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Sade e l’Androgino in Stendhal: Lamiel

Il primo passo che collega Lamiel alle eroine di Sade è l’educazione al libertinaggio: il suo “educatore” Sansfin porta con sé dei principi provenienti prima di tutto dalle

Liaisons dangereuses, ma anche dalla lezione di Sade.

In primo luogo il nome di Sansfin, come osservato in precedenza, è discendente diretto del personaggio, o piuttosto, il nome fa il personaggio, iscrivendosi nella categoria nomen est omen. Come la sfuggevolezza di Lamiel trovava la sua rappresentazione semantica nel continuo cangiare del suo, così il nome è per Sansfin il simbolo della sua identità insoluta. Tuttavia c’è anche un altro dettaglio, esso riecheggia neanche in modo troppo lontano quello di Saint-Fond libertino istruttore di Juliette.

Per quanto riguarda Lamiel, invece, le caratteristiche intellettuali supposte per una giovane “futura” libertina ci sono tutte, « Lamiel était fort éveillée, pleine d’esprit et d’imagination»246 e perciò anche per il medico risulta difficile ingannarla. Tuttavia la

forma dialogo e di comunicazione tra adolescente e “maestro”, che si edifica attorno alla metafora dello sradicamento dell’edera, è la medesima che caratterizza i libertini sadiani. Essa si basa su una complicità fondante sul rigetto della legge normativa, se l’interlocutore non è disposto a questo, ossia alla perversione, qualunque forma di persuasione è inutile. Sansfin quindi agisce non tramite la persuasione su Lamiel, ma per mezzo della dissuasione, ossia fornisce a Lamiel la possibilità di considerare ciò che le sta attorno come stupido, frutto di un pregiudizio normativo che le è stato innestato con la sua educazione. Il primo risultato dell’insegnamento di Sansfin è che: « Le premier sentiment de Lamiel à la vue d’une vertu était de la croire un hypocrisie. »247

Ovviamente Saint-Fond e Sansfin non sono lo stesso personaggio: il secondo è lasciato a metà, benestante che aspira al ricco, mezzo uomo mezzo satiro, don Giovanni, ma don Juan bossu, non riesce ad ottenere Lamiel che gli sfugge per perdere la verginità con un povero paesano, un contadino vestito con gli abiti della domenica per compiacere la propria “padrona”. Con questo atto, più che staccarsi

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LA, p. 69.

dagli insegnamenti di Sansfin, Lamiel li porta completamente a termine, fino al suo limite: essa elimina l’erotismo, quello stesso desiderio che Sansfin porta ad un estremo isterico, nervoso per l’incapacità di riuscire ad ottenere ciò che desidera. Entrambi pagano, o si suppone che paghino stando alle lavandaie, per ottenere il piacere sessuale. La scena in cui Lamiel perde la verginità con Jean Berville è il momento in cui avviene una rottura con Sade, dal punto di vista della sua educazione fondata sulla complicità con il libertino a metà che è Sansfin, ma si svela anche come un’altra zona di allaccio al personaggio di Juliette. Se Juliette non è il modello da cui è stata tratta Lamiel, indubbiamente possiede un’eco non troppo lontana nell’eroina stendhaliana. Questo avvenimento perciò è di importanza fondamentale nella struttura del personaggio di Lamiel: esso infatti rimane un punto nevralgico in quanto dovrebbe rappresentare la scoperta dell’amore da parte della ragazza. Tuttavia come risultato si ottiene il « ce n’est que ça? »248 ironico e sarcastico. Il testo in tutto l’avvenimento è profondamente asciutto: l’azione rimane pulita, quasi chirurgica. L’osservatore è costretto ad indugiare all’esterno, come un voyeur appostato ai limiti del bosco. La scena rimane asettica, perché tale è il punto di vista di Lamiel. La distanza tra lei e l’avvenimento è profonda: lo subisce da una parte, ma lo subisce come uno scienziato subisce un esperimento di cui non è sicuro di quale sia il risultato. Prepara la prova: si immagina un’ipotesi che cerca di desumere prima teoricamente (le varie domande che pone al confessore e all’abbé Clément), inizia facendo delle prove (i tentativi di baci), scegliendo l’ambiente giusto (“se promener au bois”) e gli strumenti necessari (il denaro con cui paga Jean). Dopodiché vuole accertarsi che tutto sia andato secondo i termini: si assicura che non ci sia altro da aggiungere e che Jean sia sufficientemente esperto, ossia abbia le credenziali aggiornate per portare a termine il suo lavoro. Soddisfatta della sua attività di conoscenza, rimane stupefatta dallo scarso interesse del risultato. Il testo descrive l’avvenimento in modo rigoroso e tecnico quanto lo è l’interesse di Lamiel: « le texte de la défloration est lui-même défloré, la page est là et à la lecture elle semble neutre, objective, détachée, purement factuelle. »249 La descrizione rimane dura, brutale, come l’azione: un commercio dove Lamiel è la maîtresse sia in senso di padrona e

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LA, p. 153.

che di amante. Essa paga Berville come un operaio per il suo lavoro e questi pensa « d’un air affairé »250 a portarlo a termine nel modo più perito che gli sia possibile. Questa scena, secondo Crouzet unisce il silenzio del testo, in cui pure il narratore tace, al silenzio del desiderio, senza turbamento, cioè atto puro e piatto, sostanzialmente vuoto. Lamiel si posiziona lontana dall’avvenimento che sta accadendo, lo subisce ma è come se lo stesse solo osservando: « elle nous montre dans le sexe l’absence de la sexualité. »251 L’atarassia di Lamiel nei confronti della sua deflorazione lascia intatta la sua innocenza non dal punto di vista morale quanto piuttosto da quello erotico: come Fabrice era apparso un impuissant sentimental così Lamiel rimane all’oscuro dell’erotismo, spogliando l’atto sessuale del piacere erotico fino all’ironia della sua risata finale, nello stesso modo in cui la descrizione scritta rimane priva di qualunque connotazione252. « Lamiel s'assit et le regarda s'en aller. Puis elle éclata de rire en se répétant: “Comment, ce fameux amour, ce n'est que ça!” »253. La sua risata, quasi diabolica, da fille du diable, che deride “questo famoso” amore tanto vietato, che dopo essere stato analizzato tanto “rigorosamente” sembra non possedere nessun valore fatta esclusione del fatto che sia proibito, riporta certamente a Mme de Merteuil, ma anche a Sade.

Nel suo testo Le philosophe scélérat254 Pierre Klossowski individua quella che chiama “l’ascesa dell’apatia” tramite la reiterazione in modo apatico di un atto, la sodomia, per eccellenza perverso. Questa ripetizione permette di restare in uno stato di trasgressione, di mostruosità che sta all’apice del percorso del libertino. Questo stato di “mostruosità” coinvolge la distruzione della “coscienza” tramite il pensiero, ossia il ristabilire « la versione primitive des forces impulsive que la conscience du sujet inversait. »255 Questa è la regione della messa in “hors de soi”, ossia fuori dalla propria stessa coscienza, eliminazione del sensibile, apatia della reiterazione. Distante dall’orgasmo che possiede a questo punto solo un valore funzionale, un tributo pagato

250 LA, p. 153. 251

M. Crouzet, op. cit., p. 301.

252« Acte pur, acte blanc, acte, qui provoque plus de rire que de douleur, et a fait couler plus d’encre

que de sang. Acte imperceptible, qui se réduit à lui-même, à rien, et qui se signale par son vide. » M. Crouzet, op. cit., p. 307.

253 LA, p. 153. 254

P. Klossowski, Le philosophe scélérat in Sade mon prochain, Seuil, Paris, 1967.

alla natura, un surrogato dell’estasi dell’apatia256, si chiama “dureté voluptueuse” ed è completamente di pensiero, non di ordine sensibile: è l’estasi del pensiero nella reiterazione a sangue freddo. L’atto di Lamiel è unico, in un unico momento, non reiterato, ma parte dallo stesso principio: il suo desiderio di conoscenza, basato, grazie a Sansfin, sullo sradicamento dei “pregiudizi” della coscienza, la porta al desiderio di scoprire un atto del quale non è partecipe, in cui è fuori da se stessa e nei confronti del quale è completamente apatica dal punto di vista del desiderio. Il piacere, l’estasi del pensiero in Lamiel risiede tutta nella risata finale che scarnifica il momento di qualunque importanza esso possa avere e la mette in una posizione superiore. L’apatia di Lamiel al contrario del libertino però deriva dall’annullamento preventivo del desiderio, in una sorta di verginità erotica dalla connotazione “scientifica”, di cui rimane succube fino all’arrivo di Valbayre. Se il libertino sadiano si dà al libertinaggio per il piacere, Lamiel compie la stessa azione per disgusto dell’atto fisico e del piacere257: in entrambi i casi si raggiunge l’apatia, estasi opposta all’orgasmo, la realizzazione della mostruosità dell’eliminazione della coscienza. Lamiel infatti si getterà nell’orgia come un’eroina sadiana, con la necessità di spingere le situazioni fino al massimo possibile in cui possano penetrare, ma rimane « évident que le libertinage, ou ce qu'on appelle le plaisir dans ce monde-là et même ailleurs, n'avait aucun charme pour elle. »258 Essa resta apatica nel pieno libertinaggio: si tratta comunque di apatia sadiana in quanto il piacere scivola al di sotto del pensiero e ne diventa un mero allegato, se non viene completamente escluso. La capacità immaginativa di Lamiel e la violenta energia con cui si applica nelle sue azioni, che contraddistinguono il suo lato maschile, la avvicinano direttamente ai libertini:

Sa vie désordonnée se passait à marcher rapidement à un but qu'elle brûlait d'atteindre ou à se délecter dans une orgie. Alors même elle employait son

256 « Dans quelle erreur tu es, mon ange, si tu crois que ma cruauté ne s'allume qu'au feu de mes

passions. Ah! je voudrais, ainsi qu'Hérode, prolonger mes férocités au delà même du tombeau ; je suis barbare jusqu'à la frénésie quand je bande, et cruel de sang-froid quand le foutre a coulé. Il y a mieux, Juliette, poursuivit cet insigne scélérat ; tiens, si tu veux, je vais décharger : nous ne commencerons le supplice de ces garces que quand je n'aurai plus de foutre dans les couilles, et tu verras si je mollirai. » HJ, pp. 416-417 [sottolineatura mia].

257 « Cette fausse libertine qui n’a que les yeux d’audacieux veut connaître l’amour sans le connaître

vraiment. » M. Crouzet, op. cit., p. 312.

imagination brûlante à pousser l'orgie à des excès incroyables et toujours dangereux, car, pour elle, là où il n'y avait pas de danger, il n'y avait pas de plaisir, et c'est ce qui la préserva dans le cours de sa vie non pas des sociétés criminelles, mais des sociétés abjectes: elle effrayait les âmes privées de courage.259

Quello che interessa maggiormente è il fatto che Lamiel in questi suoi eccessi è spinta dalla sua “imagination brûlante”, e raggiunge il piacere laddove il pericolo, il crimine è maggiore. Come fa notare Crouzet infatti, se l’atto della sua deflorazione non aveva acceso nessuna eccitazione erotica, la crudeltà dell’uccisione dell’uccellino da parte di Sansfin aveva risvegliato in lei « toutes “ces émotions si vives” qui bouleversent Lamiel et la conduisent au crime en l’éveillant au plaisir »260. Al pari di Juliette Lamiel si getta nel crimine fino all’apatia261: da questo punto di vista raggiunge uno stato di androginia simile a quello dell’eroina sadiana. L’androginia dei personaggi di Sade si basa in primo luogo sullo scambio delle qualità specifiche dei due sessi in modo tale che il corpo presente rinvia all’altro corpo invece assente, il quale, tramite l’immaginazione che agisce in funzione contraria alla norma, diviene una struttura ideale. Ne consegue che l’assenza di ciò che è immaginato provoca l’eccitazione e il corpo esistente diviene il terreno su cui si agisce, « où l’outrage est infligé »262, in nome di ciò che è assente. In particolare l’androginia sadiana si sviluppa perfettamente nella figura della donna-uomo piuttosto che nel corrispettivo opposto di uomo-donna ed il personaggio che meglio incarna questo tipo di rappresentazione è Juliette.

L’héroïne sadienne énonce la raison. Comme elle [Juliette] ne l’exerce que pour mieux ressaisir le sensible qu’elle est originairement et traditionnellement selon les normes, elle ne le ressaisit qu’autant qu’elle progresse dans l’insensibilité et de la sorte offre le parfait exemple de la morale de l’apathie. Celle-ci est l’une des ressources secrètes de la femme ici instaurée en doctrine: calquée sur la frigidité féminine, elle en est l’application méthodique. […] “normalement” prostituable, “normalement” vicieuse, “normalement” lesbienne et tribade, c’est une fois de plus la raison, soit son “bon sens” qui lui dicte d’être tout ceci de sang-froid; et

259 LA, p. 228.

260 M. Crouzet, op. cit., p. 297.

261 « Je dis mieux, c'est que, par vertu même, tu ne concevras plus le repentir, car tu auras pris

l'habitude de faire mal dès qu'elle se montre ; et pour ne plus faire mal, tu l'empêcheras de paraître. » HJ, p. 581

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