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Saline di Volterra (Pisa) Stipe di Casa Bianca

La scoperta, nel 1844, di alcuni bronzi etruschi presso la località Casa Bianca, fra Volterra e Saline, attirò l’attenzione di G. Dennis, che ne diede un resoconto piuttosto accurato nella sua opera sulle città e le necropoli d’Etruria.119 Rinvenuta a poca profondità

in un luogo in cui non si erano mai scoperti prima oggetti antichi, la stipe consisteva in una statuetta rappresentante Hermes/Mercurio, due figure femminili, un togato, una colomba con lunga iscrizione, sei serpenti crestati ed un cavallo al galoppo.

Alcuni dei bronzetti appartenenti alla stipe sono stati identificati nelle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Villa Giulia, e fra di essi, grazie alla presenza dell’iscrizione, riportata integralmente dal Dennis, il bel bronzetto di uccello. Riguardo al tipo di volatile rappresentato sussistono numerosi dubbi: mentre il Dennis parla di una colomba, Giglioli,120 osservando che le alte zampe e la coda sono piuttosto adatte ad un

gallinaceo, ritiene inesatta questa identificazione e propende per una starna o una pernice. Con quest’ultima ipotesi concorda anche G. Colonna.121 Nel primo caso, l’animale

andrebbe riferito all’ambito domestico, e in particolare alla sfera femminile collegata al culto di Afrodite,122 mentre nel secondo, trattandosi di animali selvatici, sarebbero da

ricollegare alla caccia e quindi al mondo maschile e aristocratico per eccellenza.123

Qualsiasi sia la possibile identificazione del soggetto rappresentato, si tratta di un votivo che, per le grandi dimensioni, il peso rilevante, dettaglio questo rilevato sia dal Dennis124 che dal Giglioli,125 la qualità artistica, si configura come un donario di grande

prestigio. La presenza stessa dell’iscrizione, fatto estremamente raro nella bronzistica votiva a figura animale, contribuisce ad aumentarne il valore intrinseco. Il testo dell’iscrizione riporta una formula di dedica alla divinità, che menziona anche i nomi del dedicante e della

119 Per la stipe ed il suo ritrovamento, Cateni 1999, pp. 55-56, con bibliografia precedente. 120 Giglioli 1952-1953, p. 50.

121 Santuari d’Etruria 1985, p. 34.

122 Per il rapporto fra Afrodite e la colomba, vd. Bevan 1986, pp. 35-39, con bibliografia.

123 Per il mondo della caccia in Etruria, si veda il lavoro, ancora attuale, di G. Camporeale, Camporeale 1984,

cui si rimanda per la bibliografia precedente, in particolare pp. 128-129 per la caccia a volatili.

124 Citato in Cateni 1999, p. 55: «di metallo solido a giudicarne dal peso straordinario».

125 Giglioli 1952-1953, p. 50; nel descrivere la tecnica utilizzata, la fusione piena, egli aggiunge «e perciò

persona a favore della quale è stata fatta la dedica: «Fel Supri dedicò a vantaggio di Vipinai (quella) di Ulchni, a Cel Tatanu»126. Secondo G. Colonna si tratta dell’offerta fatta da un

uomo, Fel Supri, a vantaggio di una donna, Vipinai, moglie di un Ulchni. Ma, oltre alle informazioni onomastiche, l’iscrizione ci offre il nome della divinità cui era stato dedicato l’oggetto. Si tratta della dea Cel, individuata da G. Colonna e identificata con Ghe, di cui si conosce un santuario presso Castiglione del Lago, sul Trasimeno, dove il nome della divinità è accompagnato da un epiteto derivato da tata, nonna.127 Si tratta di una divinità dai

chiari connotati ctonii e inferi. Alla medesima sfera si ricollegano anche i bronzetti di serpenti crestati rinvenuti nel medesimo contesto, e con tutta probabilità anche il bronzetto di cavallo.

13.1 Volatile (= parte II, cat. I.II.1)

Roma, Museo Archeologico Nazionale di Villa Giulia. Inv. 24472 (già Mus. Kircheriano 5277).

Prima metà del II secolo a.C.

Bibliografia specifica: Giglioli 1952-1953, pp. 50-55, fig. 1; Helbig 1963-1974, III, p. 614, n. 2669; Proietti 1980, p. 169, fig. 217; Santuari d’Etruria 1985, p. 34, n. 1.17.; Cateni 1999, pp. 24-25, figg. 17- 18 e p. 56, n. 4; ThesCRA, I, Dedications, Rom [E. Simon et alii], p. 369, n. 346.

Iscrizione: CIE 53; TLE 398.

14. Vada (Livorno)

Rinvenimento isolato

I registri delle accessioni del Museo Civico e Numismatico di Livorno riportano la notizia dell’ingresso nelle collezioni di due bronzetti zoomorfi, rappresentanti un bovino e un quadrupede non identificato, con generica provenienza da Vada, località del territorio volterrano costiero.

Ricerche condotte nei magazzini del Museo Civico «G. Fattori» di Livorno, che conserva attualmente i materiali archeologici già della collezione Chiellini e successivamente del Museo Civico e Numismatico, non hanno permesso di identificare questi materiali, che

126 Per la dedica vd. da ultimo Maras 2009, pp. 446-447. 127 Colonna 1976-1977; Bentz 1992, pp. 17-19.

potrebbero essere andati dispersi nel corso dei trasferimenti subiti dalla collezione in occasione del secondo conflitto mondiale.128

15. Bibbona (Pisa) *

Stipe di Bibbona

Nel 1868 F. Gamurrini acquistò per il Museo Archeologico di Firenze un complesso di 52 bronzetti etruschi provenienti da Bibbona, fra i quali vi erano idoletti, guerrieri ed animali.129 Il complesso non aveva in sé un elevato pregio artistico, eccettuato

un capro in bronzo di notevoli dimensioni e di eccezionale qualità, ed il Gamurrini si era risolto ad acquistare tutto il lotto di materiali perché il venditore non era disposto a smembrarlo, ma l’unico pezzo che gli era sembrato degno di interesse (e l’unico che in effetti non perse mai la sua provenienza) era in effetti il capro.130 Si tratta di un oggetto di

notevoli dimensioni e peso considerevole, con tutta probabilità originariamente applicato come decorazione a un arredo bronzeo, per quanto G. Camporeale lo consideri un oggetto votivo a sé stante, il cui collegamento con il mondo selvatico connoterebbe il culto cui la stipe era connessa come legato alle divinità protettrici della caccia.131 Il bronzo non trova

confronti nella bronzistica a destinazione specificamente votiva, e pare inserirsi meglio nell’ambito della grande bronzistica decorativa.132 Non è tuttavia da escludere a priori un

suo riutilizzo in ambito sacro in virtù della sua iconografia e dei significati ad essa connessi.

15.1 Capro *

Firenze, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 70792.

Altezza 22 cm; lunghezza 26 cm.

Manca la parte finale della zampa anteriore sinistra. Superficie lucida.

128 Per la collezione Chiellini, la formazione del Museo Civico e Numismatico di Livorno e le vicende

attraversate successivamente dall’istituzione si rimanda ai contributi raccolti nel catalogo della mostra Alle origini di Livorno 2009, in particolare pp. 95-104, cui si rimanda anche per la bibliografia precedente.

129 Santuari d’Etruria 1985, p. 161-162 [A. Romualdi]; Romualdi 1989-1990, p. 647, n. 21.7.a.; Romualdi 1990. 130 Romualdi 1990.

131 Camporeale 1984, p. 188. 132 Romualdi 1990, pp. 147-151.

Fusione piena. Peso 1480 g.

L’animale è rappresentato in atto di saltare: le zampe posteriori sono piegate e unite, delle anteriori, anch’esse piegate, la destra è sollevata. Le zampe posteriori appaiono piuttosto stilizzate, sia nella resa dei dettagli anatomici che del movimento, mentre quelle anteriori sono ben modellate. La corta coda appuntita è piegata verso l’alto. Gli zoccoli sono modellati plasticamente. L’organo sessuale è messo in evidenza. Il corpo, dalle proporzioni allungate, è ben modellato, così come il collo. Il muso è rivolto indietro e verso l’alto sul lato sinistro e presenta numerosi dettagli resi con grande attenzione descrittiva: la bocca è aperta, gli occhi sono resi ad incisione con un punto centrale, la barba è modellata plasticamente e rifinita con una serie di incisioni verticali, le narici sono incise, le sopracciglia, oltre ad essere modellate, sono rese con due fitte serie di tratti incisi. Le lunghe corna appuntite e ricurve sono rivolte indietro e presentano incisioni parallele ed ondulate nella parte iniziale; al di sotto di esse sono presenti i sottili orecchi tesi ed abbassati indietro.

510-500 a.C.

Bibliografia specifica: Milani 1912, p. 139; Richter 1930, pl. XL; Minto 1931, p. 52; Giglioli 1935, p. 224; Pallottino – Jucker 1955, p. 72; Santuari d’Etruria 1985, p. 161, n. 9.1.; Romualdi 1990, pp. 147- 151, tav. 18; ThesCRA, I, Dedications, Rom [E. Simon et alii], p. 369, n. 349.

16. Populonia (Livorno)

Luogo di culto in località Poggio della Porcareccia

Durante l’esplorazione, da parte della Soprintendenza alle Antichità d’Etruria, di una fossa rettangolare rivestita di blocchi di panchina arenaria, scoperta casualmente nel 1923, si rinvennero, oltre a frammenti di ceramica grossolana, un thymiaterion in bronzo con iscrizione, un bronzetto a figura femminile e un bronzetto, di grandi dimensioni, rappresentante un bovino, insieme ad altri frammenti di metallo.133 La figura femminile che

faceva parte di questo contesto è avvicinabile alla produzione ellenistica dell’Etruria settentrionale interna, pur in assenza di confronti specifici;134 alla stessa epoca si datano

l’iscrizione sullo stelo del candelabro, e con tutta verosimiglianza anche il bronzetto zoomorfo.

133 Sul ritrovamento Minto 1924, p. 19; Minto 1925; Minto 1943, p. 235; Fedeli 1983, pp. 136-137; A.

Romualdi, in Santuari d’Etruria 1985, p. 185; Maggiani 1992, pp. 180-181; Zifferero 2005, pp. 404-406.

Sulla base dei dati disponibili non appare possibile avanzare ipotesi sulla natura del culto attestato dal deposito archeologico del Poggio della Porcareccia. L’attribuzione del culto a Śuri da parte di A. Minto sulla base dell’iscrizione sul fusto del thymiaterion in bronzo, letta siurineś, non appare sostenibile dopo la recente correzione dell’iscrizione da parte di A. Maggiani in nurineś.135

16.1 Bovino (= parte II, cat. A.XXVII.1)

Firenze, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 93135.

IV-III secolo a.C.

Bibliografia specifica: Minto 1925, pp. 346-347, fig. 1; Reinach 1929, p. 293, n. 3.

17. Massa Marittima (Grosseto)

Stipe votiva (?) in località Poggio Castiglione

La documentazione d’archivio consente di recuperare la provenienza da Poggio Castiglione, presso Massa Marittima, di un piccolo nucleo di bronzi attualmente conservati nel Museo Archeologico di Firenze.136

I materiali confluirono, subito dopo il ritrovamento, nelle raccolte della Galleria degli Uffizi, dove furono esposti da L. Lanzi secondo un criterio tipologico che non teneva conto della provenienza degli oggetti. Oltre ad un gruppo di dodici bronzetti votivi a figura umana, animale e anatomici, ascrivibili alla produzione di epoca arcaica dell’Etruria settentrionale, il ritrovamento del 1783 comprendeva utensili, asce, punte di lancia, spiedi e spilloni, appartenenti a tipologie dell’età del Ferro. Nonostante la scarsità di dati a disposizione, si tratta con tutta evidenza di due diversi contesti, uno pertinente ad un ripostiglio o ad un riparo sotto roccia di epoca protostorica, l’altro ad una stipe votiva, di cui non è possibile precisare la natura, né proporre ipotesi circa la o le divinità titolari del culto.

135 Maggiani 1992, p. 181.

136 Sul ritrovamento, vd. Bettini 1997, p. 2, e ora Bocci Pacini, Marzi 2009, in particolare pp. 132-137;

17.1 Bovino (= parte II, cat. A.XVI.1)

Firenze, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 506.

Fine del VI - inizio del V secolo a.C.

Bibliografia specifica: Bocci Pacini, Marzi 2009, p. 133, n. 4a, fig. 8.

17.2 Bovino (= parte II, cat. A.XIV.1)

Firenze, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 508.

VI secolo a.C.

Bibliografia specifica: Bocci Pacini, Marzi 2009, p. 133, n. 4b, fig. 9.

17.3 Bovino (= parte II, p. 00, cat. A.XVIII.2)

Firenze, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 512.

Fine del VI - inizio del V secolo a.C.

Bibliografia specifica: Bocci Pacini, Marzi 2009, p. 133, n. 4c, fig. 10.

18. Buonconvento (Siena)

Rinvenimento isolato in località Ponte alle Palle

Dati di archivio riportano genericamente la notizia del rinvenimento di una statuetta di cerbiatto in bronzo in località Ponte alle Palle presso Buonconvento, senza fornire ulteriori indicazioni riguardo al contesto di rinvenimento e ad eventuali altri materiali ad esso associati. Confluito nelle collezioni del Museo Piccolomini a Siena, il bronzetto risulta attualmente irreperibile.137 La scarsità dei dati a disposizione non consente di precisare se il

bronzetto fosse un oggetto votivo a se stante, oppure se si trattasse di un bronzo decorativo applicato ad un arredo bronzeo, tuttavia la rarità del motivo iconografico nella bronzistica votiva etrusca,138 e la sua diffusione nella bronzistica decorativa, ad esempio

come presa di coperchio di ciste o altri contenitori, rende più plausibile la seconda ipotesi.

137 Romualdi 1989-1990, p. 643, n. 17.3 (con bibliografia precedente).

19. Cortona (Siena)