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a San Vivaldo: gli Osservanti e la sindrome da abbandono dei luoghi sant

Possiamo facilmente immaginare come questo stato di insicurezza fosse sentito anche al di fuori della Palestina grazie alla mobilità di questi frati ‘pendolari’ tra i conventi della frontiera cristiana e quelli italiani dove si svolgeva, non sempre più tranquilla, la vita delle loro comunità. Come nel proposito mimetico di Varallo per

Bernardino Caimi7 – che per ben due mandati, a partire dal 1478 e di nuovo dal

1487, resse dal convento del Syon le sorti della Custodia –, o come più tardi nell’intento educativo del Suriano, traspare il sentimento del ‘dover’ trasmette la ‘vera’ forma degli spazi testimoni della Passione e della vita del Cristo in quel momento nel quale la loro stessa sopravvivenza fisica pareva a rischio8.

Alle difficoltà indotte dalla situazione internazionale, con il suo ricarico di ansie apocalittiche provocate dal terrore del turco e della sua avanzata nelle terre cristiane si accompagnavano anche le sempre più gravi lacerazioni interne all’Ordine, nell’ormai irreversibile conflitto coi conventuali, a sua volta esposto alle variabili geometrie delle alleanze curiali.

Cappella della Casa di Simone Fariseo, particolare.

La famiglia osservantina toscana – che era stata profondamente integrata nel giro delle clientele medicee, risentendo delle conflittualità che discendevano, oltre che dalle rivalità fratesche, anche dalla difficile sovrapposizione tra i confini dello stato territoriale fiorentino e la morfologia provinciale – avrebbe mantenuto, nel tur- bolento periodo che vide la cacciata dei Medici da Firenze e crescere l’influsso del Savonarola sulla vita cittadina, quella continuità di rapporti con la Custodia di Terra- santa che la mobilità dei frati assicurava, consentendo un aggiornamento in tempo quasi reale sulle vicissitudini in partibus e sugli eventi che toccavano i luoghi santi.

Nonostante queste incertezze, anche dopo gli esordi ‘medicei’ del loro radicamento iniziale, gli Osservanti avevano continuato ad espandersi in territori strategici della repubblica: nel capitolo provinciale del 1499 che fu celebrato a Poggibonsi da fra Bernardino del Vecchio (o da Siena) – futuro Custode di Terrasanta – furono affidati ai frati tre nuovi loca per due dei quali (a Marradi e a Vicchio di Mugello) non si per- fezionò l’insediamento, mentre il terzo, che fu quello di San Vivaldo nel Bosco Tondo di Montaione, divenne il quarantaduesimo convento della provincia. Per quanto la documentazione non consenta una ricostruzione esauriente, dalle memorie edite e

inedite del convento si deduce che i frati fossero presenti in loco già dal 1486-14879

nel quadro di un conosciuto processo di sovrapposizione che l’Osservanza operò sui loca (prevalentemente eremitici) dei terziari regolari in Toscana10.

Pur se coinvolti nell’annosa vicenda di contestazioni di diritti sul bosco che op- poneva le locali comunità, i frati ne assunsero il possesso per mano, com’è noto, del

fiorentino fra Cherubino Conzi11. In quello stesso periodo doveva essere rientrato a

Firenze da Creta fra Tommaso da Firenze12 e certamente per suo tramite – viste le

continue e frequenti relazioni che intercorrevano tra quell’avamposto insulare veneziano e la Terrasanta – gli echi delle tensioni d’Oltremare dovevano aver raggiunto, nei silenzi silvani di Camporena13, il piccolo gruppo di frati che vi soggiornava.

La difficoltà di una indagine prosopografica sui frati di San Salvatore non ci consente al momento di cogliere il clima, le amicizie, le rivalità, le tante relazioni intessute in quegli anni tra le mura di quel convento dal quale dipese tanta parte della vicenda

originaria di San Vivaldo: del fiorentino fra Cherubino Conzi14, ‘huomo fattivo’ che

quasi prodigiosamente aveva provveduto in tempi assai brevi – ancorché con il massiccio concorso della popolazione locale – all’ampliamento del romitorio e della sua cappella sappiamo solo che, dopo aver «preso il luogo e fabbricato per insino da’ fondamenti in onore dell’Assunzione della Madonna e del nostro beato Francesco»15, lo avrebbe governato

fino al 1509, quando lo lasciò per assumere la responsabilità di guardiano alla Verna16; i

legami del piccolo drappello di frati residenti in San Vivaldo col convento fiorentino del monte alle Croci erano stati assai saldi durante il guardianato di fra Tommaso.

L’entusiasmo partecipativo della comunità locale all’edificazione di una nuova Gerusalemme nella selva di Camporena era stato sicuramente alimentato anche dalla conoscenza osservantina della contemporanea ‘questione dei luoghi santi’, in quegli anni in cui veniva progressivamente a mancare il sostegno mamelucco ai frati e l’ombra

del sultano Selim si espandeva sempre più minacciosa verso la Palestina e l’Egitto17.

La valutazione realistica di una tanto probabile quanto immenente perdita dei luoghi santi, così come aleggia nelle pagine di Francesco Suriano, doveva essere condivisa dai frati che, come Tommaso, da quelle terre avevano fatto ritorno con il timore di mai più ri- vederli e spiega sia il progetto sanvivaldino di una sinossi compensativa, sia l’entusiasmo della popolazione chiamata a costruirsi una ‘propria’ Gerusalemme, sia infine lo sforzo fi- nanziario della borghesia mercantile fiorentina che se ne fece committente consentendo la contemporanea realizzazione del convento e delle cappelle.

NOTE

1 Cfr. La Custodia di Terra Santa, Gerusalemme, Ed. della Costodia, 1979; La custodia di Terra Santa e

l’Europa. I rapporti politici e l’attività culturale dei francescani in medio oriente, a cura di M. PICCIRILLO, Roma, Il Veltro, 1983; In Terrasanta: dalla Crociata alla Custodia dei luoghi santi, a cura di M. PICCIRILLO, Firenze, Skira, 2000 (Catalogo della mostra, Milano, 2000), con ampia bibliografia.

2 G. GOLUBOVICH, Serie cronologica dei rev.mi superiori di Terra Santa (…), Gerusalemme, Terra Santa, 1898, n. 39.

3 Ivi, n. 40.

4 Il trattato di Terra Santa e dell’Oriente di Frate Francesco Suriano, a cura di G. GOLUBOVICH, Milano, Ar- tigianelli, 1900, pp. 112-113.

5 Il Trattato, p. 117.

6 I capitoli XXIV-XXXIII del Trattato sono dedicati alle ‘nazioni’ (10 compresi i Minori) che officiavano il Sepolcro tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo.

7 E. MOTTA, Il beato Bernardino Caimi fondatore del santuario di Varallo. Documenti e lettere inedite, Milano, Motta, 1891; C. PIANA, Il beato Bernardino Caimi da Milano, «Archivum franciscanum historicum», LXIV (1971), pp. 303-36; A. MORISI, Caimi (de Chaimis, de Caymo), Bernardino, beato, in Dizionario Biografico

degli Italiani, XVI, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1973, http://www.treccani.it/enciclopedia/

caimi-bernardino-beato_(Dizionario_Biografico).

8 Recentemente A. J. WHARTON, Selling Jerusalem: Relics, Replicas, Theme Parks, Chicago, University Press, 2006 ha letto la ‘storia’ delle riproduzioni dei luoghi gerosolimitani come espressione di una ossessione possessiva nei confronti della città santa.

9 F. INNOCENTI, L’eremitico convento di S. Vivaldo in Toscana e le sue cappelle: ricordi, [S.l.] 1930, il cui ori- ginale manoscritto si conserva nell’archivio della Provincia di San Francesco stimmatizzato: cfr. L’Archivio

storico della Provincia di San Francesco stimmatizzato dei Frati Minori in Toscana: inventari degli archivi delle ex Province (1290-1946), a cura di A. MAIARELLI, con la collaborazione di D. NARDI, U. SORELLI, Firenze, Studi Francescani, 2006.

10 D. P

ULINARI, Cronache dei frati minori della provincia di Toscana secondo l’autografo di Ognissanti, a cura

di S. MENCHERINI, Arezzo, Cooperativa Tipografica, 1913, p. 80; M. BERTAGNA, Origine sviluppo e fine del

Terz’Ordine regolare maschile in Toscana, in Prime manifestazioni di vita comunitaria maschile e femminile nel movimento francescano della penitenza, a cura di L. PAZZELLI, L. TEMPERINI, Roma, Commissione Storica

Internazionale T.O.R., 1982, pp. 359-87, in particolare p. 384. 11 PULINARI, Cronache, p. 492, n. 1.

12 A. TOGNOCCHI, [ANTONIO DATERRINCA], Theatrum etrusco-minoriticum (…) , Florentiae, 1682, p. 173.

13 F. GHILARDI, Vivaldo eremita del Terz’Ordine di san Francesco nominato santo, «Archivum Franciscanum Historicum», I (1908), pp. 521-35; A. BENVENUTI, Santità e ordini mendicanti in Valdelsa, in Gli ordini men-

dicanti in Valdelsa, Castelfiorentino, Società Storica della Valdelsa, 1999, pp. 9-46.

14 P

ULINARI, Cronache, p. 492, n. 1.

15 Ivi, p. 80.

16 A. DIMIGLIO, Nuovo dialogo delle deuozioni del sacro monte della Verna (…), Firenze, 1568, p. 265. 17 Il Trattato, pp. 71-4.

Cappella della Casa di Pilato, particolare.

[…] Itaque quum supradicta aliaque cultus documenta ab Actoribus Causae cum Informatione et Responsis ad Animadversiones R. P. D. Promotoris S. Fidei, Sa- crorum Rituum Congregationis examini et iudicio subiecta sint, instante Rev. P. Francisco Maria Paolini Ordinis Fratrum Minorum Postulatore Generali, atten- tisque litteris postulatoriis tum Rmi P. Ministri Generalis ipsius Ordinis tum R. P. Ministri Provincialis Fr. Min. Provinciae S. Bonaventurae in Tuscia, tum reli- giosorum Conventus S. Vivaldi, praeeunte Perillustri et Rmo Dño Frigdiano Gian- nini Archiepiscopo Serrarum, Delegato Apostolico Syriae, olim alumno eiusdem conventus, tum denique R. D. Archipr. Parochi ceterique cleri loci Montaonis, Volaterranae Dioeceseos, E.mus et R.mus Dñus Cardinalis Franciscus Satolli, Episcopus Tusculanus et huius Causae Ponens seu Relator in Ordinario Sacrorum Rituum Congregationis Coetu subsignatae die ad Vaticanum coadunato sequens dubium discutiendum censuerunt: «Constare de casu excepto, ideoque conf irmandum esse cultum ab immemorabili tempore praestitum Servo Dei VIVALDO, si Sanctissimo placuerit».

Die 11 Februarii 1908. Quibus omnibus Sanctissimo Domino Nostro PIO Papae X per infrascriptam Cardinalem Sacrae Rituum Congregationi Praefectum relatis, Sanctitas Sua sententiam Sacrae eiusdem Congregationis ratam habuit et probavit, die 13, eisdem mense et anno.

Seraphinus Card. Cretoni, S. R. C. Praefectus.

† Diomedes Panici, Archiep. Laodicen., S. R. C. Secretarius.

Il decreto di Pio X del 13 febbraio 1908 se da un lato confermò il culto prestato ab immemorabili all’eremita della selva di Camporena, dall’altro sancì il definitivo approdo di Vivaldo e Tertio Ordine S. Francisci, sancto nuncupato, nell’alveo cultuale minoritico. In tal senso Fra Ilario Muggi, vicario provinciale della Provincia Minoritica toscana, si espresse chiaramente nella sua littera postulatoria del 7 giugno 1907:

[…] La Vostra Santità glorifichi un figlio del Terzo Ordine di San Francesco, che in Toscana vide nelle sue schiere il B. Lucchese, Santa Verdiana, la Beata Bonna Donna, il B. Bartolo da S. Gemignano e tanti altri. Adunque, Beatissimo Padre, ri- cevete la mia preghiera, interprete dei voti di tutti i Frati Minori della mia Provincia, ponete, sul capo del glorioso San Vivaldo, la corona dei Santi, a gloria di Dio, a in- cremento di fede, di pietà, e di religione nel popolo cristiano1.

Nessun cenno venne fatto, tuttavia, relativamente all’appartenenza del santo al Terz’Ordine francescano nella littera postulatoria del 20 giugno 1907, sottoscritta da don Mattei, arciprete di Montaione, dal cappellano Gaetano Corsoni, dal sacerdote Pompeo Ninci, e da Telemaco Mannaioni «come operaio della Chiesa Arcipretale, e come Sindaco del Comune, nell’epoca nella quale furono le reliquie di San Vivaldo re-

LA GERUSALEMME DI SAN VIVALDO 77