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Il ruolo della testimonianza nella formazione di abilità epistemiche e

4. La testimonianza in un’ottica sociale

4.1 Il ruolo della testimonianza nella formazione di abilità epistemiche e

Un’indagine sulla genesi della conoscenza non può trascurare nulla di ciò che è ritenuto conoscenza, né di quanto è considerato un progresso di questa. La nostra conoscenza ha un debito nei confronti dei nostri predecessori come dei nostri contemporanei. Grazie ai primi non siamo fermi a uno stadio primitivo – scrive Nicla Vassallo che “ci troveremmo [probabilmente] ancora sull’orlo dell’età della pietra”109 – e se non interagissimo con i secondi non saremmo in grado di sviluppare le conoscenze più sofisticate che contraddistinguono la modernità. Molti esperimenti sembrano confermare che i nostri apparati sensori e le nostre capacità mnemoniche sono vicini a quelle di certe specie animali, mentre il possesso di una lingua, la capacità di creare e trasmettere conoscenza attraverso di essa, e la capacità di possedere e manipolare conoscenza proposizionale sono elementi che ci contraddistinguono dagli altri animali. Lo sviluppo stesso di mezzi

sempre più sofisticati e veloci per divulgare informazioni è esso stesso un effetto e una forma di quella diversità.

Alla testimonianza dobbiamo tutte le nostre conoscenze storiche, tutte le notizie su luoghi, cose e persone che non abbiamo incontrato in prima persona, insomma gran parte di ciò che è considerato cultura, e infine, e di non inferiore importanza, la conoscenza del nostro stesso nome.

Ma le conoscenze acquisite tramite testimonianza sono anche quelle che ci permettono di ampliare il corpo delle nostre conoscenze percettive, grazie alla testimonianza altrui possiamo affinare il nostro stesso sistema percettivo e acquisire più sofisticate capacità discriminatorie. Grazie alla testimonianza accresciamo quindi non solo il corpo delle nostre conoscenze – l’istruzione e l’insegnamento, a qualsiasi livello, sono basati principalmente sulla testimonianza110 – ma la nostra stessa capacità di acquisire nuove conoscenze. Sono in grado di leggere una lastra solo dopo che qualcuno mi ha detto come si legge, imparo a riconoscere diversi tipi di piante o sono capace di riconoscere oggetti al microscopio solo grazie alla testimonianza di un altro, sento la differenza tra diversi intervalli musicali, apprezzo qualità, caratteristiche e significati di cose che da sola non sarei in grado di percepire nella loro interezza e profondità, solo dopo aver fruito della testimonianza d’altri. Tutti questo sono esempi in cui la percezione è registrata finemente grazie alla testimonianza, e in cui un dissenso con altri soggetti porta a rivedere e controllare le proprie credenze percettive.

Casi diversi sono quelli in cui un lavoro di ricerca progredisce solo accettando i risultati di altri ricercatori che prima di noi hanno lavorato nel settore. Diamo per scontati tutta una serie di risultati, per perseguirne altri – per esempio, fino a prova contraria, diamo per scontate le teorie che governano gli strumenti di cui ci serviamo. Assumere come valide queste informazioni ci permette di fare un lavoro rivolto in avanti, di progredire. L’eventuale controllo dei risultati

110 Non a caso il termine ‘testimonianza’ viene usato da Martin Kusch nel senso generale

precedenti, attraverso la ricerca di nuove evidenze percettive o testimoniali, è limitato generalmente a casi in cui sorgano elementi di dubbio: in certi casi è possibile compiere controlli diretti, laddove si disponga degli strumenti e delle competenze necessarie, in altri casi si incaricano altri studiosi di verificare i dati precedentemente acquisiti. Tendiamo, generalmente e ragionevolmente, a ritenere validi i risultati accettati dalla comunità scientifica, che sappiamo come verificare in pochissime circostanze. Tendiamo inoltre, e sempre giustificatamente, a ritenere vera la testimonianza di ricercatori su risultati recenti, risultati che non verifichiamo anche quando da essi dipende il nostro lavoro: come ho detto, ci sono ricerche a cui collaborano fisici teorici, fisici sperimentali, ingegneri, statistici, ecc, che cooperano per un obiettivo comune. L’anello di collisione del CERN111 è stato realizzato grazie al lavoro e al sapere di diversi gruppi di

scienziati provenienti da più di 150 centri di ricerca in 37 Paesi, e i suoi esperimenti sono stati condotti da 2900 scienziati che hanno speso anni anche nelle ricerche necessarie alla realizzazione di quello strumento e che ora spenderanno altrettanto tempo all’analisi dei risultati prodotti grazie a esso e marginalmente all’analisi del suo funzionamento. Un simile gruppo di scienziati fonda le stesse ragioni della propria esistenza sulla “testimonianza”, sull’informazione fornita da altri. Nessuno dei fisici del CERN sarebbe in grado di produrre e controllare da solo tutta la conoscenza generata dal lavoro del gruppo: in nessun modo la conoscenza prodotta da quelle testimonianze avrebbe potuto essere ottenuta percettivamente o riflessivamente da un individuo. Varie parti del lavoro condotto dagli scienziati del Cern compariranno probabilmente in articoli firmati da una moltitudine di coautori, molti dei quali non saranno in grado di capire le parti che non sono di loro specifica competenza. Ciononostante questi articoli costituiranno un pezzo importante di conoscenza scientifica di questo secolo, la quale, fondandosi in gran parte sulla fiducia nella testimonianza altrui e scaturendo principalmente dal dialogo di soggetti cooperanti tra loro, potrà dirsi

111 Il Conseil européen pour la recherche nucléaire, con sede a Ginevra: uno dei

testimonialmente generata. L’immagine mitologica del genio scientifico solitario,

che bene si sposa con la concezione individualista della conoscenza, sembra essere stata superata dalla prassi scientifica contemporanea, da una realtà di lavoro di squadra di esperti con competenze differenziate ciascuno dei quali dà un contributo che è essenziale al raggiungimento dell’obiettivo comune.