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Ruolo Patologico della Proteina Tau

La base della neurodegenerazione Tau-mediata deve ancora essere elucidata. Nelle Taupatie familiari la mutazione del gene MAPT sembra essere il motivo principale alla base dell’aggregazione della proteina Tau, ma nelle forme sporadiche come ad esempio nell’AD il trigger scatenante non è ancora noto. Le Taupatie possono essere classificate in tre gruppi in base all’isoforma di proteina Tau riscontrata negli aggregati: le Taupatie 4R come la degenerazione corticobasale (CBD); le 3R come la malattia di Pick (PiD) e le 3R+4R come l’AD. Generalmente, si suppone che la neurodegenerazione sia dovuta ad una perdita di funzione, neurotossicità e accumulo della proteina Tau (Wang Y e Mandelkow E, 2015).

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È attestata la presenza di più di 80 mutazioni sia nella regione esonica che intronica del gene umano MAPT che sono collegate a diverse Taupatie come ad esempio la CBD e la demenza frontotemporale con parkinsonismo-17 (FTDP-17). Queste mutazioni possono essere classificate come mutazioni missenso, che alterano la sequenza della proteina Tau; e mutazioni che causano splicing alternativo, che cambiano il rapporto delle diverse isoforme della proteina senza esitare nella produzione di Tau mutata (Kouri N et al., 2014; Coppola G et al., 2012). La maggior parte delle mutazioni missenso (ad esempio: G272V, N279K) si trova a livello del microtubule-binding domain, causando una riduzione dell’affinità per i microtubuli e una maggior tendenza all’aggregazione (Barghorn S et al., 2000; Hong M et al., 1998). Un’altra conseguenza della presenza di mutazioni missenso può essere un effetto neurotossico. Ad esempio la mutazione R5H/R5L è fuori dal microtubule-binding domain, ma è in grado di distruggere la capacità di legame della Tau alla p150 del dynactin-complex, cofattore essenziale per il funzionamento della dineina, interferendo in questo modo con il trasporto assonale. La maggior parte di mutazioni splicing si trovano a livello dell’introne 10, favorendo il mantenimento dell’esone 10 portano ad un aumento delle ripetizioni R2, aumentando il rapporto dell’isoforma 4R della Tau rispetto alla 3R. Probabilmente la propensione all’aggregazione è dovuta al fatto che le due isoforme hanno una differente capacità di stabilizzazione dei microtubuli, cosicchè un’aumento della 4R sulla 3R porta ad una maggior capacità di aggregazione (Wang Y e Mandelkow E, 2015).

Data la natura unfolded della proteina, la tendenza all’aggregazione non è intuitiva, nonostante tutto la Tau è causa di molte patologie neurodegenerative, a tal punto che si parla anche di una vera e propria Taupatia età-correlata (PART), nonostante resti dibattito aperto se questa patologia rappresenti semplicemente l’inizio dell’AD, in quanto non è attestato un vero e proprio danneggiamento della componente cognitiva. Come abbiamo discusso in precedenza vi sono due corti esapeptidi che risultano essere fondamentali per l’inizio dell’aggregazione, poiché normalmente questi sono disposti a formare delle regioni cerniera che, qualora venissero meno favorirebbero la tendenza della proteina Tau ad aggregare, innescando la formazione dei foglietti-β del core. Inoltre, la fosforilazione di alcuni siti rende maggiormente incline la proteina all’aggregazione. Proteine Tau iperfosforilate di encefalo con AD mostrano anch’esse in vitro la tendenza a formare aggregati fibrillari, ma non è noto se siano fondamentali o meno altri cofattori per questo

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evento. Al contrario, è noto che la fosforilazione di alcuni siti sia protettiva contro l’aggregazione (Schneider A et al., 1999). In vivo durante l’ibernazione di alcune specie e durante l’ipotermia in anestesia si osserva l’iperfosforilazione AD-like della proteina, ma non l’aggregazione, indicando che quindi l’evento fosforilativo da solo è una condizione non sufficiente ad indurre la formazione dei polimeri fibrosi (Arendt T et al., 2003; Planel E et al., 2007). Al contrario, si è dimostrato in vitro che l’aggregazione può essere indotta anche tramite cofattori polianionici, senza fosforilazione. È perciò possibile che alcuni cofattori inneschino l’aggregazione della Tau nell’AD e che la fosforilazione in qualche modo possa accelerare questo evento, per esempio, limitando l’affinità della Tau ai microtubuli (Goedert M et al., 1996; Wang Y e Mandelkow E, 2012). Alcuni particolari domini della proteina, se esposti, potrebbero essere proni all’aggregazione e predisposti a formare i foglietti-β del core. Il meccanismo alla base dell’evento di aggregazione è di “nucleazione – elongazione”: da polimeri di proteina si staccano semi patologici predisposti ad aggregare, che a loro volta vengono distribuiti ai neuroni sinapticamente collegati (Clavaguera F et al., 2009) (Figura 2).

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Figura 2: meccanismo di trasmissione della Tau patologica. a) in neuroni

in prossimità mediante esocitosi come in 1 e 3 oppure tramite esosomi 2; b) tramite degenerazione dei teminali presinaptici che causa il rilascio di Tau patologica che diffonde con i meccanismi precedentemente citati nei neuroni limitrofi e comincia l’aggregazione; c) nelle regioni a monte non si sa bene quando vengano innescati i meccanismi patologici in quanto la Tau non viene trasportata con meccanismi retrogradi. (modificata da: Wang Y e Mandelkow E, 2016)

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La perdita di funzione della proteina Tau è sempre stata correlata ad aggregazione ed iperfosforilazione. Più nello specifico, l’iperfosforilazione della proteina sui domini ripetuti riduce l’affinità di legame ai microtubuli, che a sua volta può causare disassemblaggio di questi ultimi, portando ad un deficit del trasporto assonale. L’aggregazione invece diminuisci i livelli di Tau solubile funzionante che a sua volta può portare a disassemblaggio dei microtubuli. Inoltre, dato che la proteina Tau è coinvolta in numerose funzioni come ad esempio il trasporto del ferro, la neurogenesi, l’LTD e la protezione del DNA neuronale, la perdita della funzionalità di questa proteina può innescare neurotossicità attraverso alcuni di questi meccanismi (Kimura T et al., 2014). È stato però provato che la formazione dei grovigli neurofibrillari di proteina Tau tipici dell’AD non sono essi stessi la causa di danneggiamento delle sinapsi e dei tipici deficit cognitivi della patologia, ma potrebbero, nel breve termine, costituire un evento protettivo. Infatti, in linee cellulari murine transgeniche (knock-out/wild-type per la proteina Tau umana), è stato provato che la perdita delle sinapsi e i deficit cognitivi sono eventi che avvengono sia prima che in assenza della formazione di aggregati fibrillari di proteina Tau, dimostrando che il danno potrebbe dipendere anche dalla presenza di altre isoforme monomeriche solubili (Santacruz K et al., 2005). Probabilmente la formazione di questi aggregati fibrillari nel breve termine costituisce una protezione cellulare, in quanto, inglobando i monomeri unfolded di proteina Tau, gli aggregati inibiscono la formazione di ROS in risposta alla presenza dei monomeri tossici. Comunque sia, a lungo termine, questi aggregati sequestrano altri componenti cellulari, e alla fine compromettono la funzionalità neuronale, inoltre, l’ingombro sterico può arrivare a compromettere il trasporto assonale, portando alla neurodegenerazione. Resta però ancora molto difficile determinare che tipo di monomeri di proteina Tau causino neurotossicità e soprattutto se siano necessari sia questi che gli aggregati per causare patogenesi. Sembra anche che l’iperfosforilazione dei monomeri di proteina causi una certa tossicità indipendentemente dalla presenza di aggregati neurofibrillari: la pTau monomerica sembra interagire con la proteina scaffold fondamentale nel funzionamento della chinesina, danneggiando quindi il trasporto assonale (Ittner LM et al., 2009). La tossicità può anche essere causata da un accumulo di proteina Tau nel compartimento dendritico. L’accumulo di Tau nei dendriti può fungere da scaffold per il trasporto della

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chinasi FYN nei terminali postsinaptici, che a sua volta fosforila la subunità 2 del recettore NMDA, stabilizzando il legame di quest’ultimo con la proteina 95. Quest’ultima potenzia il segnale glutammatergico che, associato all’accumulo β-amiloide, porta ad elevata tossicità neuronale (Ittner LM et al., 2010).