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SAN MARZANO SUL SARNO

Comune di San Marzano sul Sarno, provincia di Salerno, Soprinten-denza per i Beni Archeologici delle province di Salerno, Avellino e Benevento, Salerno. IGM 1:25.000, F. 185 III NE.

A. FONTI LETTERARIE, EPIGRAFICHE E NUMISMATICHE foNTileTTerarie

Mancano fonti letterarie riferibili al sito.

Sul fiume Sarno, che scorre nelle vicinanze del sito, e sulla popolazione dei Sarrasti (fonti e problemi) v. sarNo.

foNTiepiGraficheeNumismaTiche

Mancano fonti epigrafiche e numismatiche riferibili al sito.

B. STORIA DELLA RICERCA ARCHEOLOGICA

I primi rinvenimenti archeologici nella Valle del Sarno, e nello specifico a S.M. sul S., risalgono all’inizio del Novecento.

La presenza di necropoli protostoriche nel territorio del comune fu segnalata inizialmente dal Patroni che aveva visto, nella casa del sindaco Marco Pisani, il corredo di una tomba ad inumazione (Patroni C 1901); tale rinvenimento, avvenuto durante la realizzazione di un pozzo, non era isolato dal momento che, come ricorda lo stesso Patroni, «nel fondo Padula di S.

Marzano sul Sarno, esiste una vera necropoli arcaica campana, che si estende senza dubbio in altri fondi limitrofi» (Patroni C 1901). La casa del sindaco fu, poco più tardi, utilizzata come momentaneo deposito dei materiali che si rinvennero negli scavi condotti nel 1903 tra S.M. sul S. e San Valentino Torio (v.), sotto la direzione del prof. E. Pais e dell’ispettore dott. I. Dall’Osso (Pais c 1908). Tutti gli oggetti, come si deduce dagli appunti di De Blasi pubblicati da Pais (C 1908) in appendice al suo articolo, furono portati al Museo Archeo-logico di Napoli dove, benché originariamente distinti per singoli corredi, andarono successivamente confusi (Buchner C 1950).

In quello stesso periodo, lungo la strada provinciale che da S.M. sul S.

conduce a San Valentino Torio, in località Zeccagnoli, in prossimità del fiu-micello San Mauro, diversi saggi di scavo portarono alla luce pali fossilizzati di quercia che Pais e Dall’Osso ritennero pertinenti ad un abitato preistorico (Pigorini C 19033; Pais C 1908; C 1910; C 1922). La notizia dell’abitato tuttavia non fu ritenuta credibile dal Patroni che, recatosi sul posto con il von Duhn, ritenne di attribuire i resti ad un antico querceto abbattuto (Patroni C 1901;

Pigorini C 19033-4; Patroni C 1909). La relazione dell’ispettore Dall’Osso con la descrizione del rinvenimento, benché inviata alla redazione di Notizie Scavi, non fu mai pubblicata (Pigorini C 19031; Pais C 1910) e, dopo diverse vicende, andò smarrita (Maggi C 1991; Guzzo C 20031-2). La scoperta e la relativa pole-mica interessò anche i quotidiani e le riviste locali e nazionali che riportarono

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la notizia della scoperta di una Pompei preistorica (alcuni riferimenti ai gior-nali sono citati in Pais (C 1908), altri in Romito (C 1995; C 2005); si veda in particolare la Tribuna Illustrata del 19 maggio 1903 con alcune fotografie dello scavo e dei reperti). In questi ultimi anni si è ritornati a considerare questo antico e discusso rinvenimento in occasione delle recenti scoperte in località Longola di Poggiomarino (Albore Livadie-Cicirelli C 2003; Cicirelli C 2003), distante ca. 2 km a NO dalla località Zeccagnoli. Gli scavi di Poggiomarino hanno infatti consentito di mettere in luce un abitato costituito da capanne absidate o con doppio abside e da altri apprestamenti realizzati su ‘isolotti’

naturali o artificiali, rinforzati da tronchi, separati fra loro da canali. Il tipo di rinvenimento presenta evidenti punti in comune con quanto messo in luce all’inizio del XX secolo confermando, a distanza di un secolo, le ipotesi for-mulate da Pais e Dall’Osso, ma duramente respinte da Patroni prima e da Pigorini successivamente (Albore Livadie-Cicirelli C 2003; Cicirelli C 2003;

Guzzo C 20032); non esistono indizi, invece, per pensare ad una funzione di argine del fiume Sarno come ipotizzato da M. de’ Spagnolis (C 2001).

Dopo questi primi anni di rinvenimenti, che interessarono anche altri siti della Valle del Sarno (cf. saN ValeNTiNo Torio, sTriaNo), la ricerca non ebbe modo di proseguire; negli anni successivi dal territorio sarnese confluirono al Museo Archeologico Nazionale di Napoli solo oggetti privi di precisi riferi-menti topografici.

Nel corso delle ricerche del 1903, lungo la strada che conduce a Pog-giomarino, in località Infermeria (proprietà Pisani), tutt’intorno alla chiesa abbandonata di San Marziano, vennero messi in luce un forno, un ambiente circolare ed altre strutture (Pais c 1908) forse parte di un piccolo complesso termale privato annesso ad una villa romana. Non conosciamo la cronologia del complesso di cui fu effettuato anche un rilievo topografico dall’ingegnere De Angelis. Un’altra villa è stata individuata, più di recente, all’inizio della via che conduce a Pagani (Varone c 1984; cf. anche Gastaldi C 1979; de’ Spa-gnolis Conticelli C 2000).

Scavi regolari sono stati condotti a partire dal 1950 (Sestieri c 1949;

Mustilli c 1962). In quell’anno, in località Caporal Vitale, si rinvennero due tombe a fossa con corredi costituiti da ceramica ad impasto, vasi di bucchero, ceramica di tradizione protocorinzia e fibule. Le tombe erano coperte da diversi strati di cenere e lapilli, l’ultimo dei quali riferibile all’eruzione del 79 d.C. I resti dell’abitato romano, del quale il Mustilli (C 1962) denunciava la mancanza di una documentazione adeguata, si impostavano sullo stato di cenere del 79 d.C. A questo ‘abitato’ potrebbe essere pertinente il lembo di necropoli del I-II sec. d.C., con sepolture sistemate all’interno di un recinto funerario, scavato dalla Soprintendenza Archeologica di Salerno nel 1988, non lontano dalla proprietà Pisani, in un’area già nota da sepolture del VII e VI sec. a.C. (Tocco C 1990).

Negli anni 1968-’69 alcuni lavori edilizi nell’abitato moderno offrirono alla Soprintendenza l’opportunità di esplorare sistematicamente altre aree di necropoli. Al margine O di via Piave, nelle proprietà Tufano, Ambrosio e Viscardi, furono condotte due campagne di scavo che misero in luce tombe della necropoli databili tra la prima età del Ferro e l’età arcaica. Lo scavo interessò due aree distinte in cui furono individuate complessivamente 55 sepolture di cui 38 riferibili alla prima età del Ferro, 15 all’Orientalizzante e 2 al VI sec. a.C. (d’Agostino c 1970). Le campagne di scavo proseguirono fino al

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1971 e poi ancora nel 1974 e nel 1976 sotto la direzione di Bruno d’Agostino;

al termine di questa prima fase di indagini furono messe in luce 172 sepolture (d’Agostino C 1976; Gastaldi c 1979).

Lo studio della necropoli e dei corredi consentì di recuperare infor-mazioni importanti per la comprensione della cultura delle tombe a fossa in Campania e per tentare, al contempo, una ricostruzione dell’ambiente socioeconomico della Valle del Sarno nell’età del Ferro (d’Agostino C 1970;

C 1974; C 1975; C 19821).

La documentazione della necropoli si è poi ulteriormente arricchita con il rinvenimento di altre sepolture (Rota C 19821; Iannelli C 1988; de’ Spagnolis C 2001) che hanno anche consentito di ampliare il numero dei corredi più recenti inquadrabili tra la fine del VII e il VI sec. a.C., periodo al quale si rife-riscono anche i materiali delle sepolture segnalate dal Patroni (C 1901).

L’integrità di gran parte delle tombe scavate era stata tuttavia compro-messa sia dai lavori agricoli sia dalla falda freatica. Significativa la variazione dell’orientamento dei defunti, disposti in senso E-O nella prima età del Ferro e S-N nell’Orientalizzante antico. Alcune tombe di quest’ultimo periodo non presentavano oggetti di corredo. Le sepolture erano tutte a fossa tranne una ad ampio pozzo circolare che conteneva un enorme ziro.

Le caratteristiche delle sepolture della prima età del Ferro (dimensioni, quantità del vasellame ceramico, delle armi e delle fibule in bronzo relative alla fase pre-ellenica: metà IX-metà VIII sec. a.C.) lasciano intravedere diffe-renziazioni sociali e, in particolare, l’esistenza di gruppi emergenti che deri-vavano la propria ricchezza dall’agricoltura; questo, infatti, è quanto sembra suggerire la presenza del grande vaso per liquidi o derrate collocato gene-ralmente nell’angolo della fossa delle tombe più ricche. A S.M. sul S., come a San Valentino Torio (v.), nel periodo più antico le tombe maschili non resti-tuiscono vasellame di produzione greca, relegata ai corredi femminili o di bambino; tuttavia la presenza di vasi di tipo greco con semplice decorazione lineare, rappresenta il segno evidente dell’adesione di queste società ad un mondo culturalmente ed economicamente più articolato; è questo il risultato di un contatto che di lì a poco avrebbe determinato la crisi di comunità fino ad allora contraddistinte per compattezza e staticità.

La situazione muta infatti a partire dalla metà dell’VIII sec. a.C. quando, con la fondazione euboica di Pithecusa, le popolazioni indigene della Cam-pania, ed in particolare quelle della Valle del Sarno, entrano in rapporto con il mondo culturale greco. A partire da questo momento la grandezza delle tombe della Valle del Sarno non è più in diretto rapporto con la ricchezza del corredo che ora presenta un maggior numero di vasi e di oggetti di orna-mento importati. In questa nuova fase il repertorio ceramico cambia sotto l’ispirazione delle forme vascolari greche; compare la ceramica corinzia di tipo tardogeometrico e quella della fase iniziale del Protocorinzio antico (d’Agostino C 1970; C 1979). Il repertorio delle fibule si arricchisce con esem-plari rivestiti in ambra, se pure già presenti sin dall’Orientalizzante iniziale, mentre diventano frequenti gli oggetti di ornamento di importazione come le figurine in fayence (d’Agostino C 1970; C 1972; C 1974).

La funzione guerriera passa in secondo piano; la diversificazione sociale è, infatti, d’ora in poi basata sulla ricchezza; alla qualità si sostituisce la quan-tità con ostentata monotonia (d’Agostino C 1976; Gastaldi C 1982). Partico-larmente significativa la trasformazione che si riscontra nell’identità sociale

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della figura femminile desumibile dalla presenza nei corredi di oggetti che da un lato rinviano al mondo del lavoro domestico (fusaiole, rocchetti, pesi da telaio), dall’altra all’ambito rituale (ascia di bronzo); non meno significativo per comprendere il prestigio sociale ricoperto dalla donna nella comunità è la veste funebre (fibule, anelli con catenelle di anellini in bronzo o di fili di vaghi in ambra) che nel corso del tempo diventerà meno ricca di elementi ma, allo stesso tempo, più elaborata.

La presenza di tombe di rannicchiati, privi di corredo, secondo un rituale del tutto estraneo alla cultura delle tombe a fossa, nonché il rinvenimento di materiale proveniente dalla Daunia in altri siti della Valle del Sarno (cf. saN ValeNTiNo Torio) ha fatto avanzare l’ipotesi che questi inumati costituissero la manodopera servile delle comunità che abitavano lungo il fiume Sarno (Colonna C 1991; Gastaldi C 1994).

Tra le tombe dell’Orientalizzante antico alcune si distinguono per la struttura complessa costituita da una sorta di ‘canale’ circolare che delimita le fosse, secondo una consuetudine attestata non solo in altre necropoli della valle del Sarno (cf. saN ValeNTiNo Torio), di cui integrano e completano l’evi-denza, ma anche, per certi aspetti, nel mondo etrusco-laziale (Colonna C 1991; Gastaldi C 1994). Tra questo tipo di tombe spicca la 232, riferibile ad un guerriero che aveva con sé una ricca parure di armi; foderata di ciottoli e con ampio ‘canale’, questa sepoltura evidenzia l’emergere, all’interno del gruppo di adulti maschi armati, di figure di rango elevato legate alla funzione guer-riera (Gastaldi C 1982; Cerchiai C 1995). Il tipo di sepolture a ‘canale’ diventa frequente solo nell’età Orientalizzante (Gastaldi C 1979; C 1982). Accanto alle sepolture di tipo complesso si dispongono, distribuite in un ampio spazio e senza una particolare articolazione che suggerisca l’appartenenza a gruppi specifici, le numerose altre sepolture a semplice fossa (Gastaldi C 1994). La scarsa densità delle tombe, che non trova riscontro in sepolcreti coevi di facies villanoviana (cf. ad es. poNTecaGNaNo), e la presenza di altre sepolture dell’età del Ferro nella Valle del Sarno consente di ipotizzare l’esistenza di insedia-menti di modeste dimensioni organizzati in nuclei sparsi secondo un sistema di abitare di tipo ‘paganico’ (d’Agostino C 1970).

La documentazione delle necropoli si arresta alla prima metà del VI sec.

a.C. o poco più tardi; il villaggio agricolo viene probabilmente abbandonato, come altri di questo territorio, a vantaggio di nuove concentrazioni insedia-tive a carattere urbano come Nola, Nocera e Pompei (Cerchiai c 1995).

Molto labili, come abbiamo visto, le tracce di frequentazione del territo-rio nelle epoche successive; la documentazione di epoca romana è limitata a qualche lembo di necropoli dell’età imperiale del I sec. d.C. (anche successivi all’eruzione di età flavia) e, come già accennato, a ville rustiche. Sono stati anche messi in luce numerosi solchi di coltivazione ricoperti da uno spesso strato di lapilli dell’eruzione del 79 d.C. (de’ Spagnolis Conticelli C 2000).

Altre 7 sepolture databili tra la prima età del Ferro e l’Orientalizzante sono state messe in luce più di recente nella proprietà Schiavone dalla Soprin-tendenza Archeologica sotto la direzione della dott.ssa Laura Rota (Tocco C 2005).

I materiali rinvenuti a S.M. sul S., come in altri centri del territorio (cf.

anche saN ValeNTiNo Torio), sono esposti in alcuni musei della Campania (Museo Archeologico Nazionale di Napoli e Museo Provinciale di Nocera Inferiore). Parte dei corredi è stata a lungo esposta al Museo Comunale

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stito a Foce Sarno (Rota C 19823; Varone C 1984; Buonaiuto C 1994), oggi uti-lizzato solo come deposito. Non più funzionante è l’Antiquarium che era stato allestito nei locali del Comune nella prima metà degli anni ’80 nel quale erano esposti alcuni oggetti provenienti dalle tombe 376, 541, 563 (Rota C 19822; de’

Spagnolis Conticelli C 2000).

La Soprintendenza ha in progetto di allestire un Museo della Valle del Sarno nel settecentesco fabbricato di Palazzo Capua a Sarno.

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