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Saldo Estero-5,3%

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0-10-20

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14 Ember (2021), EU Power Sector 2020.

In positivo è molto importante che nel 2020, seppur considerando il drammatico calo dei consumi energetici dovuto ai lockdown imposti dalla pandemia (4% su base annua, il 13% ad aprile), le fonti di energia rinnovabile in europa hanno generato il 38%

di elettricità, incremento sostanziale in confronto al 2019 (34,6%), superando per la prima volta la produzione da combustibili fossili, i quali sono scesi al 37%.14 In Italia, questo sorpasso non è ancora avvenuto (Figura 15) ma durante la crisi dovuta al lockdown provocato dal Covid-19, - per cui ad aprile 2020 la richiesta di energia è stata del -17,5% rispetto al 2019 - le rinnovabili hanno prodotto più della metà

dell’elettricità che consumavamo senza che ciò abbia creato alcun problema alla tenuta della rete. I consumi di elettricità in europa hanno avuto infatti un calo drammatico nella prima metà dell’anno in cui si è osservato però un incremento notevole della

produzione di rinnovabili che ha superato quella fossile.

N U M e R I D I G R e e N I TA Ly C I R C O L A R I Tà D e L M A D e I N I TA Ly

Figura 15: elettricità generata in Italia

Anno 2011-2020 (% fonte su totale elettricità generata)

Fonte: Terna

Rinnovabili Non rinnovabili

60,0%

70,0%

80,0%

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

50,0%

2011 2016 2017 2018 2019 2020

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I leader europei nella produzione di energie da fonti rinnovabili hanno dimostrato che il cambiamento è possibile qualora ci sia una volontà politica sostenuta, mentre alcuni Paesi continuano a rimanere indietro nonostante eccellenti condizioni

meteorologiche. La Danimarca ha generato il 62% della sua elettricità da eolico e solare nel 2020, quasi il doppio del secondo Paese in classifica, l’Irlanda. La Germania si inserisce in terza posizione, mentre la Spagna ha superato il Portogallo al quarto posto.

Sette Paesi hanno visto a malapena una piccola crescita dal 2015: Portogallo, Romania, Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria e ahimè l’Italia che invece aveva avuto uno degli incrementi migliori dal 2007 al 2013, mentre dal 2015 al 2020 ha registrato una crescita solo del 4% (Figura 16).

N U M e R I D I G R e e N I TA Ly C I R C O L A R I Tà D e L M A D e I N I TA Ly

Figura 16: Andamento generazione energia da solare e eolico Ue-27 Anno 2010-2020 (% energia solare e eolica su produzione di elettricità)

Fonte: ember

0% 5%

Slovacchia Repubblica Ceca

10% 15% 20% 25% 30% 35% 40% 45% 50% 55% 60% 65%

Ungheria Bulgaria Francia Polonia Finlandia Austria Romania

Italia Svezia Paesi Bassi

UE-27

Belgio Portogallo Grecia Spagna Germania Irlanda Danimarca

Anno 2010 Anno 2015 Anno 2020

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Grazie alla diminuzione del carbone, l’elettricità europea è del 29% più pulita rispetto al 2015. L’intensità di carbonio è scesa in Italia da 283 grammi di CO2 per chilowattora nel 2015 a 212 grammi nel 2020, con una media di 226 grammi per l’Ue-27 che ha registrato un calo del 10% solo nel 2020 (Figura 17). Malgrado la produzione di carbone in europa si sia quasi dimezzata, oltre il 40% della sua riduzione è stata compensata da un aumento della produzione di gas e non dalle rinnovabili, rallentando così in parte la riduzione dell›intensità di CO2.

N U M e R I D I G R e e N I TA Ly C I R C O L A R I Tà D e L M A D e I N I TA Ly

Figura 17: Intensità CO

2

– Ue 27

Anno 2015 e 2020* (grammi di CO

2

per kilowattora)

Fonte: ember

Svezia FinlandiaFrancia Austria Slovacchia Danimarca Spagna Belgio Portogallo Romania Italia Ungheria

UE -27

Irlanda Germania Paesi Bassi Bulgaria Repubblica Ceca Grecia Polonia

0100200300400500600700800900

192

125 116 83 90 110 67 103 33 55

318

227

364 349

283 271 317

437 460

514 486 495

739

522 724 883

352 386 301 318

293 218 226

288 212 192 201

190

* in figura la riduzione dell’intensità carbonica (quanto CO2 si emette per unità di prodotto) dal 2015 al 2020 (nu-meri in grassetto)

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Italia, patria degli ostacoli normativi, culturali e sociali

e l’Italia? Il nostro Paese si è fermato, come abbiamo visto anche dal confronto con gli altri Paesi europei. Nel 2007 realizzammo una riforma complessiva del sistema di incentivazione delle rinnovabili che, fino a quando fu smantellata a partire dal 2014, ci consentì di colmare un gap inspiegabile con il resto del mondo: erano installati meno pannelli solari nel grande “Paese del sole” che nella piccola e uggiosa Austria.

Riuscimmo in quegli anni a raggiungere anche qualche record, come per esempio quello del Paese industrializzato con la maggiore percentuale di elettricità da fotovoltaico. Poi, una campagna contro le incentivazioni (che si guardava bene da affrontare i ben più alti, gravosi e dannosi sussidi alle fossili) bloccò quello sviluppo. È bene ricordare che il nostro Paese non ha speso più della Germania per incentivare le rinnovabili e che qualsiasi innovazione tecnologica ha bisogno di un sostegno per potere partire.

Oggi, come si è visto, i costi sono tali che per molte fonti rinnovabili si può persino fare a meno di ogni incentivo, ma tutti gli impianti avrebbero bisogno di una vera rivoluzione nel processo autorizzativo che oggi arriva a durare anche 6 anni per raggiungere un esito non sempre positivo. Il Coordinamento FRee (Fonti Rinnovabili ed efficienza energetica) ha calcolato che nella migliore delle ipotesi a questo ritmo di istallazioni raggiungeremo gli obiettivi che ci siamo dati per il 2030 soltanto nel 2070, con tanti saluti alla decarbonizzazione e alla modernizzazione del sistema energetico.

Ma cosa c’è alla base di queste lentezze e farraginosità? Innanzitutto il (non)

funzionamento generale della macchina amministrativa nel nostro Paese a tutti i livelli, statale, regionale, provinciale (esistono ancora ed entrano in parecchi processi autorizzativi), comunale; così come la fuga dalle responsabilità di funzionari che a loro volta hanno una robusta scusante in un quadro normativo barocco e che lascia troppi margini a scelte soggettive e non sufficientemente automatizzato. È evidente infatti che regole più chiare e che lascino meno spazio a criteri discutibili che ogni

amministrazione può applicare a suo piacimento, diminuirebbero sia i rischi di corruzione (sempre in agguato), sia i tempi delle autorizzazioni; se si sapesse che una determinata area “non è idonea” nessuna impresa presenterebbe un progetto in quel sito, e d’altra parte se gli adempimenti burocratici fossero più semplici e i tempi di risposta fossero davvero perentori e non dilatabili all’infinito, quelle stesse imprese avrebbero più certezze e i costi si ridurrebbero.

Ma non sono solo gli ostacoli normativi quelli da superare, ce ne sono altri di ordine culturale e sociale. Il principale riguarda il rapporto tra paesaggio e rinnovabili.

Su questo bisogna essere chiari: la scelta di uscire dall’ “era fossile” non è negoziabile, ne va della sopravvivenza di quei paesaggi che vogliamo tutelare e anche di quella della nostra specie su questo Pianeta. Se vogliamo decarbonizzare il sistema energetico, dobbiamo fare ogni sforzo per renderlo più efficiente ed evitare ogni spreco, a partire dal rinnovamento del nostro patrimonio edilizio, ma dobbiamo soprattutto sostituire le grandi centrali termoelettriche che bruciano carbone e gas con tanti impianti

N U M e R I D I G R e e N I TA Ly C I R C O L A R I Tà D e L M A D e I N I TA Ly

15 Impianti fotovoltaici compatibili con le coltivazioni agricole.

16 Con la sindrome nimby (not in my back yard) si sintetizzano le opposizioni locali a ogni tipo di impianto a prescindere dalla sua utilità.

rinnovabili. Il rinnovabile (sia esso fotovoltaico, eolico, geotermico o quant’altro di innovativo) è per sua natura più piccolo e diffuso. Quindi al nostro territorio sarà sempre più richiesto di abituarsi alla convivenza con pale eoliche e pannelli fotovoltaici (non solo sui tetti, non bastano). Questo vuol dire rinunciare a un inserimento corretto di questi manufatti nel nostro meraviglioso paesaggio? Certo che no, ma l’alterazione del paesaggio da parte degli impianti non potrà però essere più considerata una

motivazione sufficiente per ricevere pareri negativi sulla loro installazione. e non si può pensare di escludere a priori le aree agricole, sia perché – ahimè – son tante quelle aree a destinazione agricola che non sono più coltivate da anni e possono essere

recuperate (anche di nuovo all’uso agricolo se si vuole) se si punta sul rinnovabile, sia appunto perché ormai iniziano ad esserci esperienze sempre più virtuose di

agrivoltaico.15 Infine, vanno respinte con forza quelle opposizioni nimby16 che dipingono le pale eoliche come ecomostri o i pannelli fotovoltaici come i veri responsabili del consumo di suolo nel nostro Paese. La mobilitazione immotivata contro questi impianti utili è un paradosso in un Paese che ha il record di cementificazione del suolo, che ha spesso abusivamente fatto scempio delle nostre coste, che è disseminato di

capannoni industriali abbandonati e la lista potrebbe continuare. Non c’è alcun motivo per il quale degli impianti non possano armoniosamente inserirsi nei nostri paesaggi, alterandoli certo ma non danneggiandoli.

La sfida della decarbonizzazione riguarda tutti e non possiamo permetterci di non giocarla, anche perché le imprese italiane pronte a coglierla e a offrire opportunità occupazionali importanti ci sono; facciamoli lavorare in un quadro di regole giusto e condiviso.

17 Si tratta in particolare dei dati sugli investimenti in prodotti e tecnologie green desunti da precisa che i suddetti dati sulle previsioni che hanno già investito negli anni precedenti, mentre i dati che saranno successivamente utilizzati sulle imprese che hanno investito nel 2016-2019 e/o programmato di investire nel 2020 (aspetti che hanno riguardato due domande distinte nel questionario di rilevazione) contano le imprese una sola volta.

eco-investimenti e competitività