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La riscoperta della vittima

Nel documento Giustizia ristorativa e mediazione penale (pagine 31-35)

Capitolo II: La vittima

2. La riscoperta della vittima

Il concetto di risarcimento economico alla vittima da parte di chi le ha ingiustamente provocato un danno trova le sue origine in quei sistemi che vedevano il crimine come un’offesa al singolo individuo più che allo Stato: il codice di Hammurabi, le Dodici Tavole, la Lex Salica.

Come accennato sopra, tale approccio cambiò nel Medio Evo in cui si passò ad una giustizia incentrata sullo Stato che diveniva l'unico soggetto offeso dal reato, il solo deputato a perseguire la tutela dei beni giuridici violati dal crimine, espropriando così la vittima. Con il trascorrere del tempo, infatti, le parti principali divennero lo Stato e il delinquente, mentre la vittima reale continuò sempre più a perdere il suo ruolo. Questa nuova impostazione comportò altresì la rivisitazione della funzione della pena che venne ad assumere il ruolo di evitare la recidiva tramite la deterrenza, la neutralizzazione e la rieducazione. «Tale obiettivo era orientato verso il

futuro e centrato sullo Stato in quanto consisteva nel rendere il delinquente ed i potenziali delinquenti rispettosi della legge»49.

L’idea della riparazione riemerse negli anni Cinquanta quando alcuni giudici imposero ai condannati il pagamento di somme di denaro o prestazioni a favore della vittima o della comunità. In Inghilterra l’idea della riparazione emerse negli anni Settanta quando si attribuì il potere al

48 PONTI G., (a cura di), Tutela della vittima e mediazione penale, Milano, Giuffrè, 2005. 49 GATTI, MARUNGO in PONTI G., op. cit. p. 125.

giudice di applicare il ristoro del danno come pena aggiuntiva ad altre sanzioni, anche se ciò comportava un conflitto tra il danno causato ed i mezzi economici del delinquente. In questi contesti, la riparazione non svolgeva un fine specifico in quanto costituiva anch'essa attuazione delle finalità di deterrenza e di rieducazione.

Con il Criminal Justice Act del 1982 per la prima volta fu previsto che i

compensation orders potevano rappresentare anche l’unica pena inflitta,

non necessariamente accompagnata ad altre sanzioni e nel 1988 si previde che, se non fosse stata stabilita tale misura, si sarebbe dovuto motivare il relativo provvedimento.

Nei Paesi a tradizione giuridica latina e continentale è raro che la restituzione e la compensazione vengano viste come sanzioni giuridiche autonome. In tali Paesi, infatti, è previsto che il PM possa archiviare il procedimento quando il reo abbia compensato la vittima dei danni causateli (Portogallo, Francia, Olanda, Austria Germania, Grecia) o procedere con il patteggiamento solo se la vittima è stata risarcita (Italia). In fase decisoria è possibile ridurre la pena in caso di ristoro di danni (in Italia) ovvero essa può essere oggetto dell’obbligazione per la concessione della messa alla prova; durante la fase esecutiva, infine, la ristorazione viene ad avere rilievo secondo modalità molto disparate tra loro.

Contemporaneamente negli anni Sessanta-Settanta si sviluppò il paradigma della restorative justice. Tale paradigma intende il «crimine come un

conflitto tra persone, ponendo al centro gli individui e le loro relazioni, nel tentativo di risolvere i problemi creati dal reato»50.

Un contributo fondamentale per lo sviluppo di tali pratiche avvenne dagli abolizionisti. Christie51 partendo dallo studio di Pesi come la Tanzania in cui si procede con la mediazione dal reato meno grave all’omicidio, intuì che la legge e le procedure giudiziarie sono ben lontane dalla vita comune e pertanto i conflitti dovrebbero essere risolti dai relativi protagonisti.

50 ut supra p. 140.

51 CHRISTIE N., Conflicts as Property, in “The British Journal of Criminology, 1997, Vol.

Braithwaite52 ha elaborato una teoria criminologica secondo cui ciò che previene il crimine è una combinazione di vergogna e di reintegrazione: «si

sviluppa un basso tasso di delinquenza nei Paesi (ad esempio il Giappone) e nelle epoche che culturalmente favoriscono la “vergogna reintegrativa”; si tratta di culture che orientano la vergogna nei confronti del reato e non nei confronti dell’autore, e che attribuiscono molta importanza al perdono e alla riconciliazione. La vergogna rappresenta un sentimento molto efficace nel controllare il crimine soltanto se è reintegrativa, in quanto una vergogna stigmatizzante rafforza la delinquenza ed induce alla recidiva».

Con la riscoperta del ruolo della vittima sono stati sviluppati diversi programmi funzionali a riattribuire a quest'ultima quanto le è stato espropriato in questi anni. In particolare, si possono identificare tre tipi di programmi53 in base al tipo di rapporto con la giustizia penale ed in particolare 1) «programmi indipendenti (community-based project)» ai quali i partecipanti vengono inviati direttamente dalla comunità o da organizzazioni private senza essere invitati dalla magistratura o dalla polizia. Per poterne beneficiare la vittima deve conoscere il reo. I casi trattati riguardano comunemente liti tra vicini di casa o abitanti dello stesso quartiere, questioni di lieve entità tra persone con particolari vincoli di conoscenza, ma anche liti tra coniugi, 2) «programmi relativamente

indipendenti» che intervengono dopo che il sistema della giustizia penale è

già stato messo in moto, ma solo quando l’invio del caso da parte delle agenzie di controllo formale è «incondizionato», perché quando l’accordo non viene raggiunto non sono applicate altre sanzioni. L’invio può avvenire in qualsiasi momento su richiesta della polizia, del PM o della Corte, 3) «programmi dipendenti» che si differenziano dai precedenti solo perché l’invio avviene in modo «condizionato».

Grazie alle pratiche ristorative, dunque «il reato perde la connotazione

pubblicistica di offesa a un bene giuridico e ritorna ad essere un conflitto

52 BRAITHWAITE J., Crime, Shame and Reintegration, Melbourne, Cambridge University

Press, 1989.

che oppone due o più parti all’interno di una comunità, e la pena viene sostituita con istituti con valenze riparatorie o tecniche di gestione del conflitto che per superarlo presuppongono la comunicazione»54.

54 MANNOZZI G., Problemi e Prospettive della Giustizia Riparativa, in “Rassegna

Nel documento Giustizia ristorativa e mediazione penale (pagine 31-35)

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