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II. Lopez a Luzzatto5

Milan, 16.V. 39 Caro Professore,

credo che tra poco ne saprò qualche cosa di più. Intanto Le scrivo per racco-mandarLe, con tutto il calore che potrei usare per una persona della mia famiglia, il professor Hilmar Krueger6, del dipartimento di storia dell’Università del Wiscon-sin, che è a Genova (presso R[egia] Deputazione di Storia Patria) per ricerche d’ar-chivio affini alle mie. Egli verrà a Venezia per qualche giorno o per un week-end, non so ancora quando; Le scriverò prima. Ella conosce certamente i suoi studi sulle relazioni tra Genova e l’Affrica berbera del XII secolo7; aggiungo che io ho avuto il torto d’accusare uno dei suoi tre studi di essere incompleto, perché non sapevo che avesse scritto gli altri; e il Krueger con rara generosità mi ha risposto recensendo con elogi il libro che conteneva questa mia stroncatura!8. Quanto basta per darle un’idea dell’uomo e dello studioso; se Lei vorrà accoglierlo con quella cortesia che Le è propria e un po’ di quell’affettuosa simpatia che ha per me, Le sarò gratissimo. Forse anche, poiché in America questa forma di ospitalità è molto usata verso gli Italiani. Ella potrebbe precedere l’arrivo di questo mio giovane collega (ha 32 anni, mi pare), con due righe di benvenuto tra noi. Ma non ho certo la pretesa né l’ardire di suggerirLe i metodi dell’ospitalità! Ho ricevuto le recensioni9 e La ringrazio mol-to. Tra poco Le darò altre notizie. Mi creda suo aff.mo Robermol-to.

III. Affidavit di Gino Luzzatto

Seguo da sei anni l’attività di Roberto Lopez; ho letto tutti i suoi lavori storici, e posso dichiarare, con sicura convinzione, che pochissimi giovani hanno rivelato in Italia attitudini superiori od uguali alle sue per lo studio della storia medievale. Sia che egli tratti di una figura interessante e complessa di marinaio, mercante, co-lonizzatore e guerriero del Duecento, come Benedetto Zaccaria, sia che egli studi le origini dell’industria della lana o l’attività capitalistica in Genova, o l’opera dei genovesi in Africa ed in Spagna, il Lopez dimostra sempre di saper accoppiare alla passione e all’accuratezza della ricerca, la scelta di argomenti di largo interesse e le qualità artistiche, necessarie ma rare, per risalire dal documento alla narrazione storica. Delle sue attitudini di storico nel senso migliore della parola egli ha dato da ultimo ottima prova nel suo bel volume sulla Storia della colonizzazione

geno-vese, in cui ha saputo dominare un argomento vastissimo e ricco di particolari, che abbraccia quattro secoli di storia. Sono convinto perciò che, anche in un campo diverso da quello in cui aveva iniziato i suoi studi, il Lopez riuscirà prestissimo ad assicurarsi la conoscenza delle fonti e fare ottime prove come ricercatore, come critico, e come storico.

Prof. Gino Luzzatto, Venezia, 7 luglio 193910.

IV. Lopez a Luzzatto11

Londra, 16. VII. 39 Caro Professore,

La ringrazio molto cordialmente. Va benissimo – Troppo onore! – e alla tra-duzione da collegare al testo, che è meglio sia in italiano, penso io12. Come sta Lei, e i suoi parenti? Marc Bloch, che mi ha scritto una bellissima lettera, mi domanda molto di Lei13. E anche Postan14, quell’unica volta che m’è riuscito ve-derlo, mi ha chiesto di lei. Finalmente ho molti saluti da parte di Cecil Roth15. Mi mandi anche subito i dati di quello che dovrei cercare al British Museum. Ci vado quasi tutti i giorni e sarà per me un piacere, che non mi costerà alcun disturbo, occuparmi di quello che Le interessa. Mi creda, Professore, con la più affettuosa devozione, suo Roberto Lopez.

V. Luzzatto a Lopez16

Venezia, 17.XI.939 Caro Roberto,

mi ero proposto di scriverti subito dopo che avevo avuto dal babbo tuo la bella notizia del tuo salvo arrivo, e poi invece, non per colpa mia, ho ritardato cinque giorni anche a rispondere alla tua graditissima, scritta a bordo del Man-hattan17. Quando riceverai questa mia, tutto questo ti sembrerà storia di altri tempi; e ormai preso dal lavoro, ti sarai perfettamente ambientato, se non accli-matato. Ma gli ultimi mesi di incertezze, di contrarietà, di patemi d’animo sono stati per te una dura prova, che si merita un largo compenso18. Ma son certo che l’avrai, ed anche relativamente presto, perché oltre all’intelligenza e alla prepa-razione, hai quello che è assai più raro e più utile, la tenacia di volontà. E poi hai

la fortuna di esserti guadagnato l’amicizia di un maestro come il Reynolds, che io non conosco, ma che per tutto quello che ho sentito da te dev’essere una perla.

Ti sei messo subito al lavoro di trascrizione? Ed oltre a questo ti danno altri incarichi? Per quel che riguarda il viaggio del Catai19, se non l’hai già fatto, mandami tu stesso i documenti che sarò ben lieto di collazionare e completare (nei pochi punti in cui ho omesso delle parole). Lo farò ben volentieri, perché fra gli impiegati d’archivio ce ne sarebbero due soli di cui potrei fidarmi: il Morozzo della Rocca20, che deve essere un bravissimo giovane, ma è occupa-tissimo e assume degli atteggiamenti di grand’uomo, per cui non mi sentirei di chiedergli un servizio di questo genere; e il Corrubia21, a cui non mi rivolgo per ragione opposta, perché vorrebbe farmelo subito a titolo di cortesia. Ma sta tranquillo che lo faccio ben volentieri e senza il minimo sacrificio. Finita la collazione, farò il tentativo di identificare qualche nome, e cercherò di far-mi aiutare dal far-mio collega (ex)22 di geografia, molto più competente di me in questa materia. Quanto alla pubblicazione perché non tenti di farla accogliere da qualche rivista americana, e meglio di tutte dallo Speculum23. Sarà uno sforzo per te, ma largamente compensato dal vantaggio di cominciare a farti conoscere come studioso americano. Di me nulla di nuovo da dirti; l’attività anonima non mi manca24; la rivista seguita a vivere, sebbene qualche accenno di pericolo ci sia stato. Ma tutto sommato, sento che il moto di intorno si va accrescendo; e penso con qualche rammarico ad alcuni miei coetanei (come Rodolfo Mondolfo25) che, avendo avuto per amore dei figli il coraggio di pas-sare l’oceano, stanno riprendendo in pieno la loro attività. Ma lasciamo andare i rammarichi: l’essenziale è che voi giovani vi facciate la vostra strada, così crudelmente troncata. Saluti cordiali da mia sorella e un abbraccio affettuoso dal tuo Gino Luzzatto.

VI. Lopez a Luzzatto26

Madison, 5. 2. 39 [recte: 1940]27

Carissimo Professore,

mi sento pieno di rossore per aver tardato tanto a scriverLe. La sua lettera così affettuosa mi ha fatto un grande piacere – diminuito un poco dal sentirLa giù di corda. Non volevo risponderLe con una banale cartolina e non trovavo il tempo di mandarLe una lettera.

Questa Madison è proprio simpatica e ospitale. Più vivace di Padova o Pisa (non conosco bene Padova) ha però le stesse caratteristiche di queste città do-minate dalla vita degli studenti e perciò con un livello intellettuale superiore alla media. Aggiunga che la vita tra professori è molto cordiale; non ci sono pettegolezzi o quasi, e si usa cogliere qualunque pretesto per invitarsi l’un l’altro a pranzi, thé e serate nelle quali si parla generalmente di foot-ball (Alcuni osti-nati che insistono sull’epigrafia macedone sono relegati in angoli inoffensivi). L’università, come Lei sa, è una combinazione di quello che noi chiameremmo liceo (corsi generali, età da 17 o anche 16 in su) nei corsi per undergraduates, e delle nostre università con una disciplina un po’ più severa (corsi per graduates). Io non ho proprio contatti di insegnamento con gli studenti, ma vivo in mezzo a loro, in una fraternity, e vado a scuola con loro perché per consiglio tanto di Reynolds28 quanto di Gras29 e Usher30 prendo una laurea (Ph. D.) americana. Sarò così un anno più giovane, come dottore americano, di De Roover31 che si laurea quest’anno a Chicago32. Del resto la laurea è una sinecura e le dedico soltanto le poche ore alla settimana che vado a assistere a lezioni. Come research assistant il mio diritto e dovere è di far ricerche su quel che mi pare. Il libro di Storia d’Italia in collaborazione con Bob Reynolds è sempre a Odoacre! che noi cerchiamo di provare turco e non todesco, in una breve nota per l’American Historical Review33.

Per conto mio lavoro a un libro sulla corporazione dei monetieri. Ho rac-colto prove, mi pare, indiscutibili e ininterrotte (compresi i secoli VII, VIII e IX!) della sua continuità almeno in Italia dall’età romana alla moderna. La trasformazione del collegium in σῶμα biz[antino], del σῶμα in ministerium longobardo e franco, del ministerium (o sacramentum) in societas così è nato finalmente il regresso della società in sacramentum esteso a tutta l’Europa ex carolingia (sec. XIV-XVII) mi sembrano interessantissimi. Il volume, però, sarà pubblicato dall’Università; mi ci vorrà, temo, un altro anno per finirlo perché la ricerca estesa alla Francia alla Germania alla Spagna è lunga e diffi-cile. Intanto per il nesso romano-bizantino-longobardo che è il più difficile da stabilire ho dovuto studiare anche gli altri collegi pubblici e sto facendone un articolo che se non verrà troppo lungo dovrebbe entrare in Speculum. Credo che o mi spareranno o mi proclameranno un grand’uomo: sostengo la deri-vazione di alcuni capitoli dell’editto di Rotari e della Lex Visigothorum da una norma dei Basilici, probabilmente rimontante a Eraclio, e già contenuta in germe nell’Ecloga. Probabilmente uno di questi giorni Lei si vedrà piovere

una copia dattiloscritta dello studio, perché gradirei tanto il suo parere pri-ma di avventurarmi a pubblicare34. Vasiliev35 è rimasto convinto, però. Per l’avvenire – la quasi assoluta certezza del pane e burro che mi consentono gli attuali 60 dollari mensili è già una modesta tranquillità. Reynolds ha propo-sto la continuazione del mio job, e siccome ho riscosso molta simpatia e tutti quanti sono molto cari, non ho paura in proposito. Ma per un progresso, la situazione è difficilissima. Qui la situazione si presenta così: tutti i posti di professore stipati – entrate in leggera ma continua diminuzione. Reynolds e altri si danno dattorno per vedere se fosse possibile, ciò nonostante, trovarmi una promozione, ma non voglio illudermi delle loro possibilità di successo. Se mai riuscisse uno dei progetti, potrebbe esserci posto anche per altri. E ne sarei così contento. Comunque tra un anno, con la laurea americana, dovrei entrare in gara con gli altri senza handicap e allora credo che non sarà troppo difficile trovare un posto in una università del West dove c’è ancora un po’ di quella mitica prosperità americana della quale eravamo tanto abbagliati.

La biblioteca è fornitissima (certo non si può pretendere di trovare tutti gli opuscoli monografici italiani, ma il complesso è veramente buono e si può far venire – ahimé pagando la posta – tutti i libri che si vuole dalle altre bibliote-che). Tutte le facilitazioni possibili per studiare sono accordate, un orario dalle 8 alle 22; si può andare a leggere i libri in mezzo agli scaffali; se ne portano a casa quanti si vuole, quanto a lungo si vuole. Ho a casa da un paio di mesi tutta la le-gislazione romana, bizantina e barbarica; non sarei mai arrivato in porto senza questo! A proposito di biblioteche, ho anche deliberato, d’accordo col Librarian36

di cominciare l’anno venturo a studiare biblioteconomia (si dice così?) di modo che un’altra possibilità eventuale di sistemazione mi sia aperta (Per quest’anno, invece, comincio tra una settimana lo studio non so ancora se del russo o dell’a-rabo; dipende dall’orario).

La guerra mi pare lontana lontana. I giornali ne parlano con la stessa compe-tenza con la quale il Corriere potrebbe parlare della guerra tra i clans della Nuova Guinea, e la popolazione ne capisce ancora meno. Ma sono così cari e simpatici, così giovani e ottimisti soprattutto! Io credo che l’America non entrerà in guerra; non si è mossa per la Finlandia, nonostante le profondissime simpatie che quel pa-ese godeva e i molti finlandesi che abitano qui, specie in questo Middle West set-tentrionale37. Tuttavia se proprio l’Inghilterra fosse ridotta a mal partito, potrebbe darsi. Ma l’Inghilterra sembra andare avanti benissimo – lenta niente spettacola-re, ma sicura del fatto suo. Il morale era elevatissimo quando ero là; mancava

so-lamente l’ottimismo, ma non la decisione. Grande nazione, in complesso. La gente incontrata sul piroscafo, una mia collega francese in visita temporanea, Hauser in una bella lettera scrittami poche settimane fa (ha chiesto d’esser riassunto duran-te la guerra all’università di Rennes) mi dipingono lo sduran-tesso quadro per la Fran-cia38. Per la Germania l’articolo di Life qualche mese fa è significativo. Io ricevo re-golarmente la propaganda tedesca39. Intanto la guerra ha provocato un’ecatombe di riviste (niente in confronto all’ecatombe di uomini, certo), l’«English Historical Review» e «Byzantion» hanno sospeso le pubblicazioni ufficialmente40; moltis-sime altre sembrano aver aggiornato sine die. Solo le riviste tedesche italiane e americane vanno avanti. Ma queste ultime han così poco spazio!

Bloch non mi ha più risposto per quell’articolo in cui avrei dovuto pubbli-care il Suo documento del Delli e non credo che alcuna rivista qui abbia abba-stanza spazio (sia detto tra parentesi: né Spec[ulum], né Am[erican] His[torical] Rev[iew] pagano) 41.

Ha avuto più notizie della traduzione della Sua Storia Economica? Se no, vorrei cercare di interessare qualcuno io42. Certo il mercato è reso un po’ più difficile dalla recente pubblicaz[ione] di un manuale di Heaton43; ma il Suo nome è molto stimato, anche in quest’America che sa così poco dell’Europa moderna (sulla medievale è molto meglio informata. Del resto noi sappiamo ancor meno dell’America).

Gaetano mi ha scritto affettuosamente44.

Qui c’è (a New York) P.G. Treves45, già a Londra (il giovane economista) e Giorgio Tagliacozzo46 (com’è? mi ha scritto per venir qui); a Chicago il caro Ros-si47, il fisico (l’ho visto passando di là; si trova benone) a Ann Arbor Piero Foà48

figlio del fascistissimo Carletto49. E altri molti che forse non conosco. Rossi e P. Foà hanno assistantship sul mio genere; una Gisella Levi50, a Minneapolis, ha qualcosa di simile, ma meno.

Caro Professore, come vede ci vuole un soldo per farmi cantare e due per farmi smettere. Spero che questa chiacchierata non Le dia fastidio; a me ha fatto il piacere medesimo delle nostre chiacchierate in Italia, con in meno la parte migliore, quello che mi rispondeva Lei.

Se vede Sapori51 gli dia mie notizie attraverso questa lettera, La prego, e gli dica che la traduzione di Vinogradoff va molto adagio, ma non per colpa mia: non è possibile qui ottenere il libro a casa che dal sabato dopo le 10 serali a lunedì prima delle 8 ½ di mattina! È il solo libro, forse, difficile a ottenere, perché non c’è nella biblioteca universitaria52.

Tanti affettuosi saluti e auguri – mi ricordi ai suoi aff.mo Roberto (alias Bob). I miei mi hanno scritto che Lei e Falco53 avrebbero parlato d’un eventua-le invito all’università di Quito. È così? Io non ne ho saputo nulla fuorché dal cenno dei miei. Quito ha un buon clima e a questi lumi di luna non rifiuterei a priori una prospettiva che potesse offrirmi modo di aiutare la famiglia. Ma c’è qualcosa di concreto?

VII. Luzzatto a Lopez54

Venezia, 16.IV.1940 Carissimo Roberto,

il papà tuo, giorni fa, mi scrisse che le tue ultime lettere lasciavano capire che tu fossi preso da un po’ di nostalgia; e purtroppo le notizia della morte del tuo povero zio55 sarà valsa ad aggravare il rammarico di essere così lontano dai tuoi in un momento così doloroso. Ma tu sei un carattere forte; hai ritrovato subito la passione per il lavoro; sei circondato da buoni amici; sicché sono sicurissimo che a quest’ora hai ritrovato tutta la tua serenità e il tuo entusiasmo per quello che stai facendo (non forse per la preparazione agli esami; che mi ricordano uno dei pochi sogni della mia vita: di aver rifatto per due o tre volte tutti gli esami per la laurea in legge). Ma io poi da qualche giorno dopo aver passato momenti di pessimismo nero, tengo … una speranziella di poterti rivedere (non so se prestissimo) nel bel paese56. E questa speranziella mi incoraggia – oltre ad altre ragioni familiari – a rinunciare all’esodo57, a cui avevo cominciato a pensare tre settimane fa, quando siamo stati esclusi dagli archivi di Stato ed ho temuto che, subito dopo, dovesse seguire (ciò che finora, per fortuna, non si è avverato) an-che la nostra esclusione dalle bibliotean-che58. Questa impossibilità di frequentare gli archivi (che non deve trattenerti dal mandarmi i documenti del viaggio del Delhi, perché troverò sempre qualche buon amico disposto a collazionarli) mi incoraggia ad attuare un’idea, per cui ti chiedo un po’ d’aiuto. Tre settimane fa, per certe ricerche affrettate, che forse non approderanno a nulla, mi sono trat-tenuto due giorni nell’archivio della Comunità di Livorno, e vi ho scoperto una vera miniera, assolutamente vergine. Tu saprai che, in forza del privilegio del 159159, gli anziani della Comunità avevano la giurisdizione, civile e criminale, su tutti gli Ebrei di Livorno anche per cause in cui fossero coinvolti dei non ebrei.

Nell’archivio si conservano tutti gli atti giudiziari dal 1615 al 1808, che riem-piono più di 200 grossissime filze. Sarebbe un lavoro lungo, che richiederebbe almeno 12 mesi di lettura assidua. Ma se fossi sicuro di trovare chi pubblichi il lavoro e possa aiutarmi nella spesa, lo farei volentieri, perché credo che possa venirne fuori un’opera interessante non solo per la storia degli Ebrei, ma per il commercio del Mediterraneo nell’età moderna. L’aiuto tuo dovrebbe consistere in questo: se tu conosci qualcuno dei dirigenti della Jewish Publication Society of America di Philadelphia60, dovresti sentire se sarebbero disposti ad accogliere il mio progetto, e quali condizioni mi farebbero. Se poi da quella parte non fosse possibile, tenterei di scriverne al Gras61; ma bisognerebbe in tal caso che potessi dirgli qualche cosa di più preciso sull’indole e sul contenuto di quei documenti. Sta attento però che io non mi propongo di fare una storia degli Ebrei nella vita commerciale della tua città62. Quindi non crederei che il volume potesse entrare nella Serie delle Jewish Communities. Attendo il tuo articolo di … diritto bi-zantino e il resto. Dammi tue notizie e credimi con vivo affetto tuo G. Luzzatto.

VIII. Luzzatto a Lopez63

Venezia, 1 Dicembre 1945 Carissimo Roberto,

con vivissimo piacere ho letto il tuo letterone64 ed il tuo studio, ottimo, sull’industria della seta a Costantinopoli65. Vedo da quello che la guerra e le necessità nuove che ne sono derivate anche per te, non ti hanno impedito di continuare a lavorare, orientandoti verso un campo nuovo e forse più arduo della storia genovese. Però se il campo è nuovo, mi pare che il tuo interesse sia sempre rivolto di preferenza verso la storia economica. E questo mi fa molto piacere non tanto per amore verso la mia materia quanto per le tue possibilità (o meglio per la tua certezza) di avere subito una cattedra universitaria il giorno che tu decidessi di ritornare in Italia. Le probabilità infatti che si possa creare, a questi lumi di luna, una cattedra di ruolo di storia bizantina, sono pochissime, mentre di cattedre vacanti di storia economica ve ne è già più di una, ed altre ve ne saranno fra uno o due anni (Mondaini66, Barbagallo67). Se io e Sapori contere-mo qualche cosa la prima cattedra che sia messa a concorso sarà certamente per te. Resta soltanto il dubbio se sia consigliabile di lasciare in questi anni l’America per l’Italia. Ma credo che l’obbiettivo della famiglia finirà per prevalere; e poi,

nonostante tutto il pessimismo sulle sorti dell’Europa, io mi ostino a credere che l’Italia, se supera questa prima prova più difficile e se la democrazia tien duro senza commettere troppi errori, finirà per sollevarsi assai meglio di altri Stati. Intanto se tu me ne mandi la traduzione sarò ben lieto di pubblicare subito il tuo