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Ruolo del Brasile nella Conferenza di Copenaghen

CAPITOLO 4 POLITICHE AMBIENTALI E GLOBAL GOVERNANCE DEL

4.2 Luiz Inácio Lula da Silva: 2003-2010

4.2.1 Ruolo del Brasile nella Conferenza di Copenaghen

Alla Conferenza delle Parti del 2009, la delegazione brasiliana si presentò insieme ad un gruppo di paesi in via di sviluppo, che formarono un unico blocco negoziale chiamato BASIC, dalle inziali dei quattro partecipanti Brasile, Sud Africa, India e Cina, con lo scopo di agire congiuntamente durante le negoziazioni climatiche. Essendo nazioni non ancora pienamente industrializzate, il gruppo BASIC condivideva alcune posizioni con il G-77, ma alla COP15 decise di partecipare come un blocco autonomo, collocandosi al di fuori della tradizionale divisione Nord-Sud tipica dei forum internazionali. A Copenaghen, i Ministri dell’Ambiente dei quattro membri svilupparono una strategia comune, e basandosi sul principio della responsabilità comune ma differenziata ribadirono la loro opinione unanime che la responsabilità storica per

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il livello di emissioni attuali fosse dei paesi sviluppati e che quindi fosse un loro dovere agire per primi per mitigare il riscaldamento globale. La posizione dei BASIC alle negoziazioni si fondava su due obiettivi principali: negoziare un nuovo periodo per il Protocollo di Kyoto dopo il termine della prima fase nel 2012, con nuovi target per gli Annex I ed aumentare i finanziamenti verso i paesi in via di sviluppo per aiutarli nella lotta al cambiamento climatico. Nonostante le quattro nazioni insistettero sull’idea che dovessero essere i paesi sviluppati ad assumersi gli obblighi di riduzione, all’inizio della COP15 esse contribuivano in maniera significativa al tasso di emissioni globali, la Cina con una quota del 24%, l’India del 7%, il Brasile del 4% e il Sud Africa dell’1,5%. Fino ad allora i BASIC si erano sempre rifiutati di assumersi impegni vincolanti a livello internazionale per ridurre le loro emissioni, difendendo il loro diritto allo sviluppo senza che la protezione ambientale fosse di ostacolo, proprio come avevano fatto i paesi industrializzati nel XIX secolo. A partire dal 2007, però, in occasione della Conferenza di Bali, essi cominciarono ad accettare degli impegni generali, dopo che con l’adozione della Bali Roadmap si chiedeva ai paesi Non Annex I di partecipare all’azione climatica secondo le proprie capacità.125

La Conferenza delle Parti di Copenaghen si aprì con grandi aspettative, dato che aveva come obiettivo finale la creazione di un nuovo accordo globale climatico e l’istituzione di nuovi target di riduzione per una fase post-Kyoto che sarebbe iniziata nel 2013. Nonostante il regime climatico non richiedesse esplicitamente ai paesi in via di sviluppo di tagliare le loro emissioni, alla COP15, per la prima volta in assoluto, le nazioni del gruppo BASIC annunciarono pubblicamente di volersi assumere degli obblighi volontari di riduzione a livello nazionale, i quali vennero in seguito riconosciuti come “Nationally Appropriate Mitigation Actions” (NAMAs), in riferimento ad ogni azione intrapresa a livello nazionale da un paese in via di sviluppo per mitigare il riscaldamento globale. In quell’occasione, Brasile, Sud Africa, India e Cina comunicarono alle altre Parti i loro obiettivi volontari, affermando che ogni nazione avrebbe deciso unilateralmente le proprie mete, le modalità per conseguirle e l’arco di tempo in cui le avrebbero raggiunte, e ribadendo che la loro priorità rimaneva lo sviluppo economico. Per quanto riguarda il Brasile nello specifico, il paese promise di ridurre le sue emissioni tra il 36,1% ed il 38.9%, rispetto ai livelli attuali, entro il 2020 e, essendo che la maggior parte della CO2 brasiliana derivava dagli incendi delle foreste, si impegnò a diminuire la deforestazione

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in Amazzonia dell’80%, sempre entro il 2020. A conclusione della Conferenza, il presidente Lula rese questi obiettivi vincolanti a livello nazionale, promulgando alla fine del 2009 la legge n° 12.187, che istituì la “Política Nacional sobre Mudança do Clima”, il cui scopo era rendere lo sviluppo economico e sociale del paese compatibile con la protezione dell’ambiente, promuovendo il taglio delle emissioni tramite l’uso di energie rinnovabili. Inoltre, incoraggiava tutti e tre i livelli del governo, federale, statale e municipale, ad implementare misure di mitigazione ed adattamento al cambiamento climatico.126

In conclusione, alla COP15 di Copenaghen, il Brasile e gli altri membri del gruppo BASIC giocarono un ruolo fondamentale: accettando

volontariamente, come paesi emergenti, di vincolarsi a obblighi di riduzione delle emissioni, riuscirono a mettere pressione ai paesi sviluppati e resero possibile l’elaborazione di un nuovo patto. Durante un suo discorso alla Conferenza, infatti, il presidente brasiliano Lula criticò duramente la

mancanza di azione dei paesi industrializzati e promise che il Brasile si sarebbe impegnato a fornire denaro per finanziare la lotta al riscaldamento globale. Il risultato finale della COP fu l’Accordo di Copenaghen, il quale venne redatto dagli Stati Uniti in collaborazione con Cina, Brasile, India e Sud Africa: esso riconosceva che il cambiamento climatico era una delle più grandi sfide dell’epoca e che gli Stati avevano l’obbligo di agire per mantenere l’innalzamento della temperatura media globale sotto i 2°C. Grazie alla leadership dei BASIC e alla loro decisione di impegnarsi attivamente, cominciò ad attenuarsi l’opposizione dei paesi in via di sviluppo verso la creazione di un nuovo accordo climatico internazionale, che non avrebbe più fatto distinzioni fra Annex I e Non Annex I, ma sarebbe stato “applicabile a tutti”.