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Nel documento Isola di San Giulio e Sacro Monte d'Orta (pagine 69-73)

Nella pagina precedente: la Madonna e San Giuseppe in adorazione davanti al Bambino. Affresco votivo della prima metà del XVI secolo.

Qui sotto a sinistra: la Madonna ai piedi della croce, statua lignea del XVI secolo; a destra San Leonardo, affresco votivo della fine del XV secolo.

Kautzsch e Kluckholn, quest'ultimo autore di un im-portante lavoro su questo specifico argomento, e ancora dal Fastedau, ecc.

Gli scambi tra la Germania e la zona del lago d'Orta sono piuttosto frequenti poiché si trovano sulle grandi linee di comunicazione, facilitati inoltre dagli interessi che gli Ottoni ebbero in questa zona. Como, Milano, San Giulio d'Orta sono collegate con i centri della Ger-mania, soprattutto della zona del Reno, Spira, Magon-za...104 A questo proposito dice Kluckholn «una troupe di scultori italiani ha presieduto alla ornamentazione dei capitelli e di altri lavori di scultura (a Spira) » così come secondo Kautzsch tutta la decorazione della cattedrale si rifà a modelli italiani. Ritroviamo il motivo dei grifi che tengono per il becco la coda dei due draghi e con le zampe tengono il resto del corpo a Spira e a Magonza; ritroviamo lo stesso modo di staccare la figura dal fondo con un tratto unico che le circonda, lo stesso motivo dei racemi a tre fili che escono dalla bocca aperta di un mascherone, lo stesso modo di eseguire le teste di ani-mali i capitelli a foglie di acanto, il modo di trattare le piume e le ali, il volto allungato del centauro: il Kautzsch parla di una stessa scuola per Magonza e per l'isola, e così pure lo Swarznski mette in luce i stretti legami diretti tra San Giulio, Spira e Magonza.105

Oltre al pulpito si conservano nella chiesa, sembre-rebbe alla loro collocazione originale, alcuni interessanti

Nella pagina seguente: stemma ed epigrafe in caratteri gotici in memoria di Pietro Filargo di Candia, originario di Crusinallo, Vescovo di Novara dal 1388 al 1402 ed eletto Papa durante il concilio di Pisa col nome di Alessandro V.

capitelli. Per Rusconi, uno dei primi che nel secolo scorso si interessarono alla basilica, essi sono coevi al pulpito, riconducibili al medesimo stile lombardo «quantunque guasti e ritocchi», mentre il Porter dice che essi sono reimpiegati dalla primitiva costruzione.106

Per Verzone sono opera quanto mai rozza, ma sono tutti contemporanei alla chiesa: «questo fatto è dimo-strato dalle forme stesse di essi, preparati appositamente per le semicolonne della chiesa e quindi lavorati nella sola parte a vista: capitelli di questo genere non possono essere attribuiti ad epoca anteriore al mille».107 La Chiovenda riporta questi capitelli alla primitiva basilica del X secolo e ritiene « che si trovano capitelli dello stesso tipo in quasi tutte le chiese dell'Ossola e dei laghi d'Or-ta, Maggiore e di Como e in quelle della Svizzera, in special modo del Canton Ticino».108 1 capitelli, di fattu-ra senz'altro rozza, tutti di forma cubica, sono decofattu-rati con motivi di foglie piuttosto piatte, tipo lingue, a forte rilievo, a due ordini, come ritroviamo anche in alcune mensole della chiesa di Santa Maria di Trontano, nella Val d'Ossola, o di albero stilizzato senza foglie, simile ad uno della chiesa di Santa Maria di Aurona a Milano, o di volute incise con ricciolo grande e fortemente girato e rosette al centro incise o ancora di foglie trattate con le venature a tipo lisca di pesce incise piuttosto profonda-mente, disposte a due ordini.

L'interno della Collegiata di San Giulio è decorato da affreschi che costituiscono un insieme unitario nella na-vata di sinistra, nelle volte e sui pilastri in cui appare evidente il carattere di decorazione votiva e da tele appese alle pareti o inserite in cornici di stucco che formano con la sagrestia, appositamente adibita, una discreta pinacoteca iniziata fin dal 1525 per volere del Vescovo Giovanni Angelo Arcimboldi che risiedette per lungo tempo nel Palazzo Vescovile dell'isola e nel 1541 iniziò importanti lavori di restauro nella chiesa e di ripristino della vecchia sagrestia.

Dalla testimonianza del Cotta sappiamo che «il coro semicircolare e l'alta cupola o sia il tiburio ottagonale sono posti in azzurro finissimo ornati con le sante im-magini degli apostoli ed evangelisti ed historiati in parte da fatti del santo, ma quelle pitture sono cosi mal concie dal tempo (oltre d'esser antichissime opere d'un pen-nellastro) che veramente destano ribrezzo a chi le

rimi-ra».100 Di questi affreschi che ornavano l'abside e la cupola non rimane nessuna traccia: un documento del 17 ottobre 1725 dell'Archivio Capitolare di Novara af-ferma la necessità di decorare con nuove pitture la chiesa, «deformata per l'antichità », decisione approvata dall'unanimità del Capitolo.110

L'incarico viene affidato a Giovanni Battista Canta-lupi da Miasino,111 pittore pressoché locale, buon fre-schista occupato anche nelle cappelle del Sacro Monte di Orta «buon pittore settecentesco, che godette di una certa fama per la sua bravura tutta tecnica». Accanto a lui troviamo, molto probabilmente, come stuccatore G.A. Manca di Campertogno, suo collaboratore già in altri lavori: coprì le strutture originali romaniche con lesene di stucco sovrapposte ai pilastri di finto marmo rosso sormontate da alti capitelli corinzi, smussò gli an-goli retti con coperture, ruppe lo slancio della navata centrale con una pesante cornice ad angoli smussati che sinuosamente si snoda per tutta la chiesa sopra i matro-nei e continua per tutto il transetto, inserendosi anche nell'abside maggiore, divise il catino absidale in tanti spicchi a finte tarsie marmoree ovali e rettangolari, tutti motivi da lui usati nel Santuario dell'Addolorata,112 e così pure la cupola viene divisa in otto scomparti; alleg-gerì gli arconi di sostegno sia del transetto, sia della navata maggiore con lo stesso motivo di tarsie di finto marmo rosso e verde.

L'opera del Cantalupi si svolge dal catino absidale dove è rappresentata la Trinità, Dio Padre e il Figlio, assisi su nuvole aeree e la colomba in alto in una grande luce nello scomparto di mezzo e ai due lati angeli in mezzo a nuvole, al tiburio scompartito in otto spicchi con un tripudio di angeli musicanti, uno per spicchio con strumenti diversi, mentre nei pennacchi sono raffi-gurati i quattro Evangelisti con i loro simboli. Il motivo degli angeli si ripete anche nelle due volte dei bracci del transetto..Nelle volte della navata maggiore è raffigurata l'ascesa al cielo e la gloria di San Giulio con nuvole azzurre ed accompagnamento di angeli e di figure raffi-guranti la virtù in uno sfondo di cielo.

La rappresentazione è piuttosto convenzionale, legata a soliti schemi barocchi di prospettive aeree, di cieli azzurri che si spalancano, di figure volanti su nuvole rosa, anche se non manca una certa eleganza nei toni

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Nel documento Isola di San Giulio e Sacro Monte d'Orta (pagine 69-73)

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