamento delle capacità operative delle Autorità di bacino distrettuale e delle Province;

d) la sistematizzazione dei flussi informativi e l’in-teroperabilità dei diversi sistemi informatici.

Le risorse destinate dal PNRR alla tutela del ter-ritorio e della risorsa idrica sono principalmente allocate nella Componente quattro della Missione due. Si tratta, complessivamente, di 15,06 mi-liardi di euro a valere sul Dispositivo di Ripresa e Resilienza. A questi si aggiungono ulteriori 0,31 miliardi di euro dal programma REACT. Si segna-lano in particolare gli investimenti per:

• la realizzazione di un sistema avanzato e inte-grato di monitoraggio e previsione che con-senta di individuare e prevedere i rischi sul territorio (500 milioni di euro);

• il finanziamento di interventi per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico (2,5 miliardi di euro);

• la resilienza e la valorizzazione del territorio, nonché per l’efficienza energetica dei Comuni (sei miliardi di euro).

Nell’ambito della Missione cinque, Componente due (M5C2 - Infrastrutture sociali, famiglie, comu-nità e Terzo settore) del PNRR, l’investimento 2.2 destina 2,45 miliardi ai Piani Urbani integrati per le Città metropolitane, al fine di favore una pia-nificazione urbanistica partecipata che limiti, tra l’altro, il consumo di suolo edificabile. La compo-nente del PNRR M2C4 in materia di tutela delle aree verdi dedica uno specifico investimento di 330 milioni di euro alla tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano, il quale annovera, tra l’altro, la finalità di arginare il consumo di