13 “El Omiero de Osaín” Il lavaggio degli oggetti religios
14. Il sacrificio animale nell’asiento
Il lavacro degli arnesi non è un atto, finalizzato alla semplice pulizia, e svolto nell’intendimento di realizzare la maggior quantità di lavoro nel minor tempo possibile. È piuttosto uno dei momenti più importanti per guardare a come questo genere di rituale regoli l’attività comune tra chi prende parte ad un procedimento iniziatico. Il lavaggio viene svolto all’interno del cuarto del santo, lo spazio centrale della settimana iniziatica, dove alloggia l’iniziando, ed hanno corso le diverse pratiche.
Si presume che l’iniziando si stia preparando ad una seconda rinascita, all’interno della comunità spirituale. Simbolicamente si sottolinea il “cammino” verso un nuovo percorso religioso, perciò il “nascente” è soggetto ad alcune proibizioni. Per l’intero periodo rituale, gli è vietato uscire dalla stanza, non può accogliere estranei, non gli è permesso di consumare cibo diverso da quello che gli viene appositamente preparato. Gli è possibile andare fuori dalla piccola stanza solo per svolgere le proprie necessità, in quei casi non vi esce solo ma accompagnato dalla yougbona, la figura femminile che lo assiste durante il periodo di permanenza nella casa.
Il concetto di nascita, all’interno della comunità spirituale, ben si accompagna alla figura della yougbona. È un’assistente e si prende cura del novizio. Nelle parole della guida Magalis (2008) interpreta il ruolo di colei che aiuta la madre nel parto, ciò che la madre non può fare per la prole è fatto dalla yougbona. Perciò, vi sono diverse operazioni che vengono delegate alla yougbona. Per pochi metri che deve percorrere l’iniziando viene avvolto il capo con un telo, perché non sia disturbato dalla luce diretta del sole, quindi sorretto ed accompagnato lungo il tragitto. È una scelta che drammatizza la debolezza del “nascente”, probabilmente già adulto anagraficamente ma in via di formazione nella comunità spirituale, nel linguaggio comune egli condivide la condizione che possiede il neonato.
Lavati gli attrezzi segue la parte più vigorosa del rito, che riguarda esclusivamente i sacrifici animali. Ho avuto modo di presenziare a questo procedimento in due occasioni, sia nel 2007 che nel 2008. In tutte e due le circostanze con sorpresa ho notato il coordinamento di chi prendeva parte alle diverse attività. Tra le dieci e le quindici persone sono al lavoro insieme, senza alcuna sovrapposizione o errore. A partire dalle mansioni apparentemente più elementari come la pulizia degli spazi di lavoro tra un sacrificio e l’altro. Ad esempio, che si tratti di animali a quattro zampe (capre, montoni, maiali) o animali di “piuma” (polli, galline, galli o faraone), tutti gli animali uccisi vengono suddivisi per orishá e non per genere. Per ciascun spirito, infatti, prima si sacrificano gli animali a quattro zampe, quatros patas, a seguire da due, dos patas o
animales de plumas. L’ordine non è arbitrario, gli animali a quattro zampe rappresentano
la parte più consistente del “pasto”. Solo dopo aver ucciso tutti i capi di questo tipo che entrano nell’inventario dell’orishá, si passa agli animali di piuma. C’è anche una seconda motivazione che spiega la scelta: l’animale a quattro zampe ha un sangue tendenzialmente “caldo”, quello del pollame, invece, è “freddo”. Perciò, oltre a completare l’offerta, serve a “rinfrescare” l’orishá “accaldato” dalla ricchezza dell’offerta.
Nella pratica del sacrificio c’è anche una spartizione dell’animale. Il sangue va all’orishá, è totalmente versato sugli oggetti posizionati sullo spazio di lavoro. Fluendo sulle superfici vi infonde vitalità, quindi è la parte più importante del “pasto” dello spirito. La carne invece, viene suddivisa tra i partecipanti al lavoro rituale. Quando i
sacrifici del particolare orishá terminano, tutti gli animali ad esso offerti, a prescindere dalla specie, vengono spostati dal curto del santo e macellati. Il taglio degli animali segue i criteri adottati nella macellazione (pulizia degli organi interni, divisione delle parti in ordine alla quantità ed alla qualità della carne). Questa operazione ha lo scopo di preparare la carne degli animali per una successiva ripartizione tra chi ha preso parte alla iniziazione. Tutti i partecipanti al rito, gli attori che hanno prestato servizio, ricevono una certa quantità di carne. La suddivisione tiene conto di alcuni criteri stabiliti in ambito consuetudinario e tradizionale, incide l’”anzianità religiosa”, da quanto tempo l’individuo è iniziato, e il genere delle competenze. Una coscia posteriore dell’animale è valorizzata molto di più della parte anteriore. Quindi il diritto a ricevere una parte piuttosto che un’altra è parte di una contrattazione stabilita in anticipo. All’atto di formare la commissione degli specialisti religiosi, Magalis ha certamente raggiunto un accordo preliminare con i propri aiutanti. Infine, una ulteriore quantità di carne viene conservata nel luogo di lavoro religioso per la gran cena, che si tiene il giorno successivo alla mattanza, il secondo giorno.
A ciascun orishá vengono riservati specifici sacrifici. Vi è un ordine con il quale essi vengono officiati, che tiene in considerazione l’orishá che il novizio riceve.
Si è indicato che il procedimento iniziatico riguarda un intero panteon, ma solo uno si
asienta. L’orishá asientado è quello che chiude l’intero procedimento di lavoro. Per cui
tutti i sacrifici che riguardano l’orishá che il novizio riceve sono tenuti alla fine. Se l’adepto asienta Changó, ad esempio, prima saranno uccisi gli animali di tutti gli orishá del panteon. I sacrifici per Changó sono tenuti alla conclusione del rito. In un rituale di
asiento dedicato a Oyá, che si tenne casa di Berbes Ribeaux M. I., nel 2007, la regola