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7. DISCUSSIONE

7.2. I risultati delle prove zootecniche

I test sono iniziati con il confronto tra ceppi in termini di caratteristiche dimensionali dell'uovo, percentuale di schiusa e dimensione delle larve svezzate. La dimensione delle uova è risultata differire significativamente tra i lotti. E' noto tuttavia che a parità di genetica, questo parametro è notevolmente anche all’età delle fattrici (Pitman, 1979), ma purtroppo non essendo questo un dato in nostro possesso non è stato possibile tenerne conto all'atto del confronto. L'analisi correlativa non ha evidenziato correlazioni evidenti tra dimensioni dell'uovo, percentuale di schiusa e dimensioni della larva. Anzi è interessante notare come il ceppo D, nonostante le esigue dimensioni dell’uovo rispetto agli altri ceppi abbia originato larve più grandi a 50 giorni dalla schiusa. E’ comune tra gli allevatori la convinzione che uova più grandi diano larve più grandi, ma ciò è solo parzialmente e temporaneamente vero. Infatti, la correlazione positiva sussiste solo alla schiusa allorché da uova di maggior dimensione nascono larve effettivamente più grandi. Tale effetto tuttavia si mitiga progressivamente fino ad annullarsi dopo circa 4 settimane, come riportato anche da Springate e Bromage (1985), e subentrano l’effetto ceppo e l’effetto ambiente. Inoltre secondo Rombough (1984), larve di Salmonidi più piccole avendo un sacco vitellino più piccolo, consumano più velocemente le riserve, quindi sono costrette a sviluppare l’apparato gastro-intestinale più precocemente, questo comporta un inizio anticipato dell’alimentazione. Nel nostro caso quindi, la relazione inversa tra dimensione dell’uovo e peso della larva a 50 giorni potrebbe essere stata

determinato non solo dall’effetto genetico ed ambientale, ma anche da un diverso numero di giorni di alimentazione (Refstie, 1980).

Per quanto concerne la performance di crescita post-svezzamento, dato il divario di età e peso iniziali delle larve, si è preferito confrontare i ceppi attraverso i coefficienti di crescita relativa, piuttosto che in termini di variazioni assolute in lunghezza e peso.

L’accrescimento nella fase giovanile ha ribadito il ceppo D come quello con il maggior tasso di crescita, con divario netto rispetto agli altri ceppi per l’accrescimento in lunghezza, ma meno evidente per l'incremento ponderale. Segue poi la performance del ceppo C, mentre quello con tassi di accrescimento peggiori è risultato l’A.

Relativamente al confronto tra allevamenti nelle fasi di crescita successive fino alla taglia commerciale, è bene ricordare che i 3 impianti utilizzati nelle prove differivano sostanzialmente per caratteristiche ambientali, mentre le altre variabili in gioco sono state contenute il più possibile già nel piano sperimentale. In queste prove il ceppo E ha dato luogo ai migliori tassi di crescita in tutti gli allevamenti, con le performance assolute migliori ottenute presso l’allevamento F.E.M.. Buoni anche i valori registrati dal ceppo D, se si eccettua la prestazione registrata nell’impianto Foglio. Gli altri ceppi hanno dato invece delle prestazioni piuttosto simili. Confrontando tra loro gli allevamenti tutti i ceppi hanno mostrato le migliori performance nell’impianto F.E.M., dove i ceppi D ed E sembrano aver sfruttato al meglio condizioni ambientali più favorevoli per l'allevamento dell'iridea che appunto caratterizzavano quell'impianto. Segue poi Foglio ed ultimo Tamanini, che si è scostato nettamente dai primi due. Più evidenti risultano essere i divari per i tassi di accrescimento ponderale rispetto a quelli in lunghezza, che forse sono meno influenzati dalla variabile ambiente. Differenze significative tra ceppi ed allevamenti per i parametri di peso e lunghezza in prove di accrescimento simili alle nostre sono state riportate anche da Sylvén et al. (1992), da Overturf et al. (2003) e Paaver et al. (2004). Anche Myrick (2000) sottolinea il vantaggio di condizioni ambientali favorevoli di allevamento nell'enfatizzare la superiorità di alcuni ceppi di iridea nel confronto con altri meno performanti.

Seppur non statisticamente significativo, l’indice di conversione alimentare del ceppo E ha tendenzialmente raggiunto i valori migliori mentre per il lotto C quelli peggiori. La letteratura al riguardo fornisce esiti controversi. Se Rasmussen et al. (2000), non hanno rilevato differenze significative tra ceppi, un effetto ceppo genetico con indici di conversione simili ai nostri è stato osservato da Overturf et al. (2003) in un test comparativo eseguito su 5 ceppi di trota iridea.

Confrontando gli allevamenti, gli ICA migliori li ha conseguiti Foglio, mentre F.E.M. e Tamanini si sono equivalsi sostanzialmente. Giustificare questo risultato non è facile, ma si può ipotizzare, che il numero di ricambi giornalieri d’acqua possano aver avuto la loro influenza. Dai dati ambientali si

può notare infatti come nel periodo estivo l’impianto F.E.M. e Tamanini abbiano avuto dei picchi di concentrazione per l’azoto ammoniacale. Questo composto di scarto del metabolismo proteico viene escreto dal pesce attraverso le branchie, tuttavia se la concentrazione esterna è elevata l’ammoniaca si concentra nel sangue dando origine a fenomeni di tossicità. Essendo le forme ridotte dell’ammoniaca (nitriti e nitrati) a bassa concentrazione nelle vasche di allevamento, si può supporre che solo concentrazioni di ammoniaca indissociata possano avere avuto un’influenza sulle performance dei pesci. L’azione dell’ammoniaca riduce l’efficacia degli scambi gassosi con l’esterno da parte del pesce, ed un affaticamento respiratorio si traduce a sua volta in inappetenza e scarsa efficacia metabolica nel pesce. Quindi, il gap nell’indice di conversione alimentare registrato nei due impianti in questione potrebbe essere stato causato da periodi in cui la conversione metabolica dei lotti non si trovava in una fase di optimum, soprattutto nell’impianto F.E.M. dove le temperature di allevamento sono vicine a quelle di massima performance metabolica (Baruchelli,

com. pers., 2011; Brauge et al., 1995; Hokanson et al., 1977). Nel caso dell’impianto Tamanini

invece il calo di efficienza nella conversione alimentare potrebbe essere dovuto solo ad un regime alimentare più ristretto, come riportato anche da Alanärä (1996) e Rasmussen (2001).

Nelle prove di accrescimento sono stati calcolati anche i coefficienti allometrici. In questo caso i lotti testati negli impianti F.E.M. e Foglio mostrano una sostanziale isoauxesi nel normale rapporto allometrico peso/lunghezza eccettuata una significativa differenza per il ceppo C in entrambi gli allevamenti e per il lotto A nel solo impianto Foglio. Questi tre lotti presentano netti valori di

tachiauxesi come da coefficiente allometrico, con A superiore a 3,30 e C superiore a 3,40. Questo

effetto si può notare anche nella tabella riferita alla crescita relativa giornaliera (paragrafo 6.3.4.2) dove si nota che il lotto C cresce molto più rapidamente in peso di quanto non faccia in lunghezza. Al contrario nell’allevamento Tamanini si nota una leggera bradiauxesi (valori inferiori a 3,20) probabilmente dovuta ad un più ristretto regime alimentare che ha impedito al pesce di “ingrassare” in maniera evidente.