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1.3 Aspetti teorici del Risk management

1.3.2 Il risk management secondo il modello del Capital Asset Pricing Model

Dopo la trattazione del principio di irrilevanza (irrelevance principle) di Modigliani e Miller (1958) e prima di analizzare le critiche alle ipotesi fondamentali del loro modello è opportuno considerare brevemente un altro fondamentale contributo letterario in tema di

risk management secondo il quale la gestione del rischio dal punto di vista delle imprese non

è irrilevante, come nel caso precedente, ma comunque fortemente limitata rispetto al normale approccio al rischio che oggi è possibile osservare nel mercato. Si tratta della teoria del Capital Asset Pricing Model (CAPM). La teoria e il modello del CAPM formulato inizialmente da William Sharpe37 nel 1964 e a cui hanno seguito diverse elaborazioni tra cui le più importanti sono quelle di Lintner (1965) e Mossin (1966) è un modello per le decisioni di investimento nel mercato finanziario che ancora oggi è utilizzato come fondamento teorico dai professionisti del mondo della finanza.

Seguendo il modello formulato da Sharpe, fondato anch’esso su una serie di ipotesi molto stringenti riportate in nota38, un investitore può determinare il rendimento atteso di un titolo azionario il quale sarà dato dalla somma di due addendi:

il primo addendo è il rendimento risk-free (il tasso di rendimento privo di rischio, unico per tutto il mercato, a cui è possibile sia prendere che dare a prestito);

il secondo addendo è dato dal prodotto tra il risk premium e il β del titolo:

- Il risk premium, o premio per il rischio, è dato dalla differenza tra il rendimento medio del mercato e il rendimento risk-free; il premio per il rischio è positivo per definizione in quanto il rendimento medio di mercato è

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William Sharpe, 1964, Capital Asset Prices: A Theory of Market Equilibrium under Conditions of Risk, Journal

of Finance, Vol. XIX, No. 3. 38

Ipotesi del modello CAPM:

- Equilibrio fra domanda e offerta aggregata nel mercato finanziario (mercato perfetto); - Non esiste imposizione fiscale e costi di transazione;

- Gli operatori del mercato hanno la stessa funzione di utilità, sono razionali e avversi al rischio; - Gli investitori sono price-takers;

- Il mercato è costituito da N titoli;

- Nel mercato esiste un unico tasso privo di rischio a cui è possibile sia prendere che dare a prestito; - La distribuzione di probabilità dei rendimenti dei titoli rischiosi è caratterizzata solo da media e

superiore al rendimento privo di rischio39. Il premio al rischio ha la funzione di remunerare gli investitori che optano per un’attività rischiosa rispetto all’alternativa priva di rischio;

- Il termine β, invece, è la misura della rischiosità del titolo considerato40

. Nello specifico misura la sensibilità del rendimento del titolo a variazioni del rendimento del mercato. Esso è quindi una misura della prevedibilità del rendimento di un titolo e viene anche definito come misura del rischio di mercato (anche detto rischio sistemico).

Secondo il modello del CAPM viene quindi a definirsi una relazione tra rendimento e rischio di attività finanziarie (rischiose) che viene valutata dagli investitori, considerati razionali (sulla base della loro personale avversione al rischio), nelle decisioni di investimento. Con questa formulazione si giunge alla determinazione del rendimento atteso di un titolo, ossia si ottiene quel tasso di interesse che deve essere utilizzato per attualizzare (al momento della decisione di investimento) i dividendi futuri attesi della società emittente per determinare il corretto prezzo di mercato dell’azione. Analogamente, il modello del CAPM viene utilizzato nella valutazione di intere aziende per determinare il costo del capitale di rischio il quale, sommato al costo del capitale di debito41 e considerando un’adeguata ponderazione dei due tassi, definisce quel tasso di sconto da utilizzare per l’attualizzazione dei flussi di cassa futuri attesi. In questo modo sarà possibile calcolare il valore di mercato della società considerata42.

Ai fini della trattazione del tema del risk management è importante concentrare l’attenzione sul termine β e su quella che è stata definita la prima distinzione tra le diverse tipologie di

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Il rendimento medio del mercato è necessariamente superiore al rendimento risk-free in quanto è dato dalla media dei rendimenti di titoli azionari (quindi attività rischiose), i quali devono garantire, per compensare tale rischio intrinseco, un rendimento maggiore dell’alternativa priva di rischio per essere appetibili agli investitori. Infatti, se così non fosse, nessun investitore razionale sarebbe disposto ad investire in un’attività rischiosa che offre un rendimento atteso inferiore ad un’analoga attività che invece è priva di rischio.

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Dal punto di vista matematico e statistico il termine beta è calcolato come un rapporto dove al numerato viene posta la covarianza tra rendimento del titolo considerato e il rendimento del mercato e al denominatore viene posta la varianza del rendimento del mercato.

41 Si fa riferimento ad imprese levered, ovvero indebitate. 42

Nel Capitolo III verrà fornita una spiegazione della tecnica di attualizzazione dei flussi di cassa futuri attesi per la determinazione del valore di mercato di una società attraverso l’illustrazione del DCF method (Discounted

rischio all’interno della classificazione trattata nel paragrafo precedente: la distinzione tra rischio diversificabile e rischio non diversificabile.

Per definire i tratti di questa distinzione è ancora opportuno partire da un’introduzione teorica. Nello specifico, dalla considerazione dell’unione tra Diversification and Portfolio

Theory (pubblicata dal premio Nobel per l’economia Harry Markowitz nel 1952) e teoria del Capital Asset Pricing Model. La formulazione di Markowitz ha costituito, infatti, la base su cui

è stata sviluppata la teoria del CAPM. Dalla commistione delle due teorie è nato un modello secondo il quale un investitore razionale non è propenso ad investire in un’unica attività finanziaria rischiosa, bensì è propenso a “costruire” un cosiddetto portafoglio efficiente di attività finanziarie che massimizzi la propria utilità tenendo conto del livello individuale di avversione al rischio. Nell’esemplificazione basilare di questo principio un investitore che ha a disposizione un certo capitale crea un portafoglio costituito dalla combinazione di un titolo azionario (rischioso) e un titolo risk-free in proporzioni diverse (rispetto alla somma che intende impiegare) sulla base del grado di avversione al rischio43. La giustificazione che sta alla base della teoria del portafoglio efficiente risiede nel fatto che, secondo gli autori, esistano due macro classificazioni di rischio che possono inficiare il risultato finale dell’investimento: il rischi sistemico e il rischio specifico.

Rischio sistemico

Il rischio sistemico (altrimenti definito rischio di mercato) è quella tipologia di rischio che accomuna tutte le attività finanziarie rischiose (ad esempio i titoli azionari). Esso dipende dall’aleatorietà della performance della società emittente un certo titolo che a sua volta è condizionata dall’andamento del mercato nel suo complesso, quindi, da fattori fuori dal controllo dell’impresa. Esso si misura comunemente per mezzo del fattore β così come definito dalla teoria del CAPM. Esso, come è stato anticipato, è pensabile come un indice che misura le variazioni nel rendimento del titolo azionario rispetto al rendimento del mercato

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Soggetti meno avversi al rischio avranno una porzione maggiore del proprio portafoglio di investimenti destinata ad attività finanziarie rischiose; soggetti maggiormente avversi al rischio daranno invece peso maggiore all’attività risk-free. I casi limite sono rappresentati, invece, ad un estremo, dai soggetti definiti

gambler che allocano tutta la propria disponibilità di capitale in attività rischiose; all’altro estremo si trovano i

nel suo complesso44, permettendo di disporre di una misura della prevedibilità del rendimento di un titolo. La conseguenza di questa considerazione comporta che attività finanziarie con β elevati (elevata aleatorietà della performance del titolo) dovranno fornire, per essere appetibili agli investitori, un rendimento maggiore rispetto ad attività finanziarie con β minore (più facilmente prevedibili in termini di rendimento finale). Per definizione il β di mercato è stato posto uguale a 1. Attività finanziarie con β maggiore di 1 sono considerate generalmente attività a rischio elevato perché tendono ad esasperare le variazioni del mercato di riferimento: la previsione è che il titolo guadagnerà più della media di mercato se il mercato nel suo complesso crescerà, alternativamente il titolo perderà più della media del mercato se si prevede una contrazione. Attività finanziarie con β minore di 145 sono considerate attività relativamente più sicure (perché più prevedibili) ma meno redditizie in quanto ad esse è associato necessariamente un rendimento atteso inferiore. In modo speculare, la logica sottostante a β minori di 1 comporta che se il mercato crescerà il titolo considerato avrà probabilmente un rendimento inferiore alle media del mercato, mentre se il mercato sperimenterà una contrazione il titolo subirà un perdita più contenuta rispetto alla diminuzione media del mercato. Tuttavia, come è stato detto, questa tipologia di rischi, essendo rischi di mercato, sono considerati al di fuori del controllo dell’impresa e per questo motivo sono anche stati definiti come rischi non diversificabili, da parte del singolo investitore, secondo la teoria del CAPM.

Rischi specifici

I rischi specifici (altrimenti definiti rischi idiosincratici) sono invece rappresentati da rischi legati alle caratteristiche intrinseche della società considerata. Sono rischi che derivano dal settore in cui opera l’impresa, dalla tipologia di business che conduce, dall’assetto organizzativo adottato, dagli obiettivi strategici perseguiti e dalle scelte operative messe in atto. Sotto questa prospettiva ogni impresa è diversa dalle altre sia in termini di rischio che,

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Il rendimento di mercato, che costituisce il benchmark rispetto al rendimento del singolo titolo, è, comunemente misurato prendendo come riferimento il rendimento finale (in genere il rendimento medio annuo) di un indice azionario. Gli indici azionari vengono costruiti proprio con lo scopo di avere una proxy dell’andamento di un intero mercato.

45 Riferendosi ad attività finanziarie rischiose è più preciso distinguere tra β > 1 per attività ad alto rischio e 0 <

β < 1 per attività finanziarie a basso rischio in quanto attività con β nullo sono considerate attività prive di rischio.

implicitamente, in termini di performance che riuscirà ad esprimere. Data questa considerazione, la Portfolio Theory suggerisce all’investitore razionale di costruire un portafoglio efficiente di titoli, cioè un portafoglio costituito da un insieme di titoli che complessivamente considerati forniscano la massima utilità all’investitore secondo quella che è la personale avversione al rischio e quindi secondo le caratteristiche, in termini di rischio e rendimento, che l’individuo intende dare al proprio portafoglio. Il portafoglio sarà quindi costituito da una componente risk-free e da una componente costituita da una serie di titoli rischiosi selezionati in proporzioni diverse. Per quanto riguarda la porzione destinata ad attività a rischio il portafoglio è considerato efficiente se è adeguatamente diversificato. Per trattare il tema della diversificazione è necessario considerare l’alveo dei rischi specifici e il concetto di correlazione dei rendimenti delle attività finanziarie. In termini statistici la correlazione è definita come il rapporto che esiste nell’andamento di due variabili. Esemplificando, se due variabili, sotto le medesime condizioni, assumono lo stesso andamento si afferma che tra le due variabili esiste correlazione positiva. All’opposto se, sotto le medesime condizioni, l’andamento di una variabile è opposto all’andamento dell’altra variabile si parla di correlazione negativa. L’investitore che intende costruire un portafoglio efficiente dovrà quindi selezionare nelle giuste proporzioni attività finanziarie rischiose tra loro correlate negativamente, ossia dovrà selezionare per ciascuna attività soggetta a rischi specifici un altro titolo che possa compensare questo rischio. Dovrà in sostanza ricercare un titolo correlato negativamente con il primo46. L’investitore ha perciò la facoltà di costruire un portafoglio efficiente selezionando opportunamente titoli con diversi gradi di correlazione sulla base delle caratteristiche e dei rischi intrinseci che contraddistinguono le diverse attività. Per tale motivo i rischi specifici sono anche stati definiti rischi diversificabili.

Ai fini della trattazione del tema del risk management è necessario, a questo punto, analizzare la conclusione a cui sono giunti Sharpe e gli altri sostenitori della teoria del CAPM e della diversificazione efficiente dei portafogli di investimento.

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Il tipico esempio, seppure estremamente semplificato, per chiarire questo concetto è quello secondo il quale si ipotizza un mercato in cui esistano solo due tipologie di imprese: la prima è un’impresa produttrice di maglioni in lana, la seconda un’impresa produttrice di costumi da bagno. E’ prevedibile che nei mesi freddi la performance della prima impresa sia superiore alla performance della seconda impresa, e viceversa nei mesi caldi. L’investitore razionale sarà quindi indotto, per eliminare i rispettivi rischi specifici delle due attività, a costruire un portafoglio che comprenda entrambi i titoli delle due società (oltre alla componente risk-free) attraverso quello che abbiamo definito un’attività di diversificazione del portafoglio.

Secondo questi economisti il singolo investitore sarà ricompensato solo ed esclusivamente per aver sopportato il rischio sistemico, che è un rischio di mercato quindi non diversificabile47, ma non è ricompensato nel momento in cui è esposto a rischi specifici. I rischi specifici possono, come è stato detto, essere eliminati o comunque mitigati attraverso un’adeguata attività di diversificazione. Da questa affermazione nasce la seconda conclusione secondo la quale, dal punto di vista delle imprese, non vi è incentivo ad adottare un processo di risk management per proteggersi dai rischi specifici. L’attività di risk

management risulterà addirittura controproducente perché non verrà riconosciuta come

utile da parte degli investitori: essi non saranno disposti a pagare un prezzo maggiore per quel titolo potendo essi stessi coprirsi da tali rischi attraverso un’adeguata diversificazione del proprio portafoglio48. In letteratura la conclusione appena esposta viene riassunta affermando come l’attività di copertura dei rischi specifici posta in essere dalle imprese risulti inefficacie in quanto risulta ridondante rispetto alla capacità di diversificazione degli investimenti realizzabili dai singoli individui.