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Le emissioni chimiche giocano un ruolo fondamentale nel comportamento di ricerca dell’ospite da parte degli insetti parassitoidi (Godfray 1994). Numerosi parassitoidi localizzano i propri ospiti sfruttando le miscele di volatili rilasciate dalle piante danneggiate dai fitofagi (Turlings et al., 1995; De Moraes et al., 1998).

Le piante danneggiate da un insetto fitofago, o anche solo meccanicamente, producono composti chimici volatili diversi per quantità e qualità da quelli prodotti dalle piante indenni. Il tipo di composti emessi sembra essere legato principalmente all’insetto (specie, stadio di sviluppo) e alla pianta (specie, genotipo, età), ma anche agli stress ambientali (Paré e Tumlinson, 1999). Questi composti rappresentano nelle piante un meccanismo di difesa indiretta, in quanto possono attirare predatori e parassitoidi, indurre risposte difensive nelle piante vicine a quelle infestate e prendere parte ai processi che regolano il comportamento degli insetti fitofagi, facilitando o sfavorendo le loro interazioni con le piante. È stato dimostrato, ad esempio, che piante di fagiolo e melo infestate dall’acaro Tetranychus urticae Koch emettono composti volatili che attirano i suoi predatori (Takabayashi e Dicke, 1996), mentre piante di mais e cotone infestate da larve di Lepidotteri rilasciano composti che attirano i parassitoidi (Tumlinson et al., 1993).

La capacità degli insetti entomofagi di percepire i segnali emessi dalle piante, distinguendoli da quelli di sottofondo presenti nell’ambiente, indica che le piante danneggiate dai fitofagi emettono composti chimici che sono distinguibili da quelli emessi in risposta ad altri tipi di danno (ad esempio un semplice danno meccanico), o da quelli rilasciati dalle piante indenni. Infatti, se i parassitoidi localizzassero i propri ospiti affidandosi unicamente alla proprie capacità visive, la ricerca finirebbe spesso per essere vana. A differenza degli insetti impollinatori, che vanno alla ricerca di bersagli (fiori)

facilmente individuabili dal punto di vista visivo, i parassitoidi si sono specializzati nella ricerca di insetti fitofagi piccoli, che spesso sono ben mimetizzati e localizzati solitamente sulla pagina inferiore delle foglie. Gli stimoli visivi, in fase di localizzazione dell’ospite, sembrano, comunque, avere maggiore importanza per i tachinidi che per gli imenotteri (Stireman, 2002). Per la maggior parte degli entomofagi le piante sulle quali si nutrono i fitofagi forniscono importanti informazioni e contribuiscono alla localizzazione delle prede e degli ospiti.

Per esempio, è stato dimostrato che piante di fagiolo (P. lunatus) danneggiate da T. urticae rilasciano una complessa miscela di composti volatili che attira Phytoseiulus persimilis Athias-Henriot, predatore di acari, contribuendo indirettamente alla difesa della pianta (Dicke et al., 1990; Bouwmeester et al., 1999). In studi condotti in tunnel del vento, femmine di Aphidius ervi Haliday (Hymenoptera Braconidae) si dirigono verso piante di Vicia faba L. infestate dal proprio ospite, l’afide Acyrthosiphon pisum (Harris) (Homoptera Aphididae) (Du et al., 1996, 1997; Guerrieri et al., 1993, 1997; Powell et al., 1998). I soli ospiti e le sole piante risultano scarsamente attrattivi, a differenza delle piante infestate o recentemente danneggiate da afidi, suggerendo che l’attività di nutrizione del fitomizo induca nelle piante danneggiate l’emissione di composti volatili che agirebbero da sinomoni (Guerrieri et al., 1996).

Sia McCall et al. (1993) che Steinberg et al. (1993) hanno dimostrato, attraverso una serie di analisi gas-cromatografiche e di prove condotte in tunnel del vento, come i soli odori emessi dai fitofagi siano segnali poco attrattivi e poco abbondanti, a differenza dei composti rilasciati dalle piante danneggiate dai fitofagi, che sono invece più facilmente individuabili nell’ambiente (Vet e Dicke, 1992).

In generale, è già stato ampiamente dimostrato che le sostanze chimiche rilasciate dalle piante in seguito all’attacco di un fitofago, sono importanti richiami per molti imenotteri parassitoidi (Turlings et al., 1990; Potting et al., 1995), ma solo pochi studi riguardano ditteri parassitoidi, per i quali tali meccanismi sono ancora poco noti.

In particolare, tra questi studi si possono citare Roth et al., 1982 che, in prove condotte in campo con gabbie, hanno dimostrato che il tachinide Lixophaga diatraeae (Townsend)

era maggiormente attratto dalle parti della gabbia che contenevano piante di canna da zucchero infestate con larve del baco della canna da zucchero, Diatraea saccharalis (Fabricius). All’interno delle gabbie, i parassitoidi erano in grado di distinguere tra piante infestate e piante non infestate, dimostrando così che l’interazione tra il fitofago e la sua pianta nutrice è un fonte attrattiva per le femmine del tachinide.

A tutt’oggi, solo per il tachinide Cyzenis albicans (Fallén), parassitoide del lepidottero geometride Operophtera brumata L., è stato individuato il borneolo come attrattivo chimico; tale composto era stato isolato da un estratto di foglie della pianta ospite Quercus garryana (Roland et al., 1995).

Mondor & Roland (1997) hanno dimostrato che i tachinidi Leschenaultia exul (Townsend) e Patelloa pachypyga (Aldrich & Webber) sono attirati dalle feci dell’ospite naturale, il lepidottero lasiocampide Malacosoma disstria (Hübner) e dal complesso formato da foglie della pianta ospite e larve dello stesso fitofago nell’atto di nutrirsi.

Exorista japonica Townsend è attirata dal complesso pianta/fitofago, formato dal lepidottero Mythimna separata (Walker) nell’atto di nutrirsi su piante di mais ed è attirata in misura minore da piante danneggiate, da cui erano state rimosse larve e feci del fitofago (Kainoh et al., 1999).

In prove effettuate in olfattometro, femmine di Exorista mella Walker, erano più attratte da composti chimici volatili prodotti da piante nutrici dell’ospite Grammia geneura Strecker danneggiate meccanicamente (senza l’intervento del fitofago), piuttosto che dalla larva stessa (Stireman, 2002).

Infine, in prove effettuate in tunnel del vento, E. japonica è risultata essere più attratta da piante infestate da larve di M. separata, rispetto a piante danneggiate artificialmente e a piante integre (Ichiki, 2008).

Nei paragrafi che seguono, vengono descritte prove eseguite al fine di accertare il ruolo svolto dalla pianta, infestata da Spodoptera littoralis o da Pseudaletia unipuncta, nella fase di localizzazione dell’ospite da parte del tachinide Exorista larvarum. Le prove sono state

eseguite, per S. littoralis, in gabbia posta in cella climatizzata e per P. unipuncta in tunnel del vento.