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CAPITOLO 2 - Le proprietà della CO 2

4.4 Risultati della modellazione del rilascio della CO 2

4.4.2 Risultati basati sulle serie di dati sperimentali

4.4.2.2 Risultati della modellazione

I risultati ottenuti dalle simulazioni sono raccolti nella tabella che segue. Riassume, per ogni esperimento della tabella (4.1), i valori dei diametri medi di Sauter valutati mediante i modelli già utilizzati in precedenza.

Tabella 4.2. Diametri medi di Sauter (micron) derivanti dell’applicazione dei modelli di breakup ai dati

sperimentali.

FASE 1 (2006)

Correlazioni Test1 Test2 Test3 Test5 Test6 Test11 Test8R Test9

Hulsbosch et al. 5,4 2,2 5,7 1,6 0,6 3,5 - -

Witlox et al. 11,4 8,7 8,6 11,5 6,7 8,6 2,37 2,42

Allen et al. 6,1 4,7 4,65 4,5 4,5 4,6 0,99 1,05

FASE 2 (2012)

Correlazioni Test3 Test5 Test11 Test1 Test2 Test4 Test14 Test16

Hulsbosch et al. 4,1 2,1 9,2 0,5 0,5 1,7 - -

Witlox et al. 8,7 8,6 14,8 4,4 5,7 4,6 2,74 2,91

Allen et al. 4,5 3,3 7,8 2,1 2,2 3 1,04 1,18

In nessun caso e con nessuno dei modelli impiegati risultano particelle superiori ai 14 μm di diametro. La correlazione di Witlox tende nuovamente a fornire risultati leggermente superiori a quelli degli altri due modelli ma complessivamente l’ordine di grandezza si conserva. Queste dimensioni sono estremamente inferiori a quelle caratteristiche di uno

snowout e derivano sia dalle alte pressioni in gioco che dalle dimensioni molto piccole degli

ugelli utilizzati.

Le previsioni più piccole sulle dimensioni emergono dai test con CO2 allo stato supercritico ovvero dai test 8R, 9, 14 e 16. Va detto che non esistono modelli né metodi validati per valutare le dimensioni di particelle derivanti dagetti di fluidi supercritici. La particolarità di questi rilasci sta nel fatto che per tutti gli stati termodinamici che competono alla regione di fluido supercritico non è possibile definire una demarcazione interfase e dunque una tensione superficiale. In questo modo verrebbero a cadere le basi di tutti i modelli considerati finora. Esistono studi sul comportamento di getti supercritici liberati in ambiente subcritico, come quelli condotti da Roy et al. (Roy et al., 2013), tuttavia non si prestano al caso della CO2 date le differenti proprietà che possiede.

Dunque nel lavoro in esame si è deciso di descrivere il comportamento dei rilasci di CO2 supercritica assumendo una dinamica simile a quella di un getto subcritico con tensione superficiale molto ridotta. L’assunzione è molto limitante ma l’unica implementabile data l’assenza di studi e modelli specifici.

L’incertezza riguarda anche la successione di stati termodinamici attraversati nell’espansione. Mentre per un getto subcritico l’andamento è quello descritto nella 4.3.1.4, quello relativo

all’espansione del getto supercritico non è noto. Alcuni (Cheroudi et al., 2012; Barata et al., 2003) hanno osservato che le espansioni da regioni supercritiche sono simili nella sostanza all’espansione di un gas ideale. Ciò tuttavia non spiega perché in alcune condizioni sperimentali è stata osservata la formazione di ghiaccio secco.

Alla luce di queste osservazioni, i getti dei test 8R, 9, 14 e 16 sono stati modellati ricorrendo soltanto alle correlazioni semiempiriche essendo ignoto il percorso degli stati termodinamici durante l’espansione. Le proprietà all’orifizio sono state calcolate assumendo la densità corrispondente alle condizioni reali di stoccaggio della CO2 mentre la tensione superficiale assunta per gli stati supercritici è quella che compete alle condizioni di temperatura appena inferiori a quelle del punto critico.

I grafici che seguono illustrano i profili dimensionali delle particelle di CO2 solida nel tempo, correlati a quello della velocità di uscita dal foro per la provesupercritichedelle due campagne sperimentali (test 8R, 9, 14 e 16).

Figura 4.22. Test 14 supercritico. Andamento della velocità di efflusso e dei diametri medi di Sauter delle

Figura 4.15. Test 16 supercritico. Andamento della velocità di efflusso e dei diametri medi di Sauter delle

particelle valutati secondo i modelli di Witlox e Allen.

Figura 4.16. Test 16 supercritico. Andamento della velocità di efflusso e dei diametri medi di Sauter delle

Figura 4.17. Test 9 supercritico. Andamento della velocità di efflusso e dei diametri medi di Sauter delle

particelle valutati secondo i modelli di Witlox e Allen.

Le ipotesi adottate in questa modellazione dei quattro casi di getto supercritico ha portato, come si nota, a dimensioni delle particelle molto ridotte. Esse risultano nettamente inferiori a quelle dei casi precedenti subcritici poiché difficilmente superano un SMD di 3 𝜇𝑚. Tale ristrettezza dimensionale deriva innanzitutto dalle condizioni termodinamiche a monte molto pesanti, caratterizzate da valori di pressione e temperatura molto elevati. Come visto entrambi questi parametri gravano fortemente sulla dimensione finale delle particelle anche per il fatto che determinano velocità di fuoriuscita dall’orifizio anche molto sostenute.

Un altro fattore determinante è portato dalla tensione superficiale. Questa grandezza fisica e la sua modellazione, come già ampiamente discusso, incidono fortemente sui risultati finali e in questo caso il suo valore molto ristretto, quasi nullo data la vicinanza alle condizioni del punto critico scelte per la modellazione, contrae sensibilmente le dimensioni delle particelle. Scegliendo valori differenti per la tensione superficiale, i risultati non cambiano sensibilmente se si assumono valori nell’intorno di quelli del punto critico ovvero per valori di temperatura entro il 5 % di quella che compete al punto critico.

Questa trattazione, basata su ipotesi da verificare, si scontra certamente con la carenza di riscontri sperimentali che aiuterebbero la validazione delle ipotesi stesse nonché la formulazione di un modello più robusto e completo. La necessità di modelli differenti nasce

anche dal fatto che tutti quelli attualmente disponibili basano la formulazione sulla conoscenza e sulla disponibilità di valori noti e finiti della tensione superficiale, aspetto incompatibile e difficilmente applicabile a situazioni che contemplano condizioni termodinamiche supercritiche.

Capitolo 5

Modellazione della ricaduta della CO2

Il quinto capitolo di questo lavoro ha come scopo quello di descrivere la termo e fluidodinamica di una particella di CO2 solida dopo la sua depressurizzazione fino alla pressione atmosferica. I fenomeni che determinano questa dinamica sono numerosi e nel complesso determinano se la particella di ghiaccio secco riesca o meno a raggiungere il suolo prima di sublimare completamente. Lungo la traiettoria, infatti, la massa e la temperatura della particella cambiano continuamente a causa della sublimazione, dell’attrito e di trasferimenti di calore indotti dall’irraggiamento proveniente dall’ambiente circostante.

5.1 Introduzione

Come visto, il rilascio da una tubazione determina una consistente depressurizzazione del sistema fino al raggiungimento della pressione atmosferica. Il meccanismo di rilascio della CO2induce la formazione di un getto instabile di sostanza bifase: quella gassosa inizia a disperdersi nell’ambiente circostante mentre quella liquida va incontro a fenomeni di ebollizione che la frammentano in piccole gocce. Parallelamente, la velocità del getto aumenta fintantoché non raggiunge uno stato di post – espansione oltre il quale le interazioni con l’ambiente circostante assumono più rilevanza delle dinamiche del getto stesso. Prima di raggiungere questo stato anche la temperatura cambia con continuità e decresce fino a raggiungere quella di equilibrio con l’ambiente esterno. La CO2 subisce infatti un calo di temperatura che la porta fino a -78,4 °C ovvero alla temperatura atmosferica di equilibrio e giunge in questo stato sottoforma di ghiaccio secco poiché la fase liquida residua, termodinamicamente inammissibile sotto il punto triplo, ha subito un processo di solidificazione.

Partendo da questa situazione di post – espansione, le particelle di ghiaccio secco interagiscono con l’ambiente circostante e tendono a portarsi in equilibrio in modo isobaro con la temperatura dell’ambiente esterno. In questo processo la massa iniziale della particella diminuisce per l’effetto della sublimazione mentre la sua temperatura varia secondo un bilancio termico che considera tutti i contributi agenti sulla particella. In questo lavoro i

contributi considerati sono: heat transfer di calore latente e sensibile, flusso termico legato all’attrito dissipativo, irraggiamento solare ed ambientale.

L’accoppiamento della dinamica della massa della particella con quella della temperatura determina se e con quale dimensione la stessa raggiunga il suolo. In prima analisi pare chiaro che solo particelle di una certa dimensione riescono a giungere al suolo per contribuire, assieme ad altre, al deposito di un banco di ghiaccio secco. Quelle più piccole, invece, perdono massa a tal punto da essere convertite interamente in CO2 gassosa sottraendosi dunque dal deposito al suolo e andando a contribuire alla formazione della nube di CO2dispersa nell’ambiente.