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Il ruolo del danno non patrimoniale nel sistema degli illeciti endofamiliar

64 CENDON, SEBASTIO, Lei, lui e il danno. La responsabilità civile tra coniugi, cit., 2002, 1279 65 Cass., sez. un., 22 luglio 1999, n. 500

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L’inaugurato filone giurisprudenziale è stato condizionato, come accennato, in maniera decisiva dall’elaborazione dottrinale sviluppatasi nei decenni e dalla nuova interpretazione dell’art. 2059 c.c. accolta dai supremi giudici, alla quale la stessa Corte ha affermato di voler dare continuità.

Com’è noto, a partire dal 2003, la Cassazione, con le famose “sentenze gemelle” 67, ha forzato definitivamente l’argine della tipicità delle ipotesi

dell’art. 2059 c.c. così come previsto dal legislatore del 1942, con il passaggio del danno non patrimoniale da una funzione spiccatamente sanzionatoria a quella, ormai criticamente acclarata, compensativa 68.

L’espediente interpretativo posto in essere dalla Cassazione per “aggirare” il dato testuale dell’art. 2059 c.c. è stato sinteticamente riassunto dalla stessa Corte nei seguenti termini: “il rinvio ai casi in cui la legge consente la riparazione del danno non patrimoniale ben può essere riferito, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, anche alle previsioni della legge fondamentale, atteso che il riconoscimento nella Costituzione di diritti inviolabili inerenti alla persona e non aventi natura economica implicitamente, ma necessariamente, ne esige la tutela ed in tal modo configura un caso determinato dalla legge, al massimo livello, di riparazione del danno non patrimoniale”69.

È venuto meno, in siffatta maniera, la tradizionale coincidenza tra danno non patrimoniale ed il c.d. pretium doloris70 e, dunque, il collegamento tra l’art.

2059 c.c. e l’art. 185 c.p., venendo, al contrario, accordata la risarcibilità delle

67Cass. 31 maggio 2003 nn. 8827 e 8828,

FREZZA G., La prova del danno non patrimoniale: i “paradossi” della dottrina e le “verità” giurisprudenziali, cit. ;

69Cass. 9 novembre 2006 n. 23918

70NAVARRETTA E., Danni non patrimoniali: il dogma infranto e il nuovo diritto vivente, in Foro it., 2003,

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lesioni di tutti quei diritti costituzionalmente garantiti afferenti alla persona in quanto tale sulla base della portata astrattamente universale dell’art. 2 Cost.71

Tale impostazione è stata confermata e ribadita a più riprese, prima dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 233/2003 72, poi dalla Cassazione a

sezioni unite con le sentenze di San Martino del 2008 73 e, da ultimo, con la

sentenza, sempre a sezioni unite, n. 18356 del 2009 74.

“Alla luce dell’assetto delineatosi negli ultimi anni, è risarcibile come danno non patrimoniale ai sensi dell’art. 2059 c.c.: il danno derivante da fatto illecito quando astrattamente configurabile come reato; il danno derivante da una delle fattispecie all’interno della quale la legge prevede espressamente il ristoro del danno non patrimoniale, seppur al di fuori delle ipotesi di reato; la lesione prodottasi al di fuori delle due ipotesi precedenti, a seguito di violazione dei diritti inviolabili della persona e, come tali, oggetto di tutela costituzionale. L’unico presupposto applicativo è rinvenibile nella necessaria sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della struttura dell’illecito civile, che si ricavano dall’art. 2043 c.c.

I più recenti interventi delle sezioni unite 75 hanno, altresì, chiarito,

infine, che non esistono tre autonome figure di danno non patrimoniale (morale soggettivo, biologico, esistenziale) risarcibili separatamente, ma, al contrario, un’unica voce di danno che ex art. 2059 c.c. deve ricomprendere le tre sottocategorie.” 76

71 PETTA C., Infedeltà coniugale e responsabilità civile: la risarcibilità dell’illecito endofamiliare nella recente

giurisprudenza di legittimità, in Diritto di Famiglia e delle Persone, fasc.4, 2012, pg. 1448.

72Corte cost. 11 luglio 2003 n. 233.

73Cass. sez. un. 11 novembre 2008 n. 26972/3/4/5. 74Cass. sez. un. 1 ottobre 2009 n. 18356.

75Cass. sez. un. 11 novembre 2008 n. 26972, cit.; Cass. sez. un. 1 ottobre 2009 n. 18356.

76 PETTA C., Infedeltà coniugale e responsabilità civile: la risarcibilità dell’illecito endofamiliare nella recente

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La dirompente spinta innovatrice sulla risarcibilità del danno non patrimoniale ha prodotto effetti anche sul piano del risarcimento del danno da illecito endofamiliare, che, come detto, è stato pienamente riconosciuto dalla Suprema Corte già nel 2005 con la sentenza n. 9801.

Ad essa è seguita un ulteriore pronuncia di notevole rilevanza ai fini del pieno riconoscimento del danno endofamiliare, la sentenza della Corte di Cassazione del 2011, n. 18853, la quale, pur ponendosi in un rapporto di continuità con la sentenza 9801 del 2005, è andata, senz’altro, ben oltre.

In particolare la Cassazione, pronunciandosi innanzitutto sulla mancanza del presupposto risarcitorio, ossia la pronuncia di addebito (in quanto i coniugi erano addivenuti ad una separazione consensuale), richiama preliminarmente la sentenza n. 9801, condividendone i principi, confermando nuovamente il valore giuridico degli obblighi matrimoniali desumibile dalle nozioni usate dal legislatore quali “dovere”, “obbligo”, “diritto”, nonché l’inderogabilità di questi sancita dall’art. 160 c.c., “cosicché deve ritenersi che l’interesse di ciascun coniuge nei confronti dell’altro alla loro osservanza abbia valenza di diritto soggettivo”77.

“La Suprema Corte ha osservato, altresì, che, se da una parte è vero che lo stesso codice civile ha previsto delle sanzioni tipiche in presenza di una o più violazioni degli obblighi di cui all’art. 143 c.c., quali la sospensione del diritto all’assistenza morale e materiale nel caso di allontanamento dalla residenza familiare senza giusta causa ex art. 146 c.c., l’addebito della separazione, il divorzio ed il relativo assegno con tutte le conseguenze connesse, i suddetti istituti, oltre a poter avere, in alcuni casi, una ben esile rilevanza pratica, hanno natura, funzioni e limiti tali da non poter escludere la possibile concorrenza della tutela risarcitoria.

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Ne consegue, secondo la ricostruzione offerta dai giudici della prima sezione civile, che la violazione dei doveri familiari non trova necessariamente la propria sanzione all’interno dei rimedi tipici, ma, oltre a fondare la domanda di separazione o divorzio, può, qualora ne sussistano i presupposti, integrare gli estremi dell’illecito civile: “la natura, la funzione ed i limiti di ciascuno dei suddetti istituti rendono evidente che essi sono strutturalmente compatibili con la tutela generale dei diritti, tanto più se costituzionalmente garantiti, non escludendo la rilevanza che un determinato comportamento può rivestire ai fini della separazione o della cessazione del vincolo coniugale e delle conseguenti statuizioni di natura patrimoniale la concorrente rilevanza dello stesso comportamento quale fatto generatore di responsabilità aquiliana”78.

È stato, però, correttamente ribadito che la provata violazione di uno dei doveri di cui agli art. 143 non potrà comportare, automaticamente, il risarcimento del danno subìto, dovendosi, invece, analizzare la sussistenza dei presupposti di risarcibilità del danno a contenuto non patrimoniale affermati dalla sentenza n. 26972 della Cassazione emessa nel novembre 2008 a sezioni unite 79.

Considerando, dunque, che la violazione del dovere di fedeltà ha come sanzione tipica l’addebito, risulterebbe, comunque, possibile che sorga una responsabilità risarcitoria ogni qual volta l’infedeltà, al di fuori delle ipotesi di reato, comporti la lesione di un diritto costituzionalmente protetto; sarà ovviamente onere del danneggiato provare il nesso di causalità tra detta violazione ed il danno prodottosi e l’entità dello stesso. La Corte ha precisato, nondimeno, come a detto fine non possa essere considerata come rilevante la mera sofferenza psichica patita dal soggetto, dovendosi necessariamente

78Cass. 15 settembre 2011 n. 18853, cit.

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dimostrare la compromissione di un interesse costituzionalmente protetto. Tale lesione, a seguito della violazione dell’obbligo di fedeltà, può prodursi soltanto in relazione a casi e contesti del tutto particolari, ove si dimostri che la fattispecie ha dato luogo ad una lesione della salute, ovvero ove l’infedeltà per le sue modalità abbia trasmodato in comportamenti che, oltrepassando i limiti dell’offesa di per sé insita nella violazione dell’obbligo in questione, si siano concretizzati in atti specificamente lesivi della dignità della persona, costituente bene costituzionalmente protetto” 80.

La Corte, dunque, ha statuito che la mancanza di una pronuncia di addebito non risulta preclusiva di una separata azione finalizzata ad ottenere il risarcimento del danno e che la violazione dei doveri tra coniugi di cui all’art. 143 c.c. non comporta necessariamente l’attivazione delle sanzioni tipiche previste dal diritto di famiglia, ma, in presenza di una lesione di diritti costituzionalmente protetti, può integrare gli estremi dell’illecito civile e dare luogo al risarcimento del danno a contenuto non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c.

Risulta evidente che la sentenza in esame presenta una notevole portata innovativa: essa rappresenta, infatti, la seconda statuizione da parte della Cassazione circa la risarcibilità del danno da illecito endofamiliare.

È possibile rilevare, a questo punto, che, non essendovi, successivamente al 2005, altra pronuncia di legittimità difforme, la tutela civile ex art. 2043 c.c. o, più correttamente, ex art. 2059 c.c., abbia ormai fatto il proprio ingresso all’interno della famiglia.

80 PETTA C., Infedeltà coniugale e responsabilità civile: la risarcibilità dell’illecito endofamiliare nella recente

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A conferma di ciò, la stessa Cassazione, in pronunce successive 81 a

quella in commento, e sempre in tema di rapporto tra infedeltà coniugale e responsabilità civile, parla di “nuovo orientamento” alla luce del quale “possono, dunque, sicuramente coesistere pronuncia di addebito e risarcimento del danno, considerati i presupposti, i caratteri, le finalità, radicalmente differenti”82.

In particolare, rispetto alla sentenza del 2005, la Corte di Cassazione, mediante la sentenza in esame, è andata ben oltre: mentre nel 2005, infatti, i Giudici della Suprema Corte avevano posto l’esistenza della pronuncia di addebito quale pregiudiziale per poter procedere al possibile riconoscimento di un risarcimento per il danno subito, con l’ultima decisione tale limite è venuto meno.

L’orientamento giurisprudenziale delineato si pone in perfetta armonia con il processo di europeizzazione del diritto di famiglia 83. In quasi tutti gli

altri ordinamenti degli Stati membri, infatti, il principale strumento di tutela a disposizione del coniuge che sia stato vittima di illeciti è, infatti, il risarcimento del danno 84.

Tuttavia, appare opportuno sottolineare sin d’ora che la sentenza n. 18853 del 2011 ha suscitato notevoli perplessità in dottrina, soprattutto relativamente alla natura della responsabilità in caso di violazione dei doveri coniugali, profilo che verrà diffusamente analizzato nel prosieguo del lavoro.

81Cass. 17 gennaio 2012 n. 610; Cass. 1 giugno 2012 n. 8862. 82Cass. 1 giugno 2012 n. 8862.

83PATTI S., Un linguaggio giuridico condiviso per l’Europa, in Introduzione al diritto della famiglia in Europa, a

cura di PATTI e CUBEDDU, Milano, 2008, 3 ss.

84SCHLESINGER P., Diritti e doveri della coppia, in Matrimonio, matrimonii, a cura di D’USSEAUX e

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4. L’obbligo di risarcimento del danno previsto dall’art. 709 ter c.p.c. fra