L’Enterprise Risk Management
Capitolo 3 Risk disclosure
3.2 La Comunicazione aziendale e la disclosure dei rischi 1 Importanza ed evoluzione della comunicazione
3.2.2 Il Risk Reporting
Le informazioni riguardanti i rischi aziendali sono parte della più ampia comunicazione economico – finanziaria, che possiamo definire come “il complesso delle comunicazioni effettuate attraverso qualsiasi canale di diffusione dalla direzione aziendale alle varie classi di interesse in essa convergenti sull’evoluzione dell’assetto reddituale, finanziario e patrimoniale dell’impresa55”. La creazione di valore aziendale può essere alimentata da
un’efficace comunicazione, essendo quest’ultima diretta a soddisfare i bisogni informativi degli stakeholder e dei potenziali investitori. In particolare, l’informativa sui rischi dovrebbe rappresentare un elemento strategico che l’azienda deve sapientemente gestire, anche se in molti casi concreti le aziende si limitano ad una comunicazione minimale, volta al rispetto formale degli standard normativi e non tesa ad una maggiore trasparenza che possa consentire agli investitori una concreta valutazione delle strategie aziendali di creazione di valore [Beretta e Bozzolan, 2004]. Negli ultimi anni le imprese hanno cominciato a comprendere l’importanza e l’opportunità di una solida comunicazione con il mercato, difatti si è assistito ad una graduale crescita da un modello tradizionale di corporate reporting ad uno più sofisticato e rispondente alle esigenze attuali. Il primo è utilizzato prevalentemente da imprese non quotate o di piccole dimensioni, e si basa su informazioni contabili, periodiche e aggregate, focalizzate sulla performance passata e principalmente sui risultati finanziari. Il modello evoluto di
corporate reporting ha l’obiettivo di rispondere alle esigenze di conoscenza continua e in
tempo reale degli investitori, attraverso informazioni strategiche non di carattere
55 Cit. Corvi (2007).
contabile, fornite su base disaggregata, e focalizzate sulla performance futura [Beattie, 2000].
Anche i modelli di risk reporting hanno attraversato diverse fasi evolutive, infatti inizialmente gran poche erano le informazioni sui rischi fornite negli annual reports, con nessun accenno ai modelli di gestione. Oggi, dopo la crisi economica e con l’incremento di strumenti finanziari sempre più complessi, sono cambiate le necessità informative degli stakeholder, i quali richiedono alle imprese l’attuazione di modelli di gestione integrata dei rischi, e le adeguate informazioni di carattere qualitativo e quantitativo. La disclosure deve riguardare le fonti delle possibili minacce, i diversi tipi di rischi a cui l’azienda è esposta, i soggetti coinvolti nel sistema di gestione dei rischi, le attività poste in essere per mitigare i rischi e le risposte ad essi, le conseguenze della manifestazione dei rischi sulla situazione economico – patrimoniale dell’impresa [Dicuonzo, 2018]. Nella tabella 3.1 sono evidenziate le caratteristiche del modello di risk reporting tradizionale e di quello più recente. Tabella 3.1 – Le caratteristiche nei modelli di risk reporting Fonte56.
Il tema della disclosure dei rischi è ampiamente trattato in letteratura, sia per quanto riguarda la comunicazione obbligatoria sia per quella volontaria, ciascuna delle quali può essere formale o informale. Recentemente è stata attribuita molta enfasi alla voluntary
disclosure, la quale ha ricevute molte attenzioni da parte degli organismi di
regolamentazione. Beattie (2005) individua due filoni principali nella “disclosure
literature”: il primo è analitico, ed ha l’obiettivo di creare un modello per le decisioni riguardanti la disclosure, il secondo è empirico e riguarda diverse aree di ricerca: - analisi delle pratiche di reporting dei rischi; - studio del rapporto esistente tra mandatory e voluntary disclosure; - esame delle motivazioni della comunicazione volontaria; - identificazione degli elementi che influenzano il livello di disclosure; - descrizione dei vantaggi della comunicazione per gli users; - studio delle conseguenze della disclosure sul mercato dei capitali [Beattie, 2005; Dicuonzo, 2018].
Healy e Palepu (2001), insieme a Core (2001), forniscono attraverso studi empirici un’ampia analisi della letteratura riguardante la disclosure economica. Mentre Healy e Palepu adottano un ampio framework teorico basato sul problema della selezione avversa di Akerlof, Core sostiene la necessità di modelli teorici più specifici per spiegare le differenze nelle politiche di comunicazione delle imprese. I primi si concentrano su quattro principali aree di ricerca empirica, ossia:
- il ruolo della disclosure e dei report finanziari nel mitigare i problemi di agenzia e di asimmetria informativa;
- l’efficacia delle attività dei revisori e degli intermediari nell’incrementare la credibilità del management nella comunicazione delle informazioni;
- i fattori che influenzano le decisioni dei manager riguardo la disclosure; - le conseguenze della disclosure sul mercato.
Core sostiene che le relazioni tra la comunicazione, i manager, gli users e gli investitori istituzionali, e gli analisti sia determinata da variabili endogene, le stesse che stabiliscono la struttura della governance aziendale e degli incentivi del management [Core, 2001; Healy e Palepu, 2001].
Verrecchia (2001) utilizza una differente tassonomia, proponendo tre indirizzi di ricerca: - association-based disclosure: studia gli effetti di una maggiore informativa sul comportamento degli investitori, che operano sul mercato dei capitali massimizzando la loro utilità, misurati attraverso cambiamenti dei prezzi o dei volumi dei titoli quotati;
- discretionary-based disclosure: esamina le decisioni discrezionali dei manager per capire quali fattori spingano le imprese a diffondere informazioni;
- efficiency-based disclosure: ricerca quale modello informativo e di comunicazione volontaria sia preferibile in assenza di una disclosure precedente, ex-ante, per migliorare la performance. La discretionary-based disclosure corrisponde al filone analitico di Bettie (2005), mentre l’association-based disclosure rispecchia quello empirico [Bettie, 2005; Dicuonzo, 2018; Verrecchia, 2001]. Evidenziamo inoltre, sempre a riferimento degli studi empirici sulla disclosure, che molti autori hanno cercato di valutarne la qualità, tramite la costruzione di appositi indici. In particolare, Beretta e Bozzolan (2004) sostengono che la quantità di informazioni comunicate non può essere utilizzata come proxy della qualità, al contrario della letteratura tradizionale, la quale ha sempre attribuito molta enfasi alla quantità come indicatore della qualità. Beretta e Bozzolan si concentrano sulle proprietà semantiche delle informazioni, ponendo attenzione soprattutto su cosa viene comunicato, e il modo con cui viene comunicato. Essi propongono un framework per la disclosure dei rischi che considera quattro elementi differenti ma complementari, ossia: 1) il contenuto delle informazioni divulgate; 2) il tipo di misure utilizzate per misurare per quantificare e qualificare gli impatti dei rischi; 3) l’orientamento della disclosure (comprendente ad esempio la prospettiva temporale delle informazioni divulgate); 4) l’approccio del management alla gestione dei rischi.