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Roma Est e il quartiere Tor Sapienza

Pratiche di “integrazione” romanì a via Salviati e Roma Est

4.1. Roma Est e il quartiere Tor Sapienza

Come già accennato, il quadrante Est di Roma, nel tempo sede di molti “campi rom”, rappresenta “un territorio che storicamente ha accolto popolazioni marginali: dagli immigrati italiani che, a partire dal dopoguerra, hanno raggiunto la capitale, a popolazioni deprivate che si stanziavano nelle borgate e nei borghetti, costituiti anche da popolazione espulsa dal centro cittadino”381. Secondo dati recenti, insiste attualmente in tale quadrante il 34,2% della popolazione straniera residente nella città (ovvero 128.889 persone su un totale di 377.581 stranieri complessivamente residenti)382. Oltre a rom originari dei territori della ex Jugoslavia e rom rumeni, è

consistente in tale territorio la presenza di persone non rom provenienti in particolare dalla Romania, dall’Albania, dall’Asia (Bangladesh, Pakistan, Cina) e dall’Africa (Marocco, Eritrea, Nigeria, Tunisia)383.

Roma Est è, come già scritto, la porzione della Capitale in cui ancora oggi vi sono, oltre ad un gran numero di centri di accoglienza per profughi e richiedenti asilo384, molti “campi rom” informali, istituzionali/formali e cosiddetti “tollerati”: Gordiani e Salone (istituzionali), Salviati 1 e Salviati 2 (tollerati), sono abitati, secondo i più recenti dati del Comune di Roma, rispettivamente da 240, 607, 127 e 302 persone, per un totale di 1276 individui385. Nell’ambito del quadrante Est, è nello specifico nella zona di Tor Sapienza che si trova il “campo” al quale mi sono direttamente interessata. Attualmente tra i più degradati, la data di nascita di tale quartiere, la cui denominazione deriva da una torre del XII secolo detta “la sapienza nuova” e della quale oggi è presente solo il basamento, risale al 1923. Allora, la costruzione di una stazione ferroviaria conferì a questa zona la forma di borgata. Ancora semi-urbana,

381 A. Vescovi, Il quadrante Est come “territorio etnico” cit., pp. 332-333. 382 Ivi.

383 Ivi.

384 M. G. Battisti, Le migrazioni forzate. I rifugiati nel quadrante Est, in R. Cipollini, F. G. Truglia (a

cura di), La metropoli ineguale cit., pp. 357-402.

385 Cfr. allegato 1 della delibera “Piano di Indirizzo di Roma Capitale per l’inclusione delle

popolazioni Rom, Sinti e Caminanti”, consultabile al seguente link: http://www.agenziaradicale.com/images/DGC10526052017.pdf, p. 7.

essa si sviluppò a partire da un piccolo agglomerato di case costruite dalla Cooperativa Tor Sapienza dell’Agro Romano, di Michele Testa, che del quartiere è per questo considerato il fondatore386.

Negli anni Sessanta, quando vi furono trasferite le più importanti fabbriche della città (tra le quali Peroni, Fiorucci, Litograf), Tor Sapienza cominciò ad attrarre gli immigrati italiani, che in modo copioso vi si stabilirono. Il benessere economico fu una realtà fino alla fine degli anni Settanta, quando le fabbriche iniziarono a ridurre il loro personale, a trasferirsi in altre zone e a chiudere. Tutto ciò provocò l’abbandono della zona da parte degli abitanti, che cominciarono ad insediarsi in aree in cui le opportunità lavorative erano maggiori387.

Inoltre, negli stessi anni, fu costruito a viale Morandi il complesso di edilizia popolare ATER (Aziende Territoriali per l'Edilizia Residenziale), i cui alloggi furono assegnati agli ultimi gruppi di “baraccati” sgomberati proprio tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta. Alla “prima” Tor Sapienza, si aggiunse quindi “Tor Sapienza 2”, denominazione ancora oggi utilizzata dagli abitanti del quartiere storico per riferirsi alla porzione dello stesso in cui sorgono i “palazzoni”388. Divenuta presto territorio della criminalità organizzata, le condizioni di “Tor Sapienza 2” non migliorarono in maniera significativa neppure a seguito delle attività di tipo sociale e culturale intraprese negli anni Novanta proprio al fine di riqualificarla389.

In quello stesso periodo, anche la presenza degli “zingari” aumentò. Essi si aggiunsero agli stranieri non rom, albanesi e rumeni, che abitavano nel quartiere già dagli anni Ottanta, e agli stessi rom che vivevano nell’insediamento informale sito in via della Martora, divenuto poi “tollerato” e successivamente sgomberato (nel 2010, nell’ambito del Piano Nomadi di Alemanno). Ancora negli anni Novanta, furono installati nel quartiere anche i “campi” “Salviati 1” e “Salviati 2”, rispettivamente siti

386 A. Goni Mazzitelli, Tor Sapienza. Le nuove periferie di enclaves etniche e sociali, in Id (a cura di),

Vincere il confine. Tor sapienza, nuove generazioni rom e nuove politiche urbane a Roma nella costruzione della città inclusiva interculturale del futuro, Aracne, Roma, 2015, pp. 58-75.

387 Ivi. 388 Ivi. 389 Ivi.

a via Salviati 70 e a via Salviati 72 e allestiti nel 1995 e nel 1999390 dal sindaco Rutelli.

“Salviati 1” rappresentò il primo insediamento romano munito di servizi centralizzati. Inoltre, poco distante dagli insediamenti di via Salviati, vi è quello di via Salone391. Tor Sapienza ha pure ospitato, per oltre cinque anni, il centro di

accoglienza monoetnico sito in via Amarilli (in prossimità del quartiere La Rustica), sgomberato a ottobre 2016392. Nel quartiere è presente anche il centro di prima

accoglienza A.M.I.C.I. (Accogliere, Mediare, Informare, Curare, Integrare). Destinato ai rifugiati politici, esso è stato aperto presso il Complesso Morandi nel 2011 ed è ancora gestito dalla Croce Rossa Italiana insieme all’Università Cattolica del Sacro Cuore393.

Tra le occupazioni abitative che, vista la grave “emergenza casa” caratterizzante Roma, interessano la zona e più in generale l’intera città394, una delle più note è quella dell’ex fabbrica del marchio Fiorucci, rinominata “Metropoliz_Città meticcia” proprio alla luce delle tante nazionalità che dal 2009 vi abitano: italiani, eritrei, marocchini, peruviani e rom rumeni395. In particolare, come mi spiega Cristian Picucci, socio dell’Associazione Popica Onlus che nell’ambito dell’occupazione svolge varie attività soprattutto dedicate ai minori396, delle 200 persone che vivono al

390 Ivi.

391 Per un approfondimento circa la realtà dell’insediamento di via Salone, cfr. N. Valentino (a cura

di), I ghetti per i rom. Roma, via di Salone 323. Socioanalisi narrativa di un campo rom, Sensibili alle foglie, Roma, 2011.

392 A. G. Mazzitelli, Tor Sapienza. Le nuove periferie di enclaves etniche e sociali cit. 393 Ivi.

394 Per quanto riguarda gli alloggi Ater (Azienda territoriale per l’edilizia residenziale del Comune di

Roma), le occupazioni ammontano a circa 6.000, con una incidenza del 12% sul patrimonio complessivo. Cfr. Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, Relazione sull’attività svolta dalla Commissione, 2016, http://www.labparlamento.it/wp-content/uploads/2018/02/Documento-finale_Inchiesta-periferie.pdf, p. 22.

395 A. G. Mazzitelli, Tor Sapienza. Le nuove periferie di enclaves etniche e sociali cit.

396 In particolare, oltre a laboratori nelle scuole e attività di doposcuola, l’associazione ha fondato la

squadra di calcio Birilli, composta soprattutto da giovani rom. Cfr. anche R. Brambilla, ASD Birilli, a Roma il calcio (e non solo) per l’integrazione, Vita, 15 maggio 2015, http://www.vita.it/it/blog/fuorigioco/2015/05/15/asd-birilli-a-roma-il-calcio-e-non-solo-per-

Metropoliz la metà sono rom rumeni397.

Da questa breve illustrazione della storia e della realtà del quadrante Est e di Tor Sapienza, emerge come i rom siano una presenza radicata in tale territorio. Sembra che gli abitanti del “campo” cosiddetto “Salviati 1” fossero ben tollerati dal quartiere, ma che la situazione cominciò a farsi tesa quando, alcuni anni dopo, fu allestito “Salviati 2”: “A metà degli anni ’90 si crea il campo di Salviati I, nel quartiere ci raccontano che all’inizio l’integrazione è stata pacifica, i bambini frequentavano le scuole del quartiere e gli adulti lavoravano ed interagivano con il territorio. Successivamente con la creazione di Salviati 2, a fine degli anni ’90, iniziano a verificarsi seri problemi di convivenza”398.

Anche il presidente del Comitato di Quartiere me lo spiega: “[…] devo dire che il campo delle casette399 non ha mai dato tutto questo fastidio. Diciamo [che] il furtarello ci può stare. Io non sono d’accordo, ma ci può stare. I problemi sono iniziati con l’ex Casilino 700, quelli che mise Rutelli”400. Dello stesso parere è L., residente a “Salviati 1” sin dalla sua stessa installazione: “Prima dell’arrivo di questi bosniaci andava tutto bene qua, anche con gli italiani andavamo sempre d’accordo, venivano pure qui alle nostre feste tradizionali che facevamo. Adesso che ci stanno questi è tutto finito…”401.

Secondo diversi osservatori privilegiati intervistati, sia rom che non rom, “Salviati 2” rappresenta uno dei “campi” più degradati della città. Questa stessa immagine emerge anche dai gravissimi fatti di cronaca che hanno visto coinvolti alcuni dei suoi residenti402. Nelle pagine che seguono, dopo aver dedicato un paragrafo alle tecniche di ricerca impiegate nello studio di tale insediamento, cercherò di raccontarne la effettiva realtà ed “integrazione”, con specifico riferimento ad un gruppo di rom

397 Come già scritto, Christian Picucci è stato intervistato in qualità di osservatore privilegiato il 12

maggio 2016.

398 A. G. Mazzitelli, Tor Sapienza. Le nuove periferie di enclaves etniche e sociali cit., p.65.

399 Il riferimento è a “Salviati 1”, che è infatti costituito non da containers ma da alloggi di varie

dimensioni, costruiti anch’essi dal Comune e appunto simili a “casette”.

400 Il riferimento è appunto a “Salviati 2”. 401 Intervista effettuata il 10 febbraio 2017.

bosniaci che vi abitano.